23.11.2012 Views

LA RIFORMA DELLE SANZIONI PATRIMONIALI: VERSO UN'ACTIO ...

LA RIFORMA DELLE SANZIONI PATRIMONIALI: VERSO UN'ACTIO ...

LA RIFORMA DELLE SANZIONI PATRIMONIALI: VERSO UN'ACTIO ...

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

VII<br />

<strong>LA</strong> <strong>RIFORMA</strong> <strong>DELLE</strong> <strong>SANZIONI</strong> <strong>PATRIMONIALI</strong>:<br />

<strong>VERSO</strong> UN’ACTIO IN REM?<br />

di Anna Maria Maugeri<br />

SOMMARIO: 1. La riforma delle misure di prevenzione patrimoniale. – 2. Destinatari. – 3.<br />

Separazione delle misure patrimoniali dalle personali. – 4. Organi competenti. – 5.<br />

L’onere della prova dell’origine illecita. – 6. La confisca per equivalente e la sproporzione.<br />

– 7. La confisca per equivalente dei beni trasferiti a terzi e i trasferimenti fittizi. –<br />

8. La confisca ex art. 12-sexies legge n. 356 del 1992. – 9. La confisca per equivalente<br />

per i delitti di cui al comma 2 dell’art. 12-sexies. – 10. La giurisprudenza della Corte europea<br />

dei diritti dell’uomo. – 11. Conclusioni.<br />

1. La riforma delle misure di prevenzione patrimoniali.<br />

Nell’ambito del c.d. pacchetto sicurezza in esame è stata realizzata,<br />

senza troppo clamore, una caotica riforma delle misure di prevenzione<br />

patrimoniali, considerate oggi, insieme alla confisca ex art. 12-sexies<br />

decr. legge n. 306 del 1992 (c.d. confisca obbligatoria dei valori ingiustificati),<br />

i fondamentali strumenti di lotta contro l’accumulazione dei<br />

capitali illeciti da parte del crimine organizzato.<br />

Da molti anni ormai si discute in dottrina circa l’opportunità di una<br />

puntuale riforma della disciplina in questione, contemplata dalla legge<br />

n. 575 del 1965, nell’ambito di una più ampia razionalizzazione della<br />

materia, che sarebbe dovuta confluire in un Testo unico; in tale direzione<br />

basti ricordare le proposte avanzate nel Progetto per la ricognizione<br />

e il riordino della normativa di contrasto della criminalità organizzata<br />

elaborato dalla Commissione ministeriale presieduta dal Prof.<br />

Fiandaca (presentato nel marzo del 2001 al Ministro della giustizia in<br />

versione non definitiva), nonché, da ultimo, lo schema di disegno di


130<br />

Anna Maria Maugeri VII,1<br />

legge delega «Misure di contrasto alla criminalità organizzata. Delega al<br />

governo per l’emanazione di un testo unico delle disposizioni in materia<br />

di misure di prevenzione. Disposizioni in materia di ordinamento giudiziario<br />

e patrocinio a spese dello Stato.» (A.C. 3242) presentato nella<br />

scorsa legislatura (13 novembre 2007) 1 .<br />

L’esigenza di riformare la disciplina in materia nasce, innanzitutto,<br />

dalla constatazione che, nonostante i successi ottenuti nell’attacco alle<br />

organizzazioni mafiose, in Italia manca ancora una seria strategia di lotta<br />

alla mafia da un punto di vista patrimoniale, anche per le carenze<br />

delle agenzie addette alle indagini e per gli scarsi coordinamenti nel settore<br />

e anzi negli ultimi anni, in particolare dal 2002, si è assistito a una<br />

sensibile diminuzione del numero dei sequestri e delle confische, come<br />

evidenziato nella “Relazione sullo stato di attuazione della normativa e<br />

delle prassi applicative in materia di sequestro, confisca e destinazione<br />

dei beni alla criminalità organizzata”, elaborata nella scorsa legislatura<br />

dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità<br />

organizzata mafiosa o similare 2 .<br />

Il decr. n. 92 del 2008 ha riformato la disciplina in maniera apparentemente<br />

incisiva perseguendo lo scopo di garantire una maggiore efficienza<br />

dello strumentario in esame, senza però riuscire del tutto a raggiungere<br />

l’obiettivo e senza realizzare quella più radicale razionalizzazione<br />

della normativa, la cui giurisdizionalizzazione è stata, per lo più,<br />

affidata all’opera interpretativa della giurisprudenza, che, per quanto<br />

meritevole, rischia di creare incertezze e diseguaglianze.<br />

Rimane ferma la scelta per il sistema del “doppio binario”, procedimento<br />

penale/procedimento di prevenzione, che consente di azionare,<br />

in via alternativa o cumulativa, i due strumenti della confisca di prevenzione<br />

e della confisca intesa come misura di sicurezza (art. 12-sexies<br />

decr. legge n. 306 del 1992); tale scelta era già stata compiuta nel Progetto<br />

Fiandaca.<br />

1<br />

Tale disegno di legge fu assegnato alla II Commissione permanente (Giustizia) in<br />

sede referente il 20 dicembre 2007.<br />

2<br />

Approvata dalla Commissione nella seduta del 27 novembre 2007 e trasmessa alle<br />

Presidenze delle Camere il 28 novembre 2007 – Doc. XXIII n. 3. Nel prosieguo Relazione<br />

della Commissione Antimafia.


VII,2 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 131<br />

2. Destinatari.<br />

La legge in esame ha modificato la cerchia dei destinatari delle misure<br />

di prevenzione ricomprendendo oltre agli indiziati di appartenere ad<br />

associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni, comunque<br />

localmente denominate, anche i soggetti indiziati di uno dei<br />

reati previsti dall’art. 51 comma 3-bis c.p.p., accogliendo una proposta<br />

già avanzata nel progetto della Commissione Fiandaca e ribadita nella<br />

recente Relazione della Commissione antimafia, così consentendo<br />

all’ufficio giudiziario titolare delle indagini preliminari in materia di delitti<br />

connessi con la criminalità organizzata di avviare le indagini patrimoniali.<br />

Tale riforma nasce dall’esigenza di garantire nei confronti di tutti i<br />

crimini connessi al crimine organizzato l’applicabilità delle misure di<br />

prevenzione e in particolare la possibilità di procedere contro il patrimonio<br />

con l’actio in rem in esame. Il richiamo dell’art. 51 comma 3-bis<br />

consente di adeguare automaticamente l’ambito di applicazione delle<br />

misure di prevenzione, senza necessità di ulteriore specifico intervento,<br />

ad eventuali successive valutazioni del legislatore favorevoli ad inserire<br />

nel testo dell’art. 51 comma 3-bis, nuovi delitti “di mafia”, garantendo<br />

che il c.d. doppio binario proceda parallelamente sotto il profilo processuale<br />

e sotto quello della prevenzione.<br />

Dall’altra parte la riforma ha ristretto l’ambito di applicazione delle<br />

misure di prevenzione patrimoniali in quanto è stato abrogato l’art. 14<br />

della legge n. 55 del 1990, che ponendo fine ad accese discussioni, aveva<br />

sancito l’applicazione delle patrimoniali anche in relazione ai soggetti<br />

contemplati dall’art. 19 della legge 22 maggio 1975, n. 152 (Legge<br />

Reale); tale legge ha esteso le misure di prevenzione anche nei confronti<br />

dei soggetti indicati negli artt. 1 e 2 della legge n. 1423 del 1956, ossia<br />

nei confronti di coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto,<br />

che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi e di coloro che per<br />

la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di<br />

fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività<br />

delittuose. Si discuteva in dottrina e in giurisprudenza se il rinvio contenuto<br />

nell’art. 19 (“Le disposizioni di cui alla legge 31 maggio 1965, n.<br />

575, si applicano anche alle persone indicate ...”) potesse essere considerato<br />

come un rinvio formale rispetto ad un atto fonte che avrebbe<br />

consentito di richiamare tutte le disposizioni contenute, in qualunque<br />

momento introdotte, e, quindi, anche le misure patrimoniali introdotte


132<br />

Anna Maria Maugeri VII,2<br />

successivamente alla norma in esame (art. 14 legge n. 646 del 1982 e<br />

successive modifiche). L’art. 14 legge n. 55 del 1990 aveva risolto la<br />

questione sancendo chiaramente l’applicazione delle misure di prevenzione<br />

patrimoniali a tali soggetti ma solo «quando l’attività delittuosa<br />

da cui si ritiene derivino i proventi sia una di quelle previste dagli articoli<br />

600, 601, 602, 629, 630, 644, 648-bis o 648-ter del codice penale,<br />

ovvero quella di contrabbando»; si escludeva l’applicazione delle patrimoniali<br />

per le ipotesi di mera pericolosità generica, che non fonda<br />

una ragionevole presunzione di illecito arricchimento.<br />

In seguito all’abrogazione dell’art. 14 legge n. 55 del 1990, poiché<br />

tra le fattispecie elencate nell’art. 51 comma 3-bis non rientrano gli artt.<br />

629, 644, 648-bis e 648-ter, la riforma sembrerebbe escludere l’applicazione<br />

delle misure di prevenzione patrimoniali a soggetti indiziati di<br />

vivere con i proventi dell’estorsione, dell’usura, della ricettazione, del<br />

riciclaggio e dell’impiego di denaro, beni o altre utilità di provenienza<br />

illecita. Sorge il dubbio che questa restrizione dell’ambito di applicazione<br />

delle misure di prevenzione non sia stata del tutto ponderata,<br />

considerando che crimini come l’estorsione, l’usura e il riciclaggio sono<br />

tipicamente connessi al crimine organizzato. Nel disegno di legge n. A-<br />

692, del giugno 2008 (testo con le modifiche approvate in sede referente)<br />

l’art. 11-ter del decr. n. 92, che abroga l’art. 14, era stato eliminato;<br />

nel testo approvato a luglio (d.d.l. n. 692-B) ritorna tale art. 11 ter.<br />

Rimane in ogni caso ferma la possibilità di applicare la confisca a<br />

questi soggetti se indiziati di appartenere ad un’associazione di stampo<br />

mafioso (o assimilate) che persegue la consumazione di tali crimini. Le<br />

misure di prevenzione, del resto, nascono come strumento eccezionale<br />

contro il crimine organizzato 3 .<br />

Teoricamente in base all’interpretazione letterale si potrebbe prospettare<br />

un’altra soluzione. Nonostante l’abrogazione dell’art. 14 legge<br />

n. 55 del 1990, si potrebbe interpretare l’art. 19 legge n. 152 del 1975<br />

come norma che estende ai soggetti indicati sia le misure personali sia<br />

le patrimoniali, in quanto la norma, riformata, prevede che “Le disposizioni<br />

di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575, si applicano anche alle<br />

persone”, non limitando in alcun modo il richiamo alle misure personali<br />

ex art. 2 legge 575 del 1965. I problemi del rispetto del principio di<br />

legalità potrebbero essere risolti con un argomento già utilizzato nel<br />

3<br />

G. FIANDACA, La prevenzione antimafia tra difesa sociale e garanzia di legalità, in<br />

Foro it., 1987, II, c. 69.


VII,2 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 133<br />

passato, e cioè con la considerazione che la legge di riforma, in questo<br />

caso l’art. 11 del decr. n. 92 del 2008, aggiornando l’art. 19, avrebbe<br />

confermato il dato letterale che estende il rinvio a tutte le disposizioni<br />

della legge n. 575 del 1965, ribadendo l’estensione alle misure patrimoniali<br />

4 , anche perché l’art. 2-ter nel disciplinare il sequestro continua a<br />

prevedere la clausola di riserva nei confronti della sospensione dell’amministrazione<br />

dei beni prevista dagli artt. 22, 23 e 24 della legge n. 152<br />

del 1975; tale clausola non avrebbe senso se non fosse possibile applicare<br />

le misure patrimoniali ai soggetti indicati dall’art. 19 (salvo a ritenere<br />

valido il riferimento solo per i soggetti indicati dall’art. 18, in relazione<br />

ai quali non sono state abrogate le norme che prevedono espressamente<br />

l’estensione delle misure patrimoniali). In questa prospettiva<br />

l’eliminazione dell’art. 14 potrebbe essere letta come un ampliamento<br />

dell’ambito di applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali<br />

che, senza le limitazioni previste nell’art. 14, potrebbero applicarsi ai<br />

soggetti indiziati di essere dediti a traffici delittuosi o che vivono abitualmente,<br />

anche in parte, con i proventi di attività delittuose, indipendentemente<br />

da quali siano i crimini fonte dei proventi.<br />

Tale interpretazione si porrebbe, però, in contrasto con l’art. 1 della<br />

legge n. 575 del 1965 che stabilisce i soggetti destinatari dell’apparato<br />

di misure personali e patrimoniali ivi previste, senza richiamare anche<br />

le ipotesi di pericolosità generica indicate negli artt. 1 e 2 della legge n.<br />

1423 del 1956, ma soprattutto si finirebbe per ampliare a dismisura<br />

l’ambito di applicazione delle patrimoniali in mancanza di quella ragionevole<br />

prognosi di illecito arricchimento fondata sulle fattispecie di pericolosità<br />

mafiosa; durante la discussione sull’ambito di applicazione<br />

della Legge Reale prima della riforma, infatti, parte della dottrina riteneva<br />

che le ragioni politico criminali che hanno indotto all’introduzione<br />

delle misure ablative non sussistono per situazioni caratterizzate da<br />

pericolosità generica 5 . I principi di legalità, proporzione, colpevolezza e<br />

presunzione d’innocenza che già sono seriamente compromessi dal si-<br />

4 Prima della riforma e dell’art. 14 legge n. 55 del 1990 ???? SPAGNOLO, Breve commento<br />

alle “nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di<br />

altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale” (l. n. 55/90), in Riv. trim. dir.<br />

pen. econ., 1990, p. 697; G. NANU<strong>LA</strong>, La lotta alla mafia. Strumenti giuridici – strutture<br />

di coordinamento – legislazione vigente, Giuffrè, 1999, p. 82.<br />

c. 69.<br />

5 G. FIANDACA, La prevenzione antimafia tra difesa sociale e garanzia di legalità, cit.,


134<br />

Anna Maria Maugeri VII,2<br />

stema delle misure di prevenzione patrimoniali nei confronti di soggetti<br />

indiziati di appartenere ad organizzazioni mafiose o di compiere crimini<br />

connessi, verrebbero ulteriormente e ingiustificatamente sacrificati (a<br />

parte lo spreco di energie investigative). Non avrebbe neanche molto<br />

senso l’assetto delle competenze dei pubblici ministeri che ne deriverebbe,<br />

come si esaminerà.<br />

Non si deve dimenticare, del resto, che la Corte costituzionale si è<br />

pronunciata contro le fattispecie di pericolosità generica laddove ha<br />

precisato che i presupposti di fatto, sui quali fondare la prognosi di pericolosità,<br />

devono essere «previsti dalla legge» (e, perciò, passibili di accertamento<br />

giudiziale): le «condotte presupposte per l’applicazione delle<br />

misure di prevenzione, poiché si tratta di prevenire reati, non possono<br />

non involgere il riferimento, esplicito o implicito, al o ai reati o alle categorie<br />

di reati della cui prevenzione si tratta, talché la descrizione della o<br />

delle condotte considerate acquista tanta maggiore determinatezza in<br />

quanto consenta di dedurre dal loro verificarsi nel caso concreto la ragionevole<br />

previsione (del pericolo) che quei reati potrebbero venire consumati<br />

ad opera di quei soggetti» 6 . Dovrebbero, quindi, essere legislativamente<br />

descritti i comportamenti che costituiscono il presupposto del giudizio<br />

di pericolosità, nonché i reati di riferimento di tale giudizio; l’art. 14<br />

legge n. 55 del 1990 indicava, perlomeno, i reati di riferimento, con la<br />

sua abrogazione si ritorna a discutibili forme di pericolosità generica<br />

che non dovrebbero giustificare l’intervento patrimoniale (né, in realtà,<br />

quello personale).<br />

Sembra positivo, in ogni caso, che non sia stata prevista quell’applicazione<br />

indiscriminata delle misure di prevenzione patrimoniali a tutti i<br />

soggetti che possono essere sottoposti alle misure di prevenzione personali,<br />

come invece, veniva proposto nella passata legislatura nel disegno<br />

di legge delega recante “Misure di contrasto alla criminalità organizzata”;<br />

sarebbe opportuno, infatti, delimitare l’applicazione delle moderne<br />

sanzioni patrimoniali (laddove comportino la confisca allargata<br />

dei patrimoni consolidati) a quelle forme di criminalità che siano manifestazione<br />

di un’organizzazione strutturata e stabile o comunque tipicamente<br />

connesse al crimine organizzato, la cui pericolosità per l’ordine<br />

pubblico e per il corretto funzionamento dell’economia e della democrazia,<br />

può giustificare in termini di necessità un così incisivo intervento,<br />

in linea con le indicazioni della decisione quadro GAI n. 212 del<br />

6<br />

Corte cost., 22 dicembre 1980, n. 177, in Giur. cost., 1980, c. 1546.


VII,3 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 135<br />

2005 relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato, che limita<br />

l’applicazione di poteri allargati di confisca al settore della criminalità<br />

organizzata.<br />

Si deve evidenziare, infine, che tra i destinatari delle misure di prevenzione<br />

la più recente giurisprudenza include anche i soggetti indiziati<br />

di concorso esterno in associazione mafiosa (soggetti contigui), attraverso<br />

un’interpretazione estensiva della nozione di indiziato di appartenenza<br />

ad associazione mafiosa 7 ; in tale direzione prevedeva espressamente<br />

il riferimento a tale categoria sia il Progetto Fiandaca, sia la<br />

Relazione della Commissione Antimafia, sia il dis. di legge delega recante<br />

“Misure di contrasto alla criminalità organizzata”. Continuano a essere<br />

destinatari delle misure di prevenzione, sia personali sia patrimoniali,<br />

i soggetti indicati nell’art. 18 della legge Reale (n. 152 del 1975); il decreto<br />

n. 92 si è limitato ad eliminare nell’ultimo comma dell’art. 18 il<br />

riferimento all’art. 14 legge n. 55 del 1990, ormai abrogato 8 .<br />

3. Separazione delle misure patrimoniali dalle personali.<br />

L’aspetto cruciale della riforma delle misure di prevenzione patrimoniali<br />

realizzata dal decr. n. 92 del 2008 consiste nella separazione del<br />

procedimento di prevenzione personale dal procedimento di prevenzione<br />

patrimoniale, riforma già contemplata nel progetto Fiandaca 9 e<br />

nel d.d.l. delega recante “Misure di contrasto alla criminalità organizzata”,<br />

ed auspicata nella Relazione della Commissione antimafia 10 .<br />

La dottrina proponeva già da tempo di rendere le misure di prevenzione<br />

patrimoniali autonome da quelle personali, per non rischiare di<br />

7<br />

Cass. pen., 16 gennaio 2002, in Cass. pen., 2003, p. 604; Cass. pen., 16 dicembre<br />

2005, n. 1014; Cass. pen., 17 marzo 1997, ivi, 1998, p. 935. Sulla nozione di pericolosità<br />

sociale cfr. A.M. MAUGERI, Art. 2 ter, in F. PA<strong>LA</strong>ZZO-C.E. PALIERO (a cura di), Commentario<br />

breve alla Legislazione speciale, Cedam, 2007, p. 1786.<br />

8<br />

Sia consentito il rinvio a A.M. MAUGERI, Art. 2 ter, cit., p. 1817 ss. sulle problematiche<br />

connesse all’applicazione delle misure di prevenzione nel settore del terrorismo.<br />

9<br />

Cfr. A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo,<br />

Giuffrè, 2001, pp. 383-432.<br />

10<br />

In dottrina cfr. L. VIO<strong>LA</strong>NTE, Conclusioni, in Le misure di prevenzione patrimoniali.<br />

Teoria e prassi applicativa, Cacucci, 1997, p. 490.


136<br />

Anna Maria Maugeri VII,3<br />

coinvolgerle nelle questioni di legittimità costituzionale di cui erano<br />

spesso bersaglio le misure personali 11 , avvertendo, inoltre, come diverse<br />

siano le esigenze procedurali tra le misure di prevenzione personali e<br />

quelle patrimoniali; mentre nel procedimento di prevenzione personale<br />

la fase dell’indagine è già compiuta quando il procedimento giunge dinanzi<br />

all’organo giudicante, il procedimento di prevenzione patrimoniale<br />

può giungere nella fase camerale senza che sia stata svolta un’adeguata<br />

indagine patrimoniale, perché spesso per esigenze cautelari è necessario<br />

procedere prontamente al sequestro 12 .<br />

Lo sganciamento parziale delle misure patrimoniali dalle personali<br />

era garantito prima della riforma dalla possibilità di pronunciare la confisca<br />

anche in caso di assenza, residenza o dimora all’estero della persona<br />

alla quale potrebbe applicarsi la misura di prevenzione (comma 7<br />

art. 2-ter legge n. 575 del 1965). Tale tendenza verso la trasformazione<br />

del procedimento patrimoniale in un actio in rem, inoltre, era già emersa<br />

in maniera decisa con l’introduzione della sospensione dell’amministrazione<br />

dei beni ex art. 3-quater e della confisca ex art. 3-quinquies<br />

delle attività economiche che agevolano l’attività di determinati soggetti<br />

indiziati o imputati 13 .<br />

Il nuovo comma 6-bis dell’art. 2-bis legge n. 575 del 1965, introdotto<br />

dall’art. 10 del decreto in esame, prevede che le «misure di prevenzione<br />

personali e patrimoniali possono essere richieste e applicate disgiuntamente».<br />

Con tale norma si sarebbe dovuto realizzare lo sganciamento del<br />

11<br />

E. GALLO, Misure di prevenzione, in App. Enc. giur., XX, p. 15; G. CORSO, Profili<br />

costituzionali delle misure di prevenzione: aspetti teorici e prospettive di riforma, in G.<br />

FIANDACA-S. COSTANTINO (a cura di), La legge antimafia tre anni dopo, Franco Angeli,<br />

1986, p. 125; ID., L’ordine pubblico, Il Mulino, 1979, p. 259 ss.; G. FIANDACA, Commento<br />

alla sentenza del Trib. Palermo, decreto 8 ottobre 1983, P.m. c. Greco, in Foro it.,<br />

1983, II, c. 529; A. GIA<strong>LA</strong>NEL<strong>LA</strong>, I patrimoni di mafia-La prova, il sequestro, la confisca,<br />

le garanzie, Esi, 1998, p. 174; P. CELENTANO, La nuova ipotesi particolare di confisca obbligatoria,<br />

in Riv. pen. economia, 1994, p. 310.<br />

12<br />

Cfr. A. FALLONE, Luci ed ombre del procedimento di prevenzione patrimoniale, in<br />

Documenti Giustizia, 1995, n. 4, p. 610 ss.<br />

13<br />

Cfr. A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo,<br />

cit., p. 409 ss. e ID., Relazione Introduttiva. I modelli di sanzione patrimoniale nel<br />

diritto comparato, in A.M. MAUGERI (a cura di), Le sanzioni patrimoniali come moderno<br />

strumento di lotta contro il crimine: reciproco riconoscimento e prospettive di armonizzazione,<br />

?????, 2008, p. 106.


