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1 LA CORRISPONDENZA DEL FANTE Se fosse stato lecito violare il ...

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1<strong>LA</strong> <strong>CORRISPONDENZA</strong> <strong>DEL</strong> <strong>FANTE</strong><strong>Se</strong> <strong>fosse</strong> <strong>stato</strong> <strong>lecito</strong> <strong>violare</strong> <strong>il</strong> segreto epistolare, credo che le più belle pagine dellastoria della nostra guerra si sarebbero fatte mediante gli stralci della corrispondenza delfante. Quando, dopo lunghi mesi di lotta, parve scemare all'interno del Paese quellamirab<strong>il</strong>e forza di resistenza che dava aiuto morale alle nostre truppe, e dalle varie partidella penisola giungevano voci tendenziose che miravano a infiacchire lo spirito dei nostrisoldati, si rese necessario istituire anche nei reparti reggimentali, la più scrupolosacensura. Fu una dolorosa conseguenza della campagna disfattista condotta da moltielementi singoli e da associazioni, talune delle quali avevano rappresentanti perfino alparlamento nazionale. Carità patria vuole che a vittoria ottenuta si perdoni a coloro chetanto male produssero in circostanze così gravi per la nostra Italia, ma dovere di cittadiniimpone di non dimenticare l'attentato infame alla vita della nazione e alle centinaia dimigliaia di suoi figli che si sacrificarono per la sua salvezza.Era un grande dolore per <strong>il</strong> soldato sapere che i segreti più cari del suo cuore erandati in pasto agli estranei e che ogni sua frase veniva sottoposta a d<strong>il</strong>igente esame pervedere se non nascondesse qualche significato che rivelasse diminuzione di quello spiritoaggressivo, <strong>il</strong> quale suole condurre le m<strong>il</strong>izie alla vittoria. Ma i fac<strong>il</strong>i demagoghi, se anchepoterono nuocere al Paese, non valsero a iniettare negli animi dei forti i germi della rovina.Tornava di conforto leggere le semplici ma eloquenti parole dei nostri gregari, inspirate aquell'um<strong>il</strong>e eroismo e a quella salda fede che non si spense mai negli animi dei nostricombattenti.La lettera, da Enrico Pino, La Grande Guerra - Storia, pensieri e immagini, a cura del Comando M<strong>il</strong>itare Esercito«Veneto», Padova, 2008


2Nell'imminenza della battaglia i superstiti di tanti combattimenti trovavano le notepiù affettuose per raccomandare, in caso di sciagura, la rassegnazione ai loro cari; inmaniera velata, per non rattristare le famiglie, esprimevano le loro ultime volontà. Allaconsorte, al fratello veniva affidata la cura dei teneri figli o dei vecchi genitori; l'amicosincero riceveva sempre un mandato pietoso; talora s'incaricava persona affezionata perappianare una vecchia lite, per chiedere o per concedere <strong>il</strong> perdono: non si può far di sèsacrifizio pieno alla Patria se l'animo è tormentato da rancori. Si pensi allo <strong>stato</strong> d'animodei nostri fantaccini quando, prossimi alla battaglia, mandavano un saluto alle personecare: li avreste visti pronti nelle trincee, s<strong>il</strong>enziosi, scambiare qualche parola coi compagnivicini, scrivere poche righe nervosamente su una cartolina di guerra, che affidavano alportalettere prima di muovere all'attacco. Che si dicono, sommesso, quei due poverisoldati? : «Amico, se io muoio, scrivi a mia madre; d<strong>il</strong>le che son caduto compiendo <strong>il</strong> miodovere». E si scambiano gli indirizzi.Lettere a casa. Dalle raccolte del Reparto Fotografico del Comando Supremo del Regio Esercito, riprodotta neLa guerra, vol.II - Il Carso, ed. Fratelli Treves, M<strong>il</strong>ano, 1916 (archivio www. cimeetrincee.it)Talvolta, dopo un'avanzata vittoriosa, anche <strong>il</strong> fante comp<strong>il</strong>ava una specie dicomunicato per i suoi famigliari; erano veramente gustose quelle informazioni, le qualispesso rivelavano l'ignoranza di ogni località pur di recente conquistata da chi scriveva.Ricordo d'un mio soldato <strong>il</strong> quale, dopo la vittoriosa offensiva del maggio 1917 sul NadBregom, in direzione di <strong>Se</strong>lo, comunicava alla sua sposa che da giorni si procedeva divittoria in vittoria, e che fra non molto si sarebbe arrivati nientemeno che a Doberdò ! 1Nel giugno del 1917 un calabrese della classe 76 che si trovava in linea da qualchegiorno e che aveva a casa sua la moglie con ben cinque figlioli, dopo aver scritto ai suoidella vita di trincea, concludeva col dire che i pericoli eran tanti, ma che <strong>il</strong> disagiomaggiore per lui era quello di soffrir la sete; lo stesso soldato, richiesto da me della localitàdove si combatteva, non seppe rispondermi se non questo: che stava sul Carso. E dire chesotto <strong>il</strong> suo sguardo costante eran le rovine di Iamiano, e più avanti apparivano le bianche1 Doberdò è situato nel centro dell'altipiano omonimo, e fu conqui<strong>stato</strong> nell'agosto 1916, mentre <strong>il</strong> Nad Bregom fa partedell'altipiano di Comen e fu conqui<strong>stato</strong> più tardi.


3case di Brestovizza. Santa ingenuità! eppure quei soldatini di laggiù neri e irsuti, che isettentrionali chiamavano «terra matta o terra da pipe», erano fieri come leoni econcepivano <strong>il</strong> dovere ciecamente come dedizione fino alla morte. <strong>Se</strong>, prima dell'attacco, siraccomandava loro di comportarsi bene e di manovrar la baionetta, rispondevanosorridenti: «Ma che dicite, signor tenente, sugnu calabrisi, santo diavolo!» E si può giurareche non hanno promesso invano.Lettere a casa. Dalle raccolte del Reparto Fotografico del Comando Supremo del Regio Esercito, riprodotta neLa guerra, vol.II - Il Carso, ed. Fratelli Treves, M<strong>il</strong>ano, 1916 (archivio www. cimeetrincee.it)© Tutti i diritti riservati.Proprietà letteraria Adolfo Zamboni.

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