Roberto Sozzi (ARPA Lazio) Teodoro Georgiadis (CNR-IBIMET ...

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1. INTRODUZIONE AL PLANETARY BOUNDARY LAYER.—————————————————————————————————————ed è pure altrettanto ovvio che, ripetendo l'osservazione un numero enorme di volte, emergerà un valorecaratteristico che rappresenta il comportamento medio di U, cioè:+∞∫−∞U = u ⋅ p( u)⋅ du[1.57c]Quindi l'osservazione del valore u in un dato punto dello spazio-tempo è una realizzazione dellavariabile stocastica U cui è associata una densità di probabilità p(u). La variabile stocastica U èinoltre caratterizzata da un valore medio (media di insieme) U , completamente definita da p(u) e datadalla (1.57c).La complessità della turbolenza e soprattutto la sua natura tridimensionale indicano che questa visione èestremamente parziale, dato che ci porterebbe a ritenere che ciò che capita in un dato punto dellospazio-tempo sia indipendente da ciò che sta capitando negli altri punti. La natura tridimensionale dellaturbolenza evidenzia, invece, che il valore della variabile U in un dato punto dello spazio-tempo ècorrelato con ciò che accade negli altri punti dello spazio-tempo. Quindi, se U 1 è il valoreosservato nel punto M 1 = (x 1 ,y 1 ,z 1 ;t 1 ) e U 2 è il valore nel punto M 2 = (x 2 ,y 2 ,z 2 ;t 2 ), le osservazionisperimentali ed il fatto che si debbano rispettare le relazioni di conservazione della fluidodinamica ciassicura che è necessario che esista una densità di probabilità bidimensionale p M1M2 tale che laprobabilità P che U sia compresa nell'intervallo u 1 ÷ u 1 +du 1 a M 1 e u 2 ÷ u 2 +du 2 a M 2 valga:[ u1 U1< u1+ du1;u2< U2< u2+ du2] = pMM ( u1,u2)du12Pr < du [1.58]1 2Questa relazione formalmente ci consente di tener conto, almeno parzialmente, della tridimensionalitàdella turbolenza, ma non della sua continuità temporale. A tale proposito, se consideriamo i genericipunti dello spazio-tempo M 1 = (x 1 ,y 1 ,z 1 ;t 1 ), M 2 = (x 2 ,,y 2 ,,z 2 ;t 2 ), ….., M n = (x N ,,y N ,,z N ;t N ) dovrà esistereuna funzione di densità di probabilità tale da consentire di definire la probabilità di Unell'intero spazio tempo, cioè:Pr[ u < U( M ) < u + du ; u < U ( M ) < u + du ;..; u < U ( M ) < u + du ]1111222 2 NN N NM M M( u , u ,.., uN) du du ..... du1 2....N 1 21 2 Np=[1.59]In sostanza, la (1.59) definisce una funzione di densità di probabilità per l'intero campo U.Sempre per la natura tridimensionale della turbolenza del PBL, una generica variabile fisica che ladescrive non può essere indipendente dalla altre variabili descrittrici e quindi devono essere definibilianche densità di probabilità congiunte che legano tra di loro le realizzazioni delle singole variabili. Laloro formulazione matematica è ancora più complessa della (1.59) e la tralasciamo. L’importante ècomprendere a quale conclusione siamo giunti. In pratica, una visione stocastica della turbolenza delPBL porta alla definizione di densità di probabilità congiunte che consentono di definire la probabilitàche in un dato punto dello spazio-tempo le variabili che descrivono la turbolenza (le trecomponenti del vento, la temperatura potenziale, la pressione, ecc.) assumano dati valori. Datoche il PBL è un fluido viscoso che, come tale, deve rispettare le leggi di conservazione dellafluidodinamica, questa visione di fatto cerca di riscrivere (almeno concettualmente) le relazioni diconservazione in termini di funzioni di densità di probabilità congiunta.Trattare direttamente tali funzioni di densità di probabilità non è comodo e cerchiamo quindi una via più—————————————————————————————————————- 37 -