VII,3 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 137<br />

procedimento di prevenzione patrimoniale dal personale e la possibilità<br />

di agire direttamente contro il patrimonio, senza la previa applicazione<br />

di misure di prevenzione personali (rivelatesi poco efficaci e di dubbia<br />

costituzionalità), nei confronti di una persona indiziata di appartenenza<br />

alla criminalità organizzata, laddove si dimostri la sproporzione o si fornisca<br />

una prova indiziaria dell’origine illecita dei beni da confiscare.<br />

Dai lavori preparatori emerge che al fine di contrastare più efficacemente<br />

la criminalità organizzata «incidendo su uno degli elementi sui<br />

quali la stessa è maggiormente vulnerabile, l’intervento consiste nel<br />

passaggio da un approccio incentrato sulla “pericolosità del soggetto” a<br />

una visione imperniata sulla formazione illecita del bene che, una volta<br />

reimmesso nel circuito economico, è in grado di alterare il sistema legale<br />

di circolazione della ricchezza, minando così alla radice le fondamenta<br />

di una economia di mercato».<br />

Si afferma l’idea, già ribadita nella Relazione della Commissione Antimafia,<br />

che occorre «prevenire che provvedimenti modificativi della misura<br />

di prevenzione concernente il soggetto travolgano le misure patrimoniali»,<br />

una volta che sia stata accertata la provenienza illecita, in quanto<br />

proprio «in ragione di tale accertata illecita provenienza [i beni] sono dotati<br />

di una perdurante pericolosità e di un insito potere destabilizzante per<br />

l’economia lecita. … In sintesi, si immagina una sorta di “perdurante illiceità<br />

dei beni” strettamente connessa alla formazione degli stessi».<br />

La recisione del nesso di pregiudizialità tra le misure di prevenzione<br />

personali e le misure patrimoniali dovrebbe consentire di assicurare la<br />

possibilità di ricorrere alle misure patrimoniali indipendentemente dalla<br />

persistenza delle condizioni personali per la loro applicazione e di<br />

prevedere, conseguentemente, la possibilità che, in caso di morte del<br />

proposto, il procedimento di prevenzione patrimoniale continui nei<br />

confronti degli eredi quali beneficiari di un illecito arricchimento.<br />

Tali obiettivi non sono stati, però, del tutto realizzati perché non è<br />

stata modificata la procedura per l’applicazione delle misure di prevenzione<br />

patrimoniali prevista nell’art. 2-ter, continuando a mantenere in<br />

vita un meccanismo che aggancia l’applicazione delle patrimoniali alle<br />

personali: l’art. 2-ter, comma 1, prevede che le patrimoniali sono applicate<br />

nel corso del procedimento destinato alle personali («nel corso del<br />

procedimento per l’applicazione di una delle misure di prevenzione<br />

previste dall’articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, iniziato<br />

nei confronti delle persone indicate nell’articolo 1, il tribunale, ove necessario,<br />

può procedere ad ulteriori indagini oltre quelle già compiute a


138<br />

Anna Maria Maugeri VII,3<br />

norma dell’articolo precedente ...») e il comma 6 pone un termine di decadenza<br />

per l’applicazione delle patrimoniali («I provvedimenti previsti<br />

dal presente articolo possono essere adottati, …, anche dopo l’applicazione<br />

della misura di prevenzione, ma prima della sua cessazione»). La<br />

prima norma sembrerebbe escludere un’applicazione delle misure patrimoniali<br />

indipendente dalle personali, dato che stabilisce che le indagini e<br />

l’applicazione delle patrimoniali avviene nell’ambito del procedimento<br />

per infliggere le personali, mentre la seconda indica un termine processuale,<br />

che determina la decadenza del potere di imporre misure patrimoniali<br />

e questo termine deriva dalle personali, “prima della loro cessazione”.<br />

Emerge ancora una volta come la riforma sia stata frettolosa e poco<br />

ponderata, in quanto ci si è limitati a proclamare l’autonomia delle patrimoniali<br />

dalle personali, senza poi adeguare il procedimento e anzi continuando<br />

ad imporre il legame tra le due tipologie di misure; sembra che<br />

non sia stato del tutto tagliato il cordone ombelicale.<br />

Un solo risultato è stato sicuramente raggiunto, consentire di confiscare<br />

il patrimonio del morto, rispondendo all’esigenza che maggiormente<br />

emergeva nella prassi prima della riforma, quella di consentire di<br />

proseguire il procedimento anche in seguito alla morte o addirittura<br />

anche nei confronti del patrimonio di chi fosse già morto 14 .<br />

La riforma consente di continuare il procedimento anche nel caso in<br />

cui il proposto muore durante il procedimento o addirittura si consente<br />

di procedere direttamente nei confronti del patrimonio del defunto con<br />

il limite temporale che la morte sia intervenuta nei cinque anni antecedenti<br />

il decesso. L’esperienza giudiziaria ha fatto riscontrare delle ipotesi<br />

in cui l’organizzazione criminale ha preferito sacrificare la vita di<br />

un proprio membro per evitare di subire la confisca dei beni di cui il<br />

proposto risultava titolare o comunque di cui aveva la disponibilità; la<br />

possibilità di proseguire il procedimento nei confronti del morto consente<br />

di prevenire simili sacrifici o comunque di evitare che l’ablazione<br />

dei patrimoni illeciti sia frustrata a causa della morte.<br />

14<br />

Art. 2-bis comma 6-bis – Le misure patrimoniali possono essere disposte anche in<br />

caso di morte del soggetto proposto per la loro applicazione. Nel caso la morte sopraggiunga<br />

nel corso del procedimento, esso prosegue nei confronti degli eredi o comunque<br />

degli aventi causa; art. 2-ter comma 11 – La confisca può essere proposta, in caso<br />

di morte del soggetto nei confronti del quale potrebbe essere disposta, nei riguardi dei<br />

successori a titolo universale o particolare, entro il termine di cinque anni dal decesso.<br />

In relazione alla confisca penale ex art. 12-sexies decr. n. 306 del 1992 cfr. Cass. pen.,<br />

25 gennaio 2008, n. 9576, in C.e.d. Cass. pen., 2008.


VII,3 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 139<br />

Chiaramente in questi casi il procedimento prosegue o si inizia, tout<br />

court, nei confronti dei successori; si osserva a tal proposito nella Relazione<br />

della Commissione Antimafia che «l’arricchimento illecito accertato<br />

in capo al proposto, giunge agli eredi in caso di morte del proposto<br />

medesimo prima che il procedimento sia concluso. La natura illecita<br />

dell’arricchimento che perviene agli eredi rende opportuno prevedere<br />

che, in tali casi, il procedimento di prevenzione continui nei confronti<br />

degli eredi medesimi, similmente a quanto accade, ai sensi della legge n.<br />

20/1994, per i giudizi di responsabilità amministrativa dinanzi alla Corte<br />

dei Conti, nei casi di illecito arricchimento del dante causa».<br />

Anche l’esigenza di procedere nei confronti del patrimonio di un<br />

soggetto che è già morto da cinque anni deriva dall’esperienza giudiziaria<br />

che ha fatto emergere delle ipotesi in cui i pubblici ministeri vengono<br />

a conoscenza del carattere illecito di un patrimonio, magari grazie<br />

alle rivelazioni di un collaboratore, solo in seguito alla morte del titolare<br />

e non è possibile procedere nei confronti dei successori perché non<br />

rientrano nella categoria dei destinatari (indiziati di ...). Sarà possibile<br />

procedere contro il patrimonio del defunto anche nel caso in cui costui<br />

non sia mai stato oggetto di un giudizio di pericolosità (né sottoposto a<br />

misura di prevenzione personale, né condannato per i reati previsti dalla<br />

disciplina in materia). La delimitazione temporale all’intervento in<br />

esame sembra conforme ad esigenze di tutela del mercato e dell’economia,<br />

in quanto occorre garantire i diritti degli aventi causa, che non<br />

possono essere sottoposti sine die alla spada di Damocle delle misure di<br />

prevenzione. Sarebbe auspicabile, però, per lo meno in questa ipotesi,<br />

che l’accusa fornisca una prova più rigorosa (non solo la sproporzione,<br />

ma una più ampia prova indiziaria dell’origine illecita dei beni) per<br />

compensare la difficoltà della difesa (dei successori) di dimostrare<br />

l’origine lecita del patrimonio di un defunto.<br />

Prima della riforma più volte la Corte costituzionale si era pronunciata<br />

contro l’incostituzionalità della normativa, che vieta di ordinare la<br />

confisca dei beni di provenienza illecita nelle ipotesi in cui non sia applicata<br />

una misura di prevenzione personale o la stessa sia cessata per<br />

morte del proposto. La subordinazione della prevenzione patrimoniale<br />

alla prevenzione personale veniva correttamente considerata come una<br />

scelta riservata alla discrezionalità del legislatore 15 ; la confisca, si affer-<br />

15<br />

Corte cost. ord., 17 novembre 2004/368, in Riv. trim. dir. pen. economia, 2005, p.<br />

213 con nota di Vinciguerra; Corte cost. n. 335 del 1996, in Cass. pen., 1997, p. 334,


140<br />

Anna Maria Maugeri VII,3<br />

mava, è rivolta non ai beni di provenienza illegittima come tali, ma in<br />

quanto posseduti da persone ritenute pericolose, in quanto la pericolosità<br />

del bene deriva dalla pericolosità della persona 16 . A dispetto di tali<br />

pronunce emergeva, però, nella prassi giurisprudenziale una certa tendenza<br />

a sganciare le misure patrimoniali dalle personali e a consentire<br />

la confisca anche dopo la morte del proposto. La stessa Corte costituzionale,<br />

infatti, nonostante il disposto del comma 6 dell’art. 2-ter, aveva<br />

riconosciuto che è possibile applicare la confisca anche dopo la cessazione<br />

della durata della misura di prevenzione personale, purché il procedimento<br />

patrimoniale fosse stato iniziato 17 . La Suprema Corte aveva,<br />

addirittura, affermato che il procedimento di prevenzione patrimoniale<br />

potesse essere anche iniziato in seguito alla cessazione degli effetti<br />

dell’applicazione della misura di prevenzione personale 18<br />

, e superando<br />

un suo precedente orientamento 19 , aveva espressamente riconosciuto in<br />

relazione alla confisca ma non al sequestro, la non caducazione della<br />

misura già disposta per effetto del decesso del soggetto prima della definitività<br />

del relativo provvedimento, sempre che i presupposti di indimostrata<br />

legittima provenienza dei beni oggetto di confisca, da un lato,<br />

e di pericolosità del soggetto, dall’altro, fossero già stati definitivamente<br />

accertati. Ciò si spiega per l’appunto perché la ratio della confisca, ha<br />

affermato la Suprema Corte, a differenza di quella delle misure di prevenzione<br />

in senso proprio, va al di là dell’esigenza di prevenzione nei<br />

confronti di determinati soggetti pericolosi e sorregge dunque la misura<br />

anche oltre la permanenza in vita del soggetto pericoloso; lo scopo della<br />

con nota di Molinari; Corte cost., n. 465 del 1993; Corte cost., n. 721 del 1988; Cass.,<br />

25 novembre 1997, in Arch. nuova proc. pen., 1998, p. 424, con nota di Grillo.<br />

16 Corte cost. n. 335 del 1996.<br />

17<br />

Così Corte cost., n. 465 del 1993; conf. Cass., Sez. Un., 7 febbraio 2001, in Dir.<br />

giust., 2001, n. 12, p. 28; contra Cass., 28 gennaio 1994, in Cass. pen., 1995, p. 391. La<br />

Suprema Corte aveva affermato che la revoca della misura personale per sopravvenuta<br />

cessazione della pericolosità, non comportava in alcun caso la revoca della misura patrimoniale<br />

Cass., 30 gennaio 1998, in Cass. pen., 1999, n. 1132.<br />

18 Per sopravvenuta incompatibilità con una misura di sicurezza detentiva o con la<br />

libertà vigilata (in tale direzione, d’altronde, l’ottavo comma, aggiunto dall’art. 2, legge<br />

19 marzo 1990, n. 55) – Cass., 2 maggio 1995, in Cass. pen., 1996, p. 1601 (tuttavia cfr.<br />

Cass., Sez. Un., 7 febbraio 2001, in Dir. giust., 2001, n. 12, p. 28) – o anche qualora<br />

venga meno, per eventi successivi, l’accertata pericolosità sociale del prevenuto, Cass.,<br />

14 febbraio 1997, in Cass. pen., 1997, p. 3170.<br />

19 Cass., 28 marzo 1995, in Cass. pen., 1996, p. 925.


VII,3 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 141<br />

misura preventiva è, infatti, quello di eliminare l’utile economico proveniente<br />

dall’attività criminosa e tale finalità resterebbe frustrata se i familiari<br />

o gli eventuali prestanome della persona affiliata ad organizzazioni<br />

criminali potessero riacquistare la disponibilità dei beni confiscati in seguito<br />

alla morte della persona socialmente pericolosa; tale orientamento<br />

era consolidato prima della riforma 20 .<br />

Questo approccio è diametralmente opposto a quello suggerito dalla<br />

Corte costituzionale, sopra esaminato: la pericolosità del patrimonio<br />

non deriva dalla pericolosità del soggetto, ma dall’origine criminale del<br />

patrimonio; occorre impedire l’illecita accumulazione patrimoniale e la<br />

conseguente infiltrazione criminale nell’economia e nei gangli decisionali<br />

della politica.<br />

Si intravedeva, infatti, in quest’ultime sentenze il riconoscimento da<br />

parte delle Sezioni penali della Suprema Corte della crisi del collegamento<br />

delle misure di prevenzione patrimoniali a quelle personali 21 ; si<br />

favoriva una completa operatività della peculiare funzione dell’istituto<br />

(«preventiva, repressiva e sanzionatoria»), utilizzato come strumento di<br />

lotta contro la riproduzione delle ricchezze inquinate (considerate<br />

«strumento di sviluppo dell’organizzazione mafiosa, dei suoi membri e,<br />

quindi, pericolose in sé» 22 .<br />

La tendenza all’oggettivizzazione del procedimento patrimoniale antimafia<br />

è stata solo parzialmente portata a compimento con la riforma<br />

in esame che consente di applicare le misure patrimoniali anche nei<br />

confronti del defunto, ma non è riuscita a trasformare pienamente il<br />

20<br />

Cass., 17 luglio 1995, in Riv. pen., 1996, p. 526; Cass., Sez. Un., 3 luglio 1996, ivi,<br />

1996, p. 3609 – in cui si evidenzia che «il decesso […] potrebbe essere deliberatamente<br />

perseguito da terzi proprio al fine di riciclare i beni» –, con nota critica di MOLINARI (critico<br />

nei confronti di questa sentenza A. GIA<strong>LA</strong>NEL<strong>LA</strong>, I patrimoni di mafia, cit., p. 159-<br />

171); Cass., 14 febbraio 1997, ivi, 1997, p. 3170, con nota critica di Molinari; Cass., 24 novembre<br />

1998, ivi, 1999, p. 3558, con nota critica di Molinari; Cass., 22 settembre 1999,<br />

ivi, 2000, p. 1410; Cass. n. 231775 del 2005; Cass., 14 gennaio 2005, n. 6160, in Cass. pen.,<br />

2006, p. 1909; Cass., 31 gennaio 2005, in Guida al diritto, 2005, n. 25, p. 55, con nota di<br />

Giordano; da ultimo, in un caso di morte presunta, Cass., 10 aprile 2008, n. 17632.<br />

21<br />

Cfr. L. FORNARI, Criminalità del profitto e tecniche sanzionatorie. Confisca e sanzioni<br />

pecuniarie nel diritto penale moderno, Cedam, 1997, p. 77.<br />

22<br />

Così App. Napoli, 16 gennaio 2001, in Giur. merito, 2003, 131; conf. Cass., n. 5092<br />

del 1999; Cass., n. 1790 del 1999; Cass., n. 5830 del 1999; Cass., n. 6379 del 1998; Cass.,<br />

13 novembre 1997, in Cass. pen., 1998, p. 3404; Cass., 17 luglio 1995, in Riv. pen., 1996,<br />

p. 526; critico nei confronti di questo orientamento L. FILIPPI, Il procedimento di prevenzione<br />

patrimoniale, Cedam, 2002, pp. 472-481. Cfr. GIORDANO, cit., p. 60.


142<br />

Anna Maria Maugeri VII,3<br />

procedimento di prevenzione patrimoniale in una sorta di actio in rem<br />

contro un bene considerato in sé pericoloso 23 .<br />

Si dovrebbe forzare il dato letterale dell’art. 2-ter, commi 1 e 6, per<br />

ritenere che il procedimento di prevenzione può essere attivato per<br />

l’esclusiva applicazione delle misure patrimoniali, come del resto era<br />

già consentito nel caso di assenza e dimora all’estero, e per ritenere che<br />

il termine previsto dal comma 6 dell’art. 2-ter, non costituisce più un<br />

limite insuperabile, in quanto anche dopo la cessazione delle misure<br />

personali, sarà possibile “richiedere e applicare” autonomamente le misure<br />

patrimoniali in virtù del comma 6-bis dell’art. 2-bis. In ogni caso<br />

anche prima della riforma l’art. 2-ter consentiva di procedere per l’applicazione<br />

esclusiva delle misure patrimoniali in caso di assenza e dimora<br />

all’estero, e chiaramente in quest’ipotesi il limite del sesto comma<br />

non si applicava; quindi, si potrebbe ritenere che oggi alla luce del<br />

comma 6-bis dell’art. 2-bis sarà possibile procedere per la mera applicazione<br />

delle patrimoniali. Rimane l’ostacolo del sesto comma nell’ipotesi<br />

in cui si agisce contemporaneamente per l’applicazione delle personali<br />

e delle patrimoniali; sarebbe assurdo, però, ritenere vincolante tale<br />

termine di decadenza nell’ipotesi in cui si procede sia per le personali<br />

sia per le patrimoniali, in un sistema in cui si consente di procedere autonomamente.<br />

Sarà la prassi giurisprudenziale a decidere tra le due opzioni<br />

interpretative; l’interpretazione che favorisce l’autonomia delle<br />

patrimoniali, per quanto rischia di forzare il dato letterale, sarebbe<br />

maggiormente conforme alla ratio complessiva della riforma, che, come<br />

affermato nella Relazione della Commissione Antimafia, dovrebbe essere<br />

quella di «prevenire che provvedimenti modificativi della misura di<br />

prevenzione concernente il soggetto travolgano le misure patrimoniali»<br />

(anche se si riteneva fondamentale garantire la confisca dei beni del<br />

morto), ma il principio di legalità e di tassatività imporrebbero l’introduzione<br />

di una più chiara e coordinata disciplina del procedimento di<br />

prevenzione patrimoniale come procedimento autonomo.<br />

23<br />

Cfr. A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo,<br />

cit., p. 360 ss.; A. GIA<strong>LA</strong>NEL<strong>LA</strong>, Prevenzione patrimoniale e strategia dell’«actio in<br />

rem»: la pericolosità «in sé» della cosa, la sospensione provvisoria dell’amministrazione<br />

dei beni e la ricchezza «contigua», in Riv. trim. dir. pen. economia, 2001, p. 281 ss.; P.V.<br />

MOLINARI, Confisca antimafia non esecutiva e morte della persona pericolosa, in Cass.<br />

pen., 1996, p. 1964; ID., Procedimento di prevenzione e morte della persona pericolosa,<br />

ivi, 1995, p. 2682.


VII,3 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 143<br />

Un dubbio rimane, in ogni caso, a questo punto: cosa vuol dire che<br />

il procedimento di prevenzione patrimoniale è possibile separatamente<br />

da quello personale? Il giudice potrebbe procedere al sequestro e alla<br />

confisca di un patrimonio in quanto di valore sproporzionato o in<br />

quanto risulti di origine illecita, indipendentemente da chi sia il proprietario<br />

(anche se morto), oppure potrà procedere solo nei confronti<br />

del patrimonio di soggetti indiziati di appartenere ad un’organizzazione<br />

criminale o di commettere uno dei crimini indicati nell’art. 51, comma<br />

3-bis c.p.p.<br />

Nonostante la prima interpretazione sia quella maggiormente (se<br />

non l’unica) conforme al modello dell’actio in rem 24 , sembra preferibile<br />

la seconda interpretazione, che delimita l’ambito di applicazione del<br />

sequestro e della confisca misura di prevenzione solo nei confronti del<br />

patrimonio dei soggetti indiziati di cui all’art. 1 della legge n. 575 del<br />

1965, in quanto in tale direzione si pronuncia lo stesso art. 1 laddove<br />

stabilisce che solo i soggetti in questione sono «i destinatari della legge<br />

in esame» (Art. 1. La presente legge si applica agli indiziati di …). Oggi è<br />

sicuramente possibile procedere contro il patrimonio di un soggetto<br />

che è morto nei cinque anni precedenti, solo se indiziato dei reati indicati;<br />

in base ad un’interpretazione sistematica o de iure condendo sarà<br />

possibile procedere contro il patrimonio di questi soggetti anche qualora<br />

non si intenda applicare nei loro confronti la misura di prevenzione<br />

personale o comunque questa sia cessata. Laddove si procede solo con<br />

le misure di prevenzione patrimoniali, l’accusa dovrà, comunque, fornire<br />

gli indizi in base ai quali ritiene che il soggetto rientri nelle categorie<br />

indicate dall’art. 1 (appartenente ad associazione mafiosa, …) 25 .<br />

La possibilità di procedere all’applicazione delle misure patrimoniali<br />

indipendentemente dalle personali potrebbe, del resto, rispondere ad<br />

una logica garantista, o, comunque, in termini di valutazione dell’intervento<br />

penale alla luce del principio di proporzione potrebbe risultare<br />

una forma di intervento maggiormente conforme a tale principio, in<br />

quanto risparmierebbe all’indagato le limitazioni del ben più prezioso<br />

bene della libertà personale connessa alle misure personali, rivelatesi<br />

spesso inefficaci in termini di prevenzione speciale. Il rischio, infatti, di<br />

un meccanismo che subordina la prevenzione patrimoniale alla personale<br />

non è solo quello di rendere le misure patrimoniali meno efficaci,<br />

24<br />

Da ultimo cfr. A.M. MAUGERI, Relazione Introduttiva, cit., p. 90 ss.<br />

25 In relazione a tale profilo cfr. A.M. MAUGERI, Art. 2 ter, cit., p. 1786.


144<br />

Anna Maria Maugeri VII,3<br />

ma anche di imporre il sacrificio connesso alle personali solo per consentire<br />

l’applicazione delle patrimoniali e non per reali esigenze di prevenzione<br />

speciale. Non sembra conforme, però, al rispetto del principio<br />

di proporzione, del principio di colpevolezza e della presunzione<br />

d’innocenza imporre il sacrificio della libertà personale in chiave strumentale<br />

ad esigenze di lotta contro l’accumulazione patrimoniale; in un<br />

sistema democratico qualunque ingerenza dell’autorità limitativa dei<br />

diritti del cittadino deve avvenire nella misura strettamente necessaria<br />

e, quindi, laddove le misure patrimoniali possono essere considerate già<br />

idonee al perseguimento dello scopo, non si giustifica il sacrificio della<br />

libertà personale.<br />

Per contro non è possibile perseguire quella pericolosissima fictio<br />

iuris, che a volte emerge nei sistemi di common law che conoscono<br />

l’actio in rem, di considerare il patrimonio pericoloso in quanto «contaminato»<br />

(tainted) – coinvolto in attività criminali, e quindi perseguibile,<br />

indipendentemente dalle responsabilità del detentore, anche presso i<br />

terzi e senza le garanzie del penale e del giusto processo (come dimostra<br />

l’esperienza del civil forfeiture nordamericano). Sotto questo profilo<br />

è importante limitare l’utilizzo del procedimento di prevenzione patrimoniale<br />

solo contro soggetti indiziati di reati connessi al crimine organizzato,<br />

tale procedimento deve essere pienamente giurisdizionalizzato<br />

e deve essere introdotta una più completa disciplina volta a garantire<br />

la tutela dei terzi.<br />

La separazione del procedimento patrimoniale dal personale conferma<br />

la tendenza a rendere il procedimento di prevenzione patrimoniale<br />

come lo strumento per eccellenza della lotta contro l’accumulazione<br />

dei patrimoni illeciti, anche perché nella prassi ha favorito la formazione<br />

di particolari competenze dei magistrati nell’ambito delle indagini<br />

e delle questioni patrimoniali e non pone i problemi che sorgono<br />

in sede penale, la cui normativa processuale si è rivelata talora inefficace<br />

nel consentire l’applicazione della confisca penale, in quanto non<br />

consente un’attività d’indagine approfondita ed idonea a conseguire la<br />

confisca di “rilevanti porzioni di economia criminale” e, inoltre, in sede<br />

dibattimentale, l’attenzione dell’organo giudicante è concentrata sulla<br />

verifica della responsabilità penale, con il rischio di sacrificare le questioni<br />

patrimoniali anche al fine di garantire il rispetto dei rigidi termini<br />

processuali 26 o, peggio, con il rischio che vengano pronunciati provve-<br />

26 Così ???? VISCONTI, in ???? HEINE-???? VISCONTI, I proventi illeciti ed il loro


VII,4 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 145<br />

dimenti patrimoniali più superficiali e meno fondati (per assurdo sotto<br />

questo profilo il procedimento della prevenzione patrimoniale potrebbe<br />

rivelarsi più garantista in quanto fondato su indagini più approfondite).<br />

Nel Progetto della Commissione Fiandaca si proponeva, infatti,<br />

di attribuire le competenze per l’applicazione della confisca ex art. 12sexies<br />

al giudice della prevenzione patrimoniale, assumendo in quest’ipotesi<br />

il procedimento di prevenzione un carattere sussidiario al processo<br />

penale («il tribunale della prevenzione si prospetta come la sede tecnicamente<br />

e organizzativamente più adatta per concentrare risorse ed energie<br />

nelle indagini patrimoniali necessarie ai fini del sequestro e della<br />

confisca»).<br />

In ogni caso, dopo la riforma si rende ancor più indispensabile di<br />

quanto già non fosse una completa regolamentazione e giurisdizionalizzazione<br />

del procedimento in questione.<br />

4. Organi competenti.<br />

Prima della riforma gli organi legittimati a formulare la proposta per<br />

l’applicazione delle misure patrimoniali sono in parte gli stessi legittimati<br />

a proporre le misure personali, e cioè il questore e il procuratore<br />

della Repubblica competente; l’Alto commissario per il coordinamento<br />

della lotta contro la delinquenza mafiosa, sino al 1992 (ai sensi dell’art.<br />

1-quinquies, comma 1, d.l. n. 629 del 1982 – convertito in legge n. 726<br />

del 1982); dal 1° gennaio 1993 è stata prevista la competenza del direttore<br />

della DIA perché le funzioni dell’Alto Commissario erano state attribuite<br />

al Ministro dell’interno 27 , con facoltà di delega ad organi di tale<br />

Ministero secondo le rispettive competenze, tra i quali, il direttore della<br />

contrasto in Italia, in ???? MILITELLO-???? PAOLI-???? ARNOLD (a cura di), Il crimine<br />

organizzato come fenomeno transnazionale. Forme di manifestazione, Prevenzione e Repressione<br />

in Italia, Germania e Spagna, Programma Falcone U.E., Freiburg-Milano<br />

2000, p. 312; per simili osservazioni nell’ordinamento tedesco cfr. ???? KILCHLING,<br />

Unrechtmäßige Gewinne und ihre Bekämpfung in Deutschland, in ???? MILITELLO-????<br />

ARNOLD-???? PAOLI (Hrsg), Organisierte Kriminalität als Grenzüberschreitendes Phänomen<br />

– Erscheinungsformen, Prävention und Repression in Italien, Deutschland und<br />

Spanien, Falcone – Programm Der EU, Freiburg-Milano 2000, p. 276.<br />

27<br />

Art. 2 comma 2-quater d.l. n. 345 del 1991, convertito con modificazioni nella<br />

legge n. 410 del 1991, comma sostituito dall’art. 1 comma 3 legge n. 356 del 1992.


146<br />

Anna Maria Maugeri VII,4<br />

Direzione investigativa antimafia (DIA), in favore del quale la delega è<br />

stata data in via permanente con d.m. 23 dicembre 1992 per le misure<br />

personali e integrata con d.m. 3 novembre 1993 per quelle patrimoniali.<br />

L’art. 10 del decreto legge n. 92 ha sancito inserendola nelle norme<br />

della legge n. 575 del 1965, la competenza del «direttore della Direzione<br />

investigativa antimafia» a richiedere le misure di prevenzione personali<br />

e patrimoniali, con un intervento di semplificazione (senza, quindi,<br />

carattere innovativo) 28 .<br />

La reale novità in tema di competenze del decr. n. 92 attiene, però,<br />

all’introduzione della competenza in materia di misure di prevenzione<br />

del procuratore distrettuale.<br />

Dalla lettura della disciplina riformata emerge, innanzitutto, l’introduzione<br />

della competenza del «procuratore della Repubblica presso il<br />

tribunale del capoluogo di distretto ove la persona dimora» a richiedere<br />

le misure di prevenzione personali in virtù dell’art. 2, comma 1, legge n.<br />

575 del 1965; prima della riforma il procuratore distrettuale era considerato<br />

competente a richiedere tali misure solo nei confronti di persone<br />

dimoranti nel circondario del Tribunale avente sede nel capoluogo distrettuale<br />

29 , in quanto era normalmente competente il procuratore della<br />

Repubblica presso il tribunale nel cui circondario dimora la persona<br />

(art. 2 legge n. 575 del 1965 prima della riforma). Il decreto n. 92 prevede,<br />

inoltre, la generale competenza del procuratore distrettuale a stare<br />

in udienza (art. 2, comma 3) («Nelle udienze relative ai procedimenti<br />

per l’applicazione delle misure di prevenzione richieste ai sensi della<br />

presente legge, le funzioni di pubblico ministero sono esercitate dal<br />

procuratore della Repubblica di cui al comma 1»). Quest’ultima competenza<br />

sembrerebbe valere anche per le udienze dei procedimenti patrimoniali<br />

in quanto in maniera generica il testo normativo fa riferimen-<br />

28<br />

L’art. 10 lett. b prevede la competenza a proporre le misure personali previste<br />

dall’art. 2, mentre la lett. c a svolgere le indagini patrimoniali ex art. 2-bis legge n. 575<br />

del 1965; l’art. 10 lett. d a richiedere i provvedimenti previsti dall’art. 2-ter (commi 2, 6<br />

e 7, sequestro e confisca); l’art. 10 lett. e il rinnovo della cauzione ai sensi dell’art. 3-bis<br />

comma 7; la lett. f le ulteriori indagini e verifiche su attività economiche che agevolano<br />

l’attività mafiosa finalizzate alla sospensione dell’amministrazione dei beni ex art. 3quater<br />

e il connesso sequestro finalizzato alla confisca ex art. 3-quinquies. Si ribadisce,<br />

infine, la competenza del direttore della DIA a richiedere l’applicazione delle misure<br />

previste dal comma 4 dell’art. 10 legge n. 575 del 1965 (divieti e decadenze nei confronti<br />

di associazioni, società e consorzi).<br />

29<br />

Cass., Sez. Un., 20 giugno 1990, in Cass. pen., 2001, p. 637.


VII,4 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 147<br />

to ai «procedimenti per l’applicazione delle misure di prevenzione richieste<br />

ai sensi della presente legge»: ai sensi della legge n. 575 del 1965<br />

le misure di prevenzione sono sia le personali sia le patrimoniali. Prima<br />

della riforma tale competenza spettava al procuratore del tribunale del<br />

capoluogo di provincia, in quanto quest’ultimo era ed è il tribunale<br />

competente in virtù dell’art. 4 legge n. 1423 del 1956.<br />

Da tali disposizioni emerge l’esclusività della competenza del procuratore<br />

distrettuale (insieme al procuratore nazionale antimafia) a richiedere<br />

le misure personali nei confronti delle fattispecie di pericolosità qualificata<br />

previste dall’art. 1 legge n. 575 del 1965, con esclusione della competenza<br />

del procuratore del luogo in cui il soggetto dimora; tanto è vero che<br />

il legislatore ha inserito un comma all’art. 19 della legge 22 maggio 1975,<br />

n. 152 (con l’art. 11 del decr. n. 92 del 2008) per derogare a tale competenza<br />

del procuratore distrettuale in relazione alle misure di prevenzione<br />

che riguardino soggetti abitualmente dediti a traffici delittuosi o che vivono<br />

abitualmente con i proventi di attività delittuose [la scheda di lettura<br />

del dis. di legge di conversione precisa che la norma introduce una<br />

«deroga all’art. 2 della legge 575/1965 (v. l’art. 10 del decreto-legge in esame)»],<br />

prevedendo che «le funzioni e le competenze spettanti, ai sensi<br />

della legge 31 maggio 1965, n. 575, al procuratore della Repubblica presso<br />

il tribunale del capoluogo del distretto sono attribuite al procuratore<br />

della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario dimora la persona.<br />

Nelle udienze relative ai procedimenti per l’applicazione delle misure<br />

di prevenzione di cui al presente comma, le funzioni di pubblico ministero<br />

possono essere esercitate anche dal procuratore della Repubblica presso<br />

il tribunale competente». Ne deriva che il potere di richiedere le misure<br />

di prevenzione (personali ai sensi della legge n. 575 del 1965) in relazione<br />

ai soggetti contemplati dall’art. 19 della legge n. 152 del 1975 spetta<br />

al procuratore della repubblica presso il tribunale nel cui circondario dimora<br />

la persona e non spetta al procuratore distrettuale (nel decreto non<br />

convertito tale competenza si aggiungeva a quella del procuratore distrettuale);<br />

in udienza tale procuratore può svolgere le funzioni di p.m., ferma<br />

restando la competenza del procuratore del tribunale competente (quello<br />

del capoluogo di provincia, art. 4 legge n. 152 del 1975). Alla luce dell’interpretazione<br />

restrittiva per cui l’art. 19 farebbe riferimento solo alle misure<br />

personali, si può affermare che il procuratore del luogo di dimora<br />

godrebbe esclusivamente della competenza a richiedere le misure di prevenzione<br />

personali in relazione alle meno gravi ipotesi di pericolosità generica.


148<br />

Anna Maria Maugeri VII,4<br />

Gli artt. 2-bis e 2-ter non prevedono espressamente la competenza<br />

del procuratore del capoluogo di distretto a proporre le misure patrimoniali,<br />

ma continuano a indicare come procuratore competente il<br />

“procuratore della Repubblica”. Nella versione originale del decreto n.<br />

92, non convertito in legge, si prevedeva espressamente tale competenza<br />

del procuratore distrettuale in relazione ai soggetti indiziati dei reati<br />

di cui all’art. 51, comma 3-bis (e non era, richiamata la competenza del<br />

direttore della DIA, che era, come esaminato, già prevista dall’ordinamento).<br />

La competenza del procuratore distrettuale in relazione alle<br />

misure patrimoniali è, invece, prevista dall’art. 10 lett. f del decr. n. 92<br />

che aggiunge all’art. 3-quater, commi 1 e 5, dopo le parole «il procuratore<br />

della Repubblica», l’espressione «presso il tribunale del capoluogo<br />

di distretto». Si prevede, quindi, espressamente solo la competenza del<br />

procuratore distrettuale a richiedere le “ulteriori indagini e verifiche”<br />

finalizzate alla sospensione temporanea dell’amministrazione dei beni e<br />

poi il sequestro propedeutico alla confisca ex art. 3-quinquies.<br />

Nonostante l’eliminazione dell’espresso richiamo del procuratore distrettuale<br />

in relazione alle misure patrimoniali sembra difficile escludere<br />

la competenza di tale procuratore in considerazione del fatto che ai<br />

sensi dell’art. 2 legge n. 575 del 1965 è il procuratore competente a richiedere<br />

le misure personali e di regola le due misure sono ancora connesse;<br />

la riforma, come esaminato, non ha realizzato il completo sganciamento<br />

delle misure patrimoniali dalle personali, continuando a richiedere<br />

normalmente – tranne nell’ipotesi di morte, assenza, dimora<br />

all’estero – la richiesta dell’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali<br />

in seguito alla richiesta delle personali; ne deriva che il procuratore<br />

competente a richiedere le personali dovrebbe anche essere<br />

competente a richiedere le patrimoniali. Il procuratore distrettuale è,<br />

inoltre, anche competente a stare in giudizio (art. 2, comma 3) e, in virtù<br />

dell’art. 51 comma 3-bis c.p.p., è anche competente a svolgere le indagini,<br />

sembra assurdo che non sia competente a richiedere le patrimoniali;<br />

dal quadro delle competenze espressamente attribuite sembrerebbe<br />

anzi che costui viene consacrato come il procuratore del procedimento<br />

di prevenzione antimafia delineato per le fattispecie di pericolosità<br />

qualificata dalla legge n. 575 del 1965, competente sia a richiedere<br />

le personali sia a richiedere le ulteriori indagini ai sensi dell’art. 2-bis<br />

e i provvedimenti patrimoniali. L’unico problema potrebbe derivare<br />

dalla considerazione che il procedimento di prevenzione patrimoniale<br />

in virtù del comma 6-bis dell’art. 2-bis, dovrebbe essere concepito an-


VII,4 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 149<br />

che come procedimento autonomo, sganciato dalle personali, perlomeno<br />

in caso di morte (assenza, residenza o dimora all’estero), per cui sarebbe<br />

stato preferibile mantenere un espresso riferimento al procuratore<br />

distrettuale nell’art. 2-bis e 2-ter.<br />

Nei lavori preparatori emergeva in tale direzione che «la ratio dell’intervento<br />

odierno, … sembrerebbe essere quella di ripartire le competenze<br />

in materia di indagini e proposta di applicazione di misure di<br />

prevenzione tra gli uffici del pubblico ministero, concentrando la competenza<br />

per le misure di prevenzione antimafia (ai sensi della legge<br />

575/1965) nelle procure distrettuali e lasciando sopravvivere la competenza<br />

di tutte le procure presso il tribunale per le misure di prevenzione<br />

c.d. ordinarie (ai sensi della legge 1423/1956)».<br />

Si realizza così la ratio della riforma rivendicata nella stessa Relazione<br />

alla legge di conversione nell’estendere la categoria dei destinatari<br />

ricomprendendo i soggetti indiziati di uno dei reati previsti dall’art. 51<br />

comma 3-bis c.p.p., in relazione ai quali le funzioni di pubblico ministero<br />

sono esercitate nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo<br />

grado dall’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo<br />

di distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente, e<br />

cioè «colmare un evidente difetto di coordinamento di norme intervenute<br />

nel tempo che impediva all’ufficio giudiziario titolare delle indagini<br />

preliminari in materia di delitti connessi con la criminalità organizzata<br />

di avviare le indagini patrimoniali finalizzate all’applicazione delle<br />

misure di prevenzione e, soprattutto, il potere di proporre sequestri e<br />

confisca ai sensi della legge n. 575 del 1965».<br />

La competenza del procuratore distrettuale è stata fortemente sollecitata,<br />

inoltre, nella Relazione della Commissione Antimafia, che si è<br />

espressa in ordine all’opportunità che la legittimazione a proporre<br />

l’applicazione di misure di prevenzione venga attribuita estensivamente<br />

anche al Procuratore Distrettuale Antimafia 30 , al fine di «dare soluzione<br />

alle incongruenze presenti nel sistema attuale, che sconta ancora un<br />

difetto di coordinamento con la parte innovativa della legislazione istitutiva<br />

delle direzioni distrettuali antimafia, e che rende possibile il paradosso<br />

di una carenza di potere di azione proprio del procuratore distrettuale<br />

antimafia, titolare del principale Ufficio in tema di indagini<br />

antimafia. Tale potere, peraltro, è stato riconosciuto dall’articolo 13<br />

della legge 16 marzo 2006, n. 146, di ratifica ed esecuzione della Con-<br />

30<br />

Cfr. 70-bis di cui al r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario).


150<br />

Anna Maria Maugeri VII,4<br />

venzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato<br />

transnazionale» (in relazione ai reati transazionali) 31 .<br />

Qualche dubbio circa la correttezza di tale interpretazione sorge in<br />

seguito all’eliminazione nel decreto convertito dell’espressa indicazione<br />

del procuratore distrettuale negli artt. 2-bis, 2-ter ss., e da quanto affermato<br />

nella scheda di lettura del disegno di legge n. 692 (che non costituisce<br />

il d.d.l. definitivamente convertito) in relazione all’art. 10 del<br />

decr. n. 92 si legge: «Sul punto, la lettera c) dell’articolo sostitutivo approvato<br />

dalle commissioni riunite si limita invece ad inserire nell’art. 2bis<br />

il riferimento al direttore della direzione investigativa antimafia. In<br />

senso analogo operano tutte le altre lettere dell’articolo sostitutivo, ad<br />

eccezione della lettera f). Così facendo (e fatta salva l’inclusione del direttore<br />

della DIA), si torna dunque al testo precedente all’entrata in vigore<br />

del decreto-legge, in cui la competenza era riconosciuta al solo procuratore<br />

della Repubblica e non invece al procuratore distrettuale».<br />

Tali dubbi sono superati, però, sia per le argomentazioni sopra esposte<br />

sia perché sarebbe irragionevole un sistema in cui, ferma restando la<br />

competenza a svolgere le indagini e a stare in udienza del procuratore distrettuale,<br />

non venisse realizzato, almeno in parte, lo scopo annunciato<br />

della riforma in tema di competenze, e cioè, come esaminato, quello di<br />

introdurre la competenza del procuratore distrettuale a proporre l’introduzione<br />

di misure di prevenzione patrimoniali. Non si capirebbe, del resto,<br />

la ratio di un sistema in cui il procuratore distrettuale sarebbe l’unico<br />

procuratore (oltre al Procuratore nazionale antimafia) che può richiedere<br />

le personali nelle fattispecie di pericolosità qualificata (art. 2 comma 1 riformato<br />

legge n. 575 del 1965), ma non potrebbe richiedere le patrimoniali,<br />

mentre il procuratore del luogo di dimora avrebbe la competenza a<br />

richiedere le patrimoniali nei confronti degli indiziati di cui all’art. 51<br />

comma 3-bis, rispetto ai quali non può chiedere le personali, e la competenza<br />

a richiedere le personali rispetto ai soggetti di cui all’art. 19 legge n.<br />

152 del 1975, per i quali non può richiedere le patrimoniali (tranne se si<br />

ammette che l’art. 19 estende l’applicazione anche delle patrimoniali); sarebbe<br />

tutto piuttosto incoerente.<br />

31 «In relazione ai reati di cui all’articolo 3 della presente legge sono attribuite anche al<br />

procuratore distrettuale antimafia le competenze attribuite al procuratore della Repubblica<br />

e al questore dall’articolo 2-bis, commi 1, 4 e 6, dall’articolo 2-ter, commi secondo, sesto<br />

e settimo, dall’articolo 3-bis, settimo comma, dall’articolo 3-quater, commi 1 e 5 e<br />

dall’articolo 10-quater, secondo comma, della legge 31 maggio 1965, n. 575».


VII,4 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 151<br />

Sarebbe, poi, illogico un sistema in cui il procuratore distrettuale<br />

può richiedere le misure di prevenzione della sospensione dell’amministrazione<br />

dei beni e il sequestro (ex art. 3-quater) nei confronti di soggetti<br />

estranei alla categoria degli indiziati dei reati di cui all’art. 51,<br />

comma 3-bis 32 e non le può richiedere per questi ultimi, pur essendo il<br />

procuratore competente a svolgere le indagini e a stare in udienza nei<br />

relativi procedimenti di prevenzione.<br />

Alla luce di un’interpretazione sistematica, insomma, si ritiene che<br />

nella nozione di Procuratore della Repubblica utilizzata dagli artt. 2-bis e<br />

2-ter dovrebbe rientrare il procuratore distrettuale, quale procuratore<br />

competente nei procedimenti destinati all’applicazione delle misure di<br />

prevenzione contro la mafia. La riforma degli artt. 3-quater e 3-quinquies<br />

che prevedono espressamente la competenza del procuratore distrettuale<br />

si giustifica in quanto si tratta di misure patrimoniali non<br />

connesse a quelle personali di cui all’art. 2 (per cui non assume significato<br />

l’indicazione del comma 1 dell’art. 2) e i cui destinatari non rientrano<br />

nella categoria di cui all’art. 51 comma 3-bis e quindi si sarebbe<br />

ritenuta necessaria un’espressa previsione.<br />

Potrebbe sorgere il dubbio circa l’esclusività di tale competenza, pacifica<br />

in relazione all’art. 3-quater e alle misure personali, in quanto la<br />

modifica del decreto originario, che prevedeva espressamente la competenza<br />

del procuratore distrettuale in relazione ai reati di cui al 51<br />

comma 3-bis c.p.p., potrebbe essere letta come espressione della volontà<br />

di non restringere la competenza a richiedere le misure patrimoniali<br />

nei confronti del procuratore distrettuale, continuando a considerare<br />

competente ogni Procuratore della Repubblica presso il tribunale o<br />

perlomeno (soprattutto dopo la riforma dell’art. 2 legge n. 575 del<br />

1965, che prevedeva la competenza del procuratore della Repubblica<br />

presso il circondario in cui dimora la persona) il Procuratore della Repubblica<br />

presso il tribunale competente che continua a essere, in virtù<br />

dei rinvii, quello indicato dall’art. 4 legge n. 1423 del 1956 e cioè il tri-<br />

32<br />

I titolari di attività economiche in relazione alle quali sussistono sufficienti indizi<br />

per ritenere che il loro esercizio sia direttamente o indirettamente sottoposto alle condizioni<br />

di intimidazione o di assoggettamento previste dall’art. 416-bis c.p. o che possa<br />

comunque agevolare l’attività delle persone nei confronti delle quali è stata proposta o<br />

applicata una delle misure di prevenzione di cui all’art. 2, ovvero di persone sottoposte<br />

a procedimento penale per taluno dei delitti previsti dagli artt. 416-bis, 629, 630, 648bis<br />

e 648-ter c.p. e non ricorrono i presupposti per l’applicazione delle misure di prevenzione<br />

di cui all’art. 2.


152<br />

Anna Maria Maugeri VII,4<br />

bunale del capoluogo di provincia. Un argomento contro l’ammissibilità<br />

della competenza del procuratore del luogo di dimora potrebbe<br />

essere rappresentato dalla considerazione che tale competenza è ormai<br />

espressamente prevista solo per le misure di prevenzione (personali) in<br />

relazione alle fattispecie di pericolosità generica e non sussiste una sua<br />

espressa competenza per le patrimoniali, tranne se si ritiene che l’art.<br />

19 legge n. 152 del 1975 richiama anche le misure patrimoniali.<br />

Un’ultima precisazione è ancora necessaria. Uno degli scopi della riforma<br />

era quello di introdurre la competenza per le misure di prevenzione<br />

antimafia anche in capo alla Procura distrettuale antimafia; come<br />

affermato nei lavori preparatori (scheda di lettura del d.d.l. n. 692-B) la<br />

riforma intende «valorizzare in proposito l’esperienza delle Direzioni<br />

distrettuali antimafia», eliminando l’incongruenza di un sistema che attribuisce<br />

al procuratore distrettuale antimafia la competenza a svolgere<br />

le indagini per i reati di cui all’art. 51 comma 3-bis c.p.p., ma non gliela<br />

attribuisce per le indagini patrimoniali né per richiedere l’applicazione<br />

delle misure patrimoniali. Tale scopo, però, potrebbe non essere stato<br />

raggiunto.<br />

La riforma non ha espressamente modificato l’art. 70-bis di cui al<br />

r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario), allargando la<br />

competenza della Procura distrettuale antimafia anche in relazione alle<br />

misure di prevenzione. La norma continua a parlare di competenza per<br />

i reati e non per le fattispecie di pericolosità, e, quindi, secondo un’interpretazione<br />

rigorosa, ne deriverebbe che quando si parla di procuratore<br />

del capoluogo di distretto non si farebbe riferimento anche al procuratore<br />

presso la direzione distrettuale antimafia, anche perché il legislatore<br />

della riforma ha modificato delle norme dell’ordinamento giudiziario,<br />

come l’art. 110-ter, quindi si potrebbe pensare che se fosse voluto<br />

intervenire per ampliare le competenze della procura distrettuale antimafia,<br />

lo avrebbe fatto (ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit). Emerge<br />

un’altra incongruenza della riforma, il cui scopo sarebbe quello di intensificare<br />

la lotta contro l’infiltrazione criminale nell’economia attraverso<br />

il coinvolgimento della Procura specializzata nella lotta contro la<br />

mafia, che ancora, però, non sembra manifestare sufficiente consapevolezza<br />

dell’importanza di questo profilo della lotta contro il crimine organizzato.<br />

Il legislatore della riforma, inoltre, ha accolto le indicazione della<br />

Relazione della Commissione antimafia di attivare in capo al Procuratore<br />

nazionale antimafia, privo di potere di indagine, un potere di impul-


VII,4 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 153<br />

so e di coordinamento, anche attraverso l’applicazione di sostituti procuratori<br />

nazionali a procedimenti di prevenzione presso le direzioni distrettuali<br />

antimafia. Nella Relazione, in conformità alle sollecitazioni<br />

della dottrina 33 , si auspica anche «la specializzazione degli operatori di<br />

polizia e dell’Autorità Giudiziaria inquirente nella gestione di indagini<br />

patrimoniali complesse, anche attraverso il contributo della Procura<br />

nazionale antimafia; ciò, nell’ottica del continuo affinamento delle tecniche<br />

investigative e della diffusione della cultura degli accertamenti<br />

patrimoniali per contrastare la capacità della criminalità di infiltrarsi<br />

nei gangli dell’economia» 34 .<br />

In tale ottica l’art. 12, che ha modificato il r.d. n. 12 del 1941, inserendo<br />

l’art. 110-ter, prevede che «Il procuratore nazionale antimafia può disporre,<br />

nell’ambito dei poteri attribuitigli dall’articolo 371-bis del codice<br />

di procedura penale e sentito il competente procuratore distrettuale,<br />

l’applicazione temporanea di magistrati della Direzione nazionale antimafia<br />

alle procure distrettuali per la trattazione di singoli procedimenti di<br />

prevenzione patrimoniale. 2. Se ne fa richiesta il procuratore distrettuale,<br />

il Procuratore generale presso la Corte d’appello può, per giustificati motivi,<br />

disporre che le funzioni di pubblico ministero per la trattazione delle<br />

misure di prevenzione siano esercitate da un magistrato designato dal<br />

Procuratore della Repubblica presso il giudice competente».<br />

In una prospettiva di giurisdizionalizzazione del procedimento sarebbe<br />

stato auspicabile che si fosse avuto il coraggio di sottoporre la<br />

proposta della misura di prevenzione patrimoniale del questore e del<br />

Direttore della DIA al filtro del pubblico ministero per evitare duplicazione<br />

di fascicoli e proposte scarsamente fondate. Nel Progetto Fiandaca<br />

si considerava “titolare dell’azione” solo il pubblico ministero in<br />

un’ottica di giurisdizionalizzazione conforme al principio della divisione<br />

dei poteri 35 .<br />

33<br />

Sia consentito il rimando a A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra<br />

funzionalità e garantismo, cit., p. 654 s.; ID., La lotta contro l’accumulazione di patrimoni<br />

illeciti da parte delle organizzazioni criminali: recenti orientamenti, in Riv. trim. dir. pen.<br />

econ., 2007, p. 588 ss.<br />

34<br />

In relazione all’importanza delle specializzazione delle autorità investigative e inquirenti<br />

sia consentito il rimando a A.M. MAUGERI, La lotta contro l’accumulo di capitali<br />

illeciti, cit., p. 588.<br />

35<br />

Nella relazione si evidenziano le proteste mosse all’interno della stessa Commissione<br />

contro la proposta di eliminare il potere di richiesta in capo al questore, opzione<br />

denunciata come pericoloso «abbassamento della guardia». Lucidamente, invece, la


154<br />

Anna Maria Maugeri VII,5<br />

5. L’oggetto della confisca e l’onere della prova dell’origine illecita.<br />

Prima della riforma l’art. 2-ter comma 3 legge n. 575, prevedeva «la<br />

confisca dei beni sequestrati dei quali non sia stata dimostrata la legittima<br />

provenienza» e, al comma 4, la revoca del sequestro quando è dimostrata<br />

la legittima provenienza dei beni.<br />

Nella versione riformata l’art. 2-ter prevede che «Con l’applicazione<br />

della misura di prevenzione il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati<br />

di cui la persona, nei cui confronti è instaurato il procedimento,<br />

non possa giustificare la legittima provenienza e di cui, anche per<br />

interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità<br />

a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito,<br />

dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica,<br />

nonché dei beni che risultino essere frutto di attività illecite o<br />

ne costituiscano il reimpiego».<br />

Secondo la relazione al disegno di legge n. 733 «l’intervento è finalizzato<br />

ad armonizzare l’oggetto della misura di prevenzione con quello<br />

della misura di sicurezza patrimoniale dell’art. 12-sexies del decretolegge<br />

n. 306 del 1992 (c.d. confisca obbligatoria dei valori ingiustificati)»<br />

(«L’intervento e` finalizzato a consentire la confisca anche dei beni<br />

di cui il soggetto non possa giustificare la legittima provenienza e di cui,<br />

anche per interposta persona, ne risulti titolare in valore sproporzionato<br />

…, analogamente a quanto previsto in materia di applicazione della<br />

misura di sicurezza patrimoniale, ... dell’articolo 12 sexies.»). Dalla lettura<br />

della relazione in esame sembrerebbe che sino ad ora l’oggetto della<br />

confisca preventiva fosse diverso da quello della misura di sicurezza e<br />

la riforma consentisse di armonizzare le due fattispecie; in realtà, invece,<br />

con la nuova formulazione il legislatore si limita a ribadire in maniera<br />

più chiara i presupposti della confisca misura di prevenzione, che<br />

nella precedente versione venivano dedotti da quelli richiesti ai fini del<br />

sequestro: titolarità o disponibilità, anche per interposta persona, dei<br />

beni; i beni devono avere un valore sproporzionato rispetto al reddito o<br />

maggioranza della Commissione ha preferito la scelta esaminata, in quanto non si tratta<br />

di esautorare gli organi di polizia dal campo della prevenzione, ma piuttosto di dividere<br />

i ruoli: nel momento dell’indagine risalta il ruolo dell’organo, dotato di ampi poteri<br />

e ampia autonomia investigativa (art. 12); «nel momento del giudizio si staglia invece il<br />

ruolo del pubblico ministero, necessaria controparte istituzionale del giudice e del difensore<br />

(art. 13)».


VII,5 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 155<br />

all’attività economica oppure «risultino essere frutto ... reimpiego»; «la<br />

persona, nei cui confronti è instaurato il procedimento, non possa giustificare<br />

la legittima provenienza». Anche nella precedente formulazione<br />

l’oggetto della confisca era individuato nei beni, nella titolarità o disponibilità<br />

del soggetto, di valore sproporzionato o, alternativamente in<br />

seguito alla modifica del comma 2 dell’art. 2-ter ad opera dell’art. 3 della<br />

legge n. 256 del 1993, dei beni che «in conformità a sufficienti indizi,<br />

si ha motivo di ritenere ... siano il frutto di attività illecite o ne costituiscono<br />

il reimpiego».<br />

Rispetto alla precedente formulazione, piuttosto, si possono registrare<br />

due fondamentali novità: la norma chiarisce che l’onere della giustificazione<br />

della provenienza lecita spetta alla «persona, nei cui confronti<br />

è instaurato il procedimento» mentre prima in maniera meno chiara la<br />

norma richiedeva «la confisca dei beni sequestrati dei quali non sia stata<br />

dimostrata la legittima provenienza»; l’art. 2-ter non richiede più,<br />

come nella precedente formulazione, sufficienti indizi di origine illecita<br />

ma richiede che i beni “risultino di origine illecita”.<br />

In relazione a quest’ultimo aspetto si deve evidenziare che i sufficienti<br />

indizi sono richiesti solo ai fini del sequestro, ma ai fini della confisca la<br />

norma riformata utilizza l’espressione “risultino” che sembra indicare che<br />

deve essere accertata l’origine illecita, richiedendo per lo meno la prova<br />

indiziaria ex art. 192 c.p.p. (indizi gravi, precisi, concordanti); ciò non<br />

vuol dire che deve essere fornita la prova del nesso causale tra uno specifico<br />

bene e un determinato reato e, quindi, la prova dei crimini dai quali derivino<br />

i profitti, ma soltanto che l’accusa faccia emergere una serie di circostanze<br />

concrete (tali da fondare una prova indiziaria) da cui emerga l’origine illecita<br />

e la mancanza di una giustificazione alternativa 36 .<br />

Sostanzialmente non cambierà molto nella prassi perché la richiesta<br />

della prova di origine illecita è alternativa alla richiesta della prova della<br />

sproporzione, considerata sufficiente per procedere alla confisca, e,<br />

comunque, anche prima, una parte della giurisprudenza, in base ad un<br />

indirizzo interpretativo più garantista, parlava «dell’obbligo da parte<br />

del giudice di individuare il nesso di causalità tra attività mafiosa (o assimilata)<br />

e illeciti profitti» 37 («sarà demandata al giudice l’indagine sul<br />

36<br />

Sugli auspici della dottrina in tale direzione sia consentito il rimando a A.M.<br />

MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo, cit., pp. 876-<br />

834 ss.<br />

37<br />

Cass., 28 marzo 2002, Ferrara e altri, in Cass. pen., 2003, p. 605; Cass., 23 giugno


156<br />

Anna Maria Maugeri VII,5<br />

nesso tra la condotta o, diremmo più ampiamente, l’attività illecita del<br />

soggetto e l’uso o l’acquisto del singolo bene» 38 ). Si deve evidenziare,<br />

inoltre, che al comma 7 la norma continua a parlare della confisca dei<br />

«beni che si ha motivo di ritenere che siano il frutto di attività illecite o<br />

ne costituiscano il reimpiego»; probabilmente si tratta di una mera dimenticanza<br />

e di un mancato coordinamento, che fa, però, sorgere il<br />

dubbio che il legislatore non abbia attribuito un particolare significato<br />

garantistico all’uso del termine risultino (essere frutto di attività illecite<br />

o ne costituiscano il reimpiego). Non sembra ragionevole, d’altronde,<br />

ritenere che abbia voluto prevedere uno standard della prova inferiore<br />

in relazione alla confisca dei beni di soggetti assenti, residenti o dimoranti<br />

all’estero (anzi in quest’ipotesi la diminuita capacità di difesa dovrebbe<br />

essere compensata da un più rigoroso standard probatorio),<br />

tanto è vero che in quest’ipotesi non si ritiene sufficiente la prova della<br />

sproporzione.<br />

Rispetto al primo profilo (l’onere della giustificazione della provenienza<br />

lecita), invece, si deve evidenziare che antecedentemente alla riforma<br />

la dottrina e la giurisprudenza si chiedevano se l’art. 2-ter imponesse<br />

l’inversione dell’onere della prova a carico dell’indiziato laddove<br />

prevedeva «la confisca dei beni sequestrati dei quali non sia stata dimostrata<br />

la legittima provenienza». La norma riformata chiarisce che spetta<br />

al proposto la giustificazione dell’origine illecita, come del resto la<br />

prassi riteneva anche prima della riforma, e continua a ribadire che<br />

l’accusa debba accertare la titolarità o disponibilità, la sproporzione o<br />

l’origine illecita (anzi non sufficienti indizi di origine illecita, ma una<br />

vera e propria prova). Sembrerebbe, allora, che la norma in esame non<br />

prevede tout court l’inversione dell’onere della prova, ma pone a carico<br />

della difesa l’onere di giustificazione solo se l’accusa adempia al suo<br />

onere di accertare il valore sproporzionato o l’origine illecita dei beni.<br />

Sembra opportuno a tal proposito ricordare il dibattito precedente<br />

la riforma sul profilo in esame.<br />

2004, Palumbo, ivi, 2005, p. 2704; Cass., 16 dicembre 2005, n. 1014, L.P.T., in<br />

http://www.iuritalia.it.<br />

38<br />

Cass., 23 giugno 2004, Palumbo, cit., p. 2704. O, comunque, si richiedeva la dimostrazione<br />

dell’illecita provenienza dei beni confiscati, qualunque essa fosse, in questa<br />

direzione tra le altre cfr. Cass., 27 maggio 2003 (dep. 25 settembre), n. 36762, Lo<br />

Iacono e altro, in Cass. pen., 2005, p. 115; Cass., 13 giugno 2006, n. 24778, C.A., N.-<br />

L.V., N.– G.M.S., N., L.M., N.; cfr. A.M. MAUGERI, Art. 2 ter, cit., p. 1796; ID., La lotta<br />

contro l’accumulo, cit., p. 518 ss. e giurisprudenza ivi citata.


VII,5 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 157<br />

Parte della dottrina riteneva che l’art. 2-ter prevedesse un’inversione<br />

dell’onere della prova nella prospettiva di evitare attività investigative<br />

eccessivamente onerose, al fine di consentire il sequestro e la confisca<br />

dei beni di sospetta origine 39 ; quest’interpretazione è stata espressamente<br />

riconosciuta da un orientamento minoritario della giurisprudenza<br />

della Suprema Corte, che ha affermato che la disciplina in esame si<br />

fonda sull’inversione dell’onere della prova e che tale anomalia del sistema<br />

trova la sua giustificazione nella colorazione che l’accertamento<br />

di pericolosità conferisce a tutte le attività, anche economiche del soggetto<br />

stesso 40 . La Suprema Corte finiva per disconoscere la valenza in<br />

relazione ai soggetti in esame del diritto al silenzio (espressione del diritto<br />

alla difesa e della presunzione d’innocenza) e del conseguente divieto<br />

di trarre conseguenze negative a carico dell’imputato da tale comportamento;<br />

si è affermato, infatti, che l’impossibilità colpevole o “più<br />

ancora il rifiuto volontario” di allegazione sui punti pertinenti alle indagini<br />

circa l’illecita provenienza dei beni «assume a sua volta valore<br />

indiziario a carico del medesimo eventualmente confermativo del complessivo<br />

quadro già emerso» 41 .<br />

In base all’orientamento prevalente della Suprema Corte, però, l’art.<br />

2-ter legge n. 575 del 1965 non prevedeva una mera inversione dell’onere<br />

della prova, ma un onere di allegazione in capo al prevenuto, le<br />

prove circa la provenienza dei beni dovevano essere acquisite con un<br />

normale procedimento probatorio ad opera dell’accusa 42 . A sostegno di<br />

tale interpretazione si osservava ed è ancora possibile osservare che l’art.<br />

2-ter prevede che «nel caso di indagini complesse il provvedimento può<br />

essere emanato anche successivamente, entro un anno dalla data dell’avvenuto<br />

sequestro; tale termine può essere prorogato di un anno con prov-<br />

39<br />

Così G. TURONE, Le strategie di contrasto dell’economia criminale, in Quest. giust.,<br />

1994, p. 42 s.; cfr. A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e<br />

garantismo, cit., p. 377 e dottrina ivi citata.<br />

40<br />

Così Cass., 19 agosto 1987, Sibilia, in C.e.d., n. 02948, rv. 176571; Cass., 11 febbraio<br />

1987, Gambino, in C.e.d., n. 00050, rv. 175089; Cass., 24 febbraio 1986, Porcelli,<br />

in Riv. pen., 1987, p. 181.<br />

41<br />

Cass., 3 aprile 1995, Annunziata, in Riv. pen., 1996, p. 526.<br />

42<br />

Per tutte cfr. Cass., 17 febbraio 1998, Petruzzella G. ed altro, in Riv. pen., 1998,<br />

p. 921; Cass., 28 novembre 1996, n. 5218, Brodella, in Cass. pen., 1998, n. 373, p. 628;<br />

e sentenze citate nelle note seguenti; sia consentito il rimando a A.M. MAUGERI, Le<br />

moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo, cit., p. 379 e dottrina ivi<br />

citata.


