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Determinazione delle distanze planetarie - danielegasparri.com

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5.1 <strong>Determinazione</strong> <strong>delle</strong> <strong>distanze</strong> dei corpi del Sistema Solare5.1.1 Distanza Terra-pianetiParallassi equatorialiQuesto è il metodo più preciso ma anche quello più delicato da eseguire. Esso si basa sul fatto cheun oggetto relativamente vicino sembra cambiare posizione rispetto ad altri oggetti molto piùlontani, se noi cambiamo il punto d’osservazione. Questo fenomeno è alla base della nostra visionetridimensionale, e ne abbiamo la prova ogni secondo della nostra vita.Per capire di cosa sto parlando, ponete un dito della vostra mano a circa 20cm dai vostri occhi, difronte al vostro naso. Ora osservatelo alternativamente con un solo occhio; cosa succede? Il ditosembra cambiare posizione se guardato con l’occhio destro invece che con il sinistro e viceversa. Lametà dell’angolo di cui questo oggetto sembra cambiare posizione è detto angolo di parallasse. Ilsuo valore è legato alla distanza tra i nostri occhi e alla distanza del dito dalla nostra faccia.Allontanando il dito si può notare che l’angolo di parallasse cambia, e diventa sempre più piccolo,fino a non essere più percettibile per oggetti molto lontani <strong>com</strong>e ad esempio una montagna lontanao le stesse stelle.D’altra parte, la geometria dei triangoli rettangoli ci dice che se conosciamo l’angolo di parallasse ela distanza tra i due punti d’osservazione, possiamo facilmente ricavare la distanza dell’oggetto(questa tecnica è conosciuta con il più famoso nome di triangolazione).Se analizziamo la figura, possiamo capire meglio quello che sto dicendo.Schematizzazione del’angolo diparallasse. Una sorgente vicinache si staglia prospetticamentesu uno sfondo lontano apparespostarsi se si cambia punto divista. Questo fenomeno è lostesso alla base della visionetridimensionale dell’occhioumanoIn particolare, la distanza dell’oggetto è data da d=CH= AH/tan(p) , dove d=CH=distanza,AH=metà della distanza tra i due osservatori e p=angolo di parallasse, che vediamo essere la metàdello spostamento dovuto al differente punto di osservazione. Per angoli piccoli, al di sotto di ungrado, (e quindi nella totalità dei casi astronomici) possiamo scrivere la formula in modo ancora piùsemplice: CH=AH/pQuesta semplice formula è così potente che ci permette di determinare la distanza di ogni corpoceleste, a patto di riuscire a misurare l’angolo di parallasse, cosa tutt’altro che facile in certesituazioni.Adesso che avete le basi, il passo successivo è di applicare questa tecnica ai pianeti!


Sappiamo che l’angolo di parallasse dipende dalla distanza dei due osservatori e dalla distanzadell’oggetto da misurare; sic<strong>com</strong>e si suppone che i pianeti siano molto distanti dalla Terra, alloraper avere un angolo di parallasse misurabile, ci serve una base abbastanza larga. Il modo miglioreche abbiamo è quindi di osservare contemporaneamente un pianeta ad una certa distanza sullasuperficie terrestre e stabilire di quanto esso si sposta rispetto alle ben più lontane stelle.La tecnica ci consente di stabilire teoricamente la distanza di qualunque pianeta dalla Terra;abbiamo solo bisogno di fare due osservazioni ad una certa distanza e allo stesso tempo; misuriamolo spostamento angolare (questo è facile da eseguire, soprattutto se ho a disposizione <strong>delle</strong>immagini) e dall’angolo risalgo subito alla distanza dell’oggetto.Sebbene qualunque base possa essere in grado di misurare la parallasse di un oggetto relativamentevicino, le parallassi <strong>planetarie</strong> vengono espresse <strong>com</strong>e metà dell’angolo che due osservatorimisurerebbero se fossero distanti tra di loro esattamente la lunghezza del diametro terrestre; è <strong>com</strong>ese essi osservassero dai due poli terrestri. In questo modo siamo sicuri di poter usare la massimabase possibile e quindi di misurare i maggiori spostamenti possibili. Naturalmente non è fattibileosservare esattamente da due postazioni poste agli antipodi del nostro pianeta, soprattutto in regioniostili <strong>com</strong>e i poli terrestri; nella realtà succede che si misura una parallasse data da una base piùpiccola, ad arbitraria scelta degli astronomi (purché sufficientemente grande da poter esseremisurata!) e poi il valore ottenuto lo si ricalcala <strong>com</strong>e se la base fosse stata l’intero diametroterrestre. Perché si fa questo lavoro apparentemente inutile? La risposta è molto semplice: sic<strong>com</strong>el’angolo di parallasse dipende dalla lunghezza della base scelta (e poi vedremo che non è soloquesto, ma conta anche la sua orientazione!), ogni astronomo misurerebbe un angolo diverso aseconda della sua scelta della base; è certo che la distanza misurata sarà la stessa, ma lo scambio diinformazioni con altri astronomi diventerebbe problematico e al alto rischio di errori. Per questo, sisceglie di correggere il proprio valore trovato, <strong>com</strong>e se si fosse usato l’intero diametro terrestre; inquesto modo lo scambio di informazioni è molto più facile e privo di errori.La cosa importante da capire, a questo punto, è che per misurare un oggetto relativamente vicino,rispetto ad uno sfondo posto molto molto lontano (<strong>com</strong>e ad esempio le stelle rispetto ai pianeti) èsufficiente costruire una semplice geometria data da un triangolo isoscele, che si può tagliare in duetriangoli rettangoli, tracciando l’altezza (che in un triangolo isoscele è anche mediana e bisettricedell’angolo al vertice). Successivamente bisogna solamente risolvere uno dei triangoli rettangoli,cosa possibile dalla semplice conoscenza dell’angolo al vertice (la cui metà è definita parallasse) edella base (la distanza tra due osservatori).Tuttavia le cose, apparentemente semplici, sono più <strong>com</strong>plicate del previsto, <strong>com</strong>e spesso accade e<strong>com</strong>e a breve vi renderete conto; ogni volta che si vogliono misure più precise, si dovrannointrodurre difficoltà nei calcoli.Non sapete ancora di cosa stia parlando?Vi do alcuni punti su cui riflettere:- La terra è una sfera, non è piatta; <strong>com</strong>e faccio a misurare la parallasse se non ho più unabase piatta, ma un arco di circonferenza?


- Cosa succede se la base, oltre ad essere un arco di circonferenza, è anche inclinata e nonforma un triangolo rettangolo risolvibile immediatamente?Le risposte potreste trovarle anche da soli, se avete un po’ di dimestichezza con i triangoli e conla trigonometria.Per ora vi lascio ragionare, e se siete proprio curiosi, avrete le risposte che cercate, mano a manoche andrete avanti a leggere queste pagine.Vi faccio solamente notare una cosa: la formula che vi ho dato per il calcolo della distanza, apartire dall’angolo di parallasse (che vi ricordo si misura!) : d=CH= AH/tan(p) non è l’unicaformula per risolvere il problema; tocca a voi essere elastici e capire che a seconda <strong>delle</strong>situazioni geometriche che si vengono a creare, quale formula usare.Per esempio, per trovare la distanza del corpo celeste colorato di rosso, nella figura 1, questaformula non serve, ma se ne applica un’altra; quale secondo voi? (suggerimento: nella figura1 ladistanza da calcolare è D, che non è più un cateto del triangolo rettangolo EDB, ma l’ipotenusa,e per questo essa non si può calcolare <strong>com</strong>e un cateto moltiplicato la tangente del suo angoloadiacente!)


essere trascurato per pianeti con bassa eccentricità <strong>com</strong>e Giove, o ancora meglio Nettuno, cheinsieme a Venere è il pianeta con l’orbita più circolare di tutti.Come già detto, queste formule, pur essendo corrette dal punto di vista matematico, sono da usaresolamente se si vuole effettuare un rapido calcolo senza stare a guardare le posizioni reciproche<strong>delle</strong> orbite (e questo calcolo è molto semplice quando il pianeta è per esempio in quadratura, cioèforma un angolo di 90° con il Sole).Per calcoli più precisi, bisogna usare le orbite, che si determinano facilmente dalle sempliciosservazioni. La cosa in assoluto più difficile è solamente determinare il fattore di scala del sistemasolare, che abbiamo trovato descrivendo i vari metodi per la misura dell’unità astronomica.Il resto richiede solo pazienza e osservazioni accurate.Distanza Terra-LunaParallasse diurnaSappiamo cosa è l’angolo di parallasse e che esso, in linea di principio, esiste sempre quando dueosservatori osservano da due punti di vista diversi; questo può essere fatto sulla Terra per la misuradi oggetti lontani, e naturalmente funziona anche per oggetti al di fuori del sistema solare; il metodoè sempre lo stesso: osservare da due posizioni abbastanza lontane da poter misurare un angolo diparallasse; misurato questo posso facilmente risalire alla distanza in Km dell’oggetto considerato.Abbiamo anche visto <strong>com</strong>e per gli oggetti del sistema solare si parli del concetto di parallasseequatoriale; esso è l’angolo visibile se si usa una base lunga quanto il diametro terrestre (ricorda chela parallasse è metà di questo angolo di spostamento).Vediamo ora un’altra applicazione del metodo della parallasse, chiamata parallasse equatorialediurna. La sua misurazione non richiede due osservatori che misurano lo stesso oggetto nello stessoistante, ma sfrutta il fatto che la Terra ruota su se stessa.Il concetto è molto semplice, almeno in linea teorica. Ci si mette sull’equatore, in modo da avere laLuna che passa esattamente sopra le nostre teste e si conducono almeno due osservazioni,annotando scrupolosamente gli orari.La prima osservazione si effettua al sorgere del nostro satellite; si annota l’ora esatta al secondo epoi si aspetta fino a quando la luna non raggiunge la massima altezza sull’orizzonte (che saràprossima ai 90°, anche se questo valore, <strong>com</strong>e vedremo non è poi così scontato). A questo punto siprende nota dell’ora esatta (al secondo possibilmente) e il gioco è fatto; ora abbiamo tutti i dati anostra disposizione, ed ora <strong>com</strong>incia il procedimento di calcolo.Va detto che quello che vado a spiegare ora, è un procedimento abbastanza rozzo o poco preciso,che <strong>com</strong>unque da una misura abbastanza precisa della distanza del nostro satellite naturale.Tutto risulta più semplice se ci aiutiamo con una figura; la nostra situazione geometrica è all’incircaquesta (all’incirca perché naturalmente il disegno non è in scala!):


Il nostro scopo è ora di risolvere il triangolo rettangolo della figura, con semplici formuletrigonometriche.Conosciamo sicuramente l’angolo a che è di 90°, in quanto formato da una retta che passa per ilcentro, perpendicolare alla superficie terrestre con la tangente alla superficie terrestre, passante peril centro della Luna; l’angolo b può essere calcolato abbastanza facilmente; esso è infatti l’angolodel quale la Terra si è spostata durante le due osservazioni.Il suo valore è già contenuto negli istanti annotati. Infatti, sappiamo che la terra <strong>com</strong>pie unarotazione in 23h 56 min e 4 sec, il che equivale a dire un angolo giro, cioè 360°. Allora, con unasemplice proporzione possiamo trovare l’angolo percorso nell’intervallo di tempo ∆ T = T 1− T0:x∆Tb = 360 , dove P è il periodo di rotazione della Terra. In questo modo troviamo l’angolo b, ePora possiamo calcolare facilmente anche l’angolo di parallasse p. Infatti, in ogni triangolo la sommadegli angoli è sempre uguale a 180°; sic<strong>com</strong>e conosco già due angoli, allora il terzo si ricava subito:p = 180 − ( a + b); ora che ho l’angolo di parallasse, sono a buon punto; basta solamente fare unpiccolo calcolo per trovare la distanza della Luna.AInfatti, per piccoli angoli, vale la relazione già vista: D = dove D= distanza oggetto e A= raggiopterrestre; questa formula ci da direttamente la distanza del centro della Luna dal centro della nostraTerra. Per avere una distanza che si riferisca alla superficie terrestre bisogna almeno correggere peril raggio terrestre, che è di 6378 Km.Dobbiamo ancora una volta fare uno <strong>delle</strong> trigonometria; analizziamo la seguente figura.Attraverso l’angolo di parallasse noi troviamo la distanza D, mentre a noi fa <strong>com</strong>odo avere la1distanza D . Vediamo che è possibile costruire un piccolo triangolo rettangolo (in giallo), dove illato retto T è la distanza che dobbiamo sottrarre al nostro valore affinché sia riferito al nostro puntodi osservazione e non al centro della Terra. Il suo valore è un po’ più piccolo del raggio terrestre R,di una quantità che dipende dall’angolo t; in particolare si ha: T = R coste quindi la distanza sarà:1 ⎛ 1 ⎞D = r⎜− cost⎟ . Questa è la distanza tra la superficie terrestre e il centro della Luna.⎝ p ⎠Tuttavia, non tutto è così semplice, e questa formula introduce un grande errore: la luna infatti ( eanche la Terra) nell’intervallo di tempo <strong>delle</strong> due misurazioni, si muove lungo l’orbita attorno allaTerra (e la terra attorno al Sole); in particolare, la Luna nel moto apparente in cielo, sembra andarepiù lentamente, restare indietro rispetto alle stelle di fondo; questo significa che in realtà, quando laluna raggiunge la massima altezza sull’orizzonte, essa non è tale perché nel frattempo essa si èmossa (e non a causa della sola parallasse!); bisogna tenere conto dello spostamento della lunalungo la sua orbita, se vogliamo ottenere un dato sensato; senza entrare nei dettagli, conoscendo lavelocità orbitale del nostro satellite, possiamo correggere per il suo moto e capire il vero istante in


cui esso raggiunge la massima altezza ed avere un valore che contenga solo l’informazione dellaparallasse, e non anche il suo moto orbitale. E’ chiaro che questo errore affligge solamente il valoredell’angolo della parallasse e non il procedimento di calcolo.Nella pagina dedicata al nostro Satellite, faremo un esempio numerico di quanto conti lospostamento orbitale e di <strong>com</strong>e correggerlo.Parallasse equatorialeLa distanza Terra-Luna può essere misurata con ottima precisione usando il metodo della parallasseequatoriale.A differenza del metodo della parallasse diurna, che richiede solo un osservatore, ma postoall’equatore e che deve tenere conto del moto orbitale del nostro satellite, la parallasse equatorialerichiede due osservatori che osservano a distanza lo stesso fenomeno, allo stesso istante; persemplificare i calcoli, è necessario che i due osservatori si trovino sullo stesso meridiano,Il metodo della parallasse equatoriale in realtà prevede l’osservazione da parte di due osservatoriposti ai 2 poli terrestri, in modo da avere un angolo di parallasse che sfrutta l’intero raggio terrestre,che poi non p altro che la massima base che si possa raggiungere sulla Terra.Naturalmente questo solo in linea teorica, mentre in pratica è abbastanza difficile trovare 2osservatori che siano posti esattamente ai poli, per non parlare degli evidenti problemi osservativiche si incontrano: la luna non sarà mai ben visibile da entrambi i poli contemporaneamente!E’ chiaro che nella pratica, le cose devono essere diverse; c’è un metodo per calcolare la parallassetra due luoghi postai ad una distanza arbitraria, non necessariamente ai poli? La risposta è senz’altroaffermativa, visto che per notare l’angolo di parallasse non è richiesto nessun vincolo alla lunghezzadella base scelta; l’importante è che sia abbastanza grande da rendere precisa la misura dell’angolo!Quindi, il procedimento da seguire è abbastanza semplice; si osserva la luna allo stesso istante, indue luoghi distanti almeno 100km tra loro, possibilmente sullo stesso meridiano (cosa non difficileda effettuare con i moderni programmi di cartografia, che indicano in modo molto preciso lecoordinate di qualsiasi punto terrestre, o con i ricevitori gps), necessariamente alla stessa ora; simisura quindi lo spostamento rispetto alle stelle di fondo, e si ricava subito l’angolo di parallasse.Con le moderne tecnologie digitali, questa parte osservativi è diventata abbastanza facile daeffettuare; basta sincronizzare gli orologi dei <strong>com</strong>puter e scattare qualche immagine digitale incontemporanea. Inoltre le immagini digitali sono facili da calibrare e misurare, molto di più <strong>delle</strong>immagini su pellicola chimica.L’unico problema serio è dato dall’alta luminosità della Luna, che rende difficile, se nonimpossibile riprendere anche le stelle di fondo; il problema si risolve facilmente riprendendodurante un’eclisse di luna totale, naturalmente durante la totalità, quando la luminosità superficialedel nostro satellite è confrontabile con quella <strong>delle</strong> stelle di fondo e quindi si possono facilmenteriprendere immagini di stelle e del nostro satellite.Dopo aver ripreso le immagini il gioco è fatto; abbiamo già tutti i dati di cui disponiamo; bisognasolo elaborarli, e la cosa è meno semplice di quanto si possa pensare.Per noi osservatori italiani, che osserviamo da medie latitudini (circa 40° nord), la situazionegeometrica che si viene a creare è data dalla seguente figura:


Il disegno non è naturalmente in scala, ma da un’idea di quello che succede. L’orbita della luna èinclinata di circa 5° rispetto all’eclittica; in questo caso abbiamo supposto che la luna all’equatorepassi allo zenit (e quindi questa è un’eclissi che può verificarsi realmente a cavallo degli equinozi,in primavera o in autunno), ma il procedimento non cambia qualsiasi sia la posizione della lunasull’eclittica.Vediamo subito che la nostra base di osservazione A è inclinata e non forma un triangolo rettangolocon le congiungenti al centro della luna. Questo significa 2 cose:- non abbiamo un triangolo rettangolo e quindi non sappiamo risolvere il problema con i datiche abbiamo- l’angolo di parallasse che si viene a creare dipende solamente dall’altezza B del triangolo enon dalla base A, ma dalla sua proiezione perpendicolare. Questo non è banale, mafacilmente verificabile dalla figura. In particolare, l’angolo di parallasse che avrei a causa diuna base lunga ed orientata <strong>com</strong>e la A, è uguale a quello che in questo caso avrei con unabase B posta sull’equatore, dove la luna è esattamente allo zenit (90°).La parallasse che misuriamo quindi, corrisponde alla proiezione B di A; per trovare la distanza dellaluna da uno dei due punti di osservazione devo necessariamente conoscere B, che è la vera base chemi da la parallasse p.Come fare per calcolare B? Bisogna risolvere il triangolo rettangolo BAF, cosa che non è possibilevisto che conosciamo solamente il lato A e l’angolo retto c.A questo punto abbiamo due possibilità; una risoluzione approssimata con un metodo semplice, ouna risoluzione esatta con un metodo un po’ più <strong>com</strong>plicato;la prima consiste nell’analizzare la figura, e trascurando la curvatura della Terra, possiamoconoscere tutti gli angoli del triangolo rettangolo BAF; infatti, gli angoli a e d possono essereconsiderati, in prima approssimazione <strong>com</strong>e l’altezza della luna sugli orizzonti, nello stesso istante.In realtà questo non è vero, in quanto l’altezza di un astro sull’orizzonte si misura rispetto allatangente alla superficie terrestre di quel punto; Gli angoli a e d invece sono dati dall’intersezione<strong>delle</strong> rette E+F e D con la corda che congiunge i due punti di osservazione. Se trascuro la curvaturadella Terra, allora posso considerare la corda e le tangenti ai due punti di osservazione, paralleli, eche quindi formano gli stessi angoli con le due rette considerate.


Misurando quindi l’altezza della Luna sull’orizzonte nel punto F, ottengo subito l’angolo a, mentre,l’angolo b si ottiene tenendo conto <strong>delle</strong> proprietà di tutti i triangoli, e cioè che la somma dei loroangoli (interni) è sempre di 180°. Conoscendo due angoli, si ha il terzo, cioè b=90-a .Possiamo calcolare quindi il lato B dato da: B = Asina . Questa è la vera base per la quale si ha ilvalore calcolato della parallasse.B AsinaQuindi, ora possiamo calcolare la distanza D della Luna: D = = e il gioco è fatto!sin p sin pSe invece vogliamo <strong>com</strong>plicarci la vita ed avere un valore esatto (questo procedimento ègiustificabile solamente se le misurazioni dell’angolo di parallasse sono state molto precise,altrimenti non ha senso usare il procedimento esatto; ricorda infatti che la precisione di una serie dimisure è data sempre dalla misura meno precisa!), allora dobbiamo considerare la curvaturaterrestre e il fatto che non posso misurare l’angolo a, ma, un angolo minore di quello effettivo.Per capire meglio, analizziamo la seguente figura:In questa figura sono spariti tutti i riferimenti relativi alla luna e alla parallasse, e in effetti questoproblema non riguarda più la misura della distanza lunare.Analizziamo la figura: la lunghezza 2B è la corda che unisce i due punti di osservazione, mentre C èla tangente ad uno dei due punti, che ci da anche la linea d’orizzonte. L’angolo t è quello che ciinteressa; esso è l’angolo per il quale devo correggere l’altezza della Luna che misuro. Inparticolare, all’altezza della Luna misurata, deve essere aggiunto il valore dell’angolo t, che saràtanto più piccolo quanto minore sarà la base.bDobbiamo conoscere il raggio terrestre, che è di circa 6378 Km. L’angolo a è dato da: a = doverb è metà dell’arco di circonferenza tra le due località, che altro non è che la distanza tra le duelocalità; l’angolo c è di 90°, in quanto, per costruzione essa è la mediana del triangolo isosceleRRB, e quindi anche la bisettrice e l’altezza. L’angolo b sarà dato da b=90-a e quindi finalmentel’angolo t sarà dato da t=90-b (visto che ogni tangente è sempre perpendicolare al raggio dellacirconferenza).Quindi il vero valore dell’angolo a della prima figura sarà dato dall’altezza della luna sull’orizzonte1(che chiamiamo a )più l’angolo t appena trovato. Quindi a = a1 + t e finalmente la distanza saràB Asin(a + t)data da: D = =.sin p sin p


Questo secondo metodo è preciso e da un risultato esatto, senza aver usato alcuna approssimazione.Esso ci da la distanza dal secondo punto di osservazione, conoscendo la parallasse e l’altezza dellaluna sull’orizzonte del primo osservatore, corretta per la curvatura della Terra.Quello che si richiede è di riprendere due immagini della luna, contemporanee, in località poste allostesso meridiano e quando essa è alla massima altezza sull’orizzonte (cioè in meridiano); solo inqueste condizioni vale lo schema geometrico appena esposto; è chiaro che si possono effettuaremisurazioni in località poste a diversi meridiani e con la luna non all’orizzonte, ma questo <strong>com</strong>plicanotevolmente i calcoli, già di per se piuttosto noiosi.La distanza che si ricava è del centro della luna rispetto al secondo punto di osservazione e non alcentro della Terra o all’equatore.Distanze pianeti-SoleLegge di KepleroAbbiamo visto fino ad ora <strong>com</strong>e si misurano le <strong>distanze</strong> degli altri corpi celesti rispetto al nostropianeta; sappiamo che tutti i corpi del sistema solare orbitano intorno al Sole su orbite ellittiche; èquindi naturale che il prossimo passo sia <strong>com</strong>e misurare la distanza tra il Sole e gli altri pianeti.A differenza dei procedimenti puramente geometrici usati fino ad ora, alcuni anche piuttosto lunghie precisi, in questo capitolo useremo <strong>delle</strong> approssimazioni inevitabili, e vedremo dei metodi siageometrici che non; in particolare, con l’aiuto <strong>delle</strong> leggi di Keplero. Vedremo quanto il problemasarà di più immediata e precisa soluzione.Prima di <strong>com</strong>inciare, bisogna distinguere, un’altra volta ancora, la differenza tra il semiassemaggiore di un’orbita, la distanza media dal Sole e la distanza istantanea.Per un’analisi <strong>com</strong>pletamente giustificata dal punto di vista fisico-matematico, bisognerebbeanalizzare il molto più <strong>com</strong>plesso problema dei due corpi, nel quale si analizza il moto di due corpisottoposti alla mutua interazione gravitazionale. Da questa semplice ipotesi ( e cioè che l’unicaforza ad agire è la gravitazione) si ricavano molte informazioni sulla forma dell’orbita, sulladistanza, sul periodo di rivoluzione, sulla velocità orbitale, e molto altro, <strong>com</strong>prese le trefondamentali leggi di Keplero, ricavate su basi puramente empiriche dal grande astronomo, nelXVII secolo.Per ora mi limito a dare <strong>delle</strong> relazioni che non dimostro; per chi vuole una giustificazione fisi<strong>com</strong>atematica,mi prometto di darla in un altro capitolo.Fu Keplero che, su basi puramente osservative, giunse a dire che le orbite <strong>planetarie</strong> sono <strong>delle</strong>ellissi, e che il Sole, attorno al quale ruotano i pianeti, è posto non al centro dell’ellisse, ma su unodei fuochi.In modo puramente geometrico, cosa è un’ellisse? Un’ellisse è il luogo geometrico dei punti la cuidistanza da due punti, detti fuochi, è costante. In altre parole, un’ellisse è quella particolare formageometrica che si costruisce prendendo due punti allineati, detti fuochi, e tracciando la curvamantenendo costante la distanza tra i due fuochi


