10.07.2015 Views

Paola DI NICOLA - Un nuovo welfare per la famiglia che cambia - Meic

Paola DI NICOLA - Un nuovo welfare per la famiglia che cambia - Meic

Paola DI NICOLA - Un nuovo welfare per la famiglia che cambia - Meic

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Coscienza243-4°2013settimana sociale<strong>Pao<strong>la</strong></strong> Di Nico<strong>la</strong>,professore ordinariodi Sociologiaall’<strong>Un</strong>iversitàdi Verona, insegnaSociologia del<strong>la</strong><strong>famiglia</strong> e delle retiassistenziali<strong>Un</strong> <strong>nuovo</strong> <strong>welfare</strong><strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong><strong>che</strong> <strong>cambia</strong><strong>Pao<strong>la</strong></strong> Di Nico<strong>la</strong>Letendenze in atto di riforma dei sistemi di <strong>welfare</strong> sempre più frequentementechiamano in causa le funzioni sociali svolte dalle famiglie. Se da una parte abbiamoimportanti e significativi produttori di dati sia a livello nazionale <strong>che</strong> a livello europeo<strong>che</strong> mettono sistematicamente l’accento sul<strong>la</strong> quantità di servizi di cura prodottidalle famiglie (cura dei bambini, assistenza agli anziani, accompagnamento dei giovaninel lungo e sempre più procrastinano ingresso nel mercato del <strong>la</strong>voro e nel<strong>la</strong> vita adulta),dall’altra parte eminenti economisti puntano l’attenzione sul<strong>la</strong> quantità di ric<strong>che</strong>zzaprodotta dalle famiglie (sotto forma di <strong>la</strong>voro domestico e <strong>la</strong>voro di cura), <strong>che</strong> nonentra nel computo del Pil e nel circuito del<strong>la</strong> redistribuzione istituzionale e come talecrea una situazione <strong>per</strong>sistente di ric<strong>che</strong>zza privata e povertà pubblica. Da una parte,abbiamo <strong>la</strong> posizione di quanti sostengono <strong>che</strong>, nonostante tutto, <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> