LA RIFORMA DELLE SANZIONI PATRIMONIALI: VERSO UN'ACTIO ...
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VII<br />
<strong>LA</strong> <strong>RIFORMA</strong> <strong>DELLE</strong> <strong>SANZIONI</strong> <strong>PATRIMONIALI</strong>:<br />
<strong>VERSO</strong> UN’ACTIO IN REM?<br />
di Anna Maria Maugeri<br />
SOMMARIO: 1. La riforma delle misure di prevenzione patrimoniale. – 2. Destinatari. – 3.<br />
Separazione delle misure patrimoniali dalle personali. – 4. Organi competenti. – 5.<br />
L’onere della prova dell’origine illecita. – 6. La confisca per equivalente e la sproporzione.<br />
– 7. La confisca per equivalente dei beni trasferiti a terzi e i trasferimenti fittizi. –<br />
8. La confisca ex art. 12-sexies legge n. 356 del 1992. – 9. La confisca per equivalente<br />
per i delitti di cui al comma 2 dell’art. 12-sexies. – 10. La giurisprudenza della Corte europea<br />
dei diritti dell’uomo. – 11. Conclusioni.<br />
1. La riforma delle misure di prevenzione patrimoniali.<br />
Nell’ambito del c.d. pacchetto sicurezza in esame è stata realizzata,<br />
senza troppo clamore, una caotica riforma delle misure di prevenzione<br />
patrimoniali, considerate oggi, insieme alla confisca ex art. 12-sexies<br />
decr. legge n. 306 del 1992 (c.d. confisca obbligatoria dei valori ingiustificati),<br />
i fondamentali strumenti di lotta contro l’accumulazione dei<br />
capitali illeciti da parte del crimine organizzato.<br />
Da molti anni ormai si discute in dottrina circa l’opportunità di una<br />
puntuale riforma della disciplina in questione, contemplata dalla legge<br />
n. 575 del 1965, nell’ambito di una più ampia razionalizzazione della<br />
materia, che sarebbe dovuta confluire in un Testo unico; in tale direzione<br />
basti ricordare le proposte avanzate nel Progetto per la ricognizione<br />
e il riordino della normativa di contrasto della criminalità organizzata<br />
elaborato dalla Commissione ministeriale presieduta dal Prof.<br />
Fiandaca (presentato nel marzo del 2001 al Ministro della giustizia in<br />
versione non definitiva), nonché, da ultimo, lo schema di disegno di
130<br />
Anna Maria Maugeri VII,1<br />
legge delega «Misure di contrasto alla criminalità organizzata. Delega al<br />
governo per l’emanazione di un testo unico delle disposizioni in materia<br />
di misure di prevenzione. Disposizioni in materia di ordinamento giudiziario<br />
e patrocinio a spese dello Stato.» (A.C. 3242) presentato nella<br />
scorsa legislatura (13 novembre 2007) 1 .<br />
L’esigenza di riformare la disciplina in materia nasce, innanzitutto,<br />
dalla constatazione che, nonostante i successi ottenuti nell’attacco alle<br />
organizzazioni mafiose, in Italia manca ancora una seria strategia di lotta<br />
alla mafia da un punto di vista patrimoniale, anche per le carenze<br />
delle agenzie addette alle indagini e per gli scarsi coordinamenti nel settore<br />
e anzi negli ultimi anni, in particolare dal 2002, si è assistito a una<br />
sensibile diminuzione del numero dei sequestri e delle confische, come<br />
evidenziato nella “Relazione sullo stato di attuazione della normativa e<br />
delle prassi applicative in materia di sequestro, confisca e destinazione<br />
dei beni alla criminalità organizzata”, elaborata nella scorsa legislatura<br />
dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità<br />
organizzata mafiosa o similare 2 .<br />
Il decr. n. 92 del 2008 ha riformato la disciplina in maniera apparentemente<br />
incisiva perseguendo lo scopo di garantire una maggiore efficienza<br />
dello strumentario in esame, senza però riuscire del tutto a raggiungere<br />
l’obiettivo e senza realizzare quella più radicale razionalizzazione<br />
della normativa, la cui giurisdizionalizzazione è stata, per lo più,<br />
affidata all’opera interpretativa della giurisprudenza, che, per quanto<br />
meritevole, rischia di creare incertezze e diseguaglianze.<br />
Rimane ferma la scelta per il sistema del “doppio binario”, procedimento<br />
penale/procedimento di prevenzione, che consente di azionare,<br />
in via alternativa o cumulativa, i due strumenti della confisca di prevenzione<br />
e della confisca intesa come misura di sicurezza (art. 12-sexies<br />
decr. legge n. 306 del 1992); tale scelta era già stata compiuta nel Progetto<br />
Fiandaca.<br />
1<br />
Tale disegno di legge fu assegnato alla II Commissione permanente (Giustizia) in<br />
sede referente il 20 dicembre 2007.<br />
2<br />
Approvata dalla Commissione nella seduta del 27 novembre 2007 e trasmessa alle<br />
Presidenze delle Camere il 28 novembre 2007 – Doc. XXIII n. 3. Nel prosieguo Relazione<br />
della Commissione Antimafia.
VII,2 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 131<br />
2. Destinatari.<br />
La legge in esame ha modificato la cerchia dei destinatari delle misure<br />
di prevenzione ricomprendendo oltre agli indiziati di appartenere ad<br />
associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni, comunque<br />
localmente denominate, anche i soggetti indiziati di uno dei<br />
reati previsti dall’art. 51 comma 3-bis c.p.p., accogliendo una proposta<br />
già avanzata nel progetto della Commissione Fiandaca e ribadita nella<br />
recente Relazione della Commissione antimafia, così consentendo<br />
all’ufficio giudiziario titolare delle indagini preliminari in materia di delitti<br />
connessi con la criminalità organizzata di avviare le indagini patrimoniali.<br />
Tale riforma nasce dall’esigenza di garantire nei confronti di tutti i<br />
crimini connessi al crimine organizzato l’applicabilità delle misure di<br />
prevenzione e in particolare la possibilità di procedere contro il patrimonio<br />
con l’actio in rem in esame. Il richiamo dell’art. 51 comma 3-bis<br />
consente di adeguare automaticamente l’ambito di applicazione delle<br />
misure di prevenzione, senza necessità di ulteriore specifico intervento,<br />
ad eventuali successive valutazioni del legislatore favorevoli ad inserire<br />
nel testo dell’art. 51 comma 3-bis, nuovi delitti “di mafia”, garantendo<br />
che il c.d. doppio binario proceda parallelamente sotto il profilo processuale<br />
e sotto quello della prevenzione.<br />
Dall’altra parte la riforma ha ristretto l’ambito di applicazione delle<br />
misure di prevenzione patrimoniali in quanto è stato abrogato l’art. 14<br />
della legge n. 55 del 1990, che ponendo fine ad accese discussioni, aveva<br />
sancito l’applicazione delle patrimoniali anche in relazione ai soggetti<br />
contemplati dall’art. 19 della legge 22 maggio 1975, n. 152 (Legge<br />
Reale); tale legge ha esteso le misure di prevenzione anche nei confronti<br />
dei soggetti indicati negli artt. 1 e 2 della legge n. 1423 del 1956, ossia<br />
nei confronti di coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto,<br />
che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi e di coloro che per<br />
la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di<br />
fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività<br />
delittuose. Si discuteva in dottrina e in giurisprudenza se il rinvio contenuto<br />
nell’art. 19 (“Le disposizioni di cui alla legge 31 maggio 1965, n.<br />
575, si applicano anche alle persone indicate ...”) potesse essere considerato<br />
come un rinvio formale rispetto ad un atto fonte che avrebbe<br />
consentito di richiamare tutte le disposizioni contenute, in qualunque<br />
momento introdotte, e, quindi, anche le misure patrimoniali introdotte
132<br />
Anna Maria Maugeri VII,2<br />
successivamente alla norma in esame (art. 14 legge n. 646 del 1982 e<br />
successive modifiche). L’art. 14 legge n. 55 del 1990 aveva risolto la<br />
questione sancendo chiaramente l’applicazione delle misure di prevenzione<br />
patrimoniali a tali soggetti ma solo «quando l’attività delittuosa<br />
da cui si ritiene derivino i proventi sia una di quelle previste dagli articoli<br />
600, 601, 602, 629, 630, 644, 648-bis o 648-ter del codice penale,<br />
ovvero quella di contrabbando»; si escludeva l’applicazione delle patrimoniali<br />
per le ipotesi di mera pericolosità generica, che non fonda<br />
una ragionevole presunzione di illecito arricchimento.<br />
In seguito all’abrogazione dell’art. 14 legge n. 55 del 1990, poiché<br />
tra le fattispecie elencate nell’art. 51 comma 3-bis non rientrano gli artt.<br />
629, 644, 648-bis e 648-ter, la riforma sembrerebbe escludere l’applicazione<br />
delle misure di prevenzione patrimoniali a soggetti indiziati di<br />
vivere con i proventi dell’estorsione, dell’usura, della ricettazione, del<br />
riciclaggio e dell’impiego di denaro, beni o altre utilità di provenienza<br />
illecita. Sorge il dubbio che questa restrizione dell’ambito di applicazione<br />
delle misure di prevenzione non sia stata del tutto ponderata,<br />
considerando che crimini come l’estorsione, l’usura e il riciclaggio sono<br />
tipicamente connessi al crimine organizzato. Nel disegno di legge n. A-<br />
692, del giugno 2008 (testo con le modifiche approvate in sede referente)<br />
l’art. 11-ter del decr. n. 92, che abroga l’art. 14, era stato eliminato;<br />
nel testo approvato a luglio (d.d.l. n. 692-B) ritorna tale art. 11 ter.<br />
Rimane in ogni caso ferma la possibilità di applicare la confisca a<br />
questi soggetti se indiziati di appartenere ad un’associazione di stampo<br />
mafioso (o assimilate) che persegue la consumazione di tali crimini. Le<br />
misure di prevenzione, del resto, nascono come strumento eccezionale<br />
contro il crimine organizzato 3 .<br />
Teoricamente in base all’interpretazione letterale si potrebbe prospettare<br />
un’altra soluzione. Nonostante l’abrogazione dell’art. 14 legge<br />
n. 55 del 1990, si potrebbe interpretare l’art. 19 legge n. 152 del 1975<br />
come norma che estende ai soggetti indicati sia le misure personali sia<br />
le patrimoniali, in quanto la norma, riformata, prevede che “Le disposizioni<br />
di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575, si applicano anche alle<br />
persone”, non limitando in alcun modo il richiamo alle misure personali<br />
ex art. 2 legge 575 del 1965. I problemi del rispetto del principio di<br />
legalità potrebbero essere risolti con un argomento già utilizzato nel<br />
3<br />
G. FIANDACA, La prevenzione antimafia tra difesa sociale e garanzia di legalità, in<br />
Foro it., 1987, II, c. 69.
VII,2 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 133<br />
passato, e cioè con la considerazione che la legge di riforma, in questo<br />
caso l’art. 11 del decr. n. 92 del 2008, aggiornando l’art. 19, avrebbe<br />
confermato il dato letterale che estende il rinvio a tutte le disposizioni<br />
della legge n. 575 del 1965, ribadendo l’estensione alle misure patrimoniali<br />
4 , anche perché l’art. 2-ter nel disciplinare il sequestro continua a<br />
prevedere la clausola di riserva nei confronti della sospensione dell’amministrazione<br />
dei beni prevista dagli artt. 22, 23 e 24 della legge n. 152<br />
del 1975; tale clausola non avrebbe senso se non fosse possibile applicare<br />
le misure patrimoniali ai soggetti indicati dall’art. 19 (salvo a ritenere<br />
valido il riferimento solo per i soggetti indicati dall’art. 18, in relazione<br />
ai quali non sono state abrogate le norme che prevedono espressamente<br />
l’estensione delle misure patrimoniali). In questa prospettiva<br />
l’eliminazione dell’art. 14 potrebbe essere letta come un ampliamento<br />
dell’ambito di applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali<br />
che, senza le limitazioni previste nell’art. 14, potrebbero applicarsi ai<br />
soggetti indiziati di essere dediti a traffici delittuosi o che vivono abitualmente,<br />
anche in parte, con i proventi di attività delittuose, indipendentemente<br />
da quali siano i crimini fonte dei proventi.<br />
Tale interpretazione si porrebbe, però, in contrasto con l’art. 1 della<br />
legge n. 575 del 1965 che stabilisce i soggetti destinatari dell’apparato<br />
di misure personali e patrimoniali ivi previste, senza richiamare anche<br />
le ipotesi di pericolosità generica indicate negli artt. 1 e 2 della legge n.<br />
1423 del 1956, ma soprattutto si finirebbe per ampliare a dismisura<br />
l’ambito di applicazione delle patrimoniali in mancanza di quella ragionevole<br />
prognosi di illecito arricchimento fondata sulle fattispecie di pericolosità<br />
mafiosa; durante la discussione sull’ambito di applicazione<br />
della Legge Reale prima della riforma, infatti, parte della dottrina riteneva<br />
che le ragioni politico criminali che hanno indotto all’introduzione<br />
delle misure ablative non sussistono per situazioni caratterizzate da<br />
pericolosità generica 5 . I principi di legalità, proporzione, colpevolezza e<br />
presunzione d’innocenza che già sono seriamente compromessi dal si-<br />
4 Prima della riforma e dell’art. 14 legge n. 55 del 1990 ???? SPAGNOLO, Breve commento<br />
alle “nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di<br />
altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale” (l. n. 55/90), in Riv. trim. dir.<br />
pen. econ., 1990, p. 697; G. NANU<strong>LA</strong>, La lotta alla mafia. Strumenti giuridici – strutture<br />
di coordinamento – legislazione vigente, Giuffrè, 1999, p. 82.<br />
c. 69.<br />
5 G. FIANDACA, La prevenzione antimafia tra difesa sociale e garanzia di legalità, cit.,
134<br />
Anna Maria Maugeri VII,2<br />
stema delle misure di prevenzione patrimoniali nei confronti di soggetti<br />
indiziati di appartenere ad organizzazioni mafiose o di compiere crimini<br />
connessi, verrebbero ulteriormente e ingiustificatamente sacrificati (a<br />
parte lo spreco di energie investigative). Non avrebbe neanche molto<br />
senso l’assetto delle competenze dei pubblici ministeri che ne deriverebbe,<br />
come si esaminerà.<br />
Non si deve dimenticare, del resto, che la Corte costituzionale si è<br />
pronunciata contro le fattispecie di pericolosità generica laddove ha<br />
precisato che i presupposti di fatto, sui quali fondare la prognosi di pericolosità,<br />
devono essere «previsti dalla legge» (e, perciò, passibili di accertamento<br />
giudiziale): le «condotte presupposte per l’applicazione delle<br />
misure di prevenzione, poiché si tratta di prevenire reati, non possono<br />
non involgere il riferimento, esplicito o implicito, al o ai reati o alle categorie<br />
di reati della cui prevenzione si tratta, talché la descrizione della o<br />
delle condotte considerate acquista tanta maggiore determinatezza in<br />
quanto consenta di dedurre dal loro verificarsi nel caso concreto la ragionevole<br />
previsione (del pericolo) che quei reati potrebbero venire consumati<br />
ad opera di quei soggetti» 6 . Dovrebbero, quindi, essere legislativamente<br />
descritti i comportamenti che costituiscono il presupposto del giudizio<br />
di pericolosità, nonché i reati di riferimento di tale giudizio; l’art. 14<br />
legge n. 55 del 1990 indicava, perlomeno, i reati di riferimento, con la<br />
sua abrogazione si ritorna a discutibili forme di pericolosità generica<br />
che non dovrebbero giustificare l’intervento patrimoniale (né, in realtà,<br />
quello personale).<br />
Sembra positivo, in ogni caso, che non sia stata prevista quell’applicazione<br />
indiscriminata delle misure di prevenzione patrimoniali a tutti i<br />
soggetti che possono essere sottoposti alle misure di prevenzione personali,<br />
come invece, veniva proposto nella passata legislatura nel disegno<br />
di legge delega recante “Misure di contrasto alla criminalità organizzata”;<br />
sarebbe opportuno, infatti, delimitare l’applicazione delle moderne<br />
sanzioni patrimoniali (laddove comportino la confisca allargata<br />
dei patrimoni consolidati) a quelle forme di criminalità che siano manifestazione<br />
di un’organizzazione strutturata e stabile o comunque tipicamente<br />
connesse al crimine organizzato, la cui pericolosità per l’ordine<br />
pubblico e per il corretto funzionamento dell’economia e della democrazia,<br />
può giustificare in termini di necessità un così incisivo intervento,<br />
in linea con le indicazioni della decisione quadro GAI n. 212 del<br />
6<br />
Corte cost., 22 dicembre 1980, n. 177, in Giur. cost., 1980, c. 1546.
VII,3 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 135<br />
2005 relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato, che limita<br />
l’applicazione di poteri allargati di confisca al settore della criminalità<br />
organizzata.<br />
Si deve evidenziare, infine, che tra i destinatari delle misure di prevenzione<br />
la più recente giurisprudenza include anche i soggetti indiziati<br />
di concorso esterno in associazione mafiosa (soggetti contigui), attraverso<br />
un’interpretazione estensiva della nozione di indiziato di appartenenza<br />
ad associazione mafiosa 7 ; in tale direzione prevedeva espressamente<br />
il riferimento a tale categoria sia il Progetto Fiandaca, sia la<br />
Relazione della Commissione Antimafia, sia il dis. di legge delega recante<br />
“Misure di contrasto alla criminalità organizzata”. Continuano a essere<br />
destinatari delle misure di prevenzione, sia personali sia patrimoniali,<br />
i soggetti indicati nell’art. 18 della legge Reale (n. 152 del 1975); il decreto<br />
n. 92 si è limitato ad eliminare nell’ultimo comma dell’art. 18 il<br />
riferimento all’art. 14 legge n. 55 del 1990, ormai abrogato 8 .<br />
3. Separazione delle misure patrimoniali dalle personali.<br />
L’aspetto cruciale della riforma delle misure di prevenzione patrimoniali<br />
realizzata dal decr. n. 92 del 2008 consiste nella separazione del<br />
procedimento di prevenzione personale dal procedimento di prevenzione<br />
patrimoniale, riforma già contemplata nel progetto Fiandaca 9 e<br />
nel d.d.l. delega recante “Misure di contrasto alla criminalità organizzata”,<br />
ed auspicata nella Relazione della Commissione antimafia 10 .<br />
La dottrina proponeva già da tempo di rendere le misure di prevenzione<br />
patrimoniali autonome da quelle personali, per non rischiare di<br />
7<br />
Cass. pen., 16 gennaio 2002, in Cass. pen., 2003, p. 604; Cass. pen., 16 dicembre<br />
2005, n. 1014; Cass. pen., 17 marzo 1997, ivi, 1998, p. 935. Sulla nozione di pericolosità<br />
sociale cfr. A.M. MAUGERI, Art. 2 ter, in F. PA<strong>LA</strong>ZZO-C.E. PALIERO (a cura di), Commentario<br />
breve alla Legislazione speciale, Cedam, 2007, p. 1786.<br />
8<br />
Sia consentito il rinvio a A.M. MAUGERI, Art. 2 ter, cit., p. 1817 ss. sulle problematiche<br />
connesse all’applicazione delle misure di prevenzione nel settore del terrorismo.<br />
9<br />
Cfr. A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo,<br />
Giuffrè, 2001, pp. 383-432.<br />
10<br />
In dottrina cfr. L. VIO<strong>LA</strong>NTE, Conclusioni, in Le misure di prevenzione patrimoniali.<br />
Teoria e prassi applicativa, Cacucci, 1997, p. 490.
136<br />
Anna Maria Maugeri VII,3<br />
coinvolgerle nelle questioni di legittimità costituzionale di cui erano<br />
spesso bersaglio le misure personali 11 , avvertendo, inoltre, come diverse<br />
siano le esigenze procedurali tra le misure di prevenzione personali e<br />
quelle patrimoniali; mentre nel procedimento di prevenzione personale<br />
la fase dell’indagine è già compiuta quando il procedimento giunge dinanzi<br />
all’organo giudicante, il procedimento di prevenzione patrimoniale<br />
può giungere nella fase camerale senza che sia stata svolta un’adeguata<br />
indagine patrimoniale, perché spesso per esigenze cautelari è necessario<br />
procedere prontamente al sequestro 12 .<br />
Lo sganciamento parziale delle misure patrimoniali dalle personali<br />
era garantito prima della riforma dalla possibilità di pronunciare la confisca<br />
anche in caso di assenza, residenza o dimora all’estero della persona<br />
alla quale potrebbe applicarsi la misura di prevenzione (comma 7<br />
art. 2-ter legge n. 575 del 1965). Tale tendenza verso la trasformazione<br />
del procedimento patrimoniale in un actio in rem, inoltre, era già emersa<br />
in maniera decisa con l’introduzione della sospensione dell’amministrazione<br />
dei beni ex art. 3-quater e della confisca ex art. 3-quinquies<br />
delle attività economiche che agevolano l’attività di determinati soggetti<br />
indiziati o imputati 13 .<br />
Il nuovo comma 6-bis dell’art. 2-bis legge n. 575 del 1965, introdotto<br />
dall’art. 10 del decreto in esame, prevede che le «misure di prevenzione<br />
personali e patrimoniali possono essere richieste e applicate disgiuntamente».<br />
Con tale norma si sarebbe dovuto realizzare lo sganciamento del<br />
11<br />
E. GALLO, Misure di prevenzione, in App. Enc. giur., XX, p. 15; G. CORSO, Profili<br />
costituzionali delle misure di prevenzione: aspetti teorici e prospettive di riforma, in G.<br />
FIANDACA-S. COSTANTINO (a cura di), La legge antimafia tre anni dopo, Franco Angeli,<br />
1986, p. 125; ID., L’ordine pubblico, Il Mulino, 1979, p. 259 ss.; G. FIANDACA, Commento<br />
alla sentenza del Trib. Palermo, decreto 8 ottobre 1983, P.m. c. Greco, in Foro it.,<br />
1983, II, c. 529; A. GIA<strong>LA</strong>NEL<strong>LA</strong>, I patrimoni di mafia-La prova, il sequestro, la confisca,<br />
le garanzie, Esi, 1998, p. 174; P. CELENTANO, La nuova ipotesi particolare di confisca obbligatoria,<br />
in Riv. pen. economia, 1994, p. 310.<br />
12<br />
Cfr. A. FALLONE, Luci ed ombre del procedimento di prevenzione patrimoniale, in<br />
Documenti Giustizia, 1995, n. 4, p. 610 ss.<br />
13<br />
Cfr. A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo,<br />
cit., p. 409 ss. e ID., Relazione Introduttiva. I modelli di sanzione patrimoniale nel<br />
diritto comparato, in A.M. MAUGERI (a cura di), Le sanzioni patrimoniali come moderno<br />
strumento di lotta contro il crimine: reciproco riconoscimento e prospettive di armonizzazione,<br />
?????, 2008, p. 106.
VII,3 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 137<br />
procedimento di prevenzione patrimoniale dal personale e la possibilità<br />
di agire direttamente contro il patrimonio, senza la previa applicazione<br />
di misure di prevenzione personali (rivelatesi poco efficaci e di dubbia<br />
costituzionalità), nei confronti di una persona indiziata di appartenenza<br />
alla criminalità organizzata, laddove si dimostri la sproporzione o si fornisca<br />
una prova indiziaria dell’origine illecita dei beni da confiscare.<br />
Dai lavori preparatori emerge che al fine di contrastare più efficacemente<br />
la criminalità organizzata «incidendo su uno degli elementi sui<br />
quali la stessa è maggiormente vulnerabile, l’intervento consiste nel<br />
passaggio da un approccio incentrato sulla “pericolosità del soggetto” a<br />
una visione imperniata sulla formazione illecita del bene che, una volta<br />
reimmesso nel circuito economico, è in grado di alterare il sistema legale<br />
di circolazione della ricchezza, minando così alla radice le fondamenta<br />
di una economia di mercato».<br />
Si afferma l’idea, già ribadita nella Relazione della Commissione Antimafia,<br />
che occorre «prevenire che provvedimenti modificativi della misura<br />
di prevenzione concernente il soggetto travolgano le misure patrimoniali»,<br />
una volta che sia stata accertata la provenienza illecita, in quanto<br />
proprio «in ragione di tale accertata illecita provenienza [i beni] sono dotati<br />
di una perdurante pericolosità e di un insito potere destabilizzante per<br />
l’economia lecita. … In sintesi, si immagina una sorta di “perdurante illiceità<br />
dei beni” strettamente connessa alla formazione degli stessi».<br />
La recisione del nesso di pregiudizialità tra le misure di prevenzione<br />
personali e le misure patrimoniali dovrebbe consentire di assicurare la<br />
possibilità di ricorrere alle misure patrimoniali indipendentemente dalla<br />
persistenza delle condizioni personali per la loro applicazione e di<br />
prevedere, conseguentemente, la possibilità che, in caso di morte del<br />
proposto, il procedimento di prevenzione patrimoniale continui nei<br />
confronti degli eredi quali beneficiari di un illecito arricchimento.<br />
Tali obiettivi non sono stati, però, del tutto realizzati perché non è<br />
stata modificata la procedura per l’applicazione delle misure di prevenzione<br />
patrimoniali prevista nell’art. 2-ter, continuando a mantenere in<br />
vita un meccanismo che aggancia l’applicazione delle patrimoniali alle<br />
personali: l’art. 2-ter, comma 1, prevede che le patrimoniali sono applicate<br />
nel corso del procedimento destinato alle personali («nel corso del<br />
procedimento per l’applicazione di una delle misure di prevenzione<br />
previste dall’articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, iniziato<br />
nei confronti delle persone indicate nell’articolo 1, il tribunale, ove necessario,<br />
può procedere ad ulteriori indagini oltre quelle già compiute a
138<br />
Anna Maria Maugeri VII,3<br />
norma dell’articolo precedente ...») e il comma 6 pone un termine di decadenza<br />
per l’applicazione delle patrimoniali («I provvedimenti previsti<br />
dal presente articolo possono essere adottati, …, anche dopo l’applicazione<br />
della misura di prevenzione, ma prima della sua cessazione»). La<br />
prima norma sembrerebbe escludere un’applicazione delle misure patrimoniali<br />
indipendente dalle personali, dato che stabilisce che le indagini e<br />
l’applicazione delle patrimoniali avviene nell’ambito del procedimento<br />
per infliggere le personali, mentre la seconda indica un termine processuale,<br />
che determina la decadenza del potere di imporre misure patrimoniali<br />
e questo termine deriva dalle personali, “prima della loro cessazione”.<br />
Emerge ancora una volta come la riforma sia stata frettolosa e poco<br />
ponderata, in quanto ci si è limitati a proclamare l’autonomia delle patrimoniali<br />
dalle personali, senza poi adeguare il procedimento e anzi continuando<br />
ad imporre il legame tra le due tipologie di misure; sembra che<br />
non sia stato del tutto tagliato il cordone ombelicale.<br />
Un solo risultato è stato sicuramente raggiunto, consentire di confiscare<br />
il patrimonio del morto, rispondendo all’esigenza che maggiormente<br />
emergeva nella prassi prima della riforma, quella di consentire di<br />
proseguire il procedimento anche in seguito alla morte o addirittura<br />
anche nei confronti del patrimonio di chi fosse già morto 14 .<br />
La riforma consente di continuare il procedimento anche nel caso in<br />
cui il proposto muore durante il procedimento o addirittura si consente<br />
di procedere direttamente nei confronti del patrimonio del defunto con<br />
il limite temporale che la morte sia intervenuta nei cinque anni antecedenti<br />
il decesso. L’esperienza giudiziaria ha fatto riscontrare delle ipotesi<br />
in cui l’organizzazione criminale ha preferito sacrificare la vita di<br />
un proprio membro per evitare di subire la confisca dei beni di cui il<br />
proposto risultava titolare o comunque di cui aveva la disponibilità; la<br />
possibilità di proseguire il procedimento nei confronti del morto consente<br />
di prevenire simili sacrifici o comunque di evitare che l’ablazione<br />
dei patrimoni illeciti sia frustrata a causa della morte.<br />
14<br />
Art. 2-bis comma 6-bis – Le misure patrimoniali possono essere disposte anche in<br />
caso di morte del soggetto proposto per la loro applicazione. Nel caso la morte sopraggiunga<br />
nel corso del procedimento, esso prosegue nei confronti degli eredi o comunque<br />
degli aventi causa; art. 2-ter comma 11 – La confisca può essere proposta, in caso<br />
di morte del soggetto nei confronti del quale potrebbe essere disposta, nei riguardi dei<br />
successori a titolo universale o particolare, entro il termine di cinque anni dal decesso.<br />
In relazione alla confisca penale ex art. 12-sexies decr. n. 306 del 1992 cfr. Cass. pen.,<br />
25 gennaio 2008, n. 9576, in C.e.d. Cass. pen., 2008.
VII,3 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 139<br />
Chiaramente in questi casi il procedimento prosegue o si inizia, tout<br />
court, nei confronti dei successori; si osserva a tal proposito nella Relazione<br />
della Commissione Antimafia che «l’arricchimento illecito accertato<br />
in capo al proposto, giunge agli eredi in caso di morte del proposto<br />
medesimo prima che il procedimento sia concluso. La natura illecita<br />
dell’arricchimento che perviene agli eredi rende opportuno prevedere<br />
che, in tali casi, il procedimento di prevenzione continui nei confronti<br />
degli eredi medesimi, similmente a quanto accade, ai sensi della legge n.<br />
20/1994, per i giudizi di responsabilità amministrativa dinanzi alla Corte<br />
dei Conti, nei casi di illecito arricchimento del dante causa».<br />
Anche l’esigenza di procedere nei confronti del patrimonio di un<br />
soggetto che è già morto da cinque anni deriva dall’esperienza giudiziaria<br />
che ha fatto emergere delle ipotesi in cui i pubblici ministeri vengono<br />
a conoscenza del carattere illecito di un patrimonio, magari grazie<br />
alle rivelazioni di un collaboratore, solo in seguito alla morte del titolare<br />
e non è possibile procedere nei confronti dei successori perché non<br />
rientrano nella categoria dei destinatari (indiziati di ...). Sarà possibile<br />
procedere contro il patrimonio del defunto anche nel caso in cui costui<br />
non sia mai stato oggetto di un giudizio di pericolosità (né sottoposto a<br />
misura di prevenzione personale, né condannato per i reati previsti dalla<br />
disciplina in materia). La delimitazione temporale all’intervento in<br />
esame sembra conforme ad esigenze di tutela del mercato e dell’economia,<br />
in quanto occorre garantire i diritti degli aventi causa, che non<br />
possono essere sottoposti sine die alla spada di Damocle delle misure di<br />
prevenzione. Sarebbe auspicabile, però, per lo meno in questa ipotesi,<br />
che l’accusa fornisca una prova più rigorosa (non solo la sproporzione,<br />
ma una più ampia prova indiziaria dell’origine illecita dei beni) per<br />
compensare la difficoltà della difesa (dei successori) di dimostrare<br />
l’origine lecita del patrimonio di un defunto.<br />
Prima della riforma più volte la Corte costituzionale si era pronunciata<br />
contro l’incostituzionalità della normativa, che vieta di ordinare la<br />
confisca dei beni di provenienza illecita nelle ipotesi in cui non sia applicata<br />
una misura di prevenzione personale o la stessa sia cessata per<br />
morte del proposto. La subordinazione della prevenzione patrimoniale<br />
alla prevenzione personale veniva correttamente considerata come una<br />
scelta riservata alla discrezionalità del legislatore 15 ; la confisca, si affer-<br />
15<br />
Corte cost. ord., 17 novembre 2004/368, in Riv. trim. dir. pen. economia, 2005, p.<br />
213 con nota di Vinciguerra; Corte cost. n. 335 del 1996, in Cass. pen., 1997, p. 334,
140<br />
Anna Maria Maugeri VII,3<br />
mava, è rivolta non ai beni di provenienza illegittima come tali, ma in<br />
quanto posseduti da persone ritenute pericolose, in quanto la pericolosità<br />
del bene deriva dalla pericolosità della persona 16 . A dispetto di tali<br />
pronunce emergeva, però, nella prassi giurisprudenziale una certa tendenza<br />
a sganciare le misure patrimoniali dalle personali e a consentire<br />
la confisca anche dopo la morte del proposto. La stessa Corte costituzionale,<br />
infatti, nonostante il disposto del comma 6 dell’art. 2-ter, aveva<br />
riconosciuto che è possibile applicare la confisca anche dopo la cessazione<br />
della durata della misura di prevenzione personale, purché il procedimento<br />
patrimoniale fosse stato iniziato 17 . La Suprema Corte aveva,<br />
addirittura, affermato che il procedimento di prevenzione patrimoniale<br />
potesse essere anche iniziato in seguito alla cessazione degli effetti<br />
dell’applicazione della misura di prevenzione personale 18<br />
, e superando<br />
un suo precedente orientamento 19 , aveva espressamente riconosciuto in<br />
relazione alla confisca ma non al sequestro, la non caducazione della<br />
misura già disposta per effetto del decesso del soggetto prima della definitività<br />
del relativo provvedimento, sempre che i presupposti di indimostrata<br />
legittima provenienza dei beni oggetto di confisca, da un lato,<br />
e di pericolosità del soggetto, dall’altro, fossero già stati definitivamente<br />
accertati. Ciò si spiega per l’appunto perché la ratio della confisca, ha<br />
affermato la Suprema Corte, a differenza di quella delle misure di prevenzione<br />
in senso proprio, va al di là dell’esigenza di prevenzione nei<br />
confronti di determinati soggetti pericolosi e sorregge dunque la misura<br />
anche oltre la permanenza in vita del soggetto pericoloso; lo scopo della<br />
con nota di Molinari; Corte cost., n. 465 del 1993; Corte cost., n. 721 del 1988; Cass.,<br />
25 novembre 1997, in Arch. nuova proc. pen., 1998, p. 424, con nota di Grillo.<br />
16 Corte cost. n. 335 del 1996.<br />
17<br />
Così Corte cost., n. 465 del 1993; conf. Cass., Sez. Un., 7 febbraio 2001, in Dir.<br />
giust., 2001, n. 12, p. 28; contra Cass., 28 gennaio 1994, in Cass. pen., 1995, p. 391. La<br />
Suprema Corte aveva affermato che la revoca della misura personale per sopravvenuta<br />
cessazione della pericolosità, non comportava in alcun caso la revoca della misura patrimoniale<br />
Cass., 30 gennaio 1998, in Cass. pen., 1999, n. 1132.<br />
18 Per sopravvenuta incompatibilità con una misura di sicurezza detentiva o con la<br />
libertà vigilata (in tale direzione, d’altronde, l’ottavo comma, aggiunto dall’art. 2, legge<br />
19 marzo 1990, n. 55) – Cass., 2 maggio 1995, in Cass. pen., 1996, p. 1601 (tuttavia cfr.<br />
Cass., Sez. Un., 7 febbraio 2001, in Dir. giust., 2001, n. 12, p. 28) – o anche qualora<br />
venga meno, per eventi successivi, l’accertata pericolosità sociale del prevenuto, Cass.,<br />
14 febbraio 1997, in Cass. pen., 1997, p. 3170.<br />
19 Cass., 28 marzo 1995, in Cass. pen., 1996, p. 925.
VII,3 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 141<br />
misura preventiva è, infatti, quello di eliminare l’utile economico proveniente<br />
dall’attività criminosa e tale finalità resterebbe frustrata se i familiari<br />
o gli eventuali prestanome della persona affiliata ad organizzazioni<br />
criminali potessero riacquistare la disponibilità dei beni confiscati in seguito<br />
alla morte della persona socialmente pericolosa; tale orientamento<br />
era consolidato prima della riforma 20 .<br />
Questo approccio è diametralmente opposto a quello suggerito dalla<br />
Corte costituzionale, sopra esaminato: la pericolosità del patrimonio<br />
non deriva dalla pericolosità del soggetto, ma dall’origine criminale del<br />
patrimonio; occorre impedire l’illecita accumulazione patrimoniale e la<br />
conseguente infiltrazione criminale nell’economia e nei gangli decisionali<br />
della politica.<br />
Si intravedeva, infatti, in quest’ultime sentenze il riconoscimento da<br />
parte delle Sezioni penali della Suprema Corte della crisi del collegamento<br />
delle misure di prevenzione patrimoniali a quelle personali 21 ; si<br />
favoriva una completa operatività della peculiare funzione dell’istituto<br />
(«preventiva, repressiva e sanzionatoria»), utilizzato come strumento di<br />
lotta contro la riproduzione delle ricchezze inquinate (considerate<br />
«strumento di sviluppo dell’organizzazione mafiosa, dei suoi membri e,<br />
quindi, pericolose in sé» 22 .<br />
La tendenza all’oggettivizzazione del procedimento patrimoniale antimafia<br />
è stata solo parzialmente portata a compimento con la riforma<br />
in esame che consente di applicare le misure patrimoniali anche nei<br />
confronti del defunto, ma non è riuscita a trasformare pienamente il<br />
20<br />
Cass., 17 luglio 1995, in Riv. pen., 1996, p. 526; Cass., Sez. Un., 3 luglio 1996, ivi,<br />
1996, p. 3609 – in cui si evidenzia che «il decesso […] potrebbe essere deliberatamente<br />
perseguito da terzi proprio al fine di riciclare i beni» –, con nota critica di MOLINARI (critico<br />
nei confronti di questa sentenza A. GIA<strong>LA</strong>NEL<strong>LA</strong>, I patrimoni di mafia, cit., p. 159-<br />
171); Cass., 14 febbraio 1997, ivi, 1997, p. 3170, con nota critica di Molinari; Cass., 24 novembre<br />
1998, ivi, 1999, p. 3558, con nota critica di Molinari; Cass., 22 settembre 1999,<br />
ivi, 2000, p. 1410; Cass. n. 231775 del 2005; Cass., 14 gennaio 2005, n. 6160, in Cass. pen.,<br />
2006, p. 1909; Cass., 31 gennaio 2005, in Guida al diritto, 2005, n. 25, p. 55, con nota di<br />
Giordano; da ultimo, in un caso di morte presunta, Cass., 10 aprile 2008, n. 17632.<br />
21<br />
Cfr. L. FORNARI, Criminalità del profitto e tecniche sanzionatorie. Confisca e sanzioni<br />
pecuniarie nel diritto penale moderno, Cedam, 1997, p. 77.<br />
22<br />
Così App. Napoli, 16 gennaio 2001, in Giur. merito, 2003, 131; conf. Cass., n. 5092<br />
del 1999; Cass., n. 1790 del 1999; Cass., n. 5830 del 1999; Cass., n. 6379 del 1998; Cass.,<br />
13 novembre 1997, in Cass. pen., 1998, p. 3404; Cass., 17 luglio 1995, in Riv. pen., 1996,<br />
p. 526; critico nei confronti di questo orientamento L. FILIPPI, Il procedimento di prevenzione<br />
patrimoniale, Cedam, 2002, pp. 472-481. Cfr. GIORDANO, cit., p. 60.
142<br />
Anna Maria Maugeri VII,3<br />
procedimento di prevenzione patrimoniale in una sorta di actio in rem<br />
contro un bene considerato in sé pericoloso 23 .<br />
Si dovrebbe forzare il dato letterale dell’art. 2-ter, commi 1 e 6, per<br />
ritenere che il procedimento di prevenzione può essere attivato per<br />
l’esclusiva applicazione delle misure patrimoniali, come del resto era<br />
già consentito nel caso di assenza e dimora all’estero, e per ritenere che<br />
il termine previsto dal comma 6 dell’art. 2-ter, non costituisce più un<br />
limite insuperabile, in quanto anche dopo la cessazione delle misure<br />
personali, sarà possibile “richiedere e applicare” autonomamente le misure<br />
patrimoniali in virtù del comma 6-bis dell’art. 2-bis. In ogni caso<br />
anche prima della riforma l’art. 2-ter consentiva di procedere per l’applicazione<br />
esclusiva delle misure patrimoniali in caso di assenza e dimora<br />
all’estero, e chiaramente in quest’ipotesi il limite del sesto comma<br />
non si applicava; quindi, si potrebbe ritenere che oggi alla luce del<br />
comma 6-bis dell’art. 2-bis sarà possibile procedere per la mera applicazione<br />
delle patrimoniali. Rimane l’ostacolo del sesto comma nell’ipotesi<br />
in cui si agisce contemporaneamente per l’applicazione delle personali<br />
e delle patrimoniali; sarebbe assurdo, però, ritenere vincolante tale<br />
termine di decadenza nell’ipotesi in cui si procede sia per le personali<br />
sia per le patrimoniali, in un sistema in cui si consente di procedere autonomamente.<br />
Sarà la prassi giurisprudenziale a decidere tra le due opzioni<br />
interpretative; l’interpretazione che favorisce l’autonomia delle<br />
patrimoniali, per quanto rischia di forzare il dato letterale, sarebbe<br />
maggiormente conforme alla ratio complessiva della riforma, che, come<br />
affermato nella Relazione della Commissione Antimafia, dovrebbe essere<br />
quella di «prevenire che provvedimenti modificativi della misura di<br />
prevenzione concernente il soggetto travolgano le misure patrimoniali»<br />
(anche se si riteneva fondamentale garantire la confisca dei beni del<br />
morto), ma il principio di legalità e di tassatività imporrebbero l’introduzione<br />
di una più chiara e coordinata disciplina del procedimento di<br />
prevenzione patrimoniale come procedimento autonomo.<br />
23<br />
Cfr. A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo,<br />
cit., p. 360 ss.; A. GIA<strong>LA</strong>NEL<strong>LA</strong>, Prevenzione patrimoniale e strategia dell’«actio in<br />
rem»: la pericolosità «in sé» della cosa, la sospensione provvisoria dell’amministrazione<br />
dei beni e la ricchezza «contigua», in Riv. trim. dir. pen. economia, 2001, p. 281 ss.; P.V.<br />
MOLINARI, Confisca antimafia non esecutiva e morte della persona pericolosa, in Cass.<br />
pen., 1996, p. 1964; ID., Procedimento di prevenzione e morte della persona pericolosa,<br />
ivi, 1995, p. 2682.
VII,3 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 143<br />
Un dubbio rimane, in ogni caso, a questo punto: cosa vuol dire che<br />
il procedimento di prevenzione patrimoniale è possibile separatamente<br />
da quello personale? Il giudice potrebbe procedere al sequestro e alla<br />
confisca di un patrimonio in quanto di valore sproporzionato o in<br />
quanto risulti di origine illecita, indipendentemente da chi sia il proprietario<br />
(anche se morto), oppure potrà procedere solo nei confronti<br />
del patrimonio di soggetti indiziati di appartenere ad un’organizzazione<br />
criminale o di commettere uno dei crimini indicati nell’art. 51, comma<br />
3-bis c.p.p.<br />
Nonostante la prima interpretazione sia quella maggiormente (se<br />
non l’unica) conforme al modello dell’actio in rem 24 , sembra preferibile<br />
la seconda interpretazione, che delimita l’ambito di applicazione del<br />
sequestro e della confisca misura di prevenzione solo nei confronti del<br />
patrimonio dei soggetti indiziati di cui all’art. 1 della legge n. 575 del<br />
1965, in quanto in tale direzione si pronuncia lo stesso art. 1 laddove<br />
stabilisce che solo i soggetti in questione sono «i destinatari della legge<br />
in esame» (Art. 1. La presente legge si applica agli indiziati di …). Oggi è<br />
sicuramente possibile procedere contro il patrimonio di un soggetto<br />
che è morto nei cinque anni precedenti, solo se indiziato dei reati indicati;<br />
in base ad un’interpretazione sistematica o de iure condendo sarà<br />
possibile procedere contro il patrimonio di questi soggetti anche qualora<br />
non si intenda applicare nei loro confronti la misura di prevenzione<br />
personale o comunque questa sia cessata. Laddove si procede solo con<br />
le misure di prevenzione patrimoniali, l’accusa dovrà, comunque, fornire<br />
gli indizi in base ai quali ritiene che il soggetto rientri nelle categorie<br />
indicate dall’art. 1 (appartenente ad associazione mafiosa, …) 25 .<br />
La possibilità di procedere all’applicazione delle misure patrimoniali<br />
indipendentemente dalle personali potrebbe, del resto, rispondere ad<br />
una logica garantista, o, comunque, in termini di valutazione dell’intervento<br />
penale alla luce del principio di proporzione potrebbe risultare<br />
una forma di intervento maggiormente conforme a tale principio, in<br />
quanto risparmierebbe all’indagato le limitazioni del ben più prezioso<br />
bene della libertà personale connessa alle misure personali, rivelatesi<br />
spesso inefficaci in termini di prevenzione speciale. Il rischio, infatti, di<br />
un meccanismo che subordina la prevenzione patrimoniale alla personale<br />
non è solo quello di rendere le misure patrimoniali meno efficaci,<br />
24<br />
Da ultimo cfr. A.M. MAUGERI, Relazione Introduttiva, cit., p. 90 ss.<br />
25 In relazione a tale profilo cfr. A.M. MAUGERI, Art. 2 ter, cit., p. 1786.
144<br />
Anna Maria Maugeri VII,3<br />
ma anche di imporre il sacrificio connesso alle personali solo per consentire<br />
l’applicazione delle patrimoniali e non per reali esigenze di prevenzione<br />
speciale. Non sembra conforme, però, al rispetto del principio<br />
di proporzione, del principio di colpevolezza e della presunzione<br />
d’innocenza imporre il sacrificio della libertà personale in chiave strumentale<br />
ad esigenze di lotta contro l’accumulazione patrimoniale; in un<br />
sistema democratico qualunque ingerenza dell’autorità limitativa dei<br />
diritti del cittadino deve avvenire nella misura strettamente necessaria<br />
e, quindi, laddove le misure patrimoniali possono essere considerate già<br />
idonee al perseguimento dello scopo, non si giustifica il sacrificio della<br />
libertà personale.<br />
Per contro non è possibile perseguire quella pericolosissima fictio<br />
iuris, che a volte emerge nei sistemi di common law che conoscono<br />
l’actio in rem, di considerare il patrimonio pericoloso in quanto «contaminato»<br />
(tainted) – coinvolto in attività criminali, e quindi perseguibile,<br />
indipendentemente dalle responsabilità del detentore, anche presso i<br />
terzi e senza le garanzie del penale e del giusto processo (come dimostra<br />
l’esperienza del civil forfeiture nordamericano). Sotto questo profilo<br />
è importante limitare l’utilizzo del procedimento di prevenzione patrimoniale<br />
solo contro soggetti indiziati di reati connessi al crimine organizzato,<br />
tale procedimento deve essere pienamente giurisdizionalizzato<br />
e deve essere introdotta una più completa disciplina volta a garantire<br />
la tutela dei terzi.<br />
La separazione del procedimento patrimoniale dal personale conferma<br />
la tendenza a rendere il procedimento di prevenzione patrimoniale<br />
come lo strumento per eccellenza della lotta contro l’accumulazione<br />
dei patrimoni illeciti, anche perché nella prassi ha favorito la formazione<br />
di particolari competenze dei magistrati nell’ambito delle indagini<br />
e delle questioni patrimoniali e non pone i problemi che sorgono<br />
in sede penale, la cui normativa processuale si è rivelata talora inefficace<br />
nel consentire l’applicazione della confisca penale, in quanto non<br />
consente un’attività d’indagine approfondita ed idonea a conseguire la<br />
confisca di “rilevanti porzioni di economia criminale” e, inoltre, in sede<br />
dibattimentale, l’attenzione dell’organo giudicante è concentrata sulla<br />
verifica della responsabilità penale, con il rischio di sacrificare le questioni<br />
patrimoniali anche al fine di garantire il rispetto dei rigidi termini<br />
processuali 26 o, peggio, con il rischio che vengano pronunciati provve-<br />
26 Così ???? VISCONTI, in ???? HEINE-???? VISCONTI, I proventi illeciti ed il loro
VII,4 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 145<br />
dimenti patrimoniali più superficiali e meno fondati (per assurdo sotto<br />
questo profilo il procedimento della prevenzione patrimoniale potrebbe<br />
rivelarsi più garantista in quanto fondato su indagini più approfondite).<br />
Nel Progetto della Commissione Fiandaca si proponeva, infatti,<br />
di attribuire le competenze per l’applicazione della confisca ex art. 12sexies<br />
al giudice della prevenzione patrimoniale, assumendo in quest’ipotesi<br />
il procedimento di prevenzione un carattere sussidiario al processo<br />
penale («il tribunale della prevenzione si prospetta come la sede tecnicamente<br />
e organizzativamente più adatta per concentrare risorse ed energie<br />
nelle indagini patrimoniali necessarie ai fini del sequestro e della<br />
confisca»).<br />
In ogni caso, dopo la riforma si rende ancor più indispensabile di<br />
quanto già non fosse una completa regolamentazione e giurisdizionalizzazione<br />
del procedimento in questione.<br />
4. Organi competenti.<br />
Prima della riforma gli organi legittimati a formulare la proposta per<br />
l’applicazione delle misure patrimoniali sono in parte gli stessi legittimati<br />
a proporre le misure personali, e cioè il questore e il procuratore<br />
della Repubblica competente; l’Alto commissario per il coordinamento<br />
della lotta contro la delinquenza mafiosa, sino al 1992 (ai sensi dell’art.<br />
1-quinquies, comma 1, d.l. n. 629 del 1982 – convertito in legge n. 726<br />
del 1982); dal 1° gennaio 1993 è stata prevista la competenza del direttore<br />
della DIA perché le funzioni dell’Alto Commissario erano state attribuite<br />
al Ministro dell’interno 27 , con facoltà di delega ad organi di tale<br />
Ministero secondo le rispettive competenze, tra i quali, il direttore della<br />
contrasto in Italia, in ???? MILITELLO-???? PAOLI-???? ARNOLD (a cura di), Il crimine<br />
organizzato come fenomeno transnazionale. Forme di manifestazione, Prevenzione e Repressione<br />
in Italia, Germania e Spagna, Programma Falcone U.E., Freiburg-Milano<br />
2000, p. 312; per simili osservazioni nell’ordinamento tedesco cfr. ???? KILCHLING,<br />
Unrechtmäßige Gewinne und ihre Bekämpfung in Deutschland, in ???? MILITELLO-????<br />
ARNOLD-???? PAOLI (Hrsg), Organisierte Kriminalität als Grenzüberschreitendes Phänomen<br />
– Erscheinungsformen, Prävention und Repression in Italien, Deutschland und<br />
Spanien, Falcone – Programm Der EU, Freiburg-Milano 2000, p. 276.<br />
27<br />
Art. 2 comma 2-quater d.l. n. 345 del 1991, convertito con modificazioni nella<br />
legge n. 410 del 1991, comma sostituito dall’art. 1 comma 3 legge n. 356 del 1992.
146<br />
Anna Maria Maugeri VII,4<br />
Direzione investigativa antimafia (DIA), in favore del quale la delega è<br />
stata data in via permanente con d.m. 23 dicembre 1992 per le misure<br />
personali e integrata con d.m. 3 novembre 1993 per quelle patrimoniali.<br />
L’art. 10 del decreto legge n. 92 ha sancito inserendola nelle norme<br />
della legge n. 575 del 1965, la competenza del «direttore della Direzione<br />
investigativa antimafia» a richiedere le misure di prevenzione personali<br />
e patrimoniali, con un intervento di semplificazione (senza, quindi,<br />
carattere innovativo) 28 .<br />
La reale novità in tema di competenze del decr. n. 92 attiene, però,<br />
all’introduzione della competenza in materia di misure di prevenzione<br />
del procuratore distrettuale.<br />
Dalla lettura della disciplina riformata emerge, innanzitutto, l’introduzione<br />
della competenza del «procuratore della Repubblica presso il<br />
tribunale del capoluogo di distretto ove la persona dimora» a richiedere<br />
le misure di prevenzione personali in virtù dell’art. 2, comma 1, legge n.<br />
575 del 1965; prima della riforma il procuratore distrettuale era considerato<br />
competente a richiedere tali misure solo nei confronti di persone<br />
dimoranti nel circondario del Tribunale avente sede nel capoluogo distrettuale<br />
29 , in quanto era normalmente competente il procuratore della<br />
Repubblica presso il tribunale nel cui circondario dimora la persona<br />
(art. 2 legge n. 575 del 1965 prima della riforma). Il decreto n. 92 prevede,<br />
inoltre, la generale competenza del procuratore distrettuale a stare<br />
in udienza (art. 2, comma 3) («Nelle udienze relative ai procedimenti<br />
per l’applicazione delle misure di prevenzione richieste ai sensi della<br />
presente legge, le funzioni di pubblico ministero sono esercitate dal<br />
procuratore della Repubblica di cui al comma 1»). Quest’ultima competenza<br />
sembrerebbe valere anche per le udienze dei procedimenti patrimoniali<br />
in quanto in maniera generica il testo normativo fa riferimen-<br />
28<br />
L’art. 10 lett. b prevede la competenza a proporre le misure personali previste<br />
dall’art. 2, mentre la lett. c a svolgere le indagini patrimoniali ex art. 2-bis legge n. 575<br />
del 1965; l’art. 10 lett. d a richiedere i provvedimenti previsti dall’art. 2-ter (commi 2, 6<br />
e 7, sequestro e confisca); l’art. 10 lett. e il rinnovo della cauzione ai sensi dell’art. 3-bis<br />
comma 7; la lett. f le ulteriori indagini e verifiche su attività economiche che agevolano<br />
l’attività mafiosa finalizzate alla sospensione dell’amministrazione dei beni ex art. 3quater<br />
e il connesso sequestro finalizzato alla confisca ex art. 3-quinquies. Si ribadisce,<br />
infine, la competenza del direttore della DIA a richiedere l’applicazione delle misure<br />
previste dal comma 4 dell’art. 10 legge n. 575 del 1965 (divieti e decadenze nei confronti<br />
di associazioni, società e consorzi).<br />
29<br />
Cass., Sez. Un., 20 giugno 1990, in Cass. pen., 2001, p. 637.
VII,4 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 147<br />
to ai «procedimenti per l’applicazione delle misure di prevenzione richieste<br />
ai sensi della presente legge»: ai sensi della legge n. 575 del 1965<br />
le misure di prevenzione sono sia le personali sia le patrimoniali. Prima<br />
della riforma tale competenza spettava al procuratore del tribunale del<br />
capoluogo di provincia, in quanto quest’ultimo era ed è il tribunale<br />
competente in virtù dell’art. 4 legge n. 1423 del 1956.<br />
Da tali disposizioni emerge l’esclusività della competenza del procuratore<br />
distrettuale (insieme al procuratore nazionale antimafia) a richiedere<br />
le misure personali nei confronti delle fattispecie di pericolosità qualificata<br />
previste dall’art. 1 legge n. 575 del 1965, con esclusione della competenza<br />
del procuratore del luogo in cui il soggetto dimora; tanto è vero che<br />
il legislatore ha inserito un comma all’art. 19 della legge 22 maggio 1975,<br />
n. 152 (con l’art. 11 del decr. n. 92 del 2008) per derogare a tale competenza<br />
del procuratore distrettuale in relazione alle misure di prevenzione<br />
che riguardino soggetti abitualmente dediti a traffici delittuosi o che vivono<br />
abitualmente con i proventi di attività delittuose [la scheda di lettura<br />
del dis. di legge di conversione precisa che la norma introduce una<br />
«deroga all’art. 2 della legge 575/1965 (v. l’art. 10 del decreto-legge in esame)»],<br />
prevedendo che «le funzioni e le competenze spettanti, ai sensi<br />
della legge 31 maggio 1965, n. 575, al procuratore della Repubblica presso<br />
il tribunale del capoluogo del distretto sono attribuite al procuratore<br />
della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario dimora la persona.<br />
Nelle udienze relative ai procedimenti per l’applicazione delle misure<br />
di prevenzione di cui al presente comma, le funzioni di pubblico ministero<br />
possono essere esercitate anche dal procuratore della Repubblica presso<br />
il tribunale competente». Ne deriva che il potere di richiedere le misure<br />
di prevenzione (personali ai sensi della legge n. 575 del 1965) in relazione<br />
ai soggetti contemplati dall’art. 19 della legge n. 152 del 1975 spetta<br />
al procuratore della repubblica presso il tribunale nel cui circondario dimora<br />
la persona e non spetta al procuratore distrettuale (nel decreto non<br />
convertito tale competenza si aggiungeva a quella del procuratore distrettuale);<br />
in udienza tale procuratore può svolgere le funzioni di p.m., ferma<br />
restando la competenza del procuratore del tribunale competente (quello<br />
del capoluogo di provincia, art. 4 legge n. 152 del 1975). Alla luce dell’interpretazione<br />
restrittiva per cui l’art. 19 farebbe riferimento solo alle misure<br />
personali, si può affermare che il procuratore del luogo di dimora<br />
godrebbe esclusivamente della competenza a richiedere le misure di prevenzione<br />
personali in relazione alle meno gravi ipotesi di pericolosità generica.
148<br />
Anna Maria Maugeri VII,4<br />
Gli artt. 2-bis e 2-ter non prevedono espressamente la competenza<br />
del procuratore del capoluogo di distretto a proporre le misure patrimoniali,<br />
ma continuano a indicare come procuratore competente il<br />
“procuratore della Repubblica”. Nella versione originale del decreto n.<br />
92, non convertito in legge, si prevedeva espressamente tale competenza<br />
del procuratore distrettuale in relazione ai soggetti indiziati dei reati<br />
di cui all’art. 51, comma 3-bis (e non era, richiamata la competenza del<br />
direttore della DIA, che era, come esaminato, già prevista dall’ordinamento).<br />
La competenza del procuratore distrettuale in relazione alle<br />
misure patrimoniali è, invece, prevista dall’art. 10 lett. f del decr. n. 92<br />
che aggiunge all’art. 3-quater, commi 1 e 5, dopo le parole «il procuratore<br />
della Repubblica», l’espressione «presso il tribunale del capoluogo<br />
di distretto». Si prevede, quindi, espressamente solo la competenza del<br />
procuratore distrettuale a richiedere le “ulteriori indagini e verifiche”<br />
finalizzate alla sospensione temporanea dell’amministrazione dei beni e<br />
poi il sequestro propedeutico alla confisca ex art. 3-quinquies.<br />
Nonostante l’eliminazione dell’espresso richiamo del procuratore distrettuale<br />
in relazione alle misure patrimoniali sembra difficile escludere<br />
la competenza di tale procuratore in considerazione del fatto che ai<br />
sensi dell’art. 2 legge n. 575 del 1965 è il procuratore competente a richiedere<br />
le misure personali e di regola le due misure sono ancora connesse;<br />
la riforma, come esaminato, non ha realizzato il completo sganciamento<br />
delle misure patrimoniali dalle personali, continuando a richiedere<br />
normalmente – tranne nell’ipotesi di morte, assenza, dimora<br />
all’estero – la richiesta dell’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali<br />
in seguito alla richiesta delle personali; ne deriva che il procuratore<br />
competente a richiedere le personali dovrebbe anche essere<br />
competente a richiedere le patrimoniali. Il procuratore distrettuale è,<br />
inoltre, anche competente a stare in giudizio (art. 2, comma 3) e, in virtù<br />
dell’art. 51 comma 3-bis c.p.p., è anche competente a svolgere le indagini,<br />
sembra assurdo che non sia competente a richiedere le patrimoniali;<br />
dal quadro delle competenze espressamente attribuite sembrerebbe<br />
anzi che costui viene consacrato come il procuratore del procedimento<br />
di prevenzione antimafia delineato per le fattispecie di pericolosità<br />
qualificata dalla legge n. 575 del 1965, competente sia a richiedere<br />
le personali sia a richiedere le ulteriori indagini ai sensi dell’art. 2-bis<br />
e i provvedimenti patrimoniali. L’unico problema potrebbe derivare<br />
dalla considerazione che il procedimento di prevenzione patrimoniale<br />
in virtù del comma 6-bis dell’art. 2-bis, dovrebbe essere concepito an-
VII,4 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 149<br />
che come procedimento autonomo, sganciato dalle personali, perlomeno<br />
in caso di morte (assenza, residenza o dimora all’estero), per cui sarebbe<br />
stato preferibile mantenere un espresso riferimento al procuratore<br />
distrettuale nell’art. 2-bis e 2-ter.<br />
Nei lavori preparatori emergeva in tale direzione che «la ratio dell’intervento<br />
odierno, … sembrerebbe essere quella di ripartire le competenze<br />
in materia di indagini e proposta di applicazione di misure di<br />
prevenzione tra gli uffici del pubblico ministero, concentrando la competenza<br />
per le misure di prevenzione antimafia (ai sensi della legge<br />
575/1965) nelle procure distrettuali e lasciando sopravvivere la competenza<br />
di tutte le procure presso il tribunale per le misure di prevenzione<br />
c.d. ordinarie (ai sensi della legge 1423/1956)».<br />
Si realizza così la ratio della riforma rivendicata nella stessa Relazione<br />
alla legge di conversione nell’estendere la categoria dei destinatari<br />
ricomprendendo i soggetti indiziati di uno dei reati previsti dall’art. 51<br />
comma 3-bis c.p.p., in relazione ai quali le funzioni di pubblico ministero<br />
sono esercitate nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo<br />
grado dall’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo<br />
di distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente, e<br />
cioè «colmare un evidente difetto di coordinamento di norme intervenute<br />
nel tempo che impediva all’ufficio giudiziario titolare delle indagini<br />
preliminari in materia di delitti connessi con la criminalità organizzata<br />
di avviare le indagini patrimoniali finalizzate all’applicazione delle<br />
misure di prevenzione e, soprattutto, il potere di proporre sequestri e<br />
confisca ai sensi della legge n. 575 del 1965».<br />
La competenza del procuratore distrettuale è stata fortemente sollecitata,<br />
inoltre, nella Relazione della Commissione Antimafia, che si è<br />
espressa in ordine all’opportunità che la legittimazione a proporre<br />
l’applicazione di misure di prevenzione venga attribuita estensivamente<br />
anche al Procuratore Distrettuale Antimafia 30 , al fine di «dare soluzione<br />
alle incongruenze presenti nel sistema attuale, che sconta ancora un<br />
difetto di coordinamento con la parte innovativa della legislazione istitutiva<br />
delle direzioni distrettuali antimafia, e che rende possibile il paradosso<br />
di una carenza di potere di azione proprio del procuratore distrettuale<br />
antimafia, titolare del principale Ufficio in tema di indagini<br />
antimafia. Tale potere, peraltro, è stato riconosciuto dall’articolo 13<br />
della legge 16 marzo 2006, n. 146, di ratifica ed esecuzione della Con-<br />
30<br />
Cfr. 70-bis di cui al r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario).
150<br />
Anna Maria Maugeri VII,4<br />
venzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato<br />
transnazionale» (in relazione ai reati transazionali) 31 .<br />
Qualche dubbio circa la correttezza di tale interpretazione sorge in<br />
seguito all’eliminazione nel decreto convertito dell’espressa indicazione<br />
del procuratore distrettuale negli artt. 2-bis, 2-ter ss., e da quanto affermato<br />
nella scheda di lettura del disegno di legge n. 692 (che non costituisce<br />
il d.d.l. definitivamente convertito) in relazione all’art. 10 del<br />
decr. n. 92 si legge: «Sul punto, la lettera c) dell’articolo sostitutivo approvato<br />
dalle commissioni riunite si limita invece ad inserire nell’art. 2bis<br />
il riferimento al direttore della direzione investigativa antimafia. In<br />
senso analogo operano tutte le altre lettere dell’articolo sostitutivo, ad<br />
eccezione della lettera f). Così facendo (e fatta salva l’inclusione del direttore<br />
della DIA), si torna dunque al testo precedente all’entrata in vigore<br />
del decreto-legge, in cui la competenza era riconosciuta al solo procuratore<br />
della Repubblica e non invece al procuratore distrettuale».<br />
Tali dubbi sono superati, però, sia per le argomentazioni sopra esposte<br />
sia perché sarebbe irragionevole un sistema in cui, ferma restando la<br />
competenza a svolgere le indagini e a stare in udienza del procuratore distrettuale,<br />
non venisse realizzato, almeno in parte, lo scopo annunciato<br />
della riforma in tema di competenze, e cioè, come esaminato, quello di<br />
introdurre la competenza del procuratore distrettuale a proporre l’introduzione<br />
di misure di prevenzione patrimoniali. Non si capirebbe, del resto,<br />
la ratio di un sistema in cui il procuratore distrettuale sarebbe l’unico<br />
procuratore (oltre al Procuratore nazionale antimafia) che può richiedere<br />
le personali nelle fattispecie di pericolosità qualificata (art. 2 comma 1 riformato<br />
legge n. 575 del 1965), ma non potrebbe richiedere le patrimoniali,<br />
mentre il procuratore del luogo di dimora avrebbe la competenza a<br />
richiedere le patrimoniali nei confronti degli indiziati di cui all’art. 51<br />
comma 3-bis, rispetto ai quali non può chiedere le personali, e la competenza<br />
a richiedere le personali rispetto ai soggetti di cui all’art. 19 legge n.<br />
152 del 1975, per i quali non può richiedere le patrimoniali (tranne se si<br />
ammette che l’art. 19 estende l’applicazione anche delle patrimoniali); sarebbe<br />
tutto piuttosto incoerente.<br />
31 «In relazione ai reati di cui all’articolo 3 della presente legge sono attribuite anche al<br />
procuratore distrettuale antimafia le competenze attribuite al procuratore della Repubblica<br />
e al questore dall’articolo 2-bis, commi 1, 4 e 6, dall’articolo 2-ter, commi secondo, sesto<br />
e settimo, dall’articolo 3-bis, settimo comma, dall’articolo 3-quater, commi 1 e 5 e<br />
dall’articolo 10-quater, secondo comma, della legge 31 maggio 1965, n. 575».
VII,4 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 151<br />
Sarebbe, poi, illogico un sistema in cui il procuratore distrettuale<br />
può richiedere le misure di prevenzione della sospensione dell’amministrazione<br />
dei beni e il sequestro (ex art. 3-quater) nei confronti di soggetti<br />
estranei alla categoria degli indiziati dei reati di cui all’art. 51,<br />
comma 3-bis 32 e non le può richiedere per questi ultimi, pur essendo il<br />
procuratore competente a svolgere le indagini e a stare in udienza nei<br />
relativi procedimenti di prevenzione.<br />
Alla luce di un’interpretazione sistematica, insomma, si ritiene che<br />
nella nozione di Procuratore della Repubblica utilizzata dagli artt. 2-bis e<br />
2-ter dovrebbe rientrare il procuratore distrettuale, quale procuratore<br />
competente nei procedimenti destinati all’applicazione delle misure di<br />
prevenzione contro la mafia. La riforma degli artt. 3-quater e 3-quinquies<br />
che prevedono espressamente la competenza del procuratore distrettuale<br />
si giustifica in quanto si tratta di misure patrimoniali non<br />
connesse a quelle personali di cui all’art. 2 (per cui non assume significato<br />
l’indicazione del comma 1 dell’art. 2) e i cui destinatari non rientrano<br />
nella categoria di cui all’art. 51 comma 3-bis e quindi si sarebbe<br />
ritenuta necessaria un’espressa previsione.<br />
Potrebbe sorgere il dubbio circa l’esclusività di tale competenza, pacifica<br />
in relazione all’art. 3-quater e alle misure personali, in quanto la<br />
modifica del decreto originario, che prevedeva espressamente la competenza<br />
del procuratore distrettuale in relazione ai reati di cui al 51<br />
comma 3-bis c.p.p., potrebbe essere letta come espressione della volontà<br />
di non restringere la competenza a richiedere le misure patrimoniali<br />
nei confronti del procuratore distrettuale, continuando a considerare<br />
competente ogni Procuratore della Repubblica presso il tribunale o<br />
perlomeno (soprattutto dopo la riforma dell’art. 2 legge n. 575 del<br />
1965, che prevedeva la competenza del procuratore della Repubblica<br />
presso il circondario in cui dimora la persona) il Procuratore della Repubblica<br />
presso il tribunale competente che continua a essere, in virtù<br />
dei rinvii, quello indicato dall’art. 4 legge n. 1423 del 1956 e cioè il tri-<br />
32<br />
I titolari di attività economiche in relazione alle quali sussistono sufficienti indizi<br />
per ritenere che il loro esercizio sia direttamente o indirettamente sottoposto alle condizioni<br />
di intimidazione o di assoggettamento previste dall’art. 416-bis c.p. o che possa<br />
comunque agevolare l’attività delle persone nei confronti delle quali è stata proposta o<br />
applicata una delle misure di prevenzione di cui all’art. 2, ovvero di persone sottoposte<br />
a procedimento penale per taluno dei delitti previsti dagli artt. 416-bis, 629, 630, 648bis<br />
e 648-ter c.p. e non ricorrono i presupposti per l’applicazione delle misure di prevenzione<br />
di cui all’art. 2.
152<br />
Anna Maria Maugeri VII,4<br />
bunale del capoluogo di provincia. Un argomento contro l’ammissibilità<br />
della competenza del procuratore del luogo di dimora potrebbe<br />
essere rappresentato dalla considerazione che tale competenza è ormai<br />
espressamente prevista solo per le misure di prevenzione (personali) in<br />
relazione alle fattispecie di pericolosità generica e non sussiste una sua<br />
espressa competenza per le patrimoniali, tranne se si ritiene che l’art.<br />
19 legge n. 152 del 1975 richiama anche le misure patrimoniali.<br />
Un’ultima precisazione è ancora necessaria. Uno degli scopi della riforma<br />
era quello di introdurre la competenza per le misure di prevenzione<br />
antimafia anche in capo alla Procura distrettuale antimafia; come<br />
affermato nei lavori preparatori (scheda di lettura del d.d.l. n. 692-B) la<br />
riforma intende «valorizzare in proposito l’esperienza delle Direzioni<br />
distrettuali antimafia», eliminando l’incongruenza di un sistema che attribuisce<br />
al procuratore distrettuale antimafia la competenza a svolgere<br />
le indagini per i reati di cui all’art. 51 comma 3-bis c.p.p., ma non gliela<br />
attribuisce per le indagini patrimoniali né per richiedere l’applicazione<br />
delle misure patrimoniali. Tale scopo, però, potrebbe non essere stato<br />
raggiunto.<br />
La riforma non ha espressamente modificato l’art. 70-bis di cui al<br />
r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), allargando la<br />
competenza della Procura distrettuale antimafia anche in relazione alle<br />
misure di prevenzione. La norma continua a parlare di competenza per<br />
i reati e non per le fattispecie di pericolosità, e, quindi, secondo un’interpretazione<br />
rigorosa, ne deriverebbe che quando si parla di procuratore<br />
del capoluogo di distretto non si farebbe riferimento anche al procuratore<br />
presso la direzione distrettuale antimafia, anche perché il legislatore<br />
della riforma ha modificato delle norme dell’ordinamento giudiziario,<br />
come l’art. 110-ter, quindi si potrebbe pensare che se fosse voluto<br />
intervenire per ampliare le competenze della procura distrettuale antimafia,<br />
lo avrebbe fatto (ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit). Emerge<br />
un’altra incongruenza della riforma, il cui scopo sarebbe quello di intensificare<br />
la lotta contro l’infiltrazione criminale nell’economia attraverso<br />
il coinvolgimento della Procura specializzata nella lotta contro la<br />
mafia, che ancora, però, non sembra manifestare sufficiente consapevolezza<br />
dell’importanza di questo profilo della lotta contro il crimine organizzato.<br />
Il legislatore della riforma, inoltre, ha accolto le indicazione della<br />
Relazione della Commissione antimafia di attivare in capo al Procuratore<br />
nazionale antimafia, privo di potere di indagine, un potere di impul-
VII,4 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 153<br />
so e di coordinamento, anche attraverso l’applicazione di sostituti procuratori<br />
nazionali a procedimenti di prevenzione presso le direzioni distrettuali<br />
antimafia. Nella Relazione, in conformità alle sollecitazioni<br />
della dottrina 33 , si auspica anche «la specializzazione degli operatori di<br />
polizia e dell’Autorità Giudiziaria inquirente nella gestione di indagini<br />
patrimoniali complesse, anche attraverso il contributo della Procura<br />
nazionale antimafia; ciò, nell’ottica del continuo affinamento delle tecniche<br />
investigative e della diffusione della cultura degli accertamenti<br />
patrimoniali per contrastare la capacità della criminalità di infiltrarsi<br />
nei gangli dell’economia» 34 .<br />
In tale ottica l’art. 12, che ha modificato il r.d. n. 12 del 1941, inserendo<br />
l’art. 110-ter, prevede che «Il procuratore nazionale antimafia può disporre,<br />
nell’ambito dei poteri attribuitigli dall’articolo 371-bis del codice<br />
di procedura penale e sentito il competente procuratore distrettuale,<br />
l’applicazione temporanea di magistrati della Direzione nazionale antimafia<br />
alle procure distrettuali per la trattazione di singoli procedimenti di<br />
prevenzione patrimoniale. 2. Se ne fa richiesta il procuratore distrettuale,<br />
il Procuratore generale presso la Corte d’appello può, per giustificati motivi,<br />
disporre che le funzioni di pubblico ministero per la trattazione delle<br />
misure di prevenzione siano esercitate da un magistrato designato dal<br />
Procuratore della Repubblica presso il giudice competente».<br />
In una prospettiva di giurisdizionalizzazione del procedimento sarebbe<br />
stato auspicabile che si fosse avuto il coraggio di sottoporre la<br />
proposta della misura di prevenzione patrimoniale del questore e del<br />
Direttore della DIA al filtro del pubblico ministero per evitare duplicazione<br />
di fascicoli e proposte scarsamente fondate. Nel Progetto Fiandaca<br />
si considerava “titolare dell’azione” solo il pubblico ministero in<br />
un’ottica di giurisdizionalizzazione conforme al principio della divisione<br />
dei poteri 35 .<br />
33<br />
Sia consentito il rimando a A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra<br />
funzionalità e garantismo, cit., p. 654 s.; ID., La lotta contro l’accumulazione di patrimoni<br />
illeciti da parte delle organizzazioni criminali: recenti orientamenti, in Riv. trim. dir. pen.<br />
econ., 2007, p. 588 ss.<br />
34<br />
In relazione all’importanza delle specializzazione delle autorità investigative e inquirenti<br />
sia consentito il rimando a A.M. MAUGERI, La lotta contro l’accumulo di capitali<br />
illeciti, cit., p. 588.<br />
35<br />
Nella relazione si evidenziano le proteste mosse all’interno della stessa Commissione<br />
contro la proposta di eliminare il potere di richiesta in capo al questore, opzione<br />
denunciata come pericoloso «abbassamento della guardia». Lucidamente, invece, la
154<br />
Anna Maria Maugeri VII,5<br />
5. L’oggetto della confisca e l’onere della prova dell’origine illecita.<br />
Prima della riforma l’art. 2-ter comma 3 legge n. 575, prevedeva «la<br />
confisca dei beni sequestrati dei quali non sia stata dimostrata la legittima<br />
provenienza» e, al comma 4, la revoca del sequestro quando è dimostrata<br />
la legittima provenienza dei beni.<br />
Nella versione riformata l’art. 2-ter prevede che «Con l’applicazione<br />
della misura di prevenzione il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati<br />
di cui la persona, nei cui confronti è instaurato il procedimento,<br />
non possa giustificare la legittima provenienza e di cui, anche per<br />
interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità<br />
a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito,<br />
dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica,<br />
nonché dei beni che risultino essere frutto di attività illecite o<br />
ne costituiscano il reimpiego».<br />
Secondo la relazione al disegno di legge n. 733 «l’intervento è finalizzato<br />
ad armonizzare l’oggetto della misura di prevenzione con quello<br />
della misura di sicurezza patrimoniale dell’art. 12-sexies del decretolegge<br />
n. 306 del 1992 (c.d. confisca obbligatoria dei valori ingiustificati)»<br />
(«L’intervento e` finalizzato a consentire la confisca anche dei beni<br />
di cui il soggetto non possa giustificare la legittima provenienza e di cui,<br />
anche per interposta persona, ne risulti titolare in valore sproporzionato<br />
…, analogamente a quanto previsto in materia di applicazione della<br />
misura di sicurezza patrimoniale, ... dell’articolo 12 sexies.»). Dalla lettura<br />
della relazione in esame sembrerebbe che sino ad ora l’oggetto della<br />
confisca preventiva fosse diverso da quello della misura di sicurezza e<br />
la riforma consentisse di armonizzare le due fattispecie; in realtà, invece,<br />
con la nuova formulazione il legislatore si limita a ribadire in maniera<br />
più chiara i presupposti della confisca misura di prevenzione, che<br />
nella precedente versione venivano dedotti da quelli richiesti ai fini del<br />
sequestro: titolarità o disponibilità, anche per interposta persona, dei<br />
beni; i beni devono avere un valore sproporzionato rispetto al reddito o<br />
maggioranza della Commissione ha preferito la scelta esaminata, in quanto non si tratta<br />
di esautorare gli organi di polizia dal campo della prevenzione, ma piuttosto di dividere<br />
i ruoli: nel momento dell’indagine risalta il ruolo dell’organo, dotato di ampi poteri<br />
e ampia autonomia investigativa (art. 12); «nel momento del giudizio si staglia invece il<br />
ruolo del pubblico ministero, necessaria controparte istituzionale del giudice e del difensore<br />
(art. 13)».
VII,5 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 155<br />
all’attività economica oppure «risultino essere frutto ... reimpiego»; «la<br />
persona, nei cui confronti è instaurato il procedimento, non possa giustificare<br />
la legittima provenienza». Anche nella precedente formulazione<br />
l’oggetto della confisca era individuato nei beni, nella titolarità o disponibilità<br />
del soggetto, di valore sproporzionato o, alternativamente in<br />
seguito alla modifica del comma 2 dell’art. 2-ter ad opera dell’art. 3 della<br />
legge n. 256 del 1993, dei beni che «in conformità a sufficienti indizi,<br />
si ha motivo di ritenere ... siano il frutto di attività illecite o ne costituiscono<br />
il reimpiego».<br />
Rispetto alla precedente formulazione, piuttosto, si possono registrare<br />
due fondamentali novità: la norma chiarisce che l’onere della giustificazione<br />
della provenienza lecita spetta alla «persona, nei cui confronti<br />
è instaurato il procedimento» mentre prima in maniera meno chiara la<br />
norma richiedeva «la confisca dei beni sequestrati dei quali non sia stata<br />
dimostrata la legittima provenienza»; l’art. 2-ter non richiede più,<br />
come nella precedente formulazione, sufficienti indizi di origine illecita<br />
ma richiede che i beni “risultino di origine illecita”.<br />
In relazione a quest’ultimo aspetto si deve evidenziare che i sufficienti<br />
indizi sono richiesti solo ai fini del sequestro, ma ai fini della confisca la<br />
norma riformata utilizza l’espressione “risultino” che sembra indicare che<br />
deve essere accertata l’origine illecita, richiedendo per lo meno la prova<br />
indiziaria ex art. 192 c.p.p. (indizi gravi, precisi, concordanti); ciò non<br />
vuol dire che deve essere fornita la prova del nesso causale tra uno specifico<br />
bene e un determinato reato e, quindi, la prova dei crimini dai quali derivino<br />
i profitti, ma soltanto che l’accusa faccia emergere una serie di circostanze<br />
concrete (tali da fondare una prova indiziaria) da cui emerga l’origine illecita<br />
e la mancanza di una giustificazione alternativa 36 .<br />
Sostanzialmente non cambierà molto nella prassi perché la richiesta<br />
della prova di origine illecita è alternativa alla richiesta della prova della<br />
sproporzione, considerata sufficiente per procedere alla confisca, e,<br />
comunque, anche prima, una parte della giurisprudenza, in base ad un<br />
indirizzo interpretativo più garantista, parlava «dell’obbligo da parte<br />
del giudice di individuare il nesso di causalità tra attività mafiosa (o assimilata)<br />
e illeciti profitti» 37 («sarà demandata al giudice l’indagine sul<br />
36<br />
Sugli auspici della dottrina in tale direzione sia consentito il rimando a A.M.<br />
MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo, cit., pp. 876-<br />
834 ss.<br />
37<br />
Cass., 28 marzo 2002, Ferrara e altri, in Cass. pen., 2003, p. 605; Cass., 23 giugno
156<br />
Anna Maria Maugeri VII,5<br />
nesso tra la condotta o, diremmo più ampiamente, l’attività illecita del<br />
soggetto e l’uso o l’acquisto del singolo bene» 38 ). Si deve evidenziare,<br />
inoltre, che al comma 7 la norma continua a parlare della confisca dei<br />
«beni che si ha motivo di ritenere che siano il frutto di attività illecite o<br />
ne costituiscano il reimpiego»; probabilmente si tratta di una mera dimenticanza<br />
e di un mancato coordinamento, che fa, però, sorgere il<br />
dubbio che il legislatore non abbia attribuito un particolare significato<br />
garantistico all’uso del termine risultino (essere frutto di attività illecite<br />
o ne costituiscano il reimpiego). Non sembra ragionevole, d’altronde,<br />
ritenere che abbia voluto prevedere uno standard della prova inferiore<br />
in relazione alla confisca dei beni di soggetti assenti, residenti o dimoranti<br />
all’estero (anzi in quest’ipotesi la diminuita capacità di difesa dovrebbe<br />
essere compensata da un più rigoroso standard probatorio),<br />
tanto è vero che in quest’ipotesi non si ritiene sufficiente la prova della<br />
sproporzione.<br />
Rispetto al primo profilo (l’onere della giustificazione della provenienza<br />
lecita), invece, si deve evidenziare che antecedentemente alla riforma<br />
la dottrina e la giurisprudenza si chiedevano se l’art. 2-ter imponesse<br />
l’inversione dell’onere della prova a carico dell’indiziato laddove<br />
prevedeva «la confisca dei beni sequestrati dei quali non sia stata dimostrata<br />
la legittima provenienza». La norma riformata chiarisce che spetta<br />
al proposto la giustificazione dell’origine illecita, come del resto la<br />
prassi riteneva anche prima della riforma, e continua a ribadire che<br />
l’accusa debba accertare la titolarità o disponibilità, la sproporzione o<br />
l’origine illecita (anzi non sufficienti indizi di origine illecita, ma una<br />
vera e propria prova). Sembrerebbe, allora, che la norma in esame non<br />
prevede tout court l’inversione dell’onere della prova, ma pone a carico<br />
della difesa l’onere di giustificazione solo se l’accusa adempia al suo<br />
onere di accertare il valore sproporzionato o l’origine illecita dei beni.<br />
Sembra opportuno a tal proposito ricordare il dibattito precedente<br />
la riforma sul profilo in esame.<br />
2004, Palumbo, ivi, 2005, p. 2704; Cass., 16 dicembre 2005, n. 1014, L.P.T., in<br />
http://www.iuritalia.it.<br />
38<br />
Cass., 23 giugno 2004, Palumbo, cit., p. 2704. O, comunque, si richiedeva la dimostrazione<br />
dell’illecita provenienza dei beni confiscati, qualunque essa fosse, in questa<br />
direzione tra le altre cfr. Cass., 27 maggio 2003 (dep. 25 settembre), n. 36762, Lo<br />
Iacono e altro, in Cass. pen., 2005, p. 115; Cass., 13 giugno 2006, n. 24778, C.A., N.-<br />
L.V., N.– G.M.S., N., L.M., N.; cfr. A.M. MAUGERI, Art. 2 ter, cit., p. 1796; ID., La lotta<br />
contro l’accumulo, cit., p. 518 ss. e giurisprudenza ivi citata.
VII,5 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 157<br />
Parte della dottrina riteneva che l’art. 2-ter prevedesse un’inversione<br />
dell’onere della prova nella prospettiva di evitare attività investigative<br />
eccessivamente onerose, al fine di consentire il sequestro e la confisca<br />
dei beni di sospetta origine 39 ; quest’interpretazione è stata espressamente<br />
riconosciuta da un orientamento minoritario della giurisprudenza<br />
della Suprema Corte, che ha affermato che la disciplina in esame si<br />
fonda sull’inversione dell’onere della prova e che tale anomalia del sistema<br />
trova la sua giustificazione nella colorazione che l’accertamento<br />
di pericolosità conferisce a tutte le attività, anche economiche del soggetto<br />
stesso 40 . La Suprema Corte finiva per disconoscere la valenza in<br />
relazione ai soggetti in esame del diritto al silenzio (espressione del diritto<br />
alla difesa e della presunzione d’innocenza) e del conseguente divieto<br />
di trarre conseguenze negative a carico dell’imputato da tale comportamento;<br />
si è affermato, infatti, che l’impossibilità colpevole o “più<br />
ancora il rifiuto volontario” di allegazione sui punti pertinenti alle indagini<br />
circa l’illecita provenienza dei beni «assume a sua volta valore<br />
indiziario a carico del medesimo eventualmente confermativo del complessivo<br />
quadro già emerso» 41 .<br />
In base all’orientamento prevalente della Suprema Corte, però, l’art.<br />
2-ter legge n. 575 del 1965 non prevedeva una mera inversione dell’onere<br />
della prova, ma un onere di allegazione in capo al prevenuto, le<br />
prove circa la provenienza dei beni dovevano essere acquisite con un<br />
normale procedimento probatorio ad opera dell’accusa 42 . A sostegno di<br />
tale interpretazione si osservava ed è ancora possibile osservare che l’art.<br />
2-ter prevede che «nel caso di indagini complesse il provvedimento può<br />
essere emanato anche successivamente, entro un anno dalla data dell’avvenuto<br />
sequestro; tale termine può essere prorogato di un anno con prov-<br />
39<br />
Così G. TURONE, Le strategie di contrasto dell’economia criminale, in Quest. giust.,<br />
1994, p. 42 s.; cfr. A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e<br />
garantismo, cit., p. 377 e dottrina ivi citata.<br />
40<br />
Così Cass., 19 agosto 1987, Sibilia, in C.e.d., n. 02948, rv. 176571; Cass., 11 febbraio<br />
1987, Gambino, in C.e.d., n. 00050, rv. 175089; Cass., 24 febbraio 1986, Porcelli,<br />
in Riv. pen., 1987, p. 181.<br />
41<br />
Cass., 3 aprile 1995, Annunziata, in Riv. pen., 1996, p. 526.<br />
42<br />
Per tutte cfr. Cass., 17 febbraio 1998, Petruzzella G. ed altro, in Riv. pen., 1998,<br />
p. 921; Cass., 28 novembre 1996, n. 5218, Brodella, in Cass. pen., 1998, n. 373, p. 628;<br />
e sentenze citate nelle note seguenti; sia consentito il rimando a A.M. MAUGERI, Le<br />
moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo, cit., p. 379 e dottrina ivi<br />
citata.