1. INTRODUZIONE AL PLANETARY BOUNDARY LAYER.—————————————————————————————————————semplice per affrontare lo studio della turbolenza. Se ci limitiamo a considerare una sola variabile U nelpunto M 1 dello spazio-tempo, si definisce momento di ordine n la grandezza seguente:un+∞∫−∞( u)n= u ( M1 ) ⋅ p ⋅ du[1.60]Si nota immediatamente che, se n = 1, la (1.60) si riduce alla (1.57c): il momento del primo ordine,quindi, rappresenta il valore tipico assunto nel punto M 1 dalla variabile U, valore a cui diamo ilnome di media. Una volta definita la media, è possibile ora definire quelli che vengono chiamati imomenti centrali, definiti come:+∞n∫ [ u(M ) − u)] p( u)nM( u)=1⋅ du[1.61]−∞Il momento centrale più importante dopo la media è il momento centrale del secondo ordine, dettovarianza e definito come:+∞2∫ [ u( M1)− u] p( u)2σ = ⋅ du[1.62]u−∞la cui radice quadrata σ viene chiamata deviazione standard e rappresenta la dispersione mediaattorno al valor medio della variabile U nel punto M 1 .Anche il momento terzo e quarto rivestono una notevole importanza, anche se normalmente nonvengono considerati direttamente, ma danno luogo a due indicatori statistici noti come skewness (Sk) ekurtosis (Kr), definiti rispettivamente come:+∞13Sk = ∫ [ u( M1) − u] p( u)⋅ duσ3−∞+∞14Kr = ∫ [ u( M1) − u] p( u)⋅ du4σ−∞[1.63a][1.63b]La statistica ci assicura che la conoscenza di tutti i momenti (centrali o no) definiti fin qui è del tuttoequivalente alla conoscenza della densità di probabilità monodimensionale p(u). Ciò non esaurisceovviamente il problema, vista la necessità di conoscere anche l’interdipendenza tra i valori di una stessavariabile misurati in punti diversi dello spazio-tempo. A tale scopo, dati due punti M 1 e M 2 dello spaziotempo,è possibile definire anche in questo caso dei momenti, in particolare centrali, nel modo seguente:+∞n+m( u ) ⎡ U ( M )nm(1− u1) ( U ( M2) − u2) ⎤ ⋅ p( u1u2) ⋅ du12M u , = ∫du1 2,⎢⎣⎥⎦−∞[1.64]Di tutti i possibili momenti centrali, sicuramente il più interessante è quello del secondo ordine, dettoautocovarianza, definita come:M2( u u ) U( M )[( 1− u1) ⋅ ( U ( M2) − u2)] ⋅ p( u1u2) ⋅ du12+∞, = ∫du1 2,−∞[1.65a]—————————————————————————————————————- 38 -

1. INTRODUZIONE AL PLANETARY BOUNDARY LAYER.—————————————————————————————————————semplice per affrontare lo studio della turbolenza. Se ci limitiamo a considerare una sola variabile U nelpunto M 1 dello spazio-tempo, si definisce momento di ordine n la grandezza seguente:un+∞∫−∞( u)n= u ( M1 ) ⋅ p ⋅ du[1.60]Si nota immediatamente che, se n = 1, la (1.60) si riduce alla (1.57c): il momento del primo ordine,quindi, rappresenta il valore tipico assunto nel punto M 1 dalla variabile U, valore a cui diamo ilnome di media. Una volta definita la media, è possibile ora definire quelli che vengono chiamati imomenti centrali, definiti come:+∞n∫ [ u(M ) − u)] p( u)nM( u)=1⋅ du[1.61]−∞Il momento centrale più importante dopo la media è il momento centrale del secondo ordine, dettovarianza e definito come:+∞2∫ [ u( M1)− u] p( u)2σ = ⋅ du[1.62]u−∞la cui radice quadrata σ viene chiamata deviazione standard e rappresenta la dispersione mediaattorno al valor medio della variabile U nel punto M 1 .Anche il momento terzo e quarto rivestono una notevole importanza, anche se normalmente nonvengono considerati direttamente, ma danno luogo a due indicatori statistici noti come skewness (Sk) ekurtosis (Kr), definiti rispettivamente come:+∞13Sk = ∫ [ u( M1) − u] p( u)⋅ duσ3−∞+∞14Kr = ∫ [ u( M1) − u] p( u)⋅ du4σ−∞[1.63a][1.63b]La statistica ci assicura che la conoscenza di tutti i momenti (centrali o no) definiti fin qui è del tuttoequivalente alla conoscenza della densità di probabilità monodimensionale p(u). Ciò non esaurisceovviamente il problema, vista la necessità di conoscere anche l’interdipendenza tra i valori di una stessavariabile misurati in punti diversi dello spazio-tempo. A tale scopo, dati due punti M 1 e M 2 dello spaziotempo,è possibile definire anche in questo caso dei momenti, in particolare centrali, nel modo seguente:+∞n+m( u ) ⎡ U ( M )nm(1− u1) ( U ( M2) − u2) ⎤ ⋅ p( u1u2) ⋅ du12M u , = ∫du1 2,⎢⎣⎥⎦−∞[1.64]Di tutti i possibili momenti centrali, sicuramente il più interessante è quello del secondo ordine, dettoautocovarianza, definita come:M2( u u ) U( M )[( 1− u1) ⋅ ( U ( M2) − u2)] ⋅ p( u1u2) ⋅ du12+∞, = ∫du1 2,−∞[1.65a]—————————————————————————————————————- 38 -

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