Quando la distanza tra i due fuochi tende a zero, l’ellisse tende ad una circonferenza; è lecitodunque affermare che la circonferenza è un caso particolare di ellisse, in cui i due fuochi coincidonoentrambi al centro.La grandezze più importanti che caratterizzano un’ellisse sono sostanzialmente 3: il semiassemaggiore (a), il semiasse minore (b) e l’eccentricità (e).Il semiasse maggiore, <strong>com</strong>e dice la parola stessa, è metà dell’asse maggiore, e fin qui non abbiamodetto nulla di nuovo. Esso è la massima distanza che c’è in un’ellisse; è la retta che nasce nel centro,passa per uno dei fuochi, fino ad arrivare al bordo dell’ellisse.Allo stesso modo, il semiasse minore è la retta che nasce nel centro, perpendicolare all’assemaggiore; queste due grandezze sono quindi una specie di raggio massimo e minimo dell’ellisse.L’eccentricità, esprime in qualche modo la forma dell’ellisse; qualitativamente, essa ci dice quandoessa è schiacciata o somigliante ad una circonferenza: è definita <strong>com</strong>e il rapporto tra la distanza diun fuoco dal centro e il semiasse maggiore a. Risulta quindi evidente che una circonferenza, nellaquale i due fuochi coincidono al centro, abbia eccentricità e=0, mentre d’altra parte, e=1corrisponde non più ad un’ellisse, ad una curva aperta, una parabola. Se e>1 allora l’orbita èun’iperbole. Parabola e iperbole sono due curve aperte, e quindi gli oggetti con questa orbita,passeranno solamente una volta attorno al Sole, per poi perdersi nello spazio profondo e non tornaremai più. Questo è il caso di molte <strong>com</strong>ete, che passano una sola volta visino al Sole, per poi usciredal sistema solare. L’eccentricità di un’ellisse quindi varia tra questi 2 valori limite, 0 ≤ e ≤ 1; nelcaso dei pianeti, questa relazione si riduce a 0


2 3La legge fu espressa da Keplero nella seguente forma: P = a ; in realtà questa è una formaparticolare e approssimata della più generica legge, che si ricava sempre dallo studio del problema3 / 22πadei due corpi: P =dove G è la costante di gravitazione universale, M è la massa delG(M + M S)considerato e MSè la massa del Sole.La forma data da Keplero si ricava se noi consideriamo la legge applicata alla Terra:3 / 22πaTP ⎛ a ⎞ ⎛ M + MS⎞PT=; dividendo membro a membro troviamo: =G(MT+ MS)⎜⎟⎜⎟ ;PT⎝ aT⎠ ⎝ MT+ MS ⎠Tuttavia possiamo fare anche un’approssimazione che non pregiudica in alcun caso il risultatofinale; se infatti consideriamo che le masse <strong>planetarie</strong> sono tutte molto più piccole di quella del1/ 21/ 23 / 2⎛ M + MS⎞ ⎛ MS⎞P ⎛ a ⎞Sole, allora il rapporto: ⎜⎟ ≈⎜⎟ = 1 e quindi la legge diventa: =⎝ MT+ MS ⎠ ⎝ M⎜⎟ ; seS ⎠PT ⎝ a T ⎠misuriamo il periodo in anni, e poniamo quello terrestre uguale ad 1, così <strong>com</strong>e il semiasse2 3maggiore della terra, otteniamo: P = a , dove esprimendo il periodo in anni terrestri, ricavo ilsemiasse maggiore dell’orbita in unità astronomiche (AU). Sic<strong>com</strong>e conosciamo il valore dell’unitàastronomica, è facile, dalla semplice misura del periodo orbitale, ricavarci direttamente il semiassemaggiore <strong>delle</strong> orbite in Km.A causa dell’eccentricità, sappiamo che esso però rappresenta solamente una distanza media deipianeti dal Sole; naturalmente usando il valore del semiasse, con la relazionerP= aP( 1−ePcos EP) , otteniamo allora il valore puntuale della distanza del pianeta dal Sole adogni istante di tempo (definito tramite l’angolo E, che è chiamato anomalia eccentrica).Metodi GeometriciOltre alla legge di Keplero, ci sono anche altri modi di calcolare, almeno in via approssimata, ladistanza dei pianeti dal Sole.E’ chiaro che data la semplicità della legge di Keplero, andare a cercare metodi alternativi e per dipiù <strong>com</strong>plicati, sembra una follia, ed in parte lo è; tuttavia, questi metodi servono e sono servitiproprio per confermare la validità della stessa legge di Keplero, prima che fosse ricavatadirettamente dallo studio del modello fisico.Come spesso abbiamo visto con questi metodi, la difficoltà dei calcoli è direttamente proporzionalealla precisione della misura che si vuole raggiungere; di seguito darò solo una breve descrizione dialcuni di questi metodi, non andando molto nel particolare, a volte anche con approssimazionipiuttosto brute.In realtà, chiunque abbia dimestichezza con la geometria dei triangoli qualsiasi e rettangoli, è ingrado di trovare metodi che consentano di ottenere la distanza dei pianeti dal Sole e dalla stessaTerra.Distinguiamo ora due metodi, uno applicabile ai pianeti interni (quindi Mercurio e Venere), l’altro atutti gli oggetti esterni all’orbita terrestre (almeno in linea di principio).3 / 21/ 2


1) Pianeti interni. Un metodo molto semplice permisurare la distanza Pianeta-Sole consistenell’analizzare i pianeti interni al momento dellacosiddetta dicotomia, cioè quando essi mostranoesattamente metà superficie illuminata dal Sole; questocorrisponde quindi alla configurazione geometrica alato.In questa configurazione, siamo capaci di risolvere<strong>com</strong>pletamente il triangolo rettangolo formato dalSole, uno dei pianeti interni e la Terra, e quindi dideterminare senza difficoltà, sia la distanza Pianeta-Sole, che la distanza Pianeta-Terra (entrambeistantanee e non mediate!).Infatti conosciamo tutti e tre gli angoli e il lato B, chepuò essere sia considerato uguale all’unitàastronomica, per facilitare i calcoli (a scapito di un po’di precisione), oppure ricavato dalla semplice formulagià vista: rP= aP( 1−ePcos EP) =B. Questo sta a voi deciderlo; un’alternativa, che puòessere un buon <strong>com</strong>promesso tra semplicità e precisione è quello di leggere su qualcheeffemeride la distanza Terra-Sole di quel determinato giorno ed inserire quella <strong>com</strong>e misuradi B, senza dover passare per la formula appena scritta che richiede la conoscenzadell’eccentricità e dell’anomalia eccentrica.Un’altra soluzione, meno ortodossa ma ugualmente precisa è di ricavare la distanza Terra-Sole (B nel nostro caso) dalla misura del diametro angolare apparente del Sole. Seconosciamo il suo diametro apparente quando la Terra si trova esattamente ad 1 AU da esso,allora con una semplice proporzione possiamo trovare la distanza per la quale esso ci apparedel diametro angolare misurato. Oppure, ancora, sapendo le sue dimensioni reali e l’angoloche ci sottende, possiamo ricavare facilmente la distanza, con l’aiuto dei soliti triangolirrettangoli; in particolare; la distanza B sarà data da: B =⎛ ⎞tan⎜a , dove a è l’angolo⎟⎝ 2 ⎠apparente che ci sottende il Sole (circa mezzo grado, ma si richiede un valore più preciso) ed⎛ a ⎞ ar è il raggio Solare espresso in Km, o in forma approssimata (considerando tan⎜⎟ ≈ ,⎝ 2 ⎠ 2valida per angoli piccoli)ha:DB = .aB =ra2e se consideriamoDr = con D= diametro solare, allora si2Ora che conosciamo con più precisione B, calcoliamoci finalmente la Distanza Pianeta-Sole.L’angolo a lo conosciamo ed è la separazione angolare tra Venere e il Sole (l’elongazione),mentre chiaramente l’angolo b è di 90° e quindi c=90-a. La distanza A allora sarà data da:A = B cosc! Tutto qui!M non solo, perché con un’altra piccola relazione otteniamo anche la distanza del Pianetadalla Terra: C = B sin c , ed il gioco è fatto!2) Pianeti esterni. Per i pianeti esterni il discorso cambia radicalmente, perché non possiamopiù avere la configurazione geometrica dei pianeti interni, e per questo non siamo in gradodi conoscere la distanza dal Sole dalla sola conoscenza dell’unità astronomica e dell’angolodi elongazione.