158<br />
Anna Maria Maugeri VII,5<br />
vedimento motivato del tribunale». Questa norma sembra indicare, infatti,<br />
che il giudice, prima di emanare il provvedimento di confisca, debba compiere<br />
un attività di ricerca e quando non la ritenga sufficiente può continuare<br />
le sue indagini, ma non oltre un anno dopo il sequestro 43 .<br />
La Cassazione, in ogni caso, ha dichiarato manifestamente infondata<br />
la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14 della legge n. 646<br />
del 1982, che ha aggiunto l’art. 2-ter alla legge n. 575 del 1965, per violazione<br />
dell’art. 25 Cost., con riferimento all’introduzione della presunzione<br />
legale dell’illegittima provenienza dei beni del proposto per<br />
l’applicazione di una misura di prevenzione, e per violazione dell’art.<br />
24 Cost., con riferimento alla definizione del procedimento di confisca<br />
senza un’adeguata istruttoria 44 . La confisca, afferma la Corte, è subordinata<br />
alla sussistenza di sufficienti indizi, concreti e validi 45<br />
, di<br />
un’illecita provenienza dei beni dell’indiziato o di terzi, non smentiti da<br />
eventuali allegazioni dell’interessato, in modo che non risulta violato il<br />
diritto alla prova 46 . La Suprema Corte sembra quindi richiedere un<br />
normale accertamento probatorio, negando la sussistenza di una mera<br />
presunzione dell’illegittima provenienza dei beni e dell’inversione<br />
dell’onere della prova (inversione, che dichiara la stessa Corte, non si<br />
sottrarrebbe a fondati sospetti di illegittimità costituzionale), precisando<br />
che a carico dell’indiziato incombe solo un onere di allegazione,<br />
rientrando nel suo stesso interesse di sminuire od elidere l’efficacia<br />
probatoria degli elementi indizianti offerti dall’accusa (dovrebbe, insomma,<br />
limitarsi ad esercitare il suo diritto alla difesa) 47 . L’eventuale<br />
43<br />
Cfr. ???? MOLINARI, voce Misure di prevenzione, in Enc. dir. Agg., vol. II, Varese,<br />
1998, p. 581; P. COMUCCI, Il sequestro e la confisca nella legge “antimafia”, in Riv. it. dir.<br />
e proc. pen., 1985, p. 103.<br />
44<br />
Cfr. Cass., 28 novembre 1996, n. 5218, Brodella, in Cass. pen., 1998, n. 373, p.<br />
628; Cass., 18 maggio 1992, Vincenti ed altri, ivi, 1993, p. 2377; Cass., 6 marzo 1992,<br />
Santapaola, ivi, 1993, p. 1214; Cass., 12 maggio 1986, Oliveri, in Riv. pen., 1987, p.<br />
499; Cass., 4 gennaio 1985, Pipitone, in Cass. pen., 1986, p. 378.<br />
45<br />
Cass., 26 novembre 1998, Bommarito, in Cass. pen., 1999, n. 1131; Cass., 7 aprile<br />
1989, Imp. Pig. De Vita, in C.e.d., n. 02907, rv. 180959.<br />
46<br />
Cfr. Cass., 12 maggio 1987, Ragosta, in Giust. pen., 1988, III, c. 335; Cass., 18<br />
maggio 1992, Vincenti ed altri, in Cass. pen., 1993, p. 2377; cfr. A.M. MAUGERI, Art. 2<br />
ter, cit., p. 195 e giurisprudenza ivi citata.<br />
47<br />
Cass., 10 marzo 1986, Mazzagatti, in Riv. pen., 1987, p. 180; cfr. pure Cass., 1°<br />
marzo 1991, Piromalli ed altri, in Giur. it., 1992, II, p. 299; Cass., 24 febbraio 1986,<br />
Porcelli, in Riv. pen., 1987, p. 181l; critico P. CELENTANO, La nuova ipotesi particolare<br />
di confisca obbligatoria, in Riv. pen. econ., 1994, p. 312.
VII,5 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 159<br />
dimostrazione della legittima provenienza dei beni costituisce lo strumento<br />
processuale approntato in favore della difesa per controbattere<br />
l’accusa 48 .<br />
Nonostante tale interpretazione rimanevano delle perplessità circa la<br />
conformità delle disciplina in esame con la presunzione d’innocenza,<br />
evidenziando il timore che il silenzio del prevenuto consentisse di attribuire<br />
dignità probatoria a indizi in sé insufficienti, il tutto in violazione<br />
del principio in dubio pro reo 49 .<br />
In tale prospettiva è importante, allora, sottolineare che la riforma<br />
richiedendo sufficienti indizi solo ai fini del sequestro e la prova<br />
dell’origine illecita (risultino) ai fini della confisca (salva l’ipotesi in cui<br />
si accerti solo il valore sproporzionato), sembra confermare quell’orientamento<br />
più garantistico della Cassazione che, già prima della riforma<br />
50 , riteneva che «il giudice della prevenzione, in sede di confisca,<br />
non può più accontentarsi di semplici indizi, come nel sequestro, ma ha<br />
l’obbligo di dimostrare, per l’appunto, con argomenti esaustivi, l’illecita<br />
provenienza dei beni (Sez. I, 7.8.1984, Aquilino) ... Così argomentando,<br />
si comprende come nessuna lesione della presunzione di colpevolezza,<br />
se non in maniera del tutto apparente, attui l’articolo 2 ter, comma 4,<br />
della legge numero 575 del 1965, nella parte in cui sembra attribuire al<br />
prevenuto l’onere di dimostrare la legittima provenienza dei beni»;<br />
sempre in tale direzione, una recentissima sentenza della Suprema Corte<br />
ha precisato che «sia in ordine all’appartenenza del bene al prevenuto,<br />
sia in ordine alla provenienza illecita di detto bene, è richiesto un livello<br />
di dimostrazione diverso a seconda che si debba adottare il provvedimento<br />
di sequestro ovvero quello definitivo della confisca: nel primo caso, è necessaria<br />
e sufficiente una valutazione di “ragionevole probabilità”, mentre<br />
ai fini della confisca la relativa dimostrazione (quand’anche effettuata fa-<br />
48 G. NANU<strong>LA</strong>, La lotta alla mafia, cit., pp. 55-56.<br />
49<br />
Cfr. A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo,<br />
cit., pp. 377 ss. – 839; ID., La lotta contro l’accumulazione, cit., p. 533 ss.; ID., Art.<br />
2 ter, cit., pp. 1796 – 1809 ss.<br />
50<br />
Cass., 23 giugno 2004, in Cass. pen., 2005, p. 2704. Contra Cass., 13 novembre<br />
1997, n. 6369, Costantino, in Cass. pen., 1998, n. 1535, p. 2711, in cui si afferma che ai<br />
fini della confisca ex art. 2-ter comma 3 legge n. 575 del 1965 non si richiedono elementi<br />
indizianti in ordine all’illecita provenienza «maggiori o diversi rispetto a quelli<br />
che, ai sensi del precedente comma 2, ne legittimano il sequestro»; Cass., 18 maggio<br />
1992, Vicenti ed altri, in Mass. Cass. pen., 1992, 12, p. 111; Cass. pen., 21 aprile 1987,<br />
Ragosta, in Giur. it., 1988, II, p. 315.
160<br />
Anna Maria Maugeri VII,5<br />
cendo ricorso alla prova presuntiva) deve caratterizzarsi per la presenza<br />
dei requisiti della gravità, precisione e concordanza» 51 . Si distingue,<br />
quindi, lo standard probatorio che è necessario adempiere ai fini del<br />
sequestro e ai fini della confisca, ma soprattutto tale giurisprudenza richiede,<br />
già prima della riforma (come sopra evidenziato 52 , una vera e<br />
propria prova indiziaria ai fini della confisca con onere della prova in<br />
capo all’accusa.<br />
Prima della riforma tale giurisprudenza così garantista da richiedere la<br />
prova indiziaria dell’origine illecita non era, però, pacifica 53 ; dopo la riforma<br />
tale orientamento garantista dovrebbe prevalere in quanto supportato<br />
dal testo normativo, anche se la norma continua ad accontentarsi<br />
della prova della sproporzione (in tale settore, del resto, la giurisprudenza<br />
tende a fondare i provvedimenti ablativi più sulla prova indiziaria dell’origine<br />
illecita che sulla prova della sproporzione, che, soprattutto in relazione<br />
a complessi aziendali, appare di difficile determinazione). In seguito<br />
alla riforma gli indizi, che sono prove indirette 54 , debbono fare apparire,<br />
nel rispetto del principio del libero convincimento del giudice e,<br />
quindi, del principio in dubio pro reo (e della presunzione d’innocenza<br />
come regola di giudizio), in base ad un ragionamento conforme alle regole<br />
del pensiero e dell’esperienza (in conformità con la presunzione d’innocenza<br />
come garanzia della qualità della prova) come certa o altamente<br />
probabile l’origine illecita dei beni da confiscare 55 .<br />
51<br />
Cass., 16 gennaio 2007, n. 5234, L.e altro, in Guida al diritto, 2007, p. 1067.<br />
52 Cfr. le sentenze citate in nota 35 e 36.<br />
53<br />
La stessa Suprema Corte in altre pronunce sottolineava che «il paradigma della<br />
sufficienza indiziaria, sta dunque a denotare, non l’emergenza di “prove” in ordine alla<br />
provenienza dei beni da confiscare (o della relativa provvista economica) da un determinato<br />
reato, ma, più semplicemente – ed in linea con la natura “preventiva” della misura –<br />
l’esistenza di un coerente fascio di risultanze deduttive (peraltro originate da acquisizioni<br />
obiettive) atte a rendere fortemente “sospetta” l’accumulazione patrimoniale, in ragione<br />
delle condizioni personali del proposto, indiziato di “appartenere” ad una associazione di<br />
stampo mafioso», così Cass., 16 febbraio 2006, n. 7616, C.A., P.R.A., P.S.C., CA.DO.,<br />
R.R., CA.AN., C.D., in Juris data online, pp. 9-10, che richiama Cass., Sez. V, 18 marzo<br />
2002, Augugliaro; Cass., Sez. V, 19 febbraio 2002, Sollima; Cass., Sez. I, 28 gennaio<br />
1998, De Fazio, ribadendo che sussiste una sorta di inversione dell’onere della prova<br />
circa l’origine dei beni in capo al prevenuto.<br />
54<br />
G. NANU<strong>LA</strong>, La lotta alla mafia, cit., p. 49.<br />
55 A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo,<br />
cit., p. 878.
VII,5 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 161<br />
Si deve ricordare, inoltre, che prima della riforma in qualche rara<br />
sentenza la Suprema Corte, in base ad un orientamento più garantista,<br />
richiedeva l’accertamento sia della sproporzione sia dei sufficienti indizi<br />
di origine illecita, osservando che la novella del 1993, n. 256 56 avrebbe<br />
avuto «un’incidenza contenutistica meno marcata dì quella suggerita<br />
ad una prima lettura» 57 . In base a tale orientamento, il possesso di sostanze<br />
di valore sproporzionato è solo un primo importante, ma non<br />
sufficiente, indizio, da inserire in un più ampio quadro indiziario circa<br />
l’origine illecita del patrimonio dell’indiziato. La riforma, però, come<br />
già sottolineato continua a richiedere la prova della sproporzione o la<br />
prova dell’origine illecita alternativamente; la norma usa l’espressione<br />
«nonché dei beni che risultino», indicando chiaramente che si tratta di<br />
un’ipotesi alternativa.<br />
Tale interpretazione più garantista sarebbe stata maggiormente conforme<br />
alle indicazioni della decisione quadro GAI 212/2005 che prevede<br />
poteri estesi di confisca solo laddove, non solo sussista una condanna<br />
(che manca nel procedimento in esame), ma sia stata accertata la<br />
sproporzione di ogni bene e il giudice sia convinto in base a fondati<br />
motivi della loro origine illecita (art. 3 lett. c). La richiesta di tale duplice<br />
tipologia di indizi, la sproporzione come indizio chiave nell’ambito<br />
di una più ampia prova indiziaria circa l’origine illecita dei beni da confiscare,<br />
si presenterebbe maggiormente in linea con la presunzione<br />
d’innocenza (la prova indiziaria, richiesta dall’art. 2-ter, potrebbe comunque<br />
assorbire la prova della sproporzione ed è, in ogni caso, maggiormente<br />
conforme alla presunzione d’innocenza della mera prova della<br />
sproporzione).<br />
56<br />
L’art. 3 della legge 24 luglio 1993, n. 256, con il quale si era modificato l’art. 2-ter<br />
comma 2 legge n. 575 del 1965, stabiliva che il Tribunale ordina il sequestro dei beni<br />
del mafioso «quando il loro valore risulta sproporzionato al reddito dichiarato o<br />
all’attività economica svolta, ovvero quando, in conformità a sufficienti indizi, si ha<br />
motivo di ritenere che gli stessi siano il frutto di attività illecite o ne costituiscono il<br />
reimpiego»: ne conseguiva, come rilevato in giurisprudenza, che mentre prima si richiedeva<br />
la notevole sproporzione come indizio tra gli altri dell’illecita provenienza, in<br />
seguito a tale riforma l’indizio della mera sproporzione (la norma non richiedeva più<br />
che fosse notevole) era già di per sé indice di illiceità della medesima ricchezza in<br />
quanto nella disponibilità del presunto mafioso, cfr. per tutte Cass., 20 novembre<br />
1998, Iorio e altri, n. 5760, in Cass. pen., 1999, p. 3238.<br />
57<br />
Cass., 23 giugno 2004, Palumbo, in Cass. pen., 2005, p. 2704; conforme Cass., 16<br />
dicembre 2005, n. 1014, L.P.T., in http://www.iuritalia.it/cpenale.
162<br />
Anna Maria Maugeri VII,5<br />
Un’ultima osservazione. Il legislatore della riforma, più garantista in<br />
relazione all’accertamento dell’origine illecita ai fini della confisca ex<br />
art. 2-ter, che si applica a soggetti con pericolosità qualificata, non ha<br />
però mostrato tale sensibilità garantista nell’ipotesi della confisca ex art.<br />
3-quinquies, che si applica a soggetti che non sono neanche indiziati,<br />
ma la cui attività “possa comunque agevolare l’attività” di persone indiziate<br />
ai fini dell’applicazione delle misure di prevenzione o imputate di<br />
taluni crimini connessi al crimine organizzato. In quest’ipotesi continua<br />
ad ammettersi «la confisca dei beni che si ha motivo di ritenere siano il<br />
frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego», ritenendo sufficiente<br />
qualcosa di meno di una prova indiziaria (si ha motivo di ritenere)<br />
ai fini della confisca e l’inversione dell’onere della prova in capo al<br />
proprietario su cui incombe un obbligo di giustificare la legittima provenienza<br />
dei propri beni di valore non proporzionato (fermo restando<br />
che ai fini della sospensione dell’amministrazione dei beni ex art. 3quater<br />
si richiedono sufficienti indizi per richiedere ulteriori indagini e<br />
sufficienti elementi per ritenere che il libero esercizio delle attività economiche<br />
agevoli l’attività dei soggetti indiziati o imputati) 58 . Emerge,<br />
insomma, che il legislatore ha dimenticato di richiedere un maggior rigore<br />
probatorio (in conformità alla presunzione d’innocenza) in relazione<br />
ad una fattispecie che, come evidenziato in altra sede, ricorrendo<br />
ad una tecnica di tipizzazione ambientale troppo distante dalle soglie di<br />
effettiva responsabilità penale, rischia di equiparare in maniera irragionevole<br />
vittima e colluso, sottoponendoli allo stesso trattamento sulla<br />
base di un giudizio di “pericolosità reale” che si fonderebbe su un fascio<br />
di relazioni ambigue e difficilmente afferrabili come quelle che sostanziano<br />
il concetto di “contiguità mafiosa”, il tutto in aperto contrasto<br />
con il principio di legalità 59 . Ciò appare ancor più discutibile se si<br />
considera che, nella seppur limitata prassi applicativa, tale forma di<br />
confisca è divenuta particolarmente incisiva laddove non si è limitata a<br />
colpire i beni per la loro origine illecita, ma piuttosto per la loro desti-<br />
58<br />
Cfr. il tentativo di valorizzare tale differenza terminologica come una richiesta di<br />
progressione probatoria cfr. A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità<br />
e garantismo, cit., p. 418 ss.<br />
59<br />
Così A. MANGIONE, La “contiguità” alla mafia fra “prevenzione” e “repressione”:<br />
tecniche normative e categorie dommatiche, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1996, p. 705; cfr.<br />
R. ACQUAROLI, Proposte di riforma e ipotesi di un modello integrato di disciplina della<br />
ricchezza “di origine illecita”, in R. ACQUAROLI (a cura di), La riforma del sistema sanzionatorio<br />
fiscale, Macerata, 2007, p. 176.
VII,6 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 163<br />
nazione illecita (non distinguendo più l’oggetto della sospensione dell’amministrazione<br />
e quello della confisca) in quanto coinvolti in attività<br />
illecite; la giurisprudenza si accontenta di «elementi sufficienti a fare ritenere<br />
l’esistenza di un’obiettiva commistione di interessi tra attività<br />
d’impresa e attività mafiosa riferibile ad altri soggetti» per procedere alla<br />
confisca «non dei singoli beni, quanto ovviamente di quel complesso di<br />
beni che rende possibile l’esercizio dell’attività imprenditoriale agevolatrice»<br />
60 .<br />
6. La confisca per equivalente e la sproporzione.<br />
Un’altra novità introdotta con il decreto del 2008 consiste nella possibilità<br />
di procedere alla confisca per equivalente qualora «la persona<br />
nei cui confronti è proposta la misura di prevenzione disperde, distrae,<br />
occulta o svaluta i beni al fine di eludere l’esecuzione dei provvedimenti<br />
di sequestro o di confisca su di essi» (art. 2-ter comma 10). La ratio di<br />
questa disposizione sembra essere quella di prevenire i comportamenti<br />
del proposto volti ad impedire od ostacolare la confisca attraverso la<br />
minaccia della confisca di altri beni di valore equivalente, o, comunque,<br />
quella di garantire che in ogni caso si realizzi la confisca di cespiti patrimoniali<br />
in misura equivalente al patrimonio di origine illecita. Si richiede<br />
una sorta di dolo specifico e cioè che i comportamenti del proposto<br />
volti a distruggere, occultare o svalutare i beni siano realizzati allo<br />
specifico fine di sottrarre i beni al sequestro e alla confisca; se il bene<br />
ha perso valore per mancanza di lavori di manutenzione a causa di mera<br />
incuria, colpevole o incolpevole, ma non finalizzata a frustrare la<br />
confisca, non dovrebbe essere possibile applicare questa forma di confisca<br />
per equivalente.<br />
Si ammette la confisca per equivalente anche di beni distrutti prima<br />
del sequestro senza stabilire un limite temporale e, quindi, sarebbe teoricamente<br />
possibile procedere alla confisca per equivalente di beni distrutti<br />
o svalutati anche in epoca remota; in realtà l’accusa potrà farà<br />
riferimento solo a beni dispersi, ecc., in prossimità del sequestro perché<br />
60<br />
Corte d’Appello di Catania, 21 novembre 1997, Spampinato, in Cass. pen., 1998,<br />
n. 1558, p. 2726. Sia consentito il rinvio a A.M. MAUGERI, Relazione Introduttiva, cit.,<br />
p. 110 ss.