158<br />

Anna Maria Maugeri VII,5<br />

vedimento motivato del tribunale». Questa norma sembra indicare, infatti,<br />

che il giudice, prima di emanare il provvedimento di confisca, debba compiere<br />

un attività di ricerca e quando non la ritenga sufficiente può continuare<br />

le sue indagini, ma non oltre un anno dopo il sequestro 43 .<br />

La Cassazione, in ogni caso, ha dichiarato manifestamente infondata<br />

la questione di legittimità costituzionale dell’art. 14 della legge n. 646<br />

del 1982, che ha aggiunto l’art. 2-ter alla legge n. 575 del 1965, per violazione<br />

dell’art. 25 Cost., con riferimento all’introduzione della presunzione<br />

legale dell’illegittima provenienza dei beni del proposto per<br />

l’applicazione di una misura di prevenzione, e per violazione dell’art.<br />

24 Cost., con riferimento alla definizione del procedimento di confisca<br />

senza un’adeguata istruttoria 44 . La confisca, afferma la Corte, è subordinata<br />

alla sussistenza di sufficienti indizi, concreti e validi 45<br />

, di<br />

un’illecita provenienza dei beni dell’indiziato o di terzi, non smentiti da<br />

eventuali allegazioni dell’interessato, in modo che non risulta violato il<br />

diritto alla prova 46 . La Suprema Corte sembra quindi richiedere un<br />

normale accertamento probatorio, negando la sussistenza di una mera<br />

presunzione dell’illegittima provenienza dei beni e dell’inversione<br />

dell’onere della prova (inversione, che dichiara la stessa Corte, non si<br />

sottrarrebbe a fondati sospetti di illegittimità costituzionale), precisando<br />

che a carico dell’indiziato incombe solo un onere di allegazione,<br />

rientrando nel suo stesso interesse di sminuire od elidere l’efficacia<br />

probatoria degli elementi indizianti offerti dall’accusa (dovrebbe, insomma,<br />

limitarsi ad esercitare il suo diritto alla difesa) 47 . L’eventuale<br />

43<br />

Cfr. ???? MOLINARI, voce Misure di prevenzione, in Enc. dir. Agg., vol. II, Varese,<br />

1998, p. 581; P. COMUCCI, Il sequestro e la confisca nella legge “antimafia”, in Riv. it. dir.<br />

e proc. pen., 1985, p. 103.<br />

44<br />

Cfr. Cass., 28 novembre 1996, n. 5218, Brodella, in Cass. pen., 1998, n. 373, p.<br />

628; Cass., 18 maggio 1992, Vincenti ed altri, ivi, 1993, p. 2377; Cass., 6 marzo 1992,<br />

Santapaola, ivi, 1993, p. 1214; Cass., 12 maggio 1986, Oliveri, in Riv. pen., 1987, p.<br />

499; Cass., 4 gennaio 1985, Pipitone, in Cass. pen., 1986, p. 378.<br />

45<br />

Cass., 26 novembre 1998, Bommarito, in Cass. pen., 1999, n. 1131; Cass., 7 aprile<br />

1989, Imp. Pig. De Vita, in C.e.d., n. 02907, rv. 180959.<br />

46<br />

Cfr. Cass., 12 maggio 1987, Ragosta, in Giust. pen., 1988, III, c. 335; Cass., 18<br />

maggio 1992, Vincenti ed altri, in Cass. pen., 1993, p. 2377; cfr. A.M. MAUGERI, Art. 2<br />

ter, cit., p. 195 e giurisprudenza ivi citata.<br />

47<br />

Cass., 10 marzo 1986, Mazzagatti, in Riv. pen., 1987, p. 180; cfr. pure Cass., 1°<br />

marzo 1991, Piromalli ed altri, in Giur. it., 1992, II, p. 299; Cass., 24 febbraio 1986,<br />

Porcelli, in Riv. pen., 1987, p. 181l; critico P. CELENTANO, La nuova ipotesi particolare<br />

di confisca obbligatoria, in Riv. pen. econ., 1994, p. 312.


VII,5 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 159<br />

dimostrazione della legittima provenienza dei beni costituisce lo strumento<br />

processuale approntato in favore della difesa per controbattere<br />

l’accusa 48 .<br />

Nonostante tale interpretazione rimanevano delle perplessità circa la<br />

conformità delle disciplina in esame con la presunzione d’innocenza,<br />

evidenziando il timore che il silenzio del prevenuto consentisse di attribuire<br />

dignità probatoria a indizi in sé insufficienti, il tutto in violazione<br />

del principio in dubio pro reo 49 .<br />

In tale prospettiva è importante, allora, sottolineare che la riforma<br />

richiedendo sufficienti indizi solo ai fini del sequestro e la prova<br />

dell’origine illecita (risultino) ai fini della confisca (salva l’ipotesi in cui<br />

si accerti solo il valore sproporzionato), sembra confermare quell’orientamento<br />

più garantistico della Cassazione che, già prima della riforma<br />

50 , riteneva che «il giudice della prevenzione, in sede di confisca,<br />

non può più accontentarsi di semplici indizi, come nel sequestro, ma ha<br />

l’obbligo di dimostrare, per l’appunto, con argomenti esaustivi, l’illecita<br />

provenienza dei beni (Sez. I, 7.8.1984, Aquilino) ... Così argomentando,<br />

si comprende come nessuna lesione della presunzione di colpevolezza,<br />

se non in maniera del tutto apparente, attui l’articolo 2 ter, comma 4,<br />

della legge numero 575 del 1965, nella parte in cui sembra attribuire al<br />

prevenuto l’onere di dimostrare la legittima provenienza dei beni»;<br />

sempre in tale direzione, una recentissima sentenza della Suprema Corte<br />

ha precisato che «sia in ordine all’appartenenza del bene al prevenuto,<br />

sia in ordine alla provenienza illecita di detto bene, è richiesto un livello<br />

di dimostrazione diverso a seconda che si debba adottare il provvedimento<br />

di sequestro ovvero quello definitivo della confisca: nel primo caso, è necessaria<br />

e sufficiente una valutazione di “ragionevole probabilità”, mentre<br />

ai fini della confisca la relativa dimostrazione (quand’anche effettuata fa-<br />

48 G. NANU<strong>LA</strong>, La lotta alla mafia, cit., pp. 55-56.<br />

49<br />

Cfr. A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo,<br />

cit., pp. 377 ss. – 839; ID., La lotta contro l’accumulazione, cit., p. 533 ss.; ID., Art.<br />

2 ter, cit., pp. 1796 – 1809 ss.<br />

50<br />

Cass., 23 giugno 2004, in Cass. pen., 2005, p. 2704. Contra Cass., 13 novembre<br />

1997, n. 6369, Costantino, in Cass. pen., 1998, n. 1535, p. 2711, in cui si afferma che ai<br />

fini della confisca ex art. 2-ter comma 3 legge n. 575 del 1965 non si richiedono elementi<br />

indizianti in ordine all’illecita provenienza «maggiori o diversi rispetto a quelli<br />

che, ai sensi del precedente comma 2, ne legittimano il sequestro»; Cass., 18 maggio<br />

1992, Vicenti ed altri, in Mass. Cass. pen., 1992, 12, p. 111; Cass. pen., 21 aprile 1987,<br />

Ragosta, in Giur. it., 1988, II, p. 315.


160<br />

Anna Maria Maugeri VII,5<br />

cendo ricorso alla prova presuntiva) deve caratterizzarsi per la presenza<br />

dei requisiti della gravità, precisione e concordanza» 51 . Si distingue,<br />

quindi, lo standard probatorio che è necessario adempiere ai fini del<br />

sequestro e ai fini della confisca, ma soprattutto tale giurisprudenza richiede,<br />

già prima della riforma (come sopra evidenziato 52 , una vera e<br />

propria prova indiziaria ai fini della confisca con onere della prova in<br />

capo all’accusa.<br />

Prima della riforma tale giurisprudenza così garantista da richiedere la<br />

prova indiziaria dell’origine illecita non era, però, pacifica 53 ; dopo la riforma<br />

tale orientamento garantista dovrebbe prevalere in quanto supportato<br />

dal testo normativo, anche se la norma continua ad accontentarsi<br />

della prova della sproporzione (in tale settore, del resto, la giurisprudenza<br />

tende a fondare i provvedimenti ablativi più sulla prova indiziaria dell’origine<br />

illecita che sulla prova della sproporzione, che, soprattutto in relazione<br />

a complessi aziendali, appare di difficile determinazione). In seguito<br />

alla riforma gli indizi, che sono prove indirette 54 , debbono fare apparire,<br />

nel rispetto del principio del libero convincimento del giudice e,<br />

quindi, del principio in dubio pro reo (e della presunzione d’innocenza<br />

come regola di giudizio), in base ad un ragionamento conforme alle regole<br />

del pensiero e dell’esperienza (in conformità con la presunzione d’innocenza<br />

come garanzia della qualità della prova) come certa o altamente<br />

probabile l’origine illecita dei beni da confiscare 55 .<br />

51<br />

Cass., 16 gennaio 2007, n. 5234, L.e altro, in Guida al diritto, 2007, p. 1067.<br />

52 Cfr. le sentenze citate in nota 35 e 36.<br />

53<br />

La stessa Suprema Corte in altre pronunce sottolineava che «il paradigma della<br />

sufficienza indiziaria, sta dunque a denotare, non l’emergenza di “prove” in ordine alla<br />

provenienza dei beni da confiscare (o della relativa provvista economica) da un determinato<br />

reato, ma, più semplicemente – ed in linea con la natura “preventiva” della misura –<br />

l’esistenza di un coerente fascio di risultanze deduttive (peraltro originate da acquisizioni<br />

obiettive) atte a rendere fortemente “sospetta” l’accumulazione patrimoniale, in ragione<br />

delle condizioni personali del proposto, indiziato di “appartenere” ad una associazione di<br />

stampo mafioso», così Cass., 16 febbraio 2006, n. 7616, C.A., P.R.A., P.S.C., CA.DO.,<br />

R.R., CA.AN., C.D., in Juris data online, pp. 9-10, che richiama Cass., Sez. V, 18 marzo<br />

2002, Augugliaro; Cass., Sez. V, 19 febbraio 2002, Sollima; Cass., Sez. I, 28 gennaio<br />

1998, De Fazio, ribadendo che sussiste una sorta di inversione dell’onere della prova<br />

circa l’origine dei beni in capo al prevenuto.<br />

54<br />

G. NANU<strong>LA</strong>, La lotta alla mafia, cit., p. 49.<br />

55 A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo,<br />

cit., p. 878.


VII,5 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 161<br />

Si deve ricordare, inoltre, che prima della riforma in qualche rara<br />

sentenza la Suprema Corte, in base ad un orientamento più garantista,<br />

richiedeva l’accertamento sia della sproporzione sia dei sufficienti indizi<br />

di origine illecita, osservando che la novella del 1993, n. 256 56 avrebbe<br />

avuto «un’incidenza contenutistica meno marcata dì quella suggerita<br />

ad una prima lettura» 57 . In base a tale orientamento, il possesso di sostanze<br />

di valore sproporzionato è solo un primo importante, ma non<br />

sufficiente, indizio, da inserire in un più ampio quadro indiziario circa<br />

l’origine illecita del patrimonio dell’indiziato. La riforma, però, come<br />

già sottolineato continua a richiedere la prova della sproporzione o la<br />

prova dell’origine illecita alternativamente; la norma usa l’espressione<br />

«nonché dei beni che risultino», indicando chiaramente che si tratta di<br />

un’ipotesi alternativa.<br />

Tale interpretazione più garantista sarebbe stata maggiormente conforme<br />

alle indicazioni della decisione quadro GAI 212/2005 che prevede<br />

poteri estesi di confisca solo laddove, non solo sussista una condanna<br />

(che manca nel procedimento in esame), ma sia stata accertata la<br />

sproporzione di ogni bene e il giudice sia convinto in base a fondati<br />

motivi della loro origine illecita (art. 3 lett. c). La richiesta di tale duplice<br />

tipologia di indizi, la sproporzione come indizio chiave nell’ambito<br />

di una più ampia prova indiziaria circa l’origine illecita dei beni da confiscare,<br />

si presenterebbe maggiormente in linea con la presunzione<br />

d’innocenza (la prova indiziaria, richiesta dall’art. 2-ter, potrebbe comunque<br />

assorbire la prova della sproporzione ed è, in ogni caso, maggiormente<br />

conforme alla presunzione d’innocenza della mera prova della<br />

sproporzione).<br />

56<br />

L’art. 3 della legge 24 luglio 1993, n. 256, con il quale si era modificato l’art. 2-ter<br />

comma 2 legge n. 575 del 1965, stabiliva che il Tribunale ordina il sequestro dei beni<br />

del mafioso «quando il loro valore risulta sproporzionato al reddito dichiarato o<br />

all’attività economica svolta, ovvero quando, in conformità a sufficienti indizi, si ha<br />

motivo di ritenere che gli stessi siano il frutto di attività illecite o ne costituiscono il<br />

reimpiego»: ne conseguiva, come rilevato in giurisprudenza, che mentre prima si richiedeva<br />

la notevole sproporzione come indizio tra gli altri dell’illecita provenienza, in<br />

seguito a tale riforma l’indizio della mera sproporzione (la norma non richiedeva più<br />

che fosse notevole) era già di per sé indice di illiceità della medesima ricchezza in<br />

quanto nella disponibilità del presunto mafioso, cfr. per tutte Cass., 20 novembre<br />

1998, Iorio e altri, n. 5760, in Cass. pen., 1999, p. 3238.<br />

57<br />

Cass., 23 giugno 2004, Palumbo, in Cass. pen., 2005, p. 2704; conforme Cass., 16<br />

dicembre 2005, n. 1014, L.P.T., in http://www.iuritalia.it/cpenale.


162<br />

Anna Maria Maugeri VII,5<br />

Un’ultima osservazione. Il legislatore della riforma, più garantista in<br />

relazione all’accertamento dell’origine illecita ai fini della confisca ex<br />

art. 2-ter, che si applica a soggetti con pericolosità qualificata, non ha<br />

però mostrato tale sensibilità garantista nell’ipotesi della confisca ex art.<br />

3-quinquies, che si applica a soggetti che non sono neanche indiziati,<br />

ma la cui attività “possa comunque agevolare l’attività” di persone indiziate<br />

ai fini dell’applicazione delle misure di prevenzione o imputate di<br />

taluni crimini connessi al crimine organizzato. In quest’ipotesi continua<br />

ad ammettersi «la confisca dei beni che si ha motivo di ritenere siano il<br />

frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego», ritenendo sufficiente<br />

qualcosa di meno di una prova indiziaria (si ha motivo di ritenere)<br />

ai fini della confisca e l’inversione dell’onere della prova in capo al<br />

proprietario su cui incombe un obbligo di giustificare la legittima provenienza<br />

dei propri beni di valore non proporzionato (fermo restando<br />

che ai fini della sospensione dell’amministrazione dei beni ex art. 3quater<br />

si richiedono sufficienti indizi per richiedere ulteriori indagini e<br />

sufficienti elementi per ritenere che il libero esercizio delle attività economiche<br />

agevoli l’attività dei soggetti indiziati o imputati) 58 . Emerge,<br />

insomma, che il legislatore ha dimenticato di richiedere un maggior rigore<br />

probatorio (in conformità alla presunzione d’innocenza) in relazione<br />

ad una fattispecie che, come evidenziato in altra sede, ricorrendo<br />

ad una tecnica di tipizzazione ambientale troppo distante dalle soglie di<br />

effettiva responsabilità penale, rischia di equiparare in maniera irragionevole<br />

vittima e colluso, sottoponendoli allo stesso trattamento sulla<br />

base di un giudizio di “pericolosità reale” che si fonderebbe su un fascio<br />

di relazioni ambigue e difficilmente afferrabili come quelle che sostanziano<br />

il concetto di “contiguità mafiosa”, il tutto in aperto contrasto<br />

con il principio di legalità 59 . Ciò appare ancor più discutibile se si<br />

considera che, nella seppur limitata prassi applicativa, tale forma di<br />

confisca è divenuta particolarmente incisiva laddove non si è limitata a<br />

colpire i beni per la loro origine illecita, ma piuttosto per la loro desti-<br />

58<br />

Cfr. il tentativo di valorizzare tale differenza terminologica come una richiesta di<br />

progressione probatoria cfr. A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità<br />

e garantismo, cit., p. 418 ss.<br />

59<br />

Così A. MANGIONE, La “contiguità” alla mafia fra “prevenzione” e “repressione”:<br />

tecniche normative e categorie dommatiche, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1996, p. 705; cfr.<br />

R. ACQUAROLI, Proposte di riforma e ipotesi di un modello integrato di disciplina della<br />

ricchezza “di origine illecita”, in R. ACQUAROLI (a cura di), La riforma del sistema sanzionatorio<br />

fiscale, Macerata, 2007, p. 176.


VII,6 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 163<br />

nazione illecita (non distinguendo più l’oggetto della sospensione dell’amministrazione<br />

e quello della confisca) in quanto coinvolti in attività<br />

illecite; la giurisprudenza si accontenta di «elementi sufficienti a fare ritenere<br />

l’esistenza di un’obiettiva commistione di interessi tra attività<br />

d’impresa e attività mafiosa riferibile ad altri soggetti» per procedere alla<br />

confisca «non dei singoli beni, quanto ovviamente di quel complesso di<br />

beni che rende possibile l’esercizio dell’attività imprenditoriale agevolatrice»<br />

60 .<br />

6. La confisca per equivalente e la sproporzione.<br />

Un’altra novità introdotta con il decreto del 2008 consiste nella possibilità<br />

di procedere alla confisca per equivalente qualora «la persona<br />

nei cui confronti è proposta la misura di prevenzione disperde, distrae,<br />

occulta o svaluta i beni al fine di eludere l’esecuzione dei provvedimenti<br />

di sequestro o di confisca su di essi» (art. 2-ter comma 10). La ratio di<br />

questa disposizione sembra essere quella di prevenire i comportamenti<br />

del proposto volti ad impedire od ostacolare la confisca attraverso la<br />

minaccia della confisca di altri beni di valore equivalente, o, comunque,<br />

quella di garantire che in ogni caso si realizzi la confisca di cespiti patrimoniali<br />

in misura equivalente al patrimonio di origine illecita. Si richiede<br />

una sorta di dolo specifico e cioè che i comportamenti del proposto<br />

volti a distruggere, occultare o svalutare i beni siano realizzati allo<br />

specifico fine di sottrarre i beni al sequestro e alla confisca; se il bene<br />

ha perso valore per mancanza di lavori di manutenzione a causa di mera<br />

incuria, colpevole o incolpevole, ma non finalizzata a frustrare la<br />

confisca, non dovrebbe essere possibile applicare questa forma di confisca<br />

per equivalente.<br />

Si ammette la confisca per equivalente anche di beni distrutti prima<br />

del sequestro senza stabilire un limite temporale e, quindi, sarebbe teoricamente<br />

possibile procedere alla confisca per equivalente di beni distrutti<br />

o svalutati anche in epoca remota; in realtà l’accusa potrà farà<br />

riferimento solo a beni dispersi, ecc., in prossimità del sequestro perché<br />

60<br />

Corte d’Appello di Catania, 21 novembre 1997, Spampinato, in Cass. pen., 1998,<br />

n. 1558, p. 2726. Sia consentito il rinvio a A.M. MAUGERI, Relazione Introduttiva, cit.,<br />

p. 110 ss.