Per conoscere la distanza dal Sole, dobbiamo per forza conoscere la distanza del pianeta dalSole, cosa che sposta solamente il problema e non lo risolve. Certo, si potrebbe sempre calcolarela parallasse del pianeta, e subito dopo, conosciuta la distanza attuale dalla Terra, sin riesce acalcolare la distanza dal Sole. Ma a questo punto sorge una domanda: vale la pena <strong>com</strong>plicarecosì tanto un calcolo che può essere fatto molto più velocemente e con molta più precisioneattraverso la legge di Keplero?Inoltre, fu lo stesso Gauss a dimostrare che per costruire un’orbita di un corpo celeste intorno alSole, bastano 3 osservazioni.Non starò qui ad enunciare il metodo di Gauss, ma la sua potenza è davvero grande. Bastano 3osservazioni per costruire l’orbita di un corpo celeste, calcolare quindi l’eccentricità,inclinazione, orientazione, periodo di rivoluzione, e quindi anche il semiasse maggiore.Effettivamente, ogni volta che viene scoperto un nuovo corpo del sistema solare, si usa proprioil metodo di Gauss per tracciare una prima, approssimata orbita, che successivamente vieneaffinata con altre osservazioni.Questo cosa significa? Significa che dietro tante formule e numeri a volte in<strong>com</strong>prensibili, si“nasconde” un background costituito ancora dal buon vecchio e caro occhio umano, o unacamera CCD. Basta osservare e capire quello che si sta osservando per farsi un’idea di <strong>com</strong>efunzionano le cose fuori dal nostro pianeta.Parallasse solare: distanza Terra-SoleMetodo di Aristarco di SamoLa distanza Terra-Sole, detta Unità Astronomica (UA) è una grandezza di fondamentale importanzanella misura dell’intero universo. Abbiamo già visto il caso della legge di Keplero, che è l’unicostrumento a nostra disposizione per calcolare la distanza dei pianeti dal Sole (e non dalla Terra, cosache invece risulta facilmente realizzabile con metodi geometrici), che però si ferma a dirci di quantol’orbita di un pianeta è più grande o più piccola di quella del nostro pianeta. La mossa da fare èquella di trovare il fattore di scala; è <strong>com</strong>e se avessimo un modellino in scala; sappiamo che la Terradista 1, Giove 5.2, Venere 0.72, Nettuno 30, ma in realtà non sappiamo quanto valganoeffettivamente questi numeri.La distanza Terra-Sole è molto importante anche per il metodo <strong>delle</strong> parallassi annuali, metodo chevedremo serve a calcolare la distanza <strong>delle</strong> stelle a noi più vicine, e che fa da scalino alla taratura<strong>delle</strong> <strong>distanze</strong> cosmologiche.L’importanza dell’UA era già conosciuta da tempo; risalgono infatti ai tempi dell’antica Grecia iprimi tentativi di misurazione, anche se con poco successo. Solamente nell’età moderna, conl’avvento di strumenti di osservazione, si è potuto finalmente rispondere alla domanda.Ora, con la disponibilità della tecnologia radar le cose sono molto diverse; bastano poco più di 16minuti per avere una misura precisissima della distanza Terra-Sole, sia da terra che dallo spazio.Il metodo che esporrò ora è semplice da capire, ma non tanto da attuare, perché richiedel’osservazione precisa di angoli piuttosto piccoli.


Il metodo risale addirittura ad Aristarco di Samo, il primo adeffettuare una stima della distanza Terra Sole. Consideriamo laseguente situazione geometrica. Il Sole, posto molto lontano, illuminail sistema Terra-Luna. Sebbene esso sia molto lontano, il sistemaTerra-Luna è in grado di dirci a quale distanza esso si trova. Infatti seesso fosse infinitamente lontano, i suoi raggi arriverebbero paralleli, ela luna sarebbe illuminata esattamente a metà quando l’angolo Sole-Terra-Luna sarebbe di 90° esatti. Sic<strong>com</strong>e questo non è il caso, noivediamo la luna illuminata esattamente a metà quando essa non sipresenta esattamente a 90° rispetto a noi, ma con un angolo un po’più piccolo. Di conseguenza, misurando l’angolo (l’elongazione)della luna esattamente al primo quarto, possiamo, con un po’ disemplice trigonometria, calcolare la distanza Terra-Sole, a patto diconoscere la distanza Terra-Luna. Risolvendo il triangolo rettangolo appena formato, otteniamo⎪⎧c = btgγsubito: ⎨ . Inserendo la distanza Terra-Luna (b) e la separazione Luna-Sole (γ )⎪⎩2 2a = b + cricaviamo facilmente la distanza Terra-Sole, che altro non è che l’unità astronomica.Questo semplice metodo non è però molto preciso se applicato in maniera cosìsemplice. Ci sono 2 problemi che non possiamo trascurare:- La difficoltà di misurare l’angolo γ esatto, che si discosta molto poco dal valore di90°- L’elliticità dell’orbita lunare non può essere trascurata; quindi questa misura deveessere preceduta da una misura accurata della distanza Luna-Terra, che variasignificativamente a seconda della posizione orbitale del nostro satellite. Anche senon molto preciso, questo metodo fu il primo ad essere usato, da Aristarco di Samo,che giunse alla conclusione che il Sole avrebbe dovuto essere molto più distantedella Luna.In realtà, inoltre, in questo modo non troviamo proprio la misura dell’unità astronomica, ma unastima della distanza istantanea della Terra dal Sole. La differenza può non risultare evidente, maesiste e non può essere trascurata. Anche l’orbita della Terra è un’ellisse e quindi la distanza Terra-Sole varia nel tempo; per esempio d’estate, il Sole è più lontano di circa 4 milioni di km rispetto aGennaio, punto in cui il sistema Terra-Sole raggiunge la massima vicinanza.L’unità astronomica invece rappresenta la distanza mediata su un’intera orbita del sistema Terra-Sole, e anche un parametro orbitale molto importante: il semiasse maggiore dell’orbita terrestre.Infatti, si può dimostrare, che nel caso di orbite ellittiche, il valore del semiasse maggiore coincidecon il valore della distanza media del pianeta dal Sole. Questo non è per niente scontato in quanto ilsemiasse maggiore non ha alcun legame banale con il Sole.Ricordando infatti la prima legge di Keplero, sappiamo che le orbite dei pianeti sono <strong>delle</strong> ellissi, incui il Sole occupa uno dei fuochi. In realtà questo è vero solo per il nostro sistema solare, mentre lalegge più generale, valida per ogni sistema gravitazionalmente legato afferma che le orbite sono<strong>delle</strong> ellissi e i corpi ruotano attorno al loro <strong>com</strong>une baricentro, che si trova su uno dei fuochi.Sic<strong>com</strong>e il Sole è migliaia, a volte milioni di volte più massiccio dei pianeti del sistema solare, laposizione del baricentro <strong>delle</strong> orbite, che dipende dalla massa del pianeta e da quella del Sole, èpraticamente interna al disco della nostra stella.Vedremo meglio in seguito questo punto, in quanto importante nello studio della ricerca dei pianetiextrasolari.Tornando al nostro discorso, il metodo di Aristarco ci può ancora essere molto utile per determinareefficacemente la distanza media del Sole dalla Terra, e proprio il fatto che questo valore è uguale alsemiasse maggiore dell’orbita, che ci da la chiave di analisi.