164<br />
Anna Maria Maugeri VII,6<br />
si deve dimostrare che i comportamenti del proposto erano finalizzati a<br />
sottrarre i beni al sequestro e, comunque, che i beni – distrutti, dispersi,<br />
occultati o svalutati – erano di valore sproporzionato o di origine illecita<br />
(i presupposti della confisca) e sarebbe impossibile per l’accusa<br />
dimostrare ciò rispetto a beni non più presenti nel patrimonio del proposto<br />
e distrutti..in epoca troppo risalente. Per assurdo quest’ultimo<br />
requisito potrebbe non essere richiesto perché la norma non lo prevede<br />
espressamente e perché si potrebbe trattare di beni distrutti o svalutati<br />
per impedire la stessa confisca per equivalente; ma si trasformerebbe la<br />
confisca antimafia in un mostro onnivoro dalla voracità incontrollabile<br />
in contrasto con lo stesso principio di ragionevolezza (proporzione).<br />
La confisca per equivalente di una forma di confisca allargata che<br />
può colpire tutti i beni di valore sproporzionato o che risultino di origine<br />
illecita sembra, in ogni caso, discutibile; la confisca per equivalente<br />
sembra fisiologicamente uno strumento per combattere i tentativi del<br />
reo di frustrare l’applicazione della confisca di specifici beni che rappresentano<br />
il profitto o il prodotto di un determinato reato, presupponendo<br />
che sia stato accertato che dal crimine sia derivato un determinato<br />
profitto o prodotto ben identificato, legato da un nesso di causalità al<br />
crimine, e non sia possibile confiscarlo perché disperso, alienato, nascosto.<br />
La confisca per equivalente è il primo fondamentale strumento per<br />
superare quel limite delle forme tradizionali di confisca del profitto che<br />
richiedono l’accertamento del nesso di causalità tra il crimine e il profitto<br />
o il prodotto. In relazione alle forme di confisca allargata che non<br />
richiedono l’accertamento del nesso di causalità in questione, ma si estendono<br />
a tutti i profitti di valore sproporzionato (o di origine sospetta)<br />
in base alla presunzione che la sproporzione costituisca un indizio<br />
dell’origine illecita, l’applicazione anche della confisca per equivalente<br />
appare come un’esasperazione. Sembra che il legislatore utilizzi ormai<br />
la confisca per equivalente come un leitmotiv, simbolo di legislazione<br />
moderna ed efficace, indipendentemente dall’opportunità del suo inserimento<br />
nel settore specifico, fraintendo le sollecitazioni degli strumenti<br />
internazionali a garantire tale forma di confisca.<br />
La confisca per equivalente di una forma di confisca allargata non avrebbe<br />
alcun senso, in ogni caso, laddove si ritenesse che la sproporzione<br />
debba essere intesa come elemento indiziario dell’illecita provenienza di<br />
tutto il patrimonio e non come criterio delimitante l’oggetto della confisca,<br />
trasformando la confisca ex art. 2-ter da mero strumento di sottrazione<br />
dei profitti di origine illecita, a confisca generale dei beni, di tutto il
VII,6 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 165<br />
patrimonio 61 , o laddove si ritenesse – come avviene nella prassi – che, soprattutto<br />
in relazione al patrimonio di un’impresa, non sia possibile distinguere<br />
tra patrimonio lecito e patrimonio illecito (nel senso che sarebbe<br />
possibile confiscare le quote societarie sia quando il capitale investito<br />
nell’attività societaria sia di illecita provenienza anche se l’attività svolta è<br />
lecita, sia nell’ipotesi in cui il capitale sia di origine lecita ma la stessa attività<br />
sia esercitata con metodi penalmente illeciti 62 ): ciò, si afferma in giurisprudenza,<br />
«non significa disconoscere l’insegnamento della Suprema<br />
Corte secondo cui la confisca non può aggredire indiscriminatamente<br />
tutto il patrimonio del proposto, bensì deve riguardare sempre singoli<br />
beni rispetto ai quali siano individuabili le ragioni della illegittima provenienza;<br />
ma vuol dire solamente prendere atto che siffatta impostazione,<br />
quando si è di fronte ad una realtà produttiva nel suo complesso e dinamico<br />
operare, non può che riferirsi all’intera azienda» 63 .<br />
La confisca del valore equivalente, quale strumento che consente di<br />
superare le manovre fraudolente del proprietario volte a sottrarre specifici<br />
beni alla confisca, può assumere un significato solo laddove si accoglie<br />
l’orientamento più garantista in base al quale la confisca ex art. 2ter<br />
può colpire solo singoli beni rispetto ai quali sia stato accertato<br />
dall’accusa il carattere sproporzionato o l’origine illecita 64 (o, comunque,<br />
cespiti patrimoniali delimitati, come ad esempio gli introiti di un<br />
anno preciso, rispetto ai quali si accerta il carattere sproporzionato).<br />
Tale posizione, in particolare, è stata ribadita dalle sentenze Ferrara del<br />
2002 e Palumbo del 2004, in cui si è precisato che «nel caso in cui il sequestro<br />
colpisca il complesso dei beni del soggetto indiziato, non si<br />
tratta di misura che coinvolga l’intero patrimonio, ma di sequestro che<br />
61<br />
Cfr. Cass., 26 marzo 1998, Bosetti, in Cass. pen., 1999, p. 3551.<br />
62<br />
In relazione alla confisca ex art. 3-quinquies, Corte d’Appello di Catania, 21 novembre<br />
1997, Spampinato, in Cass. pen., 1998, n. 1558, pp. 2726-2731; Corte di Appello<br />
Palermo, decreto 1° ottobre 1996, Tre Noci s.r.l. ed altri, in Cass. pen., 1997, p.<br />
2257, Corte di Appello di Palermo (16 luglio 2004) e Tribunale di Palermo nel procedimento<br />
in danno di Bontate (decr. 14-28 novembre 2006, inedito, Centralgas S.p.a.,<br />
Vigorgas serbatoi S.r.l., Ital metano S.r.l. e Gas sud S.r.l.). Cfr. G. NICASTRO, La confisca<br />
nella legislazione patrimoniale antimafia, in A.M. MAUGERI (a cura di), Le sanzioni<br />
patrimoniali come moderno strumento di lotta contro il crimine, cit., p. 285; ???? AIEL-<br />
LO, La sospensione temporanea dall’amministrazione dei beni, ivi, p. 341.<br />
63<br />
Trib. Palermo, decreto 3 giugno 1999, Soc. Sicilconcrete S.r.l.<br />
64<br />
Si veda A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo,<br />
cit., pp. 319-373 e dottrina e giurisprudenza ivi citata.
166<br />
Anna Maria Maugeri VII,6<br />
coinvolge i singoli beni, per cui l’accertamento dell’illecita provenienza<br />
va effettuato con riguardo a ciascuno dei beni che lo compongono»;<br />
«non è sufficiente un raffronto globale tra il patrimonio ed il reddito<br />
formalmente disponibile, ma è necessario accertare l’illecita provenienza<br />
di ogni singolo bene inserito nel patrimonio, comparando, al momento<br />
dell’acquisizione, il reddito ufficialmente disponibile con l’incremento<br />
patrimoniale determinato con l’acquisto del bene» 65 .<br />
In base a tale interpretazione la confisca per equivalente può, allora, intervenire<br />
laddove non sia più possibile confiscare (perché distrutto, disperso,<br />
occultato o svalutato) lo specifico bene o cespite patrimoniale il cui acquisto è<br />
risultato sproporzionato o che comunque “risulti” di origine illecita, consentendo<br />
di sequestrare e confiscare altri beni di valore equivalente. Chiaramente<br />
l’applicazione della confisca per equivalente presuppone che sussistano<br />
nel patrimonio del soggetto sia beni di valore sproporzionato (al momento<br />
dell’acquisto) o di origine illecita, sia altri beni di valore proporzionato o di<br />
origine lecita, perché in caso contrario tutti i beni potranno essere sottoposti<br />
alla confisca ex art. 2-ter.<br />
Il timore che sorge è che una simile disposizione giustificherà, ancor<br />
più di quanto non avvenga già oggi nella prassi (soprattutto con il sequestro<br />
anticipato, ai sensi dell’art. 2-bis commi 4 e 5, o con il sequestro<br />
d’urgenza previsto dal comma 2 dell’art. 2-ter), il sequestro di interi<br />
patrimoni, per garantire la confisca dei beni di valore sproporzionato<br />
o di origine illecita, o comunque di altri beni di valore equivalente; nella<br />
prassi il sequestro per equivalente viene applicato con particolare<br />
ampiezza proprio per garantire comunque la confisca (nella forma diretta<br />
o nella forma per equivalente), come emerge in particolare nel settore<br />
della responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche<br />
(d.lgs. n. 231/2001) 66 .<br />
65<br />
Cass., 28 marzo 2002, Ferrara e altri, in Cass. pen., 2003, p. 605; Cass., 23 giugno<br />
2004, Palumbo, ivi, 2005, p. 2704. Conforme per la confisca ex art. 12-sexies decr. 306<br />
del 1992; Cass., Sez. Un., 17 dicembre 2003 (19 gennaio 2004), Montella, in Cass. pen.,<br />
2004, p. 1188. Per una più approfondita disamina cfr. A.M. MAUGERI, La lotta contro<br />
l’accumulo, cit., p. 516 ss.<br />
66 Cfr. A.M. MAUGERI, Relazione Introduttiva, cit., p. 33.
VII,7 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 167<br />
7. La confisca per equivalente dei beni trasferiti a terzi e i trasferimenti<br />
fittizi.<br />
L’art. 2-ter comma 10, prevede anche la confisca per equivalente<br />
«quando i beni non possano essere confiscati in quanto trasferiti legittimamente,<br />
prima dell’esecuzione del sequestro, a terzi in buona fede»;<br />
tale ipotesi di confisca per equivalente è finalizzata a garantire che la<br />
deminutio patrimoni conseguente alla confisca ex art. 2-ter corrisponda<br />
al valore del patrimonio di valore sproporzionato o di origine illecita.<br />
Il denaro o i beni ottenuti in seguito al trasferimento, potrebbero comunque<br />
essere confiscati senza ricorrere alla confisca per equivalente in<br />
quanto, se derivano dal trasferimento di un bene avente origine illecita, dovrebbero<br />
rientrare nella categoria dei beni confiscabili in qualità di reimpiego;<br />
in quest’ipotesi non si dovrebbe consentire la confisca per equivalente<br />
se non si vuole violare il principio del ne bis in idem e di proporzione.<br />
In realtà, una volta trasferito a terzi, il bene dovrebbe perdere la sua<br />
pericolosità, nel senso che non può più essere utilizzato per scopi criminali<br />
dall’indiziato o dall’organizzazione criminale; garantire la confisca<br />
per equivalente in quest’ipotesi esprime chiaramente la precisa volontà<br />
di sottrarre i beni non per la loro pericolosità connessa alla persona<br />
pericolosa, ma per la loro origine illecita al fine di impedire l’illecito<br />
arricchimento dell’organizzazione criminale e, quindi, l’infiltrazione<br />
criminale nell’economia (a parte la funzione di frustrare qualunque<br />
manovra fraudolenta volta a sottrarre il patrimonio illecito).<br />
Tale disposizione che diventa più invasiva della relation back doctrine<br />
nordamericana (che consente di considerare confiscabili tutti i beni<br />
acquistati dal momento della consumazione del crimine) 67 , allarga la<br />
confisca per equivalente a qualunque bene, oggetto di transazione da<br />
parte dell’indiziato prima dell’esecuzione del sequestro senza alcuna delimitazione<br />
temporale; non solo, allora, tutto l’attuale patrimonio del<br />
soggetto indiziato, laddove si accerti il carattere sproporzionato o illecito<br />
dei singoli beni, può essere confiscato, ma l’indiziato diventa debitore<br />
di un valore economico pari al valore di tutti i beni trasferiti nella sua<br />
vita, senza alcuna delimitazione temporale, purché l’accusa, però – perlomeno<br />
in base all’unica possibile interpretazione conforme ai principi<br />
67<br />
A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo,<br />
cit., p. 270 ss.
168<br />
Anna Maria Maugeri VII,7<br />
di proporzione e alla presunzione d’innocenza –, accerti il carattere<br />
sproporzionato o illecito di ogni singolo bene oggetto di trasferimento a<br />
terzi (la norma recita «quando i beni non possano essere confiscati in<br />
quanto trasferiti legittimamente» e quindi presuppone che i beni siano<br />
confiscabili). Tale ipotesi, nella prassi, si dovrebbe delimitare solo in<br />
relazione a trasferimenti compiuti nel periodo oggetto di indagine o<br />
conclusi poco prima del sequestro per sottrarre i beni alla confisca,<br />
perché difficilmente l’accusa potrà accertare il carattere sproporzionato<br />
o illecito rispetto a beni che non si trovano più nel patrimonio del soggetto<br />
e che siano stati trasferiti in epoca ormai remota (anche se si potrebbe<br />
estendere a tutti i trasferimenti compiuti dal momento in cui<br />
sussistono indizi della sua partecipazione all’associazione mafiosa o dell’inizio<br />
dell’attività criminale in base alla presunzione che da quel momento<br />
tutto il suo patrimonio è di origine illecita).<br />
Tale disposizione deve essere coordinata con le disposizioni seguenti<br />
che prevedono che il giudice, con il provvedimento che dispone la confisca,<br />
può dichiarare la nullità degli atti di disposizione quando accerta<br />
che taluni beni siano stati fittiziamente intestati o trasferiti a terzi;<br />
quindi, in ogni caso, laddove il giudice riesce a provare il carattere fittizio<br />
del trasferimento, la simulazione, può dichiarare nullo l’atto e confiscare<br />
direttamente i beni che il proposto aveva tentato di sottrarre con<br />
l’atto di disposizione. La confisca per equivalente dovrebbe intervenire,<br />
allora, solo nelle ipotesi in cui il giudice non riesca ad accertare il carattere<br />
fitttizio del trasferimento oppure quando realmente il soggetto abbia<br />
ceduto i beni a terzi in buona fede.<br />
La norma richiedendo che il bene sia stato trasferito legittimamente<br />
a terzi in buona fede sembrerebbe, inoltre, subordinare la legittimità<br />
del trasferimento non solo al carattere non simulato, ma anche all’accertamento<br />
della buona fede del terzo. Ne deriva che se il terzo avente<br />
causa non è in buona fede, anche se il trasferimento non è fittizio, dovrebbe<br />
essere possibile confiscare il bene acquistato dal terzo 68 .<br />
Occorre stabilire a questo punto cosa si intende per buona fede 69 .<br />
68<br />
Il terzo in malafede non potrà rivendicare alcun diritto di ripetizione in quanto in<br />
virtù dell’art. 1418 c.c. il suo atto è nullo perché la causa è contraria a norme imperative<br />
al buon costume (la violazione di norme imperative penalmente rilevanti rientra in<br />
questo concetto) (art. 2035 c.c.).<br />
69<br />
Cfr. le critiche sull’utilizzo di tale categoria in questa materia di AIELLO, La tutela<br />
civilistica, op. cit., 471 ss.
VII,7 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 169<br />
La giurisprudenza, a partire dalla sentenza Bacherotti, ha sviluppato il<br />
criterio della buona fede ma come presupposto per garantire il riconoscimento<br />
dei diritti reali di garanzia, che il terzo vuole fare valere sui<br />
beni confiscati. Si parla di «buona fede e di affidamento incolpevole» 70 , e<br />
cioè la mancanza di collegamento del proprio diritto con l’altrui condotta<br />
criminosa o con l’attività illecita del proposto indiziato di mafia 71 ;<br />
nell’ipotesi in cui un simile nesso sia invece configurabile, l’affidamento<br />
incolpevole ingenerato da una situazione di apparenza che rendeva scusabile<br />
l’ignoranza o il difetto di diligenza 72 . L’affidamento incolpevole è<br />
ravvisabile «nella non conoscibilità – con l’uso della diligenza richiesta<br />
dal caso concreto – del rapporto di derivazione della loro posizione di vantaggio<br />
dalla condotta delittuosa del proposto» (tale situazione è compatibile<br />
con l’aver «ricevuto indirettamente un vantaggio dall’altrui attività<br />
criminosa» 73 . Ai fini della valutazione della buona fede, insomma, si attribuisce<br />
rilievo anche ad atteggiamenti colposi del terzo, imponendo ai<br />
cittadini una sorta di obbligo generale di diligenza nello svolgimento<br />
degli affari, in linea con la previsione nell’ordinamento penale italiano<br />
della fattispecie dell’incauto acquisto 74 . Emerge quanto può diventare<br />
70<br />
Cass., Sez. Un., 28 aprile 1999, Baccherotti, in Foro it., 1999, II, c. 580, relativa alla<br />
confisca ex art. 644 c.p.; Cass., 9 marzo 2005, in Cass. pen., 2006, p. 634; Cass. n. 227585<br />
del 2003; 29 ottobre 2003, in Gius, 2004, p. 1004; Cass., 19 novembre 2003, n. 47887, San<br />
Paolo IMI e altri, in Cass. pen., 2005, m. 870; Cass., 16 febbraio 2000, Ienna e altri, in<br />
Cass. pen., 2000, p. 2770, con nota di Molinari; ????? CASSANO, Azioni esecutive su beni<br />
oggetto di sequestro antimafia e buona fede dei creditori, in Il Fallimento, 2002, p. 661; ID.,<br />
Confisca antimafia e tutela dei diritti dei terzi, in Cass. pen., 2005, p. 2165.<br />
71<br />
Cass., 11 febbraio 2005, cit., p. 638.<br />
72<br />
Cass., 11 febbraio 2005, in Cass. pen., 2006, p. 641.<br />
73<br />
Cass. civ., 29 ottobre 2003, in Dir. fall. soc. comm., 2004, p. 16; Cass. civ., 29 ottobre<br />
2003, in Dir. fall. soc. comm., 2004, p. 16.<br />
74<br />
A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo,<br />
cit., p. 395 ss.; ID., La lotta contro l’accumulazione, cit., p. 535 ss. Si tende ad affermare<br />
una nozione oggettiva di buona fede e non soggettiva ex art. 1147 c.p.c., nel senso che<br />
le stesse Sezioni Unite fanno ricorso al criterio del collegamento, necessario od occasionale,<br />
tra l’attività negoziale che viene in considerazione e l’illiceità d’impresa, consentendo<br />
la tutela di terzi tutte le volte in cui l’atto da cui il creditore scaturisce non sia<br />
ausiliare o strumentale all’attività illecita, ovvero non la agevoli obiettivamente; in tal<br />
modo si consente la salvaguardia di prestazioni che, pur realizzate nella consapevolezza<br />
del carattere di mafiosità di uno dei soggetti negoziali, non sono di particolare rilievo<br />
sociale e appaiono riconducibili all’ordinario svolgimento dei rapporti economici, come<br />
già proposto nel Progetto Fiandaca, così ???? CASSANO, Azioni esecutive su beni<br />
oggetto di sequestro antimafia, cit., p. 661.
170<br />
Anna Maria Maugeri VII,7<br />
invasiva la confisca antimafia applicata nei confronti dei terzi aventi<br />
causa non in buona fede (soprattutto se si fa rientrare nella malafede<br />
anche l’atteggiamento colposo).<br />
In relazione ai terzi creditori la giurisprudenza ritiene che spetta al<br />
terzo l’onere di provare la sua buona fede e il suo affidamento incolpevole<br />
75 , nonché la mancanza di qualsiasi collegamento del proprio diritto<br />
con l’attività illecita del proposto indiziato di mafia 76 . Tale giurisprudenza<br />
modifica il generale principio civilistico per cui la buona fede è<br />
presunta (art. 1147 c.c.) e inverte l’onere della prova della buona fede a<br />
carico del terzo. Tale inversione assume una particolare problematicità<br />
laddove si considera che essa si applica nei confronti di terzi, estranei<br />
alla valutazione di pericolosità sociale in quanto non indiziati dei reati<br />
presupposti 77<br />
, e sulla difficoltà di dare la prova negativa della malafe-<br />
de 78 . L’art. 2-ter riformato, invece, sembra imporre al giudice la verifica<br />
della buona fede degli aventi causa.<br />
L’art. 2-ter riformato prevede, inoltre, che in alcune ipotesi si presume<br />
il carattere fittizio dei trasferimenti: a) i trasferimenti e le intestazioni,<br />
anche a titolo oneroso, effettuati nei due anni antecedenti la proposta<br />
della misura di prevenzione nei confronti dell’ascendente, del discendente,<br />
del coniuge o della persona stabilmente convivente, nonché<br />
dei parenti entro il sesto grado e degli affini entro il quarto grado; b) i<br />
trasferimenti e le intestazioni, a titolo gratuito o fiduciario, effettuati nei<br />
due anni antecedenti la proposta della misura di prevenzione.<br />
In conclusione in relazione ai trasferimenti a titolo gratuito (o fiduciario)<br />
compiuti nei due anni precedenti si dovrebbe dichiarare la nullità<br />
e quindi applicare direttamente la confisca nei confronti dei beni (e<br />
non la confisca per equivalente), e lo stesso anche se si tratta di trasferimenti<br />
a titolo oneroso nei confronti dei parenti indicati nella norma.<br />
75<br />
Sentenze cit. in nota 67; Cass., 29 ottobre 2003, cit., p. 1004.<br />
76<br />
Cass., 11 febbraio 2005, cit., pp. 638-641.<br />
77<br />
Cfr. A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo,<br />
cit., pp. 387-395; ID., La lotta contro l’accumulazione di patrimoni illeciti, cit., p.<br />
536 ss.<br />
78<br />
Così P.V. MOLINARI, Un passo avanti nella tutela dei terzi in buona fede titolari di<br />
un diritto reale di garanzia sui beni oggetto di confisca antimafia, in Cass. pen., 2006, p.<br />
645; G. IZZO, Criticità nella confisca di prevenzione, in Impresa, 2005, p. 1309; cfr. L.<br />
PETRILLO, La tutela del terzo creditore ipotecario sui beni confiscati: prime aperture, in<br />
Merito, 2006, p. 48.