164<br />

Anna Maria Maugeri VII,6<br />

si deve dimostrare che i comportamenti del proposto erano finalizzati a<br />

sottrarre i beni al sequestro e, comunque, che i beni – distrutti, dispersi,<br />

occultati o svalutati – erano di valore sproporzionato o di origine illecita<br />

(i presupposti della confisca) e sarebbe impossibile per l’accusa<br />

dimostrare ciò rispetto a beni non più presenti nel patrimonio del proposto<br />

e distrutti..in epoca troppo risalente. Per assurdo quest’ultimo<br />

requisito potrebbe non essere richiesto perché la norma non lo prevede<br />

espressamente e perché si potrebbe trattare di beni distrutti o svalutati<br />

per impedire la stessa confisca per equivalente; ma si trasformerebbe la<br />

confisca antimafia in un mostro onnivoro dalla voracità incontrollabile<br />

in contrasto con lo stesso principio di ragionevolezza (proporzione).<br />

La confisca per equivalente di una forma di confisca allargata che<br />

può colpire tutti i beni di valore sproporzionato o che risultino di origine<br />

illecita sembra, in ogni caso, discutibile; la confisca per equivalente<br />

sembra fisiologicamente uno strumento per combattere i tentativi del<br />

reo di frustrare l’applicazione della confisca di specifici beni che rappresentano<br />

il profitto o il prodotto di un determinato reato, presupponendo<br />

che sia stato accertato che dal crimine sia derivato un determinato<br />

profitto o prodotto ben identificato, legato da un nesso di causalità al<br />

crimine, e non sia possibile confiscarlo perché disperso, alienato, nascosto.<br />

La confisca per equivalente è il primo fondamentale strumento per<br />

superare quel limite delle forme tradizionali di confisca del profitto che<br />

richiedono l’accertamento del nesso di causalità tra il crimine e il profitto<br />

o il prodotto. In relazione alle forme di confisca allargata che non<br />

richiedono l’accertamento del nesso di causalità in questione, ma si estendono<br />

a tutti i profitti di valore sproporzionato (o di origine sospetta)<br />

in base alla presunzione che la sproporzione costituisca un indizio<br />

dell’origine illecita, l’applicazione anche della confisca per equivalente<br />

appare come un’esasperazione. Sembra che il legislatore utilizzi ormai<br />

la confisca per equivalente come un leitmotiv, simbolo di legislazione<br />

moderna ed efficace, indipendentemente dall’opportunità del suo inserimento<br />

nel settore specifico, fraintendo le sollecitazioni degli strumenti<br />

internazionali a garantire tale forma di confisca.<br />

La confisca per equivalente di una forma di confisca allargata non avrebbe<br />

alcun senso, in ogni caso, laddove si ritenesse che la sproporzione<br />

debba essere intesa come elemento indiziario dell’illecita provenienza di<br />

tutto il patrimonio e non come criterio delimitante l’oggetto della confisca,<br />

trasformando la confisca ex art. 2-ter da mero strumento di sottrazione<br />

dei profitti di origine illecita, a confisca generale dei beni, di tutto il


VII,6 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 165<br />

patrimonio 61 , o laddove si ritenesse – come avviene nella prassi – che, soprattutto<br />

in relazione al patrimonio di un’impresa, non sia possibile distinguere<br />

tra patrimonio lecito e patrimonio illecito (nel senso che sarebbe<br />

possibile confiscare le quote societarie sia quando il capitale investito<br />

nell’attività societaria sia di illecita provenienza anche se l’attività svolta è<br />

lecita, sia nell’ipotesi in cui il capitale sia di origine lecita ma la stessa attività<br />

sia esercitata con metodi penalmente illeciti 62 ): ciò, si afferma in giurisprudenza,<br />

«non significa disconoscere l’insegnamento della Suprema<br />

Corte secondo cui la confisca non può aggredire indiscriminatamente<br />

tutto il patrimonio del proposto, bensì deve riguardare sempre singoli<br />

beni rispetto ai quali siano individuabili le ragioni della illegittima provenienza;<br />

ma vuol dire solamente prendere atto che siffatta impostazione,<br />

quando si è di fronte ad una realtà produttiva nel suo complesso e dinamico<br />

operare, non può che riferirsi all’intera azienda» 63 .<br />

La confisca del valore equivalente, quale strumento che consente di<br />

superare le manovre fraudolente del proprietario volte a sottrarre specifici<br />

beni alla confisca, può assumere un significato solo laddove si accoglie<br />

l’orientamento più garantista in base al quale la confisca ex art. 2ter<br />

può colpire solo singoli beni rispetto ai quali sia stato accertato<br />

dall’accusa il carattere sproporzionato o l’origine illecita 64 (o, comunque,<br />

cespiti patrimoniali delimitati, come ad esempio gli introiti di un<br />

anno preciso, rispetto ai quali si accerta il carattere sproporzionato).<br />

Tale posizione, in particolare, è stata ribadita dalle sentenze Ferrara del<br />

2002 e Palumbo del 2004, in cui si è precisato che «nel caso in cui il sequestro<br />

colpisca il complesso dei beni del soggetto indiziato, non si<br />

tratta di misura che coinvolga l’intero patrimonio, ma di sequestro che<br />

61<br />

Cfr. Cass., 26 marzo 1998, Bosetti, in Cass. pen., 1999, p. 3551.<br />

62<br />

In relazione alla confisca ex art. 3-quinquies, Corte d’Appello di Catania, 21 novembre<br />

1997, Spampinato, in Cass. pen., 1998, n. 1558, pp. 2726-2731; Corte di Appello<br />

Palermo, decreto 1° ottobre 1996, Tre Noci s.r.l. ed altri, in Cass. pen., 1997, p.<br />

2257, Corte di Appello di Palermo (16 luglio 2004) e Tribunale di Palermo nel procedimento<br />

in danno di Bontate (decr. 14-28 novembre 2006, inedito, Centralgas S.p.a.,<br />

Vigorgas serbatoi S.r.l., Ital metano S.r.l. e Gas sud S.r.l.). Cfr. G. NICASTRO, La confisca<br />

nella legislazione patrimoniale antimafia, in A.M. MAUGERI (a cura di), Le sanzioni<br />

patrimoniali come moderno strumento di lotta contro il crimine, cit., p. 285; ???? AIEL-<br />

LO, La sospensione temporanea dall’amministrazione dei beni, ivi, p. 341.<br />

63<br />

Trib. Palermo, decreto 3 giugno 1999, Soc. Sicilconcrete S.r.l.<br />

64<br />

Si veda A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo,<br />

cit., pp. 319-373 e dottrina e giurisprudenza ivi citata.


166<br />

Anna Maria Maugeri VII,6<br />

coinvolge i singoli beni, per cui l’accertamento dell’illecita provenienza<br />

va effettuato con riguardo a ciascuno dei beni che lo compongono»;<br />

«non è sufficiente un raffronto globale tra il patrimonio ed il reddito<br />

formalmente disponibile, ma è necessario accertare l’illecita provenienza<br />

di ogni singolo bene inserito nel patrimonio, comparando, al momento<br />

dell’acquisizione, il reddito ufficialmente disponibile con l’incremento<br />

patrimoniale determinato con l’acquisto del bene» 65 .<br />

In base a tale interpretazione la confisca per equivalente può, allora, intervenire<br />

laddove non sia più possibile confiscare (perché distrutto, disperso,<br />

occultato o svalutato) lo specifico bene o cespite patrimoniale il cui acquisto è<br />

risultato sproporzionato o che comunque “risulti” di origine illecita, consentendo<br />

di sequestrare e confiscare altri beni di valore equivalente. Chiaramente<br />

l’applicazione della confisca per equivalente presuppone che sussistano<br />

nel patrimonio del soggetto sia beni di valore sproporzionato (al momento<br />

dell’acquisto) o di origine illecita, sia altri beni di valore proporzionato o di<br />

origine lecita, perché in caso contrario tutti i beni potranno essere sottoposti<br />

alla confisca ex art. 2-ter.<br />

Il timore che sorge è che una simile disposizione giustificherà, ancor<br />

più di quanto non avvenga già oggi nella prassi (soprattutto con il sequestro<br />

anticipato, ai sensi dell’art. 2-bis commi 4 e 5, o con il sequestro<br />

d’urgenza previsto dal comma 2 dell’art. 2-ter), il sequestro di interi<br />

patrimoni, per garantire la confisca dei beni di valore sproporzionato<br />

o di origine illecita, o comunque di altri beni di valore equivalente; nella<br />

prassi il sequestro per equivalente viene applicato con particolare<br />

ampiezza proprio per garantire comunque la confisca (nella forma diretta<br />

o nella forma per equivalente), come emerge in particolare nel settore<br />

della responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche<br />

(d.lgs. n. 231/2001) 66 .<br />

65<br />

Cass., 28 marzo 2002, Ferrara e altri, in Cass. pen., 2003, p. 605; Cass., 23 giugno<br />

2004, Palumbo, ivi, 2005, p. 2704. Conforme per la confisca ex art. 12-sexies decr. 306<br />

del 1992; Cass., Sez. Un., 17 dicembre 2003 (19 gennaio 2004), Montella, in Cass. pen.,<br />

2004, p. 1188. Per una più approfondita disamina cfr. A.M. MAUGERI, La lotta contro<br />

l’accumulo, cit., p. 516 ss.<br />

66 Cfr. A.M. MAUGERI, Relazione Introduttiva, cit., p. 33.


VII,7 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 167<br />

7. La confisca per equivalente dei beni trasferiti a terzi e i trasferimenti<br />

fittizi.<br />

L’art. 2-ter comma 10, prevede anche la confisca per equivalente<br />

«quando i beni non possano essere confiscati in quanto trasferiti legittimamente,<br />

prima dell’esecuzione del sequestro, a terzi in buona fede»;<br />

tale ipotesi di confisca per equivalente è finalizzata a garantire che la<br />

deminutio patrimoni conseguente alla confisca ex art. 2-ter corrisponda<br />

al valore del patrimonio di valore sproporzionato o di origine illecita.<br />

Il denaro o i beni ottenuti in seguito al trasferimento, potrebbero comunque<br />

essere confiscati senza ricorrere alla confisca per equivalente in<br />

quanto, se derivano dal trasferimento di un bene avente origine illecita, dovrebbero<br />

rientrare nella categoria dei beni confiscabili in qualità di reimpiego;<br />

in quest’ipotesi non si dovrebbe consentire la confisca per equivalente<br />

se non si vuole violare il principio del ne bis in idem e di proporzione.<br />

In realtà, una volta trasferito a terzi, il bene dovrebbe perdere la sua<br />

pericolosità, nel senso che non può più essere utilizzato per scopi criminali<br />

dall’indiziato o dall’organizzazione criminale; garantire la confisca<br />

per equivalente in quest’ipotesi esprime chiaramente la precisa volontà<br />

di sottrarre i beni non per la loro pericolosità connessa alla persona<br />

pericolosa, ma per la loro origine illecita al fine di impedire l’illecito<br />

arricchimento dell’organizzazione criminale e, quindi, l’infiltrazione<br />

criminale nell’economia (a parte la funzione di frustrare qualunque<br />

manovra fraudolenta volta a sottrarre il patrimonio illecito).<br />

Tale disposizione che diventa più invasiva della relation back doctrine<br />

nordamericana (che consente di considerare confiscabili tutti i beni<br />

acquistati dal momento della consumazione del crimine) 67 , allarga la<br />

confisca per equivalente a qualunque bene, oggetto di transazione da<br />

parte dell’indiziato prima dell’esecuzione del sequestro senza alcuna delimitazione<br />

temporale; non solo, allora, tutto l’attuale patrimonio del<br />

soggetto indiziato, laddove si accerti il carattere sproporzionato o illecito<br />

dei singoli beni, può essere confiscato, ma l’indiziato diventa debitore<br />

di un valore economico pari al valore di tutti i beni trasferiti nella sua<br />

vita, senza alcuna delimitazione temporale, purché l’accusa, però – perlomeno<br />

in base all’unica possibile interpretazione conforme ai principi<br />

67<br />

A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo,<br />

cit., p. 270 ss.


168<br />

Anna Maria Maugeri VII,7<br />

di proporzione e alla presunzione d’innocenza –, accerti il carattere<br />

sproporzionato o illecito di ogni singolo bene oggetto di trasferimento a<br />

terzi (la norma recita «quando i beni non possano essere confiscati in<br />

quanto trasferiti legittimamente» e quindi presuppone che i beni siano<br />

confiscabili). Tale ipotesi, nella prassi, si dovrebbe delimitare solo in<br />

relazione a trasferimenti compiuti nel periodo oggetto di indagine o<br />

conclusi poco prima del sequestro per sottrarre i beni alla confisca,<br />

perché difficilmente l’accusa potrà accertare il carattere sproporzionato<br />

o illecito rispetto a beni che non si trovano più nel patrimonio del soggetto<br />

e che siano stati trasferiti in epoca ormai remota (anche se si potrebbe<br />

estendere a tutti i trasferimenti compiuti dal momento in cui<br />

sussistono indizi della sua partecipazione all’associazione mafiosa o dell’inizio<br />

dell’attività criminale in base alla presunzione che da quel momento<br />

tutto il suo patrimonio è di origine illecita).<br />

Tale disposizione deve essere coordinata con le disposizioni seguenti<br />

che prevedono che il giudice, con il provvedimento che dispone la confisca,<br />

può dichiarare la nullità degli atti di disposizione quando accerta<br />

che taluni beni siano stati fittiziamente intestati o trasferiti a terzi;<br />

quindi, in ogni caso, laddove il giudice riesce a provare il carattere fittizio<br />

del trasferimento, la simulazione, può dichiarare nullo l’atto e confiscare<br />

direttamente i beni che il proposto aveva tentato di sottrarre con<br />

l’atto di disposizione. La confisca per equivalente dovrebbe intervenire,<br />

allora, solo nelle ipotesi in cui il giudice non riesca ad accertare il carattere<br />

fitttizio del trasferimento oppure quando realmente il soggetto abbia<br />

ceduto i beni a terzi in buona fede.<br />

La norma richiedendo che il bene sia stato trasferito legittimamente<br />

a terzi in buona fede sembrerebbe, inoltre, subordinare la legittimità<br />

del trasferimento non solo al carattere non simulato, ma anche all’accertamento<br />

della buona fede del terzo. Ne deriva che se il terzo avente<br />

causa non è in buona fede, anche se il trasferimento non è fittizio, dovrebbe<br />

essere possibile confiscare il bene acquistato dal terzo 68 .<br />

Occorre stabilire a questo punto cosa si intende per buona fede 69 .<br />

68<br />

Il terzo in malafede non potrà rivendicare alcun diritto di ripetizione in quanto in<br />

virtù dell’art. 1418 c.c. il suo atto è nullo perché la causa è contraria a norme imperative<br />

al buon costume (la violazione di norme imperative penalmente rilevanti rientra in<br />

questo concetto) (art. 2035 c.c.).<br />

69<br />

Cfr. le critiche sull’utilizzo di tale categoria in questa materia di AIELLO, La tutela<br />

civilistica, op. cit., 471 ss.


VII,7 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 169<br />

La giurisprudenza, a partire dalla sentenza Bacherotti, ha sviluppato il<br />

criterio della buona fede ma come presupposto per garantire il riconoscimento<br />

dei diritti reali di garanzia, che il terzo vuole fare valere sui<br />

beni confiscati. Si parla di «buona fede e di affidamento incolpevole» 70 , e<br />

cioè la mancanza di collegamento del proprio diritto con l’altrui condotta<br />

criminosa o con l’attività illecita del proposto indiziato di mafia 71 ;<br />

nell’ipotesi in cui un simile nesso sia invece configurabile, l’affidamento<br />

incolpevole ingenerato da una situazione di apparenza che rendeva scusabile<br />

l’ignoranza o il difetto di diligenza 72 . L’affidamento incolpevole è<br />

ravvisabile «nella non conoscibilità – con l’uso della diligenza richiesta<br />

dal caso concreto – del rapporto di derivazione della loro posizione di vantaggio<br />

dalla condotta delittuosa del proposto» (tale situazione è compatibile<br />

con l’aver «ricevuto indirettamente un vantaggio dall’altrui attività<br />

criminosa» 73 . Ai fini della valutazione della buona fede, insomma, si attribuisce<br />

rilievo anche ad atteggiamenti colposi del terzo, imponendo ai<br />

cittadini una sorta di obbligo generale di diligenza nello svolgimento<br />

degli affari, in linea con la previsione nell’ordinamento penale italiano<br />

della fattispecie dell’incauto acquisto 74 . Emerge quanto può diventare<br />

70<br />

Cass., Sez. Un., 28 aprile 1999, Baccherotti, in Foro it., 1999, II, c. 580, relativa alla<br />

confisca ex art. 644 c.p.; Cass., 9 marzo 2005, in Cass. pen., 2006, p. 634; Cass. n. 227585<br />

del 2003; 29 ottobre 2003, in Gius, 2004, p. 1004; Cass., 19 novembre 2003, n. 47887, San<br />

Paolo IMI e altri, in Cass. pen., 2005, m. 870; Cass., 16 febbraio 2000, Ienna e altri, in<br />

Cass. pen., 2000, p. 2770, con nota di Molinari; ????? CASSANO, Azioni esecutive su beni<br />

oggetto di sequestro antimafia e buona fede dei creditori, in Il Fallimento, 2002, p. 661; ID.,<br />

Confisca antimafia e tutela dei diritti dei terzi, in Cass. pen., 2005, p. 2165.<br />

71<br />

Cass., 11 febbraio 2005, cit., p. 638.<br />

72<br />

Cass., 11 febbraio 2005, in Cass. pen., 2006, p. 641.<br />

73<br />

Cass. civ., 29 ottobre 2003, in Dir. fall. soc. comm., 2004, p. 16; Cass. civ., 29 ottobre<br />

2003, in Dir. fall. soc. comm., 2004, p. 16.<br />

74<br />

A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo,<br />

cit., p. 395 ss.; ID., La lotta contro l’accumulazione, cit., p. 535 ss. Si tende ad affermare<br />

una nozione oggettiva di buona fede e non soggettiva ex art. 1147 c.p.c., nel senso che<br />

le stesse Sezioni Unite fanno ricorso al criterio del collegamento, necessario od occasionale,<br />

tra l’attività negoziale che viene in considerazione e l’illiceità d’impresa, consentendo<br />

la tutela di terzi tutte le volte in cui l’atto da cui il creditore scaturisce non sia<br />

ausiliare o strumentale all’attività illecita, ovvero non la agevoli obiettivamente; in tal<br />

modo si consente la salvaguardia di prestazioni che, pur realizzate nella consapevolezza<br />

del carattere di mafiosità di uno dei soggetti negoziali, non sono di particolare rilievo<br />

sociale e appaiono riconducibili all’ordinario svolgimento dei rapporti economici, come<br />

già proposto nel Progetto Fiandaca, così ???? CASSANO, Azioni esecutive su beni<br />

oggetto di sequestro antimafia, cit., p. 661.


170<br />

Anna Maria Maugeri VII,7<br />

invasiva la confisca antimafia applicata nei confronti dei terzi aventi<br />

causa non in buona fede (soprattutto se si fa rientrare nella malafede<br />

anche l’atteggiamento colposo).<br />

In relazione ai terzi creditori la giurisprudenza ritiene che spetta al<br />

terzo l’onere di provare la sua buona fede e il suo affidamento incolpevole<br />

75 , nonché la mancanza di qualsiasi collegamento del proprio diritto<br />

con l’attività illecita del proposto indiziato di mafia 76 . Tale giurisprudenza<br />

modifica il generale principio civilistico per cui la buona fede è<br />

presunta (art. 1147 c.c.) e inverte l’onere della prova della buona fede a<br />

carico del terzo. Tale inversione assume una particolare problematicità<br />

laddove si considera che essa si applica nei confronti di terzi, estranei<br />

alla valutazione di pericolosità sociale in quanto non indiziati dei reati<br />

presupposti 77<br />

, e sulla difficoltà di dare la prova negativa della malafe-<br />

de 78 . L’art. 2-ter riformato, invece, sembra imporre al giudice la verifica<br />

della buona fede degli aventi causa.<br />

L’art. 2-ter riformato prevede, inoltre, che in alcune ipotesi si presume<br />

il carattere fittizio dei trasferimenti: a) i trasferimenti e le intestazioni,<br />

anche a titolo oneroso, effettuati nei due anni antecedenti la proposta<br />

della misura di prevenzione nei confronti dell’ascendente, del discendente,<br />

del coniuge o della persona stabilmente convivente, nonché<br />

dei parenti entro il sesto grado e degli affini entro il quarto grado; b) i<br />

trasferimenti e le intestazioni, a titolo gratuito o fiduciario, effettuati nei<br />

due anni antecedenti la proposta della misura di prevenzione.<br />

In conclusione in relazione ai trasferimenti a titolo gratuito (o fiduciario)<br />

compiuti nei due anni precedenti si dovrebbe dichiarare la nullità<br />

e quindi applicare direttamente la confisca nei confronti dei beni (e<br />

non la confisca per equivalente), e lo stesso anche se si tratta di trasferimenti<br />

a titolo oneroso nei confronti dei parenti indicati nella norma.<br />

75<br />

Sentenze cit. in nota 67; Cass., 29 ottobre 2003, cit., p. 1004.<br />

76<br />

Cass., 11 febbraio 2005, cit., pp. 638-641.<br />

77<br />

Cfr. A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo,<br />

cit., pp. 387-395; ID., La lotta contro l’accumulazione di patrimoni illeciti, cit., p.<br />

536 ss.<br />

78<br />

Così P.V. MOLINARI, Un passo avanti nella tutela dei terzi in buona fede titolari di<br />

un diritto reale di garanzia sui beni oggetto di confisca antimafia, in Cass. pen., 2006, p.<br />

645; G. IZZO, Criticità nella confisca di prevenzione, in Impresa, 2005, p. 1309; cfr. L.<br />

PETRILLO, La tutela del terzo creditore ipotecario sui beni confiscati: prime aperture, in<br />

Merito, 2006, p. 48.