Dal punto di vista della meccanica <strong>delle</strong> orbite di due o più corpi, sappiamo (quasi) tutto; ilproblema di due corpi gravitazionalmente legati e del loro <strong>com</strong>portamento reciproco, è statostudiato già qualche secolo fa e quindi sappiamo descrivere molto bene le dimensioni e lecaratteristiche <strong>delle</strong> orbite <strong>planetarie</strong> (questo è vero fino ad un certo punto; il problema che noipossiamo risolvere è di due corpi legati in un sistema isolato; il nostro sistema solare invece non ècostituito da soli 2 corpi, ma molti di più, le cui reciproche influenze gravitazionali si fanno sentiree a volte non possono essere trascurate; questo problema, a n corpi non può essere risoltoesattamente, ma solo con metodi approssimati, tramite <strong>com</strong>puter).Misurando quindi esattamente la distanza lunare (istantanea, visto che l’orbita lunare è ellittica),ricavo la distanza Terra-Sole, che chiamiamo r T; questa non è però la misura dell’unitàastronomica, ma da questo dato possiamo ricavarci facilmente tale misura.Dalla prima legge di Keplero (che si ricava dal problema dei due corpi), abbiamo una relazione chead ogni istante ci lega la distanza pianeta-Sole (i due centri) al semiasse maggiore del pianeta, inquesto modo: rT= aT( 1−eTcos ET) , dove a Tè il semiasse maggiore dell’orbita terrestre, e Tèl’eccentricità e ETè un angolo facilmente misurabile, chiamato anomalia eccentrica.rTRicavando il semiasse maggiore, abbiamo: aT= e quindi abbiamo anche ilaT( 1−eTcos ET)valore dell’unità astronomica (AU). Questo metodo era sconosciuto agli antichi greci, e quindi nonfu applicato da Aristarco, la cui unica ipotesi fu che il Sole fosse molto più lontano della luna.Metodo dei transitiSviluppiamo ora un procedimento che risulterà abbastanza elaborato, per il calcolo della parallassesolare, e quindi della distanza media Terra-Sole (che può essere ritenuta dello stesso valore delsemiasse maggiore dell’orbita terrestre). Il calcolo non è semplice, e richiede <strong>delle</strong> conoscenze dibase, in particolare la risoluzione dei triangoli rettangoli.Prima di introdurre il calcolo, è necessario descrivere il problema dal punto di vista osservativo equalitativo; solo successivamente, quando sarà ben chiaro quello che dovremmo fare, potremmopassare all’analisi quantitativa.Il nostro scopo è di misurare la parallasse solare, cioè di quanto il Sole si sposta rispetto allo sfondo<strong>delle</strong> stelle fisse (meglio sarebbe dire al piano tangente alla sfera celeste) quando visto da due puntidi osservazione diversi sulla superficie terrestre.Il metodo è a grandi linee quello già visto per la Luna e i pianeti e si basa sul concetto di parallasseequatoriale; essa non è altro che l’angolo sotto cui l’oggetto cambia posizione se visto da due puntidi vista che distano esattamente un raggio terrestre.Il problema, piuttosto semplice nel caso della Luna, in cui è facile, durante un’eclissi, misurare laparallasse anche con una base molto piccola, <strong>com</strong>e poche centinaia di Km, è molto più <strong>com</strong>plessonel caso del Sole, per il semplice fatto che esso è troppo brillante e non è possibile misurare il suospostamento rispetto ad oggetti distanti quali le stelle.Come fare quindi? Abbiamo già visto che la terza legge di Keplero ci fornisce un modello in scaladi tutte le <strong>distanze</strong> <strong>planetarie</strong>, e nota una, è possibile risalire a tutte, <strong>com</strong>presa la tanto agognataunità astronomica. Tuttavia, il metodo si presenta difficile, sia per le piccole parallassi <strong>planetarie</strong> damisurare, sia perché bisogna conoscere molto bene le caratteristiche <strong>delle</strong> orbite, la cui eccentricitàpuò introdurre errori molto grandi nelle misure.Anche la nostra Luna non ci semplifica i <strong>com</strong>piti; la sua orbita inclinata ed eccentrica necessita dicalcoli <strong>com</strong>plicati e molto sensibili per dare un valore molto preciso.Il metodo dei transiti invece attenua tutte queste problematiche, anche se <strong>com</strong>e vedremo, neintroduce di nuove. Esso si basa sostanzialmente nell’osservazione di un transito di Venere (ancheMercurio, anche se i risultati non saranno tanto precisi) davanti al disco solare, da parte di dueosservatori situati in diversi punti sulla superficie terrestre; in questo modo è possibile ricavare laparallasse solare, e quindi la misura dell’unità astronomica.


La domanda che sorge spontanea è: <strong>com</strong>e è possibile ricavare la parallasse solare, se Venere èmolto più vicino del Sole e quindi nell’osservazione avrò anche il contributo della parallasse diVenere, sicuramente maggiore di quello del Sole?A questa domanda si risponde facilmente, appena inizieremo l’analisi quantitativa del problema.Intanto consideriamo quindi il nostro scenario; due punti di osservazione che osservano lo stessofenomeno esattamente alla stessa ora. I due punti, a differenza dei casi precedenti, possono ancheessere non allineati; l’importante è che l’osservazione avvenga allo stesso istante (e forse questa è ladifficoltà osservativa più grande).Lo schema geometrico che ci si presenta è il seguente:I due osservatori, vedranno il disco di Venere proiettato in due diversi punti del disco solare, eun’attenta misurazione della separazione tra i due centri planetari, ci da informazioni sulle parallassidi entrambi i corpi celesti.Analizzando la seguente figura, è abbastanza facilecapire la situazione che ci si presenta, nella figura adestra.La differente posizione dei centri di Venere è il risultatodella parallasse di Venere e del Sole, ma in che modo?Pensiamo per un attimo di togliere il sole e porre <strong>delle</strong>stelle molto lontane la cui parallasse è praticamente 0;misurando lo spostamento dei centri di Venere avremoun certo valore A. Se consideriamo anche il Sole, che èsi più lontano di venere, ma non tanto lontano da avereuna parallasse trascurabile, è facile capire che ancheesso si sposterà rispetto alla sfera celeste di un certoangolo, nella stessa direzione dello spostamento deicentri di venere, anche se di una quantità inferiore, inquanto più lontano del pianeta. Se essi fossero alla stessa distanza dalla Terra, noi non vedremo ilcentro di venere spostarsi, perché la sua parallasse sarebbe uguale a quella del Sole, e quindi essi sisposterebbero di uno stesso angolo.Avrete sicuramente capito che quindi lo spostamento che noi misuriamo (allo stesso istante) neicentri dei dischi proiettati di venere sarà minore di quello che si avrebbe se di misurasse nonrispetto alo sole ma rispetto a oggetti molto più lontani. Quindi lo spostamento angolare chemisuriamo del pianeta venere sul disco solare sarà dato dalla parallasse di venere meno la parallasseSolare; in formule: ∆ π = π S− πV, dove πSè la parallasse solare e πVè la parallasse di Venere.Naturalmente non conosciamo la parallasse di Venere, ne quella solare, e per di più, non sapendoquanto dista il sole, non sappiamo neanche quanto vale lo spostamento dei centri del pianeta suldisco solare, spostamento che quindi misuriamo in unità convenzionali, <strong>com</strong>e i raggi solari;prendendo il raggio apparente del Sole uguale ad 1, allora lo spostamento angolare ∆ π sarà unafrazione del raggio solare (ad esempio 1/500 del raggio), ma non avremo mai un valore in gradi osecondi d’arco.


Per risolvere il problema ci servono altre equazioni.Per trovarne, partiamo proprio dal principio; la definizione di parallasse solare e di venere:dd dLa parallasse di venere è data da: πS=(1) e πV== (2) , dove r Tè la distanza TerrarTdVrT− rVSole, dVè la distanza Terra-Venere, che si può scrivere anche <strong>com</strong>e rT− rVcioè la differenza tra ladistanza terra-Sole e la distanza Terra-Venere, mentre d è la distanza lineare tra i due puntid’osservazione. Questa distanza sarà molto importante in seguito, e bisogna ben capire cosa essa siain realtà. Essa è la proiezione sul piano tangente la sfera celeste della distanza tra i due punti diosservazione. Con qualche figura sarà tutto più chiaro:Vedremo in seguito che, sempre con l’ausilio di formule trigonometriche, d sarà dato banalmentedalla distanza tra i due osservatori moltiplicata il seno dell’angolo θ .Comunque per ora, questo dato non ci interessa.Consideriamo le equazioni (1) e (2) e manipoliamole un po’, per arrivare a <strong>delle</strong> relazioni che cipossano dare qualche elemento in più.Dalla (1) e (2)si ha:dd rrTrT∆π = ππVS− πV= − πS= − πS= πS− πS= + = ∆π (3)r r r r rr r ST−VT−V TT−Vr − rT Vd d r rTInoltre, dalla (2) si ottiene: π = = = π T(4)V d r r r SV T−V Tr − rT V⎛ r ⎞TDalla (3) si ottiene: π = ∆⎜ −1⎟Sπ (5) e quindi, in definitiva abbiamo il seguente sistema:⎝ rV⎠⎧ ⎛ r ⎞⎪π = ∆π⎜ T−1⎟⎪ S ⎜ r ⎟⎝ V ⎠⎨, dove <strong>com</strong>unque ho ancora troppe incognite. Infatti, oltre alle parallassi, ho⎪ r⎪π= π TV S⎪ r − r⎩ T Vanche le <strong>distanze</strong> Terra-Sole e Terra-Venere da misurare, e sembra quindi che non abbia fatto nulla.