VII,7 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 171<br />
Con tali presunzioni si introduce un’inversione dell’onere della prova<br />
a carico del terzo, in deroga alla previsione dello stesso art. 2-ter che stabilisce<br />
che spetta all’accusa la prova della disponibilità dei beni in capo<br />
al proposto. Nel caso di beni formalmente intestati a terzi, che si assumono<br />
nella disponibilità di persona sottoposta a misure di prevenzione<br />
personale, la Suprema Corte ha sempre precisato che spetta all’accusa<br />
l’onere di dimostrare «che i beni, formalmente intestati a terzi, siano<br />
nella disponibilità dell’indiziato e derivino dalla sua illecita attività»,<br />
«infatti, non va dimenticato che la presunzione di illecita accumulazione<br />
patrimoniale riguarda solo il soggetto ritenuto socialmente pericoloso»<br />
79 . La giurisprudenza, però, riteneva che mentre in relazione al terzo<br />
estraneo l’indagine sulla disponibilità del bene doveva «essere rigorosa,<br />
non essendo consentito il ricorso a presunzioni come per il giudizio di<br />
pericolosità» 80 , sussisteva una presunzione semplice di disponibilità del<br />
bene da parte dell’indiziato se il terzo fosse il coniuge, il figlio od il<br />
convivente nell’ultimo quinquennio (in virtù del disposto dell’art. 2-bis<br />
che consente le indagini nei loro confronti) 81 . La dottrina riteneva correttamente,<br />
però, che tale presunzione semplice sarebbe dovuta sussistere<br />
solo ai fini dell’indagine, ferma restando l’esigenza di un adeguato<br />
livello probatorio sul requisito della disponibilità in capo al prevenuto<br />
79<br />
Cass., 28 marzo 2002, in Cass. pen., 2003, p. 612; Cass., 23 giugno 2004, in Cass.<br />
pen., 2005, p. 2704; Cass. n. 226610 del 2003; Cass., 15 ottobre 2003, n. 43046, in Cass.<br />
pen., 2005, p. 2341; Cass., 4 giugno 2003, ivi, 2005, p. 2066; Cass., 18 settembre 2002,<br />
in Dir. pen. proc., 2003, p. 1108; Cass., 5 febbraio 2001, in Foro it., 2002, II, c. 263;<br />
Cass., 26 novembre 1998, in Cass. pen., 1999, m. 1131; Cass., 10 novembre 1997, in<br />
Giust. pen., 1998, II, c. 512; Cass., 16 aprile 1996, in Cass. pen., 1997, p. 849; Cass. 4<br />
luglio 1995, in Riv. pen., 1996, p. 526; Cass., 18 maggio 1992, ivi, 1993, p. 2377; App.<br />
Reggio Calabria, 6 marzo 1986, in Foro it., 1987, c. 361; Cass., 7 agosto 1984, ivi, 1985,<br />
II, c. 273, con nota di Fiandaca; cfr. le perplessità di A. MANGIONE, La “contiguità” alla<br />
mafia fra “prevenzione” e “repressione”: tecniche normative e categorie dommatiche, cit.,<br />
pp. 235-263 sulla stessa nozione di disponibilità.<br />
80<br />
Cass., 16 aprile 1996, in Cass. pen., 1997, p. 849.<br />
81<br />
Cass., 7 dicembre 2005, n. 2960; Cass., 5 dicembre 1996, in Cass. pen., 1997, p.<br />
2847; Cass., 14 febbraio 1997, ivi, 1997, p. 3171; la «disponibilità è presunta, senza necessità<br />
di specifici accertamenti» Cass., 4 giugno 2003, ivi, 2005, p. 2066; Cass. 18 settembre<br />
2002, in Dir. pen. proc., 2003, p. 1108; cfr. G. CORSO, Profili costituzionali delle<br />
misure di prevenzione: aspetti teorici e prospettive di riforma, cit., p. 138, afferma che il<br />
«principio barbarico» della responsabilità familiare sostituisce il principio di civiltà<br />
racchiuso nella regola dell’art. 27 Cost.
172<br />
Anna Maria Maugeri VII,7<br />
ai fini del sequestro e della confisca 82 . In tale direzione, infatti, la Suprema<br />
Corte aveva specificato che la «presunzione» in parola va letta<br />
connessa all’accertata assenza di disponibilità economiche proprie dei<br />
terzi intestatari, sintomatica della fittizietà dell’intestazione, e quindi<br />
quale lecito criterio interpretativo della situazione di fatto, non comportante<br />
illegittime inversioni di onere della prova a carico dei terzi» 83 .<br />
Il legislatore della riforma, senza indugi, ha invece introdotto delle vere<br />
presunzioni, con inversione dell’onere della prova, estendendole ai parenti<br />
sino al sesto grado e affini sino al quarto per gli atti a titolo oneroso<br />
e nei confronti di tutti per gli atti a titolo gratuito (o fiduciario), perseguendo<br />
il preciso disegno di semplificare gli accertamenti e di fare<br />
«terra bruciata» attorno ai «mafiosi»; l’aspetto positivo è che si prevede<br />
un limite temporale, che invece la giurisprudenza, sulla base dell’art. 2bis,<br />
non prevede.<br />
In entrambe le ipotesi sarà possibile che i terzi, compresi i parenti,<br />
che abbiano realmente acquistato i beni (sia a titolo gratuito sia a titolo<br />
oneroso), possano confutare la presunzione e dimostrare che i trasferimenti<br />
non sono fittizi; allora, sempre che l’accusa non dimostri la malafede<br />
dei terzi, sarà eventualmente possibile procedere nei confronti di<br />
altri beni di valore equivalente rispetto a quelli trasferiti, purché si tratti<br />
di beni di valore sproporzionato o di origine illecita (e sempre che vi<br />
siano altri beni nel patrimonio del proposto oltre a quelli di cui si accerta<br />
direttamente il carattere sproporzionato o l’origine illecita).<br />
Il rischio di questa normativa è che gli atti a titolo gratuito saranno<br />
considerati tout court fittizi e nulli se compiuti nei due anni precedenti<br />
il sequestro, perché sarà ben difficile per il terzo dimostrarne il carattere<br />
non fittizio (già prima difficilmente i negozi fiduciari erano considerati<br />
nella prassi rilevanti per impedire la confisca); la norma rischia di<br />
introdurre una sorta di causa di nullità di tutti gli atti a titolo gratuito<br />
compiuti dal soggetto nei due anni precedenti il sequestro. Anche in<br />
ordinamenti stranieri sono previste delle presunzioni in relazione ai trasferimenti,<br />
volte a garantire l’efficacia della confisca: nell’ordinamento<br />
inglese, ad esempio, in relazione ai beni acquistati nei sei anni precedenti<br />
l’inizio del procedimento finalizzato al confiscation art. 77 PO-<br />
82<br />
A. GIA<strong>LA</strong>NEL<strong>LA</strong>, I patrimoni di mafia, cit., p. 130.<br />
83<br />
Cass., 28 marzo 2002, in Cass. pen., 2003, p. 605; Cass., 20 novembre 1998, in<br />
Cass. pen., 1999, p. 3238.
VII,7 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 173<br />
CA 84 . Si tratta di scelte di politica criminale particolarmente rigorose<br />
volte a garantire l’efficacia della confisca in taluni settori, anche a scapito,<br />
però, delle garanzie dei terzi e dell’esigenze dell’economia.<br />
Nella disciplina delle misure di prevenzione, inoltre, il limite temporale<br />
dei due anni vale solo per l’applicazione delle presunzioni, rimane la<br />
possibilità sine die di applicare la confisca per equivalente dei beni antecedentemente<br />
e legittimamente trasferiti, purché il giudice accerti il carattere<br />
sproporzionato o l’origine illecita del bene trasferito. Si è trasformata<br />
la natura della confisca per equivalente da strumento volto a garantire<br />
l’applicazione della confisca del profitto accertato del crimine, rimanendo<br />
una mera misura di riequilibrio economico (anche se la Suprema Corte le<br />
attribuisce ormai carattere sanzionatorio anche in quest’ipotesi 85 ), a una<br />
sorta di pena patrimoniale dai confini difficilmente controllabili, con tutti<br />
i dubbi sul rispetto non solo del principio di proporzione in senso stretto<br />
e di ragionevolezza, ma di legalità, colpevolezza e presunzione d’innocenza<br />
in quanto non si deve dimenticare che parliamo di misure di prevenzione<br />
che si applicano a soggetti indiziati.<br />
Le presunzioni circa il carattere fittizio confermano, in ogni caso,<br />
che, al di fuori di queste ipotesi, la legittimità del trasferimento al terzo<br />
in buona fede dovrebbe essere accertata dal giudice della prevenzione.<br />
Il potere di dichiarare la nullità dell’atto fittizio in capo al giudice<br />
delle misure di prevenzione è similare all’istituto della revocatoria fallimentare<br />
(art. 67 legge fall.), che, nella versione precedente la riforma<br />
del 2006, prevedeva il limite temporale dei due anni (per gli atti a titolo<br />
gratuito – uno o due anni per gli atti a titolo oneroso, art. 67) mentre<br />
nell’attuale versione è stato ridotto a sei mesi (con onere della prova a<br />
carico del curatore, un anno con onere della prova a carico del terzo).<br />
Tale disciplina potrebbe apparire come l’introduzione di una novità e<br />
di uno strumento importante che semplifica a monte le procedure di<br />
applicazione della confisca, evitando lunghi procedimenti in sede esecutiva<br />
volti ad accertare il carattere fittizio del trasferimento. In realtà,<br />
però, già nella disciplina precedente la riforma si consentiva, da una<br />
84<br />
Da ultimo A.M. MAUGERI, La lotta contro l’accumulo, cit., p. 563.<br />
85<br />
Cass., 16 gennaio 2004 (2 aprile 2004), n. 15455, Napolitano G., in Foro it., 2004, II,<br />
c. 685; Cass., 9 novembre 2006, Quarta, n. 38803; Cass., 29 marzo 2006, n. 24633, in Guida<br />
al diritto, 2006, 32, p. 90 ss., 92 (par. 1); Cass., 14 giugno 2006, Ghetta, n. 31988; Cass.,<br />
10 gennaio 2007, n. 316, G.s.r.l., in www.reatisocietari.it.; Cass. pen., 7 maggio 2008, n.<br />
22903; Cass. pen., 8 maggio 2008, n. 21566; Cass. pen., 5 giugno 2008, n. 28685.
174<br />
Anna Maria Maugeri VII,7<br />
parte, al giudice di accertare indirettamente il carattere fittizio degli atti<br />
di trasferimento dovendo stabilire quali fossero i beni di cui il proposto<br />
disponesse effettivamente e, dall’altra, si consentiva al terzo avente causa<br />
(e in base alla più recente giurisprudenza anche al terzo creditore,<br />
titolare di diritto reale di garanzia) di partecipare al giudizio, con la<br />
conseguenza che il provvedimento di confisca che, sottraendo un bene,<br />
sanciva il carattere simulato del trasferimento, faceva già stato tra le<br />
parti. In relazione ai terzi non presenti in giudizio, poi, tale pronuncia<br />
di nullità prevista dall’art. 2-ter non sarà opponibile e, quindi, costoro<br />
(ad esempio i terzi creditori del terzo avente causa simulato) potranno<br />
in ogni caso far valere i loro diritti sul bene confiscato.<br />
Tale disciplina, imponendo al giudice di verificare il carattere legittimo<br />
del trasferimento al terzo in buona fede (per stabilire l’eventuale<br />
confisca di valore o la diretta ablazione dei beni presso il terzo), nonché<br />
di decidere circa il carattere fittizio dei trasferimenti (con l’applicazione<br />
anche delle presunzioni), tenta di fornire al giudice strumenti adeguati<br />
per risolvere le controversie con i terzi e snellire quel contenzioso che<br />
spesso rallenta o talora impedisce la stessa destinazione di beni definitivamente<br />
confiscati, come emerge dalla Relazione della Commissione<br />
Antimafia; tale disposizione, inoltre, potrebbe anche essere letta nel<br />
senso che voglia trasferire nel procedimento di prevenzione le decisioni<br />
circa i diritti dei terzi evitando, invece, di rimandare tali questioni alla<br />
fase esecutiva. Si risponde così alla necessità, sottolineata nella Relazione<br />
della Commissione Antimafia, «di imprimere una svolta risolutiva a<br />
procedimenti troppo lunghi, che vanificano le previsioni normative in<br />
materia di destinazione dei beni sottratti alle organizzazioni criminali» e<br />
sollecita «la ricerca di soluzioni tecniche tese a concentrare nel procedimento<br />
di prevenzione la risoluzione di ogni questione che concerna il<br />
bene oggetto del procedimento di prevenzione, nel rispetto delle garanzie<br />
previste dalla legge e nell’equo contemperamento degli interessi in<br />
gioco, in maniera da garantire che il bene giunga alla definitiva confisca<br />
libero da vincoli e da gravami e dunque sia celermente destinabile».<br />
In realtà, però, la disciplina, come esaminato, non prevede niente<br />
che non fosse già sostanzialmente possibile (anche se non veniva pronunciata<br />
la nullità degli atti fittizi), a parte la possibilità di procedere<br />
alla confisca di valore e l’introduzione delle presunzioni con relativa inversione<br />
dell’onere della prova. Si teme, cioè, che attraverso le presunzioni<br />
e la confisca per equivalente si dilati eccessivamente l’ambito di<br />
applicazione della confisca antimafia e si indeboliscano i diritti dei ter-
VII,8 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 175<br />
zi, «con una sorta di chiamata di corresponsabilità morale o sociale per<br />
coloro che hanno avuto la ventura di immettersi nel traffico giuridico<br />
con l’imprenditore di sospetta appartenenza alla mafia» (creando una<br />
sorta di area di rischio penale) 86 , senza ottenere il risultato sperato di<br />
sottrarre il bene a gravami e snellire la procedura (i terzi pretermessi<br />
potranno sempre agire in sede penale con l’incidente di esecuzione o in<br />
sede civile).<br />
Un’ultima disposizione è stata inserita nell’art. 10 decr. n. 92 per garantire<br />
l’efficacia della confisca: «Quando risulti che beni confiscati con<br />
provvedimento definitivo dopo l’assegnazione o la destinazione siano<br />
rientrati, anche per interposta persona, nella disponibilità o sotto il<br />
controllo del soggetto sottoposto al provvedimento di confisca, si può<br />
disporre la revoca dell’assegnazione o della destinazione da parte dello<br />
stesso organo che ha disposto il relativo provvedimento». La prassi dimostra,<br />
purtroppo, come le organizzazioni criminali continuano anche<br />
nella fase della destinazione dei beni ad infiltrarsi per cercare di riottenere<br />
i beni confiscati, chiaramente attraverso interposte persone, società<br />
o cooperative di comodo; la disposizione in esame prevede che nel<br />
caso limite in cui si accerti che il bene confiscato sia rientrato nella disponibilità<br />
di colui cui era stato sottratto, il provvedimento di assegnazione<br />
può essere revocato.<br />
8. La confisca ex art. 12-sexies legge n. 356 del 1992.<br />
Il decreto n. 92 del 2008 ha riformato con l’art. 10-bis anche la confisca<br />
penale prevista dall’art. 12-sexies legge n. 356 del 1992, che richiede<br />
oltre alla prova della disponibilità o titolarità del bene, anche<br />
per interposta persona, in capo ad un soggetto condannato per determinati<br />
delitti, solo la prova del valore sproporzionato del bene.<br />
Tale forma di confisca si basa, come stabilito dalle Sezioni Unite e<br />
recentemente ribadito dalla Suprema Corte, su «un’insindacabile scelta<br />
politico-criminale, una presunzione iuris tantum d’illecita accumulazione,<br />
nel senso che il provvedimento ablatorio incide su tutti i beni di valore<br />
economico non proporzionato al reddito o all’attività economica del con-<br />
86<br />
Così A. MANGIONE, La “contiguità” alla mafia fra “prevenzione” e “repressione”:<br />
tecniche normative e categorie dommatiche, cit., p. 410.
176<br />
Anna Maria Maugeri VII,8<br />
dannato e dei quali questi non possa giustificare la provenienza, trasferendo<br />
sul soggetto, che ha la titolarità o la disponibilità dei beni, l’onere<br />
di dare un’esauriente spiegazione in termini economici (e non semplicemente<br />
giuridico-formali) della positiva liceità della loro provenienza, con<br />
l’allegazione di elementi che, pur senza avere la valenza probatoria civilistica<br />
in tema di diritti reali, possessori e obbligazionari, siano idonei a<br />
vincere tale presunzione» 87 .<br />
Come sottolineato dalle Sezioni Unite non si richiede, pertanto, la<br />
prova del nesso di pertinenzialità tra i beni e il reato oggetto della condanna<br />
(in quanto si finirebbe per allargare indefinitamente il thema decidendum<br />
88 ), né la connessione temporale tra l’acquisizione dei beni e la<br />
consumazione del crimine 89 ; si conferma «la ragionevolezza della presunzione<br />
di provenienza illecita dei beni patrimoniali», già affermata<br />
dalla Corte costituzionale con ordinanza n. 18 del 1996, valorizzando<br />
l’elemento della sproporzione che va accertata «attraverso una ricostruzione<br />
storica della situazione dei redditi e delle attività economiche del<br />
condannato al momento dei singoli acquisti» 90 .<br />
La riforma non ha modificato tale assetto e non è intervenuta<br />
sull’ambito di applicazione della confisca in esame, nonostante le sollecitazioni<br />
in tale direzione della legge comunitaria 2008, ma piuttosto,<br />
attraverso l’inserimento del comma 2-quater, ha esteso alla fattispecie in<br />
esame l’ambito di applicazione del regime di amministrazione e destinazione<br />
dei beni previsto per le misure di prevenzione (2-novies, 2-<br />
87 Cass., 13 maggio 2008, n. 213572, che riprende testualmente Cass., Sez. Un., 17<br />
dicembre 2003, Montella, cit., p. 1188, per una più approfondita disamina e commento<br />
della sentenza Montella sia consentito il rimando a A.M. MAUGERI, La lotta contro<br />
l’accumulazione, cit., p. 526 ss.; cfr. Cass., 10 febbraio 2006, n. 9520, in C.e.d. Cass.<br />
pen., 2006; Cass. 10 maggio 2005, n. 22154, S., in C.e.d. Cass. pen., 2005.<br />
88 Cass., Sez. Un., 17 dicembre 2003, Montella, cit., p. 1187; Cass., Sez. Un., 30<br />
maggio 2001, Derouach, in Foro it., 2001, II, c. 502, spec. 504.<br />
89<br />
Cass., 23 aprile 1998, Bocca, in Cass. pen., 1999, p. 3551; Cass., 23 aprile 2001,<br />
Capomasi, ivi, 2002, p. 2374; Cass., 14 ottobre 1996, Scarcella, ivi, 1997, p. 2718; Cass.,<br />
5 febbraio 2001, Di Bella e altra, in Foro it., 2002, II, p. 263; contra Cass., 26 aprile<br />
2007, n. 21250, cit., 4, § 4; Cass., 25 settembre 2000, Vergano, in Cass. pen., 2001, p.<br />
3404; Cass., 23 settembre 1998, Simoni, ivi, 1999, p. 3551; Cass., 22 settembre 1998,<br />
Sibio, ivi, 1999, p. 3552; Cass., 26 marzo 1998, Bosetti, ivi, 1999, p. 3551; Cass., 15 aprile,<br />
Berti, ivi, 1996, p. 3649.<br />
90 Cass., 13 maggio 2008, n. 213572, che cita testualmente Cass., Sez. Un., Montella,<br />
cit., p. 1187.
VII,8 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 177<br />
decies e 2-undecies legge n. 575 del 1965), regime già applicato in virtù<br />
del comma 2-bis anche all’art. 12-sexies, ma solo in seguito a condanna<br />
per un delitto dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione:<br />
con il decr. n. 92 tale regime viene esteso anche in caso di applicazione<br />
della confisca ex art. 12-sexies in seguito a condanna o applicazione della<br />
pena su richiesta per taluno dei delitti previsti dagli artt. 629, 630,<br />
648, esclusa la fattispecie di cui al comma 2, 648-bis e 648-ter c.p., nonché<br />
dall’art. 12-quinquies del presente decreto e dagli artt. 73, esclusa la<br />
fattispecie di cui al comma 5, e 74 del t.u. in materia di stupefacenti<br />
(decr. n. 309 del 1990).<br />
L’estensione della disciplina in materia di destinazione dei beni confiscati<br />
prevista per le misure di prevenzione può essere valutata positivamente<br />
ponendosi a completamento dell’estensione della disciplina<br />
delle misure di prevenzione in relazione alla gestione e destinazione dei<br />
beni sequestrati già introdotta con il comma 4-bis aggiunto dall’art. 24<br />
comma 1 lett. b legge n. 45 del 2001 91 . Nel settore delle misure di prevenzione<br />
si è sviluppata una notevole competenza nella fase dell’amministrazione<br />
dei beni con la legge n. 109 del 1996, volta a garantirne non<br />
la mera custodia o l’ordinaria amministrazione, ma addirittura l’accrescimento<br />
economico (art. 2-sexies legge n. 575 del 1965 «anche al fine<br />
di incrementare, se possibile, la redditività dei beni»), pur non mancando<br />
ancora delle notevoli problematiche soprattutto per quanto attiene<br />
alla fase della destinazione dei beni.<br />
Rimane una perplessità, che in realtà sorgeva già in relazione all’art. 2bis<br />
(comma aggiunto dall’art. 1 comma 220 lett. b legge n. 296 del 2006):<br />
non si capisce la necessità del comma 2-bis e ora del 2-quater quando già<br />
il comma 4-bis prevede in generale l’applicabilità della disciplina delle<br />
misure di prevenzione non solo per la gestione (dei beni sequestrati e<br />
confiscati) ma anche per la destinazione dei beni confiscati.<br />
91<br />
Si applicano anche ai casi di confisca previsti dai commi da 1 a 4 del presente articolo<br />
le disposizioni in materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati o confiscati<br />
previste dalla legge 31 marzo 1965, n. 575, e successive modificazioni; restano<br />
comunque salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento<br />
del danno.
