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Consiglio di Stato, sez. IV, 10 maggio 2012, n. 2723 ... - Ediltecnico

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proce<strong>di</strong>mento), su una pluralità <strong>di</strong> elementi, quale la forza probatoria fidefaciente da annettersi alverbale <strong>di</strong> accertamento, peraltro non oggetto <strong>di</strong> impugnazione; su quanto si è potuto dedurre dallostesso primo ricorso (poi <strong>di</strong>chiarato improce<strong>di</strong>bile); infine, da considerazioni (pagg. 12 – 13 sent.),che portano ad affermare che “ciò che chiaramente risulta . . . dagli elementi prodotti è che ilmanufatto condonato, che già era stato e<strong>di</strong>ficato utilizzando il muro preesistente posto sul confinelungo il lato ovest, è stato integralmente demolito”.Orbene, con il primo motivo <strong>di</strong> ricorso, gli appellanti:- per un verso, pongono in dubbio, senza alcuno specifico elemento probatorio, ma solo sulla base<strong>di</strong> proprie argomentazioni non <strong>di</strong>mostrate, la “tecnicità” dell’accertamento compiuto dalla Poliziamunicipale (e ciò a prescindere dalla natura <strong>di</strong> atto pubblico del verbale, che rende pertanto leaffermazioni in esso contenute controvertibili solo con querela <strong>di</strong> falso);- per altro verso, hanno offerto una pluralità <strong>di</strong> considerazioni (in specie, pagg. 20 – 24 appello), chetuttavia non superano il dato <strong>di</strong> fatto, e cioè che un muro non demolito (circostanza affermata anchein sentenza), era elemento preesistente alla stessa realizzazione del manufatto demolito, e quin<strong>di</strong>costituente un dato non utilizzabile ai fini <strong>di</strong> una <strong>di</strong>versa qualificazione dell’abuso (contrariamente aquanto sostenuto dagli appellanti), e che – quanto al muro lato nord – non sono idonee a porre in<strong>di</strong>scussione il convincimento del I giu<strong>di</strong>ce.Ad ogni buon conto, occorre ricordare che questo stesso <strong>Consiglio</strong> <strong>di</strong> <strong>Stato</strong> (<strong>sez</strong>. <strong>IV</strong>, 19 febbraio2007 n. 867), ha già affermato che “la demolizione parziale si ha quando continua ad esistere unaparte del manufatto, avente una propria autonomia, tale da far ritenere sussistente un e<strong>di</strong>ficio insenso tecnico. E non si può considerare esistente un e<strong>di</strong>ficio in senso tecnico, quando sianoconservate soltanto le fondamenta e una parte del muro perimetrale, senza cioè la copertura ed imuri perimetrali”. Il che porta ad escludere, anche in virtù <strong>di</strong> quanto concretamente effettuato, chenel caso <strong>di</strong> specie ricorra un’ipotesi <strong>di</strong> demolizione parziale.L’attività <strong>di</strong> demolizione e ricostruzione – che pure può integrare una ipotesi <strong>di</strong> ristrutturazionee<strong>di</strong>lizia – ha comportato tuttavia, nel caso <strong>di</strong> specie, come affermato dalla sentenza (e nonsostanzialmente contestato dagli appellanti), una mo<strong>di</strong>fica (ancorchè minima) del volume e dellasagoma.Pertanto, alla luce delle considerazioni espresse, occorre ritener infondato il I motivo <strong>di</strong> appello.Ad identiche conclusioni deve pervenirsi anche in relazione agli ulteriori motivi <strong>di</strong> impugnazioneproposti.Quanto al secondo motivo (sub b) dell’esposizione in fatto), evidenziato come la partecipazioneproce<strong>di</strong>mentale sia stata assicurata in sede <strong>di</strong> rinnovazione del proce<strong>di</strong>mento (non costituendol’eventuale omissione <strong>di</strong> comunicazione <strong>di</strong> avvio del proce<strong>di</strong>mento, peraltro, vizio inficiante ildoveroso provve<strong>di</strong>mento sanzionatorio adottato), occorre osservare che correttamente la sentenzaappellata ha rilevato i <strong>di</strong>fferenti presupposti e finalità che sorreggono l’espressione <strong>di</strong> pareredell’autorità competente in materia e<strong>di</strong>lizia e della Soprintendenza per i beni architettonici epaesaggistici. Né l’amministrazione, avendo deciso <strong>di</strong> rinnovare il proce<strong>di</strong>mento, era tenuta amotivare in or<strong>di</strong>ne a proprie precedenti considerazioni, potendosi comunque evincere, peraltro, talemotivazione dalle ragioni poste a sostegno dell’adottato provve<strong>di</strong>mento sanzionatorio.Quanto al terzo motivo, giova osservare che la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazionedella nozione <strong>di</strong> “pertinenza” ai fini e<strong>di</strong>lizi, come elaborata dalla giurisprudenza amministrativa(Cons. <strong>Stato</strong>, <strong>sez</strong>. <strong>IV</strong>, 23 luglio 2009 n. 4636), secondo la quale la nozione civilistica <strong>di</strong> pertinenza èpiù ampia <strong>di</strong> quella applicata nella materia urbanistica, nel senso che beni, che in <strong>di</strong>ritto civileassumono senz'altro natura pertinenziale, non sono tali ai fini dell'applicazione delle regole chegovernano l'attività e<strong>di</strong>lizia, ogniqualvolta assumono autonomia rispetto ad altra costruzione, conconseguente loro assoggettamento al regime concessorio; pertanto, in materia e<strong>di</strong>lizia sonoqualificabili come pertinenze solo le opere prive <strong>di</strong> autonoma destinazione e che esauriscano la lorodestinazione d'uso nel rapporto funzionale con l'e<strong>di</strong>ficio principale, così da non incidere sul caricourbanistico.

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