In realtà quello fatto è un gran bel passo in avanti; infatti basta usare appropriatamente le leggi dirVKeplero per avere ciò che cerco, e cioè la parallasse solare. Infatti, il rapporto è facilmenterTesprimibile con l’aiuto <strong>delle</strong> leggi di Keplero. La terza legge, ci dive infatti che i rapporti deisemiassi maggiori al cubo sono uguali ai rapporti dei periodi di rivoluzione al cubo, o in formule:3 23aPPPa3 =2 ; questo è analogo a scrivere che per un solo corpo celeste si ha:P= cos t , cioè per un2aTPTPPpianeta, il rapporto tra il cubo del suo semiasse maggiore (che può essere considerata la distanzamedia dal Sole) e il quadrato del suo periodo di rivoluzione sono costanti. Se poi consideriamo lalegge di keplero applicata alla Terra, vediamo subito che possiamo ricavare il rapporto dei semiassimaggiori <strong>delle</strong> due orbite semplicemente dalla conoscenza dei periodi di rivoluzione (che sono2 / 3a ⎛ ⎞PPPsempre misurabili con ottima precisione): =⎜⎟ . Questa relazione però ancora non ci èaT⎝ PT⎠molto utile, perché nelle nostre formule non abbiamo i semiassi maggiori, ma le <strong>distanze</strong> dal Sole,le quali dipendono dall’eccentricità <strong>delle</strong> orbite (se le orbite fossero state circolari allora avremmosubito potuto usare la formula, e i semiassi sarebbero coincisi con le <strong>distanze</strong> usate nelle formule).Tuttavia la prima legge di Keplero, ci da un fondamentale aiuto: essa afferma che le orbite deipianeti sono <strong>delle</strong> ellissi e il Sole occupa uno dei fuochi. Sviluppando analiticamente questa ideaqualitativa, usando le conoscenze <strong>delle</strong> curve geometriche, è abbastanza facile risalire alla relazionefondamentale che stavamo cercando, la relazione che ci da, con l’aiuto della terza e prima legge dirVKeplero, il valore del rapporto , l’unica incognita rimasta per la risoluzione del sistema dirTequazioni. Il raggio vettore, cioè la distanza tra il fuoco dell’ellisse (il centro del sole) e il pianeta èlegato al semiasse maggiore del pianeta stesso (che è una costante indipendente dalla formadell’orbita!) dalla relazione: rP= aP( 1−ePcos E)dove ePè l’eccentricità dell’orbita planetaria ed Eè un angolo chiamato anomalia eccentrica, facilmente misurabile con qualsiasi strumento. Questarelazione vale per ogni pianeta, e nel nostro caso per la Terra e Venere: r = a 1−e cos E ) erTVV(V V= a 1−e cos E ) . Dividendo membro a membro, trovoT(T T2 / 3rTaT(1 − eTcos E ) ⎛TP ⎞T(1 − eTcos ET)= = ⎜ ⎟rVaV(1 eVcos EV)Pe quindi posso conoscere facilmente il rapporto−⎝ V ⎠ (1 − eVcos EV)rTfondamentale . Ora ho tutto quello che mi serve e il sistema diventa:r⎧⎪⎪⎛ r ⎞⎪π= ∆π⎜ T−1⎟S ⎜ r ⎟⎪ ⎝ V ⎠⎪⎪r⎨π= π TV S⎪ r − rT V⎪⎪2 / 3⎛ ⎞⎪r⎜ P ⎟ (1 − e cos E )T⎪ =T T T⎜ ⎟⎪r ⎜ P ⎟ (1 − e cos E )V⎩ ⎝ V ⎠V VVLa parallasse solare media sarà data da:Un sistema di 3 equazioni in tre incognitefacilmente risolvibile.In questo modo troviamo la parallasse solareistantanea che varia a seconda della posizionedella Terra nella sua orbita. Per calcolare laparallasse media, bisogna fare ancora un altrosforzo.Partiamo di nuovo dall’inizio..π0=Ra T, dove a Tè il semiasse maggiore dell’orbitaterrestre (che può essere considerato anche <strong>com</strong>e la distanza media Sole-Terra, ed è per questo


motivo usato qui) ed R è il raggio equatoriale della Terra; infatti non dobbiamo dimenticare che laparallasse solare è definita proprio <strong>com</strong>e l’angolo sotto il quale il centro del sole sembra spostarsi,usando <strong>com</strong>e base il raggio equatoriale della Terra.d Ra d d aRiprendiamo ora l’equazione (1) e manipolandola un po’ troviamo: πS= = = π0.rTRa rTR rTR rE quindi la parallasse media ( π0) sarà: π T0= π S, dove R=raggio equatoriale della Terra e d èd ala distanza parallela alla sfera celeste dei due osservatori. Quindi, a partire dalla parallasseistantanea, che si misura per una qualunque base sulla superficie terrestre, si risale alla parallassesolare equatoriale media, misurata con una base uguale al diametro equatoriale della Terra. L’ultimadifficoltà è nella misura di d, che però non presenta particolari problemi una volta capito di cosa sitratta.Questa distanza infatti si misura facilmenteE <strong>com</strong>e già accennato d = || M M 1 2|| sinθ, cioè esso è uguale alla distanza (vettore) tra i dueosservatori moltiplicato il seno dell’angolo <strong>com</strong>preso tra la retta passante per i due osservatori e laretta perpendicolare alla sfera celeste (in realtà un altro vettore). L’angolo θ non è facile damisurare, per questo si preferisce eliminarlo attraverso altre relazioni vettoriali. In particolare, èfacile notare che vale la relazione M1M2^ OC = || M1M2|||| OC || sinθ; ricavando sin θ esostituendo in ( ) si ricava direttamente d = || M1M2^ c || . Questo prodotto vettoriale è facile darisolvere, anche se il procedimento è piuttosto lungo e richiede l’introduzione di un sistema dicoordinate. Il procedimento nella sua intera estensione è disponibile a questo link:http://www.pd.astro.it/othersites/venere/ESO/b4.htm . Se i calcoli sono giusti e le misurazioniprecise, si ricava un valore medio piuttosto accurato e una conseguente distanza media del Sole, cheRaltri non è che l’unità astronomica, pari a AU = .π 0RiassumendoAnche se il procedimento è lungo e pieno di calcoli non sempre immediati, è importante capire ilragionamento attuato. Osservando Venere davanti al disco solare, allo stesso istante in due luoghidiversi, noi vedremo che la sua proiezione sul disco solare differirà di un certo angolo, chepossiamo misurare rispetto al raggio apparente del Sole (posto <strong>com</strong>e =1). L’informazione che neotteniamo, contiene in se tutto quello di cui abbiamo bisogno; essa infatti “nasconde” la parallassesia del pianeta Venere che dello stesso Sole; in particolare questa separazione sarà la differenza trale due parallassi. Detto questo, la mossa successiva è di riuscire a separare il contributo <strong>delle</strong>singole parallassi e successivamente, attraverso la terza legge di Keplero, dobbiamo cercare di dare<strong>delle</strong> unità di misura “convenzionali” ai nostri dati, cioè km per le <strong>distanze</strong> e secondi d’arco per leparallassi. Usano la prima e la terza legge di Keplero questo risulta possibile, ed otteniamo quindifinalmente un valore della parallasse solare (e di venere) utilizzabile, in secondi d’arco. Questoperò, è un valore puntuale, nel senso che varia da punto a punto dell’orbita terrestre, che è ellittica.