178<br />
Anna Maria Maugeri VII,9<br />
9. La confisca per equivalente per i delitti di cui al comma 2 dell’art.<br />
12-sexies.<br />
L’art. 10 del d.l. n. 92 del 2008 ha introdotto il comma 2-ter 92<br />
dell’art. 12-sexies in esame consentendo la confisca per equivalente del<br />
prodotto, profitto o prezzo del reato in relazione alle fattispecie previste<br />
dal comma 2 dell’art. 12-sexies 93 laddove non sia possibile procedere<br />
alla confisca allargata dei beni di valore sproporzionato.<br />
Il legislatore stabilisce, quindi, che per i reati in questione si dovrà<br />
procedere, innanzitutto, alla confisca allargata ex art. 12-sexies di tutti<br />
beni di valore sproporzionato di cui il condannato non riesca a giustificare<br />
la legittima provenienza; solo laddove non sarà possibile applicare<br />
la confisca allargata (l’accusa non riesce ad accertare la sproporzione o<br />
la difesa dimostra l’origine lecita del patrimonio del condannato), può<br />
sempre essere applicata la confisca del profitto, del prodotto o del<br />
prezzo nei limiti previsti dall’art. 240 c.p. (o di eventuali forme di confisca<br />
speciale). Se non sarà possibile applicare tale forma di confisca, si<br />
dovrà applicare la confisca del valore equivalente del prodotto, profitto<br />
o prezzo accertato ma che non sia stato possibile aggredire perché, ad<br />
esempio, disperso, nascosto, distrutto. Chiaramente la confisca per equivalente<br />
presuppone che sia stato accertato che dallo specifico crimine<br />
per il quale il soggetto è stato condannato sia derivato un determinato<br />
profitto, prodotto o prezzo, che non sia, però, più possibile aggredire<br />
direttamente.<br />
In maniera assolutamente macchinosa il nostro legislatore con la disposizione<br />
in esame ha introdotto, insomma, la confisca per equivalente<br />
in relazione ai reati indicati; forma di confisca che chiaramente potrà<br />
essere applicata solo laddove non si applichi già la confisca allargata<br />
prevista dall’art. 12-sexies, che colpisce tutti i beni del reo di valore<br />
92<br />
«Art. 2-ter. Nel caso previsto dal comma 2, quando non è possibile procedere alla<br />
confisca in applicazione delle disposizioni ivi richiamate, il giudice ordina la confisca<br />
delle somme di denaro, dei beni e delle altre utilità delle quali il reo ha la disponibilità,<br />
anche per interposta persona, per un valore equivalente al prodotto, profitto o prezzo<br />
del reato».<br />
93<br />
Delitto commesso avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis c.p. ovvero<br />
al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché<br />
a chi è stato condannato per un delitto in materia di contrabbando nei casi di cui<br />
all’art. 295 comma 2 t.u. n. 43 del 1973.
VII,9 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 179<br />
sproporzionato e quindi sia il prodotto, prezzo o profitto del crimine<br />
oggetto di condanna sia tutti gli altri beni posseduti di valore sproporzionato<br />
(che si presume derivino da precedenti crimini o siano ad essi<br />
connessi).<br />
Tale disposizione conferma, quindi, indirettamente che non ha senso<br />
la confisca per equivalente laddove si preveda la confisca allargata,<br />
tanto è vero che la confisca di valore in esame, in relazione ai delitti di<br />
cui al comma 2 dell’art. 12-sexies, può essere applicata solo se non sarà<br />
possibile applicare la confisca allargata: un ulteriore argomento a sostegno<br />
delle perplessità prima sollevate circa l’introduzione della confisca<br />
per equivalente della confisca misura di prevenzione.<br />
Si deve ricordare, comunque, che questo meccanismo si applica anche<br />
in relazione ad altre fattispecie che rientrano nell’ambito di applicazione<br />
della confisca allargata ex art. 12-sexies, ma per le quali è prevista<br />
la confisca per equivalente di forme speciali di confisca obbligatoria<br />
del profitto (art. 322-ter, art. 600-septies, art. 644 ultimo comma).<br />
Nell’ordinamento italiano la confisca per equivalente è prevista come<br />
forma di applicazione di sempre più numerose forme di confisca<br />
speciale (322-ter, 600-septies, 640-quater, 644, 2641 c.c., art. 187 t.u. n.<br />
58 del 1998 in materia di intermediazione 94 , mentre in via generale è<br />
prevista esclusivamente da una norma di carattere procedurale, l’art.<br />
735-bis c.p.p., al fine di garantire l’esecuzione in Italia di un provvedimento<br />
di confisca disposto da un autorità straniera, disposizione introdotta<br />
in seguito alla ratifica da parte dell’Italia della Convenzione di<br />
Strasburgo sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi<br />
del reato del 1990 95 . Il d.l. n. 92 continua ad estendere la confisca<br />
per equivalente in maniera frammentaria solo in relazione ad alcune<br />
specifiche fattispecie, senza rispondere a precise scelte di politica criminale;<br />
si continua a non capire perché il nostro legislatore non preveda<br />
in generale la confisca per equivalente come forma di esecuzione<br />
della confisca ex art. 240 c.p. (non richiedendo l’accertamento del<br />
«rapporto di pertinenzialità» 96 laddove non sia più possibile aggredire<br />
94<br />
Fattispecie introdotta con legge 18 aprile 2005, n. 62.<br />
95<br />
Cfr. L. FORNARI, Criminalità del profitto e tecniche sanzionatorie. Confisca e sanzioni<br />
pecuniarie nel diritto penale moderno, Cedam, 1997, p. 105 s.; Explanatory Report,<br />
consultabile in BROWN, Proceeds of Crime, Money Laundering, Confiscation & Forfeiture,<br />
Edinburgh, 1996, p. 80, in particolare 94.<br />
96 Cass., 16 gennaio 2004, Napolitano G., in Foro it., 2004, II, c. 685; Cass., Sez.
180<br />
Anna Maria Maugeri VII,9<br />
il profitto, prodotto o prezzo accertato); si adempirebbe così, una volta<br />
per tutte, agli obblighi pattizi che sin dalla Convenzione di Strasburgo<br />
del 1990 impongono tale scelta. Da ultimo la legge comunitaria 2007 97 ,<br />
al fine di garantire l’adempimento delle decisioni quadro GAI 212/2005<br />
sui poteri allargati di confisca, richiede, tra l’altro, di prevedere l’«obbligo<br />
di eseguire sempre la confisca, totale o parziale, su altri beni di valore<br />
equivalente a quello delle cose che costituiscono il prezzo, il prodotto<br />
o il profitto del reato, con eccezione dei beni impignorabili ai<br />
sensi dell’art. 514 del codice di procedura civile (lett. b)».<br />
Questo modo di procedere frammentario crea problemi nella prassi<br />
giurisprudenziale, soprattutto in relazione all’applicazione della legge penale<br />
nel tempo, come testimoniato dalla recente vicenda giurisprudenziale<br />
scatenata dall’applicazione retroattiva della confisca per equivalente<br />
introdotta per i reati tributari dall’art. 143 legge n. 244 del 2007 98 .<br />
Un., 25 ottobre-22 novembre 2005, n. 41936, Muci, in Guida al diritto, 2005, n. 47, p.<br />
52. Sulla confisca di valore nell’ordinamento tedesco, § 73, c. 3, da ultimo cfr. BGH, 7<br />
gennaio 2004 – 4 StR 415103 (LG Stendal), NStZ, 2004, p. 554; BGH, 7 gennaio 2003<br />
– 3 StR 421/02 (LG Osnabrück), NStZ 2003, p. 422; BGH 10 settembre 2002, – 1 StR<br />
281/02 (LG Mannheim), NStZ, 2003, p. 198.<br />
97<br />
25 febbraio 2008, n. 34 – Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti<br />
dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee, in G.U., 6 marzo 2008, n. 56 –<br />
Suppl. Ordinario, n. 54.<br />
98<br />
Il Tribunale di Trento ha sollevato la questione di legittimità costituzionale<br />
dell’art. 200 c.p., dell’art. 322-ter comma 1 e dell’art. 143 legge n. 244 del 2007, laddove<br />
consentono l’applicazione retroattiva della confisca per i reati tributari commessi<br />
precedentemente alla sua entrata in vigore, per contrasto con l’art. 117 Cost. comma 1,<br />
in quanto l’applicazione retroattiva della confisca per equivalente si porrebbe in contrasto<br />
con l’art. 7 Cedu trattandosi di sanzione penale. La Suprema Corte ha già riconosciuto<br />
che non è possibile applicare retroattivamente la confisca in esame, richiamando<br />
l’art. 7 della Cedu e la sentenza Welch v. United Kingdom, 9 febbraio 1995<br />
(1/1994/448/527), in Publications de la Cour Européenne des Droits de l’Homme 1995,<br />
Série A, vol. 307, 1 ss., § 27 ss. – 34 (Legisl. pen., 1995, p. 522) – e ritenendo inapplicabile<br />
a tale fattispecie l’art. 200 c.p. in considerazione del carattere sanzionatorio della<br />
confisca per equivalente e non di misura di sicurezza fondata sulla pericolosità sociale,<br />
Cass., 8 maggio 2008, n. 21566; conforme Cass., 5 giugno 2008, n. 28685. Sia consentito<br />
il rimando a recenti lavori circa le problematiche connesse alla determinazione della<br />
natura della confisca per equivalente (derivanti dalla sua applicazione nell’ambito del<br />
concorso di persone), A.M. MAUGERI, Relazione Introduttiva, cit., p. 16; ID., La lotta<br />
contro l’accumulazione, cit., p. 489.
VII,10 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 181<br />
10. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in<br />
relazione alla confisca allargata.<br />
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha manifestato in numerose<br />
sentenze in materia di confisca antimafia e in relazione a talune forme<br />
di confisca allargata previste negli ordinamenti stranieri (ad esempio<br />
inglese e olandese) un generale orientamento di favore nei confronti di<br />
strumenti di c.d. confisca allargata nell’ambito della lotta contro il crimine<br />
organizzato e il traffico di stupefacenti, e in particolare verso il<br />
modello dell’actio in rem 99 .<br />
La Corte europea, a partire dal caso Marandino e dal caso Raimondo<br />
ha riconosciuto, infatti, la natura preventiva e non punitiva della<br />
confisca antimafia da cui consegue la mancata violazione del diritto di<br />
proprietà (art. 1 del 1° protocollo addizionale della Cedu, che tutela il<br />
diritto alla libera attività economica e il diritto di proprietà), della presunzione<br />
d’innocenza (art. 6, § 2) e del principio di legalità (art. 7), laddove<br />
se ne consente l’applicazione retroattiva 100 .<br />
La Corte europea ammette che la confisca antimafia, «stabilisce, in<br />
presenza di sufficienti indizi, una presunzione che i beni della persona<br />
indiziata di appartenere ad un’associazione delittuosa costituiscono il<br />
profitto di attività illecite o il suo reimpiego»; ma si ammette la compatibilità<br />
con la presunzione d’innocenza e con il sotteso principio di colpevolezza<br />
di tale presunzione, in base alla considerazione che presunzioni<br />
di fatto o di legge sono presenti in molti Stati e non sono in linea<br />
di principio contrarie alla Convenzione. Sebbene gli Stati contraenti<br />
hanno l’obbligo di rimanere entro ragionevoli limiti, che tengano conto<br />
dell’importanza degli interessi in gioco e che garantiscano i diritti della<br />
difesa, la presunzione d’innocenza e il concetto di fair trial non sono<br />
violati quando l’imputato ha la possibilità di rigettare la presunzione di<br />
99<br />
CEDU, Welch, cit., 1 ss., § 27 ss. – 34 (Legisl. pen., 1995, p. 522); Phillips c.p. Royaume-Uni,<br />
12 dicembre 2001, Requete n. 41087/98, § 32-34; Butler c. Royaume-Uni,<br />
26 giugno 2002, Requete n. 41661/98, in www.coe.it, 6; Van Offeren c. the Netherlands,<br />
Caso n. 19581/04, 5 luglio 2005.<br />
100<br />
Commiss. eur., 15 aprile 1991, Marandino, no. 12386/86, in Decisions et Rapports<br />
(DR) 70, 78; CEDU, 22 febbraio 1994, Raimondo v. Italy, in Pubblications de la<br />
Cour Européenne des Droits de l’Homme, 1994, Série A vol. 281, 7 e in European Human<br />
Rights Reports 1994, vol. 18, III, 237; conforme 15 giugno 1999, Prisco c.p. Italia,<br />
decisione sulla ricevibilità del ricorso n. 38662/97.
182<br />
Anna Maria Maugeri VII,10<br />
colpevolezza fornendo la prova evidente del contrario 101 ; la Commissione<br />
valuta positivamente la procedura prevista in materia nell’ordinamento<br />
italiano, che garantisce il contraddittorio dinanzi a tre gradi di<br />
giurisdizione, Tribunale, Corte di Appello e Corte di cassazione 102 . Si<br />
sottolinea, però, che la giurisdizione italiana non può fondarsi su semplici<br />
sospetti; essa deve stabilire e valutare oggettivamente i fatti esposti<br />
dalle parti e documentati 103 .<br />
Si deve segnalare, però, un recentissimo orientamento della Corte europea<br />
che ha evidenziato un aspetto della procedura delle misure di prevenzione<br />
considerato incompatibile con le garanzie del giusto processo<br />
previste dall’art. 6 Cedu e cioè la mancanza di un’udienza pubblica.<br />
Lo svolgimento in camera di consiglio delle procedure che riguardano<br />
l’applicazione di misure di prevenzione, sia in primo grado che in<br />
appello, è espressamente previsto dall’art. 4 della legge n. 1423 del 1956<br />
e le parti non hanno la possibilità di domandare ed ottenere una pubblica<br />
udienza. La Corte ammette che talvolta possono entrare in gioco<br />
in questo tipo di procedure degli interessi superiori, quali la protezione<br />
della vita privata di minori o di persone terze indirettamente interessate<br />
dal controllo finanziario, e riconosce che una procedura che tenda essenzialmente<br />
al controllo delle finanze e dei movimenti di capitali possa<br />
presentare un elevato grado di tecnicità. Ma ritiene che non è possibile<br />
«perdere di vista la posta in gioco delle procedure di prevenzione e gli<br />
effetti che sono suscettibili di produrre sulla situazione personale delle<br />
persone coinvolte. La Corte osserva che questo tipo di procedura riguarda<br />
l’applicazione della confisca di beni e capitali, cosa che direttamente<br />
e sostanzialmente coinvolge la situazione patrimoniale della persona<br />
soggetta a giurisdizione. Davanti a tale posta in gioco, non si può<br />
affermare che il controllo del pubblico non sia una condizione necessaria<br />
alla garanzia del rispetto dei diritti dell’interessato (vedere Martinie,<br />
prima citata, § 43 e, à contrario, Jussila c. Finlandia [GC], n o 73053/01,<br />
§ 48, CEDH 2006-...). La Corte giudica, quindi, essenziale che le per-<br />
101<br />
CEDU, Prisco c. Italia, cit.; Salabiaku v. France, in Publications de la Cour Europenne<br />
des Droits de l’Homme 1988, Série A, vol. 141, 10 – 15 – 17; 25 settembre 1992,<br />
Pham Hoang v. France, ivi 1992, vol. 243, pp. 21-22.<br />
102 Commission Eur., Marandino, cit., p. 78; CEDU, Prisco, cit.; Arcuri, cit., pp. 4-5;<br />
Riela, cit., p. 5; Licata c. Italia, n. 32221/02, in www.coe.it, p. 4; Madonia, cit., pp. 4-5.<br />
103<br />
Ibidem; CEDU, Andersson, cit., p. 4. Cfr. Commissione decisione, 21 maggio<br />
1998, Autorino v. Italy, n. 39704/98.
VII,11 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 183<br />
sone soggette a giurisdizione coinvolte in un procedimento di applicazione<br />
delle misure di prevenzione si vedano almeno offrire la possibilità<br />
di sollecitare una pubblica udienza davanti alle sezioni specializzate dei<br />
tribunale e delle corti d’appello» 104 .<br />
Emerge ancora una volta e in maniera improcrastinabile l’esigenza di<br />
una piena giurisdizionalizzazione del procedimento destinato all’applicazione<br />
delle misure di prevenzione per garantire i diritti della difesa e,<br />
in prospettiva, una piena cooperazione internazionale.<br />
11. Conclusioni.<br />
La riforma risponde essenzialmente all’esigenza di rendere più efficienti<br />
le sanzioni patrimoniali, in particolare le misure di prevenzione,<br />
ma si è rivelata complessivamente abbastanza caotica, confermando<br />
l’esigenza di una riforma più complessiva del sistema delle sanzioni patrimoniali<br />
e delle misure di prevenzione in particolare, sia sul piano<br />
dell’efficienza sia sul piano delle garanzie. Le continue novelle settoriali<br />
hanno determinato un sistema piuttosto scoordinato e irrazionale, compromettendo<br />
la stessa efficienza delle misure in esame.<br />
Non è ancora stata realizzata, innanzitutto quella complessiva riforma<br />
della forma base di confisca del profitto del reato ex art. 240 c.p.<br />
prevista nella legge comunitaria 2007 in adempimento degli obblighi<br />
comunitari e in particolare della decisione quadro n. 212 del 2005, ma<br />
si continua a procedere frammentariamente come attesta l’introduzione<br />
della confisca per equivalente in relazione ai reati di cui al comma 2<br />
dell’art. 12-sexies d.l. n. 306 del 1992.<br />
Non sono stati minimamente affrontati i problemi posti dalla confisca<br />
penale ex art. 12-sexies, sopra accennati e già discussi in Commissione<br />
ministeriale (Fiandaca), e cioè l’appesantimento delle indagini determinato<br />
dall’inserimento delle misure patrimoniali all’interno del<br />
processo penale. È stata mossa anche una questione di legittimità costituzionale<br />
al riguardo, rilevando la possibilità di compromissione di valori<br />
da ritenersi prioritari – si pensi alla possibile prescrizione dei reati<br />
104<br />
CEDU, 13 Novembre 2007 (2 giugno 2008), Bocellari e Rizza C. Italia, n. 399/02,<br />
ivi; CEDU, 8 luglio 2008, Perre et Autres C. Italie, n. 1905/05, ivi.
184<br />
Anna Maria Maugeri VII,11<br />
oggetto di accertamento 105 . In risposta a tali problematiche nella prassi<br />
si tende a rinviare in sede di esecuzione l’applicazione della confisca<br />
obbligatoria ex art. 12-sexies (art. 676 c.p.p.) 106 , soluzione che suscita<br />
notevoli perplessità 107 .<br />
In ogni caso, tanto più dopo l’annunciata separazione delle misure<br />
personali dalle patrimoniali (art. 2-bis comma 6-bis legge n. 575 del<br />
1965), si rende ormai indispensabile una complessiva riforma e razionalizzazione<br />
della disciplina in materia di misure di prevenzione patrimoniali<br />
al fine di disciplinare in maniera autonoma il procedimento patrimoniale<br />
(indipendentemente dalle misure personali) e di garantirne una<br />
piena giurisdizionalizzazione che contemperi le esigenze dell’efficienza<br />
con le garanzie (come, del resto, richiesto dalla Cedu); ad esempio dalla<br />
prassi emerge la richiesta di un allargamento degli strumenti di indagine<br />
patrimoniale alle intercettazioni, è necessario prevedere le garanzie<br />
difensive nella fase delle indagini, una completa disciplina in materia di<br />
tutela dei terzi, i limiti della revoca ... In particolare la disciplina della<br />
tutela dei terzi si rivela improrogabile non solo perché la tutela della<br />
buona fede dei terzi è imposta dagli obblighi comunitari (dalla Convenzione<br />
di Vienna del 1988 sino alle decisioni quadro n. 212 del 2005 e n.<br />
783 del 2006) ma perché, come accennato, tra le criticità, che rallentano<br />
la procedura di destinazione dei beni confiscati, assume un particolare<br />
rilievo la presenza di gravami – costituiti da mutui, ipoteche o da<br />
pretese creditorie di altri soggetti – o procedure esecutive. Addirittura<br />
dalla Relazione emerge la prassi dell’Agenzia del Demanio di dichiarare<br />
non destinabile il bene oberato da gravami, esprimendo «uno spirito<br />
eccessivamente burocratico in violazione dello spirito della legge, volta<br />
a perseguire la destinazione a fini sociali dei beni confiscati alle mafie».<br />
La legge esaminata, infine, non è intervenuta nella fase della destinazione<br />
dei beni (non sono state accolto alcune modifiche della legge n.<br />
575 introdotte nel disegno di legge n. 733). Probabilmente il legislatore<br />
si riserva di procedere ad una più ampia riforma della disciplina per<br />
superare tutte le criticità della procedura di destinazione dei beni confi-<br />
105<br />
Cfr. Ord. Trib. Santa Maria Capua Vetere, in Riv. pen., 1995, p. 740.<br />
106 Cfr. Cass., 18 settembre 1997, Cavallari ed altri, in Cass. pen., 1998, p. 3247. Nega<br />
la possibilità che il giudice dell’esecuzione disponga il sequestro preventivo a norma<br />
dell’art. 12-sexies, Cass., 7 luglio 1999, Aiello, in Ced Cass., rv. 215265.<br />
107<br />
Sia consentito il rinvio a A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra<br />
funzionalità e garantismo, cit., p. 338 ss.
VII,11 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 185<br />
scati, denunciate nella Relazione della Commissione Antimafia e che<br />
continuano a comportare un profondo divario tra la percentuale dei<br />
beni destinati e quella dei beni ancora da destinare (ad esempio in Sicilia<br />
circa il 65% dei beni confiscati risulta ancora da destinare); solo superando<br />
tali criticità sarà possibile garantire il valore “pedagogico”<br />
dell’azione di rimozione dei patrimoni illeciti dal circuito economico<br />
lecito, che altrimenti «rischia di risultare inutile … e dannosa (perché,<br />
mostrando l’incapacità dello Stato a destinare un bene, assurge a simbolo<br />
della capacità di resistenza delle mafie)».
186<br />
Anna Maria Maugeri VII,11