VII,7 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 171<br />

Con tali presunzioni si introduce un’inversione dell’onere della prova<br />

a carico del terzo, in deroga alla previsione dello stesso art. 2-ter che stabilisce<br />

che spetta all’accusa la prova della disponibilità dei beni in capo<br />

al proposto. Nel caso di beni formalmente intestati a terzi, che si assumono<br />

nella disponibilità di persona sottoposta a misure di prevenzione<br />

personale, la Suprema Corte ha sempre precisato che spetta all’accusa<br />

l’onere di dimostrare «che i beni, formalmente intestati a terzi, siano<br />

nella disponibilità dell’indiziato e derivino dalla sua illecita attività»,<br />

«infatti, non va dimenticato che la presunzione di illecita accumulazione<br />

patrimoniale riguarda solo il soggetto ritenuto socialmente pericoloso»<br />

79 . La giurisprudenza, però, riteneva che mentre in relazione al terzo<br />

estraneo l’indagine sulla disponibilità del bene doveva «essere rigorosa,<br />

non essendo consentito il ricorso a presunzioni come per il giudizio di<br />

pericolosità» 80 , sussisteva una presunzione semplice di disponibilità del<br />

bene da parte dell’indiziato se il terzo fosse il coniuge, il figlio od il<br />

convivente nell’ultimo quinquennio (in virtù del disposto dell’art. 2-bis<br />

che consente le indagini nei loro confronti) 81 . La dottrina riteneva correttamente,<br />

però, che tale presunzione semplice sarebbe dovuta sussistere<br />

solo ai fini dell’indagine, ferma restando l’esigenza di un adeguato<br />

livello probatorio sul requisito della disponibilità in capo al prevenuto<br />

79<br />

Cass., 28 marzo 2002, in Cass. pen., 2003, p. 612; Cass., 23 giugno 2004, in Cass.<br />

pen., 2005, p. 2704; Cass. n. 226610 del 2003; Cass., 15 ottobre 2003, n. 43046, in Cass.<br />

pen., 2005, p. 2341; Cass., 4 giugno 2003, ivi, 2005, p. 2066; Cass., 18 settembre 2002,<br />

in Dir. pen. proc., 2003, p. 1108; Cass., 5 febbraio 2001, in Foro it., 2002, II, c. 263;<br />

Cass., 26 novembre 1998, in Cass. pen., 1999, m. 1131; Cass., 10 novembre 1997, in<br />

Giust. pen., 1998, II, c. 512; Cass., 16 aprile 1996, in Cass. pen., 1997, p. 849; Cass. 4<br />

luglio 1995, in Riv. pen., 1996, p. 526; Cass., 18 maggio 1992, ivi, 1993, p. 2377; App.<br />

Reggio Calabria, 6 marzo 1986, in Foro it., 1987, c. 361; Cass., 7 agosto 1984, ivi, 1985,<br />

II, c. 273, con nota di Fiandaca; cfr. le perplessità di A. MANGIONE, La “contiguità” alla<br />

mafia fra “prevenzione” e “repressione”: tecniche normative e categorie dommatiche, cit.,<br />

pp. 235-263 sulla stessa nozione di disponibilità.<br />

80<br />

Cass., 16 aprile 1996, in Cass. pen., 1997, p. 849.<br />

81<br />

Cass., 7 dicembre 2005, n. 2960; Cass., 5 dicembre 1996, in Cass. pen., 1997, p.<br />

2847; Cass., 14 febbraio 1997, ivi, 1997, p. 3171; la «disponibilità è presunta, senza necessità<br />

di specifici accertamenti» Cass., 4 giugno 2003, ivi, 2005, p. 2066; Cass. 18 settembre<br />

2002, in Dir. pen. proc., 2003, p. 1108; cfr. G. CORSO, Profili costituzionali delle<br />

misure di prevenzione: aspetti teorici e prospettive di riforma, cit., p. 138, afferma che il<br />

«principio barbarico» della responsabilità familiare sostituisce il principio di civiltà<br />

racchiuso nella regola dell’art. 27 Cost.


172<br />

Anna Maria Maugeri VII,7<br />

ai fini del sequestro e della confisca 82 . In tale direzione, infatti, la Suprema<br />

Corte aveva specificato che la «presunzione» in parola va letta<br />

connessa all’accertata assenza di disponibilità economiche proprie dei<br />

terzi intestatari, sintomatica della fittizietà dell’intestazione, e quindi<br />

quale lecito criterio interpretativo della situazione di fatto, non comportante<br />

illegittime inversioni di onere della prova a carico dei terzi» 83 .<br />

Il legislatore della riforma, senza indugi, ha invece introdotto delle vere<br />

presunzioni, con inversione dell’onere della prova, estendendole ai parenti<br />

sino al sesto grado e affini sino al quarto per gli atti a titolo oneroso<br />

e nei confronti di tutti per gli atti a titolo gratuito (o fiduciario), perseguendo<br />

il preciso disegno di semplificare gli accertamenti e di fare<br />

«terra bruciata» attorno ai «mafiosi»; l’aspetto positivo è che si prevede<br />

un limite temporale, che invece la giurisprudenza, sulla base dell’art. 2bis,<br />

non prevede.<br />

In entrambe le ipotesi sarà possibile che i terzi, compresi i parenti,<br />

che abbiano realmente acquistato i beni (sia a titolo gratuito sia a titolo<br />

oneroso), possano confutare la presunzione e dimostrare che i trasferimenti<br />

non sono fittizi; allora, sempre che l’accusa non dimostri la malafede<br />

dei terzi, sarà eventualmente possibile procedere nei confronti di<br />

altri beni di valore equivalente rispetto a quelli trasferiti, purché si tratti<br />

di beni di valore sproporzionato o di origine illecita (e sempre che vi<br />

siano altri beni nel patrimonio del proposto oltre a quelli di cui si accerta<br />

direttamente il carattere sproporzionato o l’origine illecita).<br />

Il rischio di questa normativa è che gli atti a titolo gratuito saranno<br />

considerati tout court fittizi e nulli se compiuti nei due anni precedenti<br />

il sequestro, perché sarà ben difficile per il terzo dimostrarne il carattere<br />

non fittizio (già prima difficilmente i negozi fiduciari erano considerati<br />

nella prassi rilevanti per impedire la confisca); la norma rischia di<br />

introdurre una sorta di causa di nullità di tutti gli atti a titolo gratuito<br />

compiuti dal soggetto nei due anni precedenti il sequestro. Anche in<br />

ordinamenti stranieri sono previste delle presunzioni in relazione ai trasferimenti,<br />

volte a garantire l’efficacia della confisca: nell’ordinamento<br />

inglese, ad esempio, in relazione ai beni acquistati nei sei anni precedenti<br />

l’inizio del procedimento finalizzato al confiscation art. 77 PO-<br />

82<br />

A. GIA<strong>LA</strong>NEL<strong>LA</strong>, I patrimoni di mafia, cit., p. 130.<br />

83<br />

Cass., 28 marzo 2002, in Cass. pen., 2003, p. 605; Cass., 20 novembre 1998, in<br />

Cass. pen., 1999, p. 3238.


VII,7 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 173<br />

CA 84 . Si tratta di scelte di politica criminale particolarmente rigorose<br />

volte a garantire l’efficacia della confisca in taluni settori, anche a scapito,<br />

però, delle garanzie dei terzi e dell’esigenze dell’economia.<br />

Nella disciplina delle misure di prevenzione, inoltre, il limite temporale<br />

dei due anni vale solo per l’applicazione delle presunzioni, rimane la<br />

possibilità sine die di applicare la confisca per equivalente dei beni antecedentemente<br />

e legittimamente trasferiti, purché il giudice accerti il carattere<br />

sproporzionato o l’origine illecita del bene trasferito. Si è trasformata<br />

la natura della confisca per equivalente da strumento volto a garantire<br />

l’applicazione della confisca del profitto accertato del crimine, rimanendo<br />

una mera misura di riequilibrio economico (anche se la Suprema Corte le<br />

attribuisce ormai carattere sanzionatorio anche in quest’ipotesi 85 ), a una<br />

sorta di pena patrimoniale dai confini difficilmente controllabili, con tutti<br />

i dubbi sul rispetto non solo del principio di proporzione in senso stretto<br />

e di ragionevolezza, ma di legalità, colpevolezza e presunzione d’innocenza<br />

in quanto non si deve dimenticare che parliamo di misure di prevenzione<br />

che si applicano a soggetti indiziati.<br />

Le presunzioni circa il carattere fittizio confermano, in ogni caso,<br />

che, al di fuori di queste ipotesi, la legittimità del trasferimento al terzo<br />

in buona fede dovrebbe essere accertata dal giudice della prevenzione.<br />

Il potere di dichiarare la nullità dell’atto fittizio in capo al giudice<br />

delle misure di prevenzione è similare all’istituto della revocatoria fallimentare<br />

(art. 67 legge fall.), che, nella versione precedente la riforma<br />

del 2006, prevedeva il limite temporale dei due anni (per gli atti a titolo<br />

gratuito – uno o due anni per gli atti a titolo oneroso, art. 67) mentre<br />

nell’attuale versione è stato ridotto a sei mesi (con onere della prova a<br />

carico del curatore, un anno con onere della prova a carico del terzo).<br />

Tale disciplina potrebbe apparire come l’introduzione di una novità e<br />

di uno strumento importante che semplifica a monte le procedure di<br />

applicazione della confisca, evitando lunghi procedimenti in sede esecutiva<br />

volti ad accertare il carattere fittizio del trasferimento. In realtà,<br />

però, già nella disciplina precedente la riforma si consentiva, da una<br />

84<br />

Da ultimo A.M. MAUGERI, La lotta contro l’accumulo, cit., p. 563.<br />

85<br />

Cass., 16 gennaio 2004 (2 aprile 2004), n. 15455, Napolitano G., in Foro it., 2004, II,<br />

c. 685; Cass., 9 novembre 2006, Quarta, n. 38803; Cass., 29 marzo 2006, n. 24633, in Guida<br />

al diritto, 2006, 32, p. 90 ss., 92 (par. 1); Cass., 14 giugno 2006, Ghetta, n. 31988; Cass.,<br />

10 gennaio 2007, n. 316, G.s.r.l., in www.reatisocietari.it.; Cass. pen., 7 maggio 2008, n.<br />

22903; Cass. pen., 8 maggio 2008, n. 21566; Cass. pen., 5 giugno 2008, n. 28685.


174<br />

Anna Maria Maugeri VII,7<br />

parte, al giudice di accertare indirettamente il carattere fittizio degli atti<br />

di trasferimento dovendo stabilire quali fossero i beni di cui il proposto<br />

disponesse effettivamente e, dall’altra, si consentiva al terzo avente causa<br />

(e in base alla più recente giurisprudenza anche al terzo creditore,<br />

titolare di diritto reale di garanzia) di partecipare al giudizio, con la<br />

conseguenza che il provvedimento di confisca che, sottraendo un bene,<br />

sanciva il carattere simulato del trasferimento, faceva già stato tra le<br />

parti. In relazione ai terzi non presenti in giudizio, poi, tale pronuncia<br />

di nullità prevista dall’art. 2-ter non sarà opponibile e, quindi, costoro<br />

(ad esempio i terzi creditori del terzo avente causa simulato) potranno<br />

in ogni caso far valere i loro diritti sul bene confiscato.<br />

Tale disciplina, imponendo al giudice di verificare il carattere legittimo<br />

del trasferimento al terzo in buona fede (per stabilire l’eventuale<br />

confisca di valore o la diretta ablazione dei beni presso il terzo), nonché<br />

di decidere circa il carattere fittizio dei trasferimenti (con l’applicazione<br />

anche delle presunzioni), tenta di fornire al giudice strumenti adeguati<br />

per risolvere le controversie con i terzi e snellire quel contenzioso che<br />

spesso rallenta o talora impedisce la stessa destinazione di beni definitivamente<br />

confiscati, come emerge dalla Relazione della Commissione<br />

Antimafia; tale disposizione, inoltre, potrebbe anche essere letta nel<br />

senso che voglia trasferire nel procedimento di prevenzione le decisioni<br />

circa i diritti dei terzi evitando, invece, di rimandare tali questioni alla<br />

fase esecutiva. Si risponde così alla necessità, sottolineata nella Relazione<br />

della Commissione Antimafia, «di imprimere una svolta risolutiva a<br />

procedimenti troppo lunghi, che vanificano le previsioni normative in<br />

materia di destinazione dei beni sottratti alle organizzazioni criminali» e<br />

sollecita «la ricerca di soluzioni tecniche tese a concentrare nel procedimento<br />

di prevenzione la risoluzione di ogni questione che concerna il<br />

bene oggetto del procedimento di prevenzione, nel rispetto delle garanzie<br />

previste dalla legge e nell’equo contemperamento degli interessi in<br />

gioco, in maniera da garantire che il bene giunga alla definitiva confisca<br />

libero da vincoli e da gravami e dunque sia celermente destinabile».<br />

In realtà, però, la disciplina, come esaminato, non prevede niente<br />

che non fosse già sostanzialmente possibile (anche se non veniva pronunciata<br />

la nullità degli atti fittizi), a parte la possibilità di procedere<br />

alla confisca di valore e l’introduzione delle presunzioni con relativa inversione<br />

dell’onere della prova. Si teme, cioè, che attraverso le presunzioni<br />

e la confisca per equivalente si dilati eccessivamente l’ambito di<br />

applicazione della confisca antimafia e si indeboliscano i diritti dei ter-


VII,8 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 175<br />

zi, «con una sorta di chiamata di corresponsabilità morale o sociale per<br />

coloro che hanno avuto la ventura di immettersi nel traffico giuridico<br />

con l’imprenditore di sospetta appartenenza alla mafia» (creando una<br />

sorta di area di rischio penale) 86 , senza ottenere il risultato sperato di<br />

sottrarre il bene a gravami e snellire la procedura (i terzi pretermessi<br />

potranno sempre agire in sede penale con l’incidente di esecuzione o in<br />

sede civile).<br />

Un’ultima disposizione è stata inserita nell’art. 10 decr. n. 92 per garantire<br />

l’efficacia della confisca: «Quando risulti che beni confiscati con<br />

provvedimento definitivo dopo l’assegnazione o la destinazione siano<br />

rientrati, anche per interposta persona, nella disponibilità o sotto il<br />

controllo del soggetto sottoposto al provvedimento di confisca, si può<br />

disporre la revoca dell’assegnazione o della destinazione da parte dello<br />

stesso organo che ha disposto il relativo provvedimento». La prassi dimostra,<br />

purtroppo, come le organizzazioni criminali continuano anche<br />

nella fase della destinazione dei beni ad infiltrarsi per cercare di riottenere<br />

i beni confiscati, chiaramente attraverso interposte persone, società<br />

o cooperative di comodo; la disposizione in esame prevede che nel<br />

caso limite in cui si accerti che il bene confiscato sia rientrato nella disponibilità<br />

di colui cui era stato sottratto, il provvedimento di assegnazione<br />

può essere revocato.<br />

8. La confisca ex art. 12-sexies legge n. 356 del 1992.<br />

Il decreto n. 92 del 2008 ha riformato con l’art. 10-bis anche la confisca<br />

penale prevista dall’art. 12-sexies legge n. 356 del 1992, che richiede<br />

oltre alla prova della disponibilità o titolarità del bene, anche<br />

per interposta persona, in capo ad un soggetto condannato per determinati<br />

delitti, solo la prova del valore sproporzionato del bene.<br />

Tale forma di confisca si basa, come stabilito dalle Sezioni Unite e<br />

recentemente ribadito dalla Suprema Corte, su «un’insindacabile scelta<br />

politico-criminale, una presunzione iuris tantum d’illecita accumulazione,<br />

nel senso che il provvedimento ablatorio incide su tutti i beni di valore<br />

economico non proporzionato al reddito o all’attività economica del con-<br />

86<br />

Così A. MANGIONE, La “contiguità” alla mafia fra “prevenzione” e “repressione”:<br />

tecniche normative e categorie dommatiche, cit., p. 410.


176<br />

Anna Maria Maugeri VII,8<br />

dannato e dei quali questi non possa giustificare la provenienza, trasferendo<br />

sul soggetto, che ha la titolarità o la disponibilità dei beni, l’onere<br />

di dare un’esauriente spiegazione in termini economici (e non semplicemente<br />

giuridico-formali) della positiva liceità della loro provenienza, con<br />

l’allegazione di elementi che, pur senza avere la valenza probatoria civilistica<br />

in tema di diritti reali, possessori e obbligazionari, siano idonei a<br />

vincere tale presunzione» 87 .<br />

Come sottolineato dalle Sezioni Unite non si richiede, pertanto, la<br />

prova del nesso di pertinenzialità tra i beni e il reato oggetto della condanna<br />

(in quanto si finirebbe per allargare indefinitamente il thema decidendum<br />

88 ), né la connessione temporale tra l’acquisizione dei beni e la<br />

consumazione del crimine 89 ; si conferma «la ragionevolezza della presunzione<br />

di provenienza illecita dei beni patrimoniali», già affermata<br />

dalla Corte costituzionale con ordinanza n. 18 del 1996, valorizzando<br />

l’elemento della sproporzione che va accertata «attraverso una ricostruzione<br />

storica della situazione dei redditi e delle attività economiche del<br />

condannato al momento dei singoli acquisti» 90 .<br />

La riforma non ha modificato tale assetto e non è intervenuta<br />

sull’ambito di applicazione della confisca in esame, nonostante le sollecitazioni<br />

in tale direzione della legge comunitaria 2008, ma piuttosto,<br />

attraverso l’inserimento del comma 2-quater, ha esteso alla fattispecie in<br />

esame l’ambito di applicazione del regime di amministrazione e destinazione<br />

dei beni previsto per le misure di prevenzione (2-novies, 2-<br />

87 Cass., 13 maggio 2008, n. 213572, che riprende testualmente Cass., Sez. Un., 17<br />

dicembre 2003, Montella, cit., p. 1188, per una più approfondita disamina e commento<br />

della sentenza Montella sia consentito il rimando a A.M. MAUGERI, La lotta contro<br />

l’accumulazione, cit., p. 526 ss.; cfr. Cass., 10 febbraio 2006, n. 9520, in C.e.d. Cass.<br />

pen., 2006; Cass. 10 maggio 2005, n. 22154, S., in C.e.d. Cass. pen., 2005.<br />

88 Cass., Sez. Un., 17 dicembre 2003, Montella, cit., p. 1187; Cass., Sez. Un., 30<br />

maggio 2001, Derouach, in Foro it., 2001, II, c. 502, spec. 504.<br />

89<br />

Cass., 23 aprile 1998, Bocca, in Cass. pen., 1999, p. 3551; Cass., 23 aprile 2001,<br />

Capomasi, ivi, 2002, p. 2374; Cass., 14 ottobre 1996, Scarcella, ivi, 1997, p. 2718; Cass.,<br />

5 febbraio 2001, Di Bella e altra, in Foro it., 2002, II, p. 263; contra Cass., 26 aprile<br />

2007, n. 21250, cit., 4, § 4; Cass., 25 settembre 2000, Vergano, in Cass. pen., 2001, p.<br />

3404; Cass., 23 settembre 1998, Simoni, ivi, 1999, p. 3551; Cass., 22 settembre 1998,<br />

Sibio, ivi, 1999, p. 3552; Cass., 26 marzo 1998, Bosetti, ivi, 1999, p. 3551; Cass., 15 aprile,<br />

Berti, ivi, 1996, p. 3649.<br />

90 Cass., 13 maggio 2008, n. 213572, che cita testualmente Cass., Sez. Un., Montella,<br />

cit., p. 1187.


VII,8 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 177<br />

decies e 2-undecies legge n. 575 del 1965), regime già applicato in virtù<br />

del comma 2-bis anche all’art. 12-sexies, ma solo in seguito a condanna<br />

per un delitto dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione:<br />

con il decr. n. 92 tale regime viene esteso anche in caso di applicazione<br />

della confisca ex art. 12-sexies in seguito a condanna o applicazione della<br />

pena su richiesta per taluno dei delitti previsti dagli artt. 629, 630,<br />

648, esclusa la fattispecie di cui al comma 2, 648-bis e 648-ter c.p., nonché<br />

dall’art. 12-quinquies del presente decreto e dagli artt. 73, esclusa la<br />

fattispecie di cui al comma 5, e 74 del t.u. in materia di stupefacenti<br />

(decr. n. 309 del 1990).<br />

L’estensione della disciplina in materia di destinazione dei beni confiscati<br />

prevista per le misure di prevenzione può essere valutata positivamente<br />

ponendosi a completamento dell’estensione della disciplina<br />

delle misure di prevenzione in relazione alla gestione e destinazione dei<br />

beni sequestrati già introdotta con il comma 4-bis aggiunto dall’art. 24<br />

comma 1 lett. b legge n. 45 del 2001 91 . Nel settore delle misure di prevenzione<br />

si è sviluppata una notevole competenza nella fase dell’amministrazione<br />

dei beni con la legge n. 109 del 1996, volta a garantirne non<br />

la mera custodia o l’ordinaria amministrazione, ma addirittura l’accrescimento<br />

economico (art. 2-sexies legge n. 575 del 1965 «anche al fine<br />

di incrementare, se possibile, la redditività dei beni»), pur non mancando<br />

ancora delle notevoli problematiche soprattutto per quanto attiene<br />

alla fase della destinazione dei beni.<br />

Rimane una perplessità, che in realtà sorgeva già in relazione all’art. 2bis<br />

(comma aggiunto dall’art. 1 comma 220 lett. b legge n. 296 del 2006):<br />

non si capisce la necessità del comma 2-bis e ora del 2-quater quando già<br />

il comma 4-bis prevede in generale l’applicabilità della disciplina delle<br />

misure di prevenzione non solo per la gestione (dei beni sequestrati e<br />

confiscati) ma anche per la destinazione dei beni confiscati.<br />

91<br />

Si applicano anche ai casi di confisca previsti dai commi da 1 a 4 del presente articolo<br />

le disposizioni in materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati o confiscati<br />

previste dalla legge 31 marzo 1965, n. 575, e successive modificazioni; restano<br />

comunque salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento<br />

del danno.