Ad ogni transito si troverà un diverso valore della parallasse solare e della distanza Terra-Sole. Ilpasso successivo è quindi trovare un valore medio, che corrisponde anche al semiasse maggioredell’orbita terrestre (che a priori non ha nulla a che fare con la distanza Terra-Sole; il semiassemaggiore è infatti la retta tra il centro e il bordo dell’ellisse, passante per uno dei fuochi; essocorrisponde alla distanza Pianeta-Sole solo se l’orbita del pianeta è circolare, e quindi i due fuochi eil centro dell’ellisse convergono tutti al centro); questo può essere fatto sempre con metodigeometrici che <strong>com</strong>unque non vanno mai oltre nozioni di trigonometria e prodotto tra vettori, allaportata di chiunque abbia una preparazione da scuola superiore.Dopo i noiosi calcoli, finalmente si arriva al valore tanto cercato; questo valore, è bene ricordarlo, èstato ottenuto solamente dall’osservazione simultanea del transito di venere sul disco solare.L’anello debole di tutta questa catena, è sicuramente il fatto di dover fare osservazioni allo stessoistante, cosa che ora pone pochi problemi, ma che era veramente difficile da attuare anche solo 100anni fa!Senza andare nel dettaglio, appare evidente che invece di osservare allo stesso istante le posizionidel disco di venere sul Sole, il discorso può essere invertito: possiamo annotare l’istante in cui ildisco di venere entra esattamente nel disco solare, e dalla differenza dei tempi, conoscendo lavelocità orbitale della terra e di venere, e tenendo conto della curvatura del bordo solare, si puòfacilmente ricavare la differenza di angolo del pianeta. In effetti, fu proprio annotando gli istanti diingresso del disco di venere che nei secoli passati si cercò di determinare la parallasse solare; irisultati non furono entusiasmanti a causa della scarsa qualità ottica degli strumenti dell’epoca edella turbolenza atmosferica, che rende difficile annotare gli istanti di contatto del pianeta con ildisco solare a causa del fenomeno chiamato goccia nera.Nell’epoca moderna, questo non è più un problema, e anche semplici astrofili equipaggiati conpiccoli telescopi amatoriali, sono in grado di produrre misure molto precise della parallasse solare.D’altra parte, nel mondo dei professionisti, questa tecnica è ormai stata superata dalle più modernee precise misurazioni radar, anche perché oltre all’oggettiva difficoltà del metodo dei transiti, c’èanche un altro fattore da non trascurare: i transiti di venere si verificano, solamente 2 volte in 120anni!Il valore preciso della parallasse solare è di 8.794148 secondi d’arco, che corrispondono ad unadistanza dell’unità astronomica (AU) di 149 597 970 km.E’ bene infine ricordare, che il valore di ogni parallasse equatoriale è un valore che prende <strong>com</strong>ebase l’intero raggio equatoriale terrestre; esso descrive cioè l’angolo che si avrebbe se dueosservatori fossero posti a distanza pari ad un diametro terrestre tra di loro (ricorda la definizione diparallasse).Nella realtà questo non succede, e si misurano parallassi su basi più piccole, <strong>com</strong>e centinaia di km(nel caso della luna). E’ bene però che questi valori, affinché abbiano significato e siano utilizzabilianche da altri osservatori, sianoDi seguito è riportata un tabella riassuntiva di <strong>com</strong>e il valore misurato della parallasse solare siavariato nel corso dei secoliParallassi PlanetarieAltri metodi per la misura della parallasse solare e quindi della distanza media Terra-Sole, si sonopotuti sviluppare solo dopo che Keplero formulò le sue famose leggi, in particolare la terza, quandofu possibile capire e prevedere finalmente, con buona precisione, le caratteristiche <strong>delle</strong> orbite<strong>planetarie</strong>. Per il nostro scopo, useremo la prima e soprattutto la terza legge; infatti, essa permette,<strong>com</strong>e abbiamo già visto, di avere un modello in scala del sistema solare, misurando tutte le <strong>distanze</strong>rispetto all’unità astronomica. E’ facile capire che una misura diretta di una <strong>delle</strong> tante <strong>distanze</strong> tra ipianeti, ci fa ricavare tutte le altre, <strong>com</strong>presa quella Terra-Sole.Il metodo <strong>com</strong>unque non è così semplice da applicare, perché le orbite dei pianeti sono ellittiche enon circolari, e di questo si deve tenere conto se si vuole effettuare una misura abbastanza precisa.


In prima approssimazione possiamo considerare le orbite circolari, e quindi il semiasse maggiore<strong>delle</strong> orbite <strong>planetarie</strong> coincide con il raggio (costante) e con il Sole al centro.La tecnica da seguire è la seguente: con il metodo della parallasse si ricava la distanza Terra-Pianetae successivamente, questo permette di ricavare tutte le altre <strong>distanze</strong>, in particolar modo l’unitàastronomica.Anche se la parallasse può misurarsi con tutti i pianeti, questo è vero solo in linea teorica; in pratica,una misura abbastanza precisa si può effettuare solamente sul pianeta Marte, <strong>com</strong>e fu proprio fattoin passato da Cassini e lo stesso Keplero.Consideriamo il sistema Terra-Marte-Sole. Per il pianeta rosso, possiamo scrivere facilmente lalegge di Keplero, che mi dice direttamente quanto esso dista in unità astronomiche dal Sole:P2a3P =PP2a3E ETuttavia, abbiamo facilmente un’altra relazione che mi lega la distanza Terra-Marte; infatti, quandoi due pianeti sono allineati, o meglio, quando Marte è in opposizione alla Terra, in primaapprossimazione, possiamo scrivere: a = a + d . Mettendo il tutto a sistema, troviamo:P E P⎧P2a3⎪ P=P⎨P2a3 che è un semplice sistema di due equazioni in due incognite, facilmente risolvibile.⎪ E E⎪a= a + d⎩ P E PNel nostro caso le incognite sono a e a cioè il semiasse maggiore dell’orbita Marte-Sole e ilP Esemiasse maggiore della distanza Terra-Sole, cioè l’unità astronomica.dManipolando le equazioni si trova la semplice formula: a =P=AU , dove d è laEP2/3P−1Pdistanza Terra-Pianeta (nel nostro caso Marte) al momento dell’opposizione, mentre P2/ 3è ilPperiodo di rivoluzione del pianeta espresso in anni. Questa formula ci da un valore abbastanzaattendibile per la misura dell’unità astronomica; l’unico dato sensibile da inserire è la distanzaTerra-Pianeta, che deve essere misurata sostanzialmente con il metodo della parallasse, e che quindirichiede un’ottima precisione.Questo metodo è molto semplice, ma purtroppo non abbiamo considerato l’eccentricità <strong>delle</strong> orbite.E’ facile notare che la distanza d non è sempre costante e dipende sostanzialmentePdall’eccentricità dell’orbita terrestre e del Pianeta considerato, e la relazione appena scrittaa = a + d è giusta solo in particolari configurazioni, e cioè quando i due pianeti si trovanoP E Pall’opposizione e con i semiassi maggiori allineati, e questo non è un fatto troppo frequente(ammesso che sia possibile che si verifichi; dipende anche dall’orientazione <strong>delle</strong> orbite!).


In alternativa si possono scegliere dei corpi celesti con orbite meno eccentriche, il che facilità il<strong>com</strong>pito e rende le misurazioni più precise, eccetto per la parallasse!Esiste una via molto più precisa, che però richiede la conoscenza <strong>delle</strong> orbite dei pianeti considerati,<strong>com</strong>e eccentricità e un angolo, chiamato anomalia eccentrica, che altro non è che un angolo che ciaiuta ad identificare il pianeta lungo il suo tragitto attorno al Sole.Questi due dati sono abbastanza facili da misurare e prescindono da qualunque misura di distanza.Per i nostri scopi, serve solo applicare la prima legge diKeplero, in forma matematica; essa afferma che le orbite<strong>planetarie</strong> sono <strong>delle</strong> ellissi, e il Sole è posto su uno deifuochi. Questo, tradotto in termini matematici, utilizzando leproprietà <strong>delle</strong> ellissi, si traduce in una formula moltopotente, che permette di conoscere la distanza del pianeta dalSole in qualunque istante, dalla conoscenza del suo semiassemaggiore (che è una costante, a differenza della distanza),dell’eccentricità, e dell’anomalia eccentrica.La formula ci dice che: rP= aP( 1−ePcos EP) dove r Pè ladistanza pianeta Sole, e Pl’eccentricità, ed E Pl’anomaliaeccentrica.Con l’aiuto di questa formula, possiamo calcolare facilmente la distanza istantanea della Terra dalSole e poi il semiasse maggiore, che altro non è che la media della distanza rP.⎧rP= rE+ dP⎪ 2 / 3Il sistema diventa così ⎨⎛PP⎞ ⎛1−ePcos EP⎞ r nelle incognite rPPed r Eche sono⎪⎜⎟⎜⎟ =⎩⎝PE⎠ ⎝1−eEcos EE⎠ rErispettivamente le <strong>distanze</strong> dei pianeti dal Sole (da non confondere con i semiassi <strong>delle</strong> loro orbite),mentre dPè la distanza che misuro grazie alla parallasse, del pianeta in opposizione.Risolvendo trovo facilmente r Ped r E. Ora, per trovare il semiasse maggiore dell’orbita terrestre (eanche quello di Marte) basta ricordare la relazione: rP= aP( 1−ePcos EP) ; ricavando il semiasse, sirPha: aP= ed il gioco è fatto!1− e cos EPP


Con questo metodo, Schiapparelli per primo ricavò una (rozza) misura dell’unità astronomica, inbase alla parallasse di Marte (che misurò in 15”). Ottenne circa 140 000 000 di Km; un valore nontroppo sbagliato rispetto all’attuale di 149 597 970 km .

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