Roberto Sozzi (ARPA Lazio) Teodoro Georgiadis (CNR-IBIMET ...

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7. IL PBL IN SITUAZIONI SUPERFICIALI ETEROGENEE—————————————————————————————————————dimensione e piante sparse ad alto fusto. Evidentemente le due zone presenteranno distinte rugositàsuperficiali e le masse d’aria che scorrono sopra una delle due zone, passando sull’altra incontrerannouna discontinuità e si adegueranno gradualmente alla nuova situazione. Si verrà quindi formando unostrato (Internal Boundary Layer, IBL) che partirà dalla linea di discontinuità e si svilupperàsottovento ad essa. Per avere un’indicazione visiva di tutto ciò, si veda per esempio la Fig. 7.10.Fig. 7.10: sviluppo di un Internal Boundary Layer (Arya, (1987).Immaginiamo, riprendendo l’esempio precedente, che il vento fluisca dalla prateria verso il centroabitato, cioè da una zona caratterizzata da una rugosità inferiore z 01 ad un’altra zona a rugositàsuperiore z 02 ed immaginiamo, per semplicità, che la linea di discontinuità sia perpendicolare alladirezione del vento. Da essa si svilupperà quindi uno strato che avrà origine in corrispondenza dellalinea di discontinuità stessa. Lo spessore δ di tale strato è praticamente nullo in corrispondenza dellalinea di discontinuità e cresce progressivamente con la distanza sottovento. Sopra δ, il profilo del ventoresta praticamente uguale a quello riscontrato sulla zona sopravvento alla linea di discontinuità, mentreal di sotto tale profilo risulta profondamente alterato. In particolare, è possibile individuare uno strato dilimitata estensione verticale a ridosso della superficie, di estensione pari a circa 0.1δ (detto innerlayer), in cui il profilo del vento è in equilibrio con la situazione incontrata localmente (rispettosa, cioèdella Similarità basata sui flussi superficiali locali) e lo strato di aria compresa tra la sommità dell’innerlayer e δ in cui il profilo del vento presenta una lenta transizione tra le due situazioni. Nella Fig.7.11viene presentato il profilo verticale del vento sia sopravvento alla discontinuità sia sottovento, nei duecasi tipici: il passaggio da una zona smooth ad una zona rugosa e viceversa. Nel primo caso, entrol’IBL si nota che il profilo del vento subisce una decelerazione, mentre nell’altro caso un’accelerazione.Comunque, al di sopra dell’IBL i due profili raggiungono l’equilibrio.Fig.7.11: profili verticali del vento (sopravvento u 1 e sottovento u 2 ) ad una discontinuità(Kaimal e Finnigan, 1994).———————————————————————————————————————- 241 -

7. IL PBL IN SITUAZIONI SUPERFICIALI ETEROGENEE—————————————————————————————————————Come riportato da Kaimal e Finnigan (1994), due sono i principali metodi proposti per descriverel’evoluzione di δ rispetto alla distanza x sottovento alla linea di discontinuità.Il primo è il modello semiempirico di Elliott (1958), espresso dalla relazione diagnostica seguente:dove:δz02⎛= A⎜⎝xz02⎞⎟⎠0.8⎛ zA = 0.75 + 0.03⋅ln⎜⎝ z0102⎞⎟⎠[7.11a][7.11b]Questo modello diagnostico è espresso da una relazione algebrica esplicita e quindi di uso moltosemplice ed è sostanzialmente supportata dai dati sperimentali presentati da Bradley (1968), anche secon parecchie eccezioni.Un altro modello, attribuito a Miyake e riportato in Panofsky e Dutton (1984), pare essere più rispettosodei dati sperimentali, anche se la sua forma differenziale lo rende meno comodo a usarsi. La suaformulazione è la seguente:δ B1u*=dx Ud 2( x)[7.12]dove B 1 è una costante pari a circa 1 e u *2 è la friction velocity sulla zona sottovento alla discontinuità.Con le assunzioni seguenti:u*2⎛ zU = ln ⎜k ⎝ zδ x = 0 = z( )0202⎞⎟⎠[7.13a][7.13b]la (7.12) può essere integrata ottenendo la relazione implicita seguente:δx⎡ ⎛ δ ⎞ ⎤⎢ln ⎜ 1⎥= B1k⎣ z⎟⎝−02 ⎠⎦[7.14]Come si può notare da sperimentazioni numeriche, la differenza tra i due modelli è estremamentecontenuta.I due modelli presentati sono estremamente semplici e molto approssimati; valutazioni più precisepossono essere fatte impiegando modelli fisici più dettagliati. L’osservazione più interessante cheemerge nell’analisi della (7.11) è che lo spessore dell’IBL crescerebbe all’infinito, cosa fisicamente nonreale e che denota la limitatezza di questo modello (ed anche di quello di Miyake). In pratica l’impiegodi tali modelli semplificati dovrà essere limitato a distanze ridotte (poche centinaia di metri dalla linea didiscontinuità). In Garratt (1990) è presentata una review sull’argomento in cui vengono presentatimaggiori dettagli modellistici sull’argomento.———————————————————————————————————————- 242 -

7. IL PBL IN SITUAZIONI SUPERFICIALI ETEROGENEE—————————————————————————————————————Come riportato da Kaimal e Finnigan (1994), due sono i principali metodi proposti per descriverel’evoluzione di δ rispetto alla distanza x sottovento alla linea di discontinuità.Il primo è il modello semiempirico di Elliott (1958), espresso dalla relazione diagnostica seguente:dove:δz02⎛= A⎜⎝xz02⎞⎟⎠0.8⎛ zA = 0.75 + 0.03⋅ln⎜⎝ z0102⎞⎟⎠[7.11a][7.11b]Questo modello diagnostico è espresso da una relazione algebrica esplicita e quindi di uso moltosemplice ed è sostanzialmente supportata dai dati sperimentali presentati da Bradley (1968), anche secon parecchie eccezioni.Un altro modello, attribuito a Miyake e riportato in Panofsky e Dutton (1984), pare essere più rispettosodei dati sperimentali, anche se la sua forma differenziale lo rende meno comodo a usarsi. La suaformulazione è la seguente:δ B1u*=dx Ud 2( x)[7.12]dove B 1 è una costante pari a circa 1 e u *2 è la friction velocity sulla zona sottovento alla discontinuità.Con le assunzioni seguenti:u*2⎛ zU = ln ⎜k ⎝ zδ x = 0 = z( )0202⎞⎟⎠[7.13a][7.13b]la (7.12) può essere integrata ottenendo la relazione implicita seguente:δx⎡ ⎛ δ ⎞ ⎤⎢ln ⎜ 1⎥= B1k⎣ z⎟⎝−02 ⎠⎦[7.14]Come si può notare da sperimentazioni numeriche, la differenza tra i due modelli è estremamentecontenuta.I due modelli presentati sono estremamente semplici e molto approssimati; valutazioni più precisepossono essere fatte impiegando modelli fisici più dettagliati. L’osservazione più interessante cheemerge nell’analisi della (7.11) è che lo spessore dell’IBL crescerebbe all’infinito, cosa fisicamente nonreale e che denota la limitatezza di questo modello (ed anche di quello di Miyake). In pratica l’impiegodi tali modelli semplificati dovrà essere limitato a distanze ridotte (poche centinaia di metri dalla linea didiscontinuità). In Garratt (1990) è presentata una review sull’argomento in cui vengono presentatimaggiori dettagli modellistici sull’argomento.———————————————————————————————————————- 242 -

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