178<br />

Anna Maria Maugeri VII,9<br />

9. La confisca per equivalente per i delitti di cui al comma 2 dell’art.<br />

12-sexies.<br />

L’art. 10 del d.l. n. 92 del 2008 ha introdotto il comma 2-ter 92<br />

dell’art. 12-sexies in esame consentendo la confisca per equivalente del<br />

prodotto, profitto o prezzo del reato in relazione alle fattispecie previste<br />

dal comma 2 dell’art. 12-sexies 93 laddove non sia possibile procedere<br />

alla confisca allargata dei beni di valore sproporzionato.<br />

Il legislatore stabilisce, quindi, che per i reati in questione si dovrà<br />

procedere, innanzitutto, alla confisca allargata ex art. 12-sexies di tutti<br />

beni di valore sproporzionato di cui il condannato non riesca a giustificare<br />

la legittima provenienza; solo laddove non sarà possibile applicare<br />

la confisca allargata (l’accusa non riesce ad accertare la sproporzione o<br />

la difesa dimostra l’origine lecita del patrimonio del condannato), può<br />

sempre essere applicata la confisca del profitto, del prodotto o del<br />

prezzo nei limiti previsti dall’art. 240 c.p. (o di eventuali forme di confisca<br />

speciale). Se non sarà possibile applicare tale forma di confisca, si<br />

dovrà applicare la confisca del valore equivalente del prodotto, profitto<br />

o prezzo accertato ma che non sia stato possibile aggredire perché, ad<br />

esempio, disperso, nascosto, distrutto. Chiaramente la confisca per equivalente<br />

presuppone che sia stato accertato che dallo specifico crimine<br />

per il quale il soggetto è stato condannato sia derivato un determinato<br />

profitto, prodotto o prezzo, che non sia, però, più possibile aggredire<br />

direttamente.<br />

In maniera assolutamente macchinosa il nostro legislatore con la disposizione<br />

in esame ha introdotto, insomma, la confisca per equivalente<br />

in relazione ai reati indicati; forma di confisca che chiaramente potrà<br />

essere applicata solo laddove non si applichi già la confisca allargata<br />

prevista dall’art. 12-sexies, che colpisce tutti i beni del reo di valore<br />

92<br />

«Art. 2-ter. Nel caso previsto dal comma 2, quando non è possibile procedere alla<br />

confisca in applicazione delle disposizioni ivi richiamate, il giudice ordina la confisca<br />

delle somme di denaro, dei beni e delle altre utilità delle quali il reo ha la disponibilità,<br />

anche per interposta persona, per un valore equivalente al prodotto, profitto o prezzo<br />

del reato».<br />

93<br />

Delitto commesso avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis c.p. ovvero<br />

al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché<br />

a chi è stato condannato per un delitto in materia di contrabbando nei casi di cui<br />

all’art. 295 comma 2 t.u. n. 43 del 1973.


VII,9 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 179<br />

sproporzionato e quindi sia il prodotto, prezzo o profitto del crimine<br />

oggetto di condanna sia tutti gli altri beni posseduti di valore sproporzionato<br />

(che si presume derivino da precedenti crimini o siano ad essi<br />

connessi).<br />

Tale disposizione conferma, quindi, indirettamente che non ha senso<br />

la confisca per equivalente laddove si preveda la confisca allargata,<br />

tanto è vero che la confisca di valore in esame, in relazione ai delitti di<br />

cui al comma 2 dell’art. 12-sexies, può essere applicata solo se non sarà<br />

possibile applicare la confisca allargata: un ulteriore argomento a sostegno<br />

delle perplessità prima sollevate circa l’introduzione della confisca<br />

per equivalente della confisca misura di prevenzione.<br />

Si deve ricordare, comunque, che questo meccanismo si applica anche<br />

in relazione ad altre fattispecie che rientrano nell’ambito di applicazione<br />

della confisca allargata ex art. 12-sexies, ma per le quali è prevista<br />

la confisca per equivalente di forme speciali di confisca obbligatoria<br />

del profitto (art. 322-ter, art. 600-septies, art. 644 ultimo comma).<br />

Nell’ordinamento italiano la confisca per equivalente è prevista come<br />

forma di applicazione di sempre più numerose forme di confisca<br />

speciale (322-ter, 600-septies, 640-quater, 644, 2641 c.c., art. 187 t.u. n.<br />

58 del 1998 in materia di intermediazione 94 , mentre in via generale è<br />

prevista esclusivamente da una norma di carattere procedurale, l’art.<br />

735-bis c.p.p., al fine di garantire l’esecuzione in Italia di un provvedimento<br />

di confisca disposto da un autorità straniera, disposizione introdotta<br />

in seguito alla ratifica da parte dell’Italia della Convenzione di<br />

Strasburgo sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi<br />

del reato del 1990 95 . Il d.l. n. 92 continua ad estendere la confisca<br />

per equivalente in maniera frammentaria solo in relazione ad alcune<br />

specifiche fattispecie, senza rispondere a precise scelte di politica criminale;<br />

si continua a non capire perché il nostro legislatore non preveda<br />

in generale la confisca per equivalente come forma di esecuzione<br />

della confisca ex art. 240 c.p. (non richiedendo l’accertamento del<br />

«rapporto di pertinenzialità» 96 laddove non sia più possibile aggredire<br />

94<br />

Fattispecie introdotta con legge 18 aprile 2005, n. 62.<br />

95<br />

Cfr. L. FORNARI, Criminalità del profitto e tecniche sanzionatorie. Confisca e sanzioni<br />

pecuniarie nel diritto penale moderno, Cedam, 1997, p. 105 s.; Explanatory Report,<br />

consultabile in BROWN, Proceeds of Crime, Money Laundering, Confiscation & Forfeiture,<br />

Edinburgh, 1996, p. 80, in particolare 94.<br />

96 Cass., 16 gennaio 2004, Napolitano G., in Foro it., 2004, II, c. 685; Cass., Sez.


180<br />

Anna Maria Maugeri VII,9<br />

il profitto, prodotto o prezzo accertato); si adempirebbe così, una volta<br />

per tutte, agli obblighi pattizi che sin dalla Convenzione di Strasburgo<br />

del 1990 impongono tale scelta. Da ultimo la legge comunitaria 2007 97 ,<br />

al fine di garantire l’adempimento delle decisioni quadro GAI 212/2005<br />

sui poteri allargati di confisca, richiede, tra l’altro, di prevedere l’«obbligo<br />

di eseguire sempre la confisca, totale o parziale, su altri beni di valore<br />

equivalente a quello delle cose che costituiscono il prezzo, il prodotto<br />

o il profitto del reato, con eccezione dei beni impignorabili ai<br />

sensi dell’art. 514 del codice di procedura civile (lett. b)».<br />

Questo modo di procedere frammentario crea problemi nella prassi<br />

giurisprudenziale, soprattutto in relazione all’applicazione della legge penale<br />

nel tempo, come testimoniato dalla recente vicenda giurisprudenziale<br />

scatenata dall’applicazione retroattiva della confisca per equivalente<br />

introdotta per i reati tributari dall’art. 143 legge n. 244 del 2007 98 .<br />

Un., 25 ottobre-22 novembre 2005, n. 41936, Muci, in Guida al diritto, 2005, n. 47, p.<br />

52. Sulla confisca di valore nell’ordinamento tedesco, § 73, c. 3, da ultimo cfr. BGH, 7<br />

gennaio 2004 – 4 StR 415103 (LG Stendal), NStZ, 2004, p. 554; BGH, 7 gennaio 2003<br />

– 3 StR 421/02 (LG Osnabrück), NStZ 2003, p. 422; BGH 10 settembre 2002, – 1 StR<br />

281/02 (LG Mannheim), NStZ, 2003, p. 198.<br />

97<br />

25 febbraio 2008, n. 34 – Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti<br />

dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee, in G.U., 6 marzo 2008, n. 56 –<br />

Suppl. Ordinario, n. 54.<br />

98<br />

Il Tribunale di Trento ha sollevato la questione di legittimità costituzionale<br />

dell’art. 200 c.p., dell’art. 322-ter comma 1 e dell’art. 143 legge n. 244 del 2007, laddove<br />

consentono l’applicazione retroattiva della confisca per i reati tributari commessi<br />

precedentemente alla sua entrata in vigore, per contrasto con l’art. 117 Cost. comma 1,<br />

in quanto l’applicazione retroattiva della confisca per equivalente si porrebbe in contrasto<br />

con l’art. 7 Cedu trattandosi di sanzione penale. La Suprema Corte ha già riconosciuto<br />

che non è possibile applicare retroattivamente la confisca in esame, richiamando<br />

l’art. 7 della Cedu e la sentenza Welch v. United Kingdom, 9 febbraio 1995<br />

(1/1994/448/527), in Publications de la Cour Européenne des Droits de l’Homme 1995,<br />

Série A, vol. 307, 1 ss., § 27 ss. – 34 (Legisl. pen., 1995, p. 522) – e ritenendo inapplicabile<br />

a tale fattispecie l’art. 200 c.p. in considerazione del carattere sanzionatorio della<br />

confisca per equivalente e non di misura di sicurezza fondata sulla pericolosità sociale,<br />

Cass., 8 maggio 2008, n. 21566; conforme Cass., 5 giugno 2008, n. 28685. Sia consentito<br />

il rimando a recenti lavori circa le problematiche connesse alla determinazione della<br />

natura della confisca per equivalente (derivanti dalla sua applicazione nell’ambito del<br />

concorso di persone), A.M. MAUGERI, Relazione Introduttiva, cit., p. 16; ID., La lotta<br />

contro l’accumulazione, cit., p. 489.


VII,10 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 181<br />

10. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in<br />

relazione alla confisca allargata.<br />

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha manifestato in numerose<br />

sentenze in materia di confisca antimafia e in relazione a talune forme<br />

di confisca allargata previste negli ordinamenti stranieri (ad esempio<br />

inglese e olandese) un generale orientamento di favore nei confronti di<br />

strumenti di c.d. confisca allargata nell’ambito della lotta contro il crimine<br />

organizzato e il traffico di stupefacenti, e in particolare verso il<br />

modello dell’actio in rem 99 .<br />

La Corte europea, a partire dal caso Marandino e dal caso Raimondo<br />

ha riconosciuto, infatti, la natura preventiva e non punitiva della<br />

confisca antimafia da cui consegue la mancata violazione del diritto di<br />

proprietà (art. 1 del 1° protocollo addizionale della Cedu, che tutela il<br />

diritto alla libera attività economica e il diritto di proprietà), della presunzione<br />

d’innocenza (art. 6, § 2) e del principio di legalità (art. 7), laddove<br />

se ne consente l’applicazione retroattiva 100 .<br />

La Corte europea ammette che la confisca antimafia, «stabilisce, in<br />

presenza di sufficienti indizi, una presunzione che i beni della persona<br />

indiziata di appartenere ad un’associazione delittuosa costituiscono il<br />

profitto di attività illecite o il suo reimpiego»; ma si ammette la compatibilità<br />

con la presunzione d’innocenza e con il sotteso principio di colpevolezza<br />

di tale presunzione, in base alla considerazione che presunzioni<br />

di fatto o di legge sono presenti in molti Stati e non sono in linea<br />

di principio contrarie alla Convenzione. Sebbene gli Stati contraenti<br />

hanno l’obbligo di rimanere entro ragionevoli limiti, che tengano conto<br />

dell’importanza degli interessi in gioco e che garantiscano i diritti della<br />

difesa, la presunzione d’innocenza e il concetto di fair trial non sono<br />

violati quando l’imputato ha la possibilità di rigettare la presunzione di<br />

99<br />

CEDU, Welch, cit., 1 ss., § 27 ss. – 34 (Legisl. pen., 1995, p. 522); Phillips c.p. Royaume-Uni,<br />

12 dicembre 2001, Requete n. 41087/98, § 32-34; Butler c. Royaume-Uni,<br />

26 giugno 2002, Requete n. 41661/98, in www.coe.it, 6; Van Offeren c. the Netherlands,<br />

Caso n. 19581/04, 5 luglio 2005.<br />

100<br />

Commiss. eur., 15 aprile 1991, Marandino, no. 12386/86, in Decisions et Rapports<br />

(DR) 70, 78; CEDU, 22 febbraio 1994, Raimondo v. Italy, in Pubblications de la<br />

Cour Européenne des Droits de l’Homme, 1994, Série A vol. 281, 7 e in European Human<br />

Rights Reports 1994, vol. 18, III, 237; conforme 15 giugno 1999, Prisco c.p. Italia,<br />

decisione sulla ricevibilità del ricorso n. 38662/97.


182<br />

Anna Maria Maugeri VII,10<br />

colpevolezza fornendo la prova evidente del contrario 101 ; la Commissione<br />

valuta positivamente la procedura prevista in materia nell’ordinamento<br />

italiano, che garantisce il contraddittorio dinanzi a tre gradi di<br />

giurisdizione, Tribunale, Corte di Appello e Corte di cassazione 102 . Si<br />

sottolinea, però, che la giurisdizione italiana non può fondarsi su semplici<br />

sospetti; essa deve stabilire e valutare oggettivamente i fatti esposti<br />

dalle parti e documentati 103 .<br />

Si deve segnalare, però, un recentissimo orientamento della Corte europea<br />

che ha evidenziato un aspetto della procedura delle misure di prevenzione<br />

considerato incompatibile con le garanzie del giusto processo<br />

previste dall’art. 6 Cedu e cioè la mancanza di un’udienza pubblica.<br />

Lo svolgimento in camera di consiglio delle procedure che riguardano<br />

l’applicazione di misure di prevenzione, sia in primo grado che in<br />

appello, è espressamente previsto dall’art. 4 della legge n. 1423 del 1956<br />

e le parti non hanno la possibilità di domandare ed ottenere una pubblica<br />

udienza. La Corte ammette che talvolta possono entrare in gioco<br />

in questo tipo di procedure degli interessi superiori, quali la protezione<br />

della vita privata di minori o di persone terze indirettamente interessate<br />

dal controllo finanziario, e riconosce che una procedura che tenda essenzialmente<br />

al controllo delle finanze e dei movimenti di capitali possa<br />

presentare un elevato grado di tecnicità. Ma ritiene che non è possibile<br />

«perdere di vista la posta in gioco delle procedure di prevenzione e gli<br />

effetti che sono suscettibili di produrre sulla situazione personale delle<br />

persone coinvolte. La Corte osserva che questo tipo di procedura riguarda<br />

l’applicazione della confisca di beni e capitali, cosa che direttamente<br />

e sostanzialmente coinvolge la situazione patrimoniale della persona<br />

soggetta a giurisdizione. Davanti a tale posta in gioco, non si può<br />

affermare che il controllo del pubblico non sia una condizione necessaria<br />

alla garanzia del rispetto dei diritti dell’interessato (vedere Martinie,<br />

prima citata, § 43 e, à contrario, Jussila c. Finlandia [GC], n o 73053/01,<br />

§ 48, CEDH 2006-...). La Corte giudica, quindi, essenziale che le per-<br />

101<br />

CEDU, Prisco c. Italia, cit.; Salabiaku v. France, in Publications de la Cour Europenne<br />

des Droits de l’Homme 1988, Série A, vol. 141, 10 – 15 – 17; 25 settembre 1992,<br />

Pham Hoang v. France, ivi 1992, vol. 243, pp. 21-22.<br />

102 Commission Eur., Marandino, cit., p. 78; CEDU, Prisco, cit.; Arcuri, cit., pp. 4-5;<br />

Riela, cit., p. 5; Licata c. Italia, n. 32221/02, in www.coe.it, p. 4; Madonia, cit., pp. 4-5.<br />

103<br />

Ibidem; CEDU, Andersson, cit., p. 4. Cfr. Commissione decisione, 21 maggio<br />

1998, Autorino v. Italy, n. 39704/98.


VII,11 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 183<br />

sone soggette a giurisdizione coinvolte in un procedimento di applicazione<br />

delle misure di prevenzione si vedano almeno offrire la possibilità<br />

di sollecitare una pubblica udienza davanti alle sezioni specializzate dei<br />

tribunale e delle corti d’appello» 104 .<br />

Emerge ancora una volta e in maniera improcrastinabile l’esigenza di<br />

una piena giurisdizionalizzazione del procedimento destinato all’applicazione<br />

delle misure di prevenzione per garantire i diritti della difesa e,<br />

in prospettiva, una piena cooperazione internazionale.<br />

11. Conclusioni.<br />

La riforma risponde essenzialmente all’esigenza di rendere più efficienti<br />

le sanzioni patrimoniali, in particolare le misure di prevenzione,<br />

ma si è rivelata complessivamente abbastanza caotica, confermando<br />

l’esigenza di una riforma più complessiva del sistema delle sanzioni patrimoniali<br />

e delle misure di prevenzione in particolare, sia sul piano<br />

dell’efficienza sia sul piano delle garanzie. Le continue novelle settoriali<br />

hanno determinato un sistema piuttosto scoordinato e irrazionale, compromettendo<br />

la stessa efficienza delle misure in esame.<br />

Non è ancora stata realizzata, innanzitutto quella complessiva riforma<br />

della forma base di confisca del profitto del reato ex art. 240 c.p.<br />

prevista nella legge comunitaria 2007 in adempimento degli obblighi<br />

comunitari e in particolare della decisione quadro n. 212 del 2005, ma<br />

si continua a procedere frammentariamente come attesta l’introduzione<br />

della confisca per equivalente in relazione ai reati di cui al comma 2<br />

dell’art. 12-sexies d.l. n. 306 del 1992.<br />

Non sono stati minimamente affrontati i problemi posti dalla confisca<br />

penale ex art. 12-sexies, sopra accennati e già discussi in Commissione<br />

ministeriale (Fiandaca), e cioè l’appesantimento delle indagini determinato<br />

dall’inserimento delle misure patrimoniali all’interno del<br />

processo penale. È stata mossa anche una questione di legittimità costituzionale<br />

al riguardo, rilevando la possibilità di compromissione di valori<br />

da ritenersi prioritari – si pensi alla possibile prescrizione dei reati<br />

104<br />

CEDU, 13 Novembre 2007 (2 giugno 2008), Bocellari e Rizza C. Italia, n. 399/02,<br />

ivi; CEDU, 8 luglio 2008, Perre et Autres C. Italie, n. 1905/05, ivi.


184<br />

Anna Maria Maugeri VII,11<br />

oggetto di accertamento 105 . In risposta a tali problematiche nella prassi<br />

si tende a rinviare in sede di esecuzione l’applicazione della confisca<br />

obbligatoria ex art. 12-sexies (art. 676 c.p.p.) 106 , soluzione che suscita<br />

notevoli perplessità 107 .<br />

In ogni caso, tanto più dopo l’annunciata separazione delle misure<br />

personali dalle patrimoniali (art. 2-bis comma 6-bis legge n. 575 del<br />

1965), si rende ormai indispensabile una complessiva riforma e razionalizzazione<br />

della disciplina in materia di misure di prevenzione patrimoniali<br />

al fine di disciplinare in maniera autonoma il procedimento patrimoniale<br />

(indipendentemente dalle misure personali) e di garantirne una<br />

piena giurisdizionalizzazione che contemperi le esigenze dell’efficienza<br />

con le garanzie (come, del resto, richiesto dalla Cedu); ad esempio dalla<br />

prassi emerge la richiesta di un allargamento degli strumenti di indagine<br />

patrimoniale alle intercettazioni, è necessario prevedere le garanzie<br />

difensive nella fase delle indagini, una completa disciplina in materia di<br />

tutela dei terzi, i limiti della revoca ... In particolare la disciplina della<br />

tutela dei terzi si rivela improrogabile non solo perché la tutela della<br />

buona fede dei terzi è imposta dagli obblighi comunitari (dalla Convenzione<br />

di Vienna del 1988 sino alle decisioni quadro n. 212 del 2005 e n.<br />

783 del 2006) ma perché, come accennato, tra le criticità, che rallentano<br />

la procedura di destinazione dei beni confiscati, assume un particolare<br />

rilievo la presenza di gravami – costituiti da mutui, ipoteche o da<br />

pretese creditorie di altri soggetti – o procedure esecutive. Addirittura<br />

dalla Relazione emerge la prassi dell’Agenzia del Demanio di dichiarare<br />

non destinabile il bene oberato da gravami, esprimendo «uno spirito<br />

eccessivamente burocratico in violazione dello spirito della legge, volta<br />

a perseguire la destinazione a fini sociali dei beni confiscati alle mafie».<br />

La legge esaminata, infine, non è intervenuta nella fase della destinazione<br />

dei beni (non sono state accolto alcune modifiche della legge n.<br />

575 introdotte nel disegno di legge n. 733). Probabilmente il legislatore<br />

si riserva di procedere ad una più ampia riforma della disciplina per<br />

superare tutte le criticità della procedura di destinazione dei beni confi-<br />

105<br />

Cfr. Ord. Trib. Santa Maria Capua Vetere, in Riv. pen., 1995, p. 740.<br />

106 Cfr. Cass., 18 settembre 1997, Cavallari ed altri, in Cass. pen., 1998, p. 3247. Nega<br />

la possibilità che il giudice dell’esecuzione disponga il sequestro preventivo a norma<br />

dell’art. 12-sexies, Cass., 7 luglio 1999, Aiello, in Ced Cass., rv. 215265.<br />

107<br />

Sia consentito il rinvio a A.M. MAUGERI, Le moderne sanzioni patrimoniali tra<br />

funzionalità e garantismo, cit., p. 338 ss.


VII,11 La riforma delle sanzioni patrimoniali: verso un’actio in rem? 185<br />

scati, denunciate nella Relazione della Commissione Antimafia e che<br />

continuano a comportare un profondo divario tra la percentuale dei<br />

beni destinati e quella dei beni ancora da destinare (ad esempio in Sicilia<br />

circa il 65% dei beni confiscati risulta ancora da destinare); solo superando<br />

tali criticità sarà possibile garantire il valore “pedagogico”<br />

dell’azione di rimozione dei patrimoni illeciti dal circuito economico<br />

lecito, che altrimenti «rischia di risultare inutile … e dannosa (perché,<br />

mostrando l’incapacità dello Stato a destinare un bene, assurge a simbolo<br />

della capacità di resistenza delle mafie)».


186<br />

Anna Maria Maugeri VII,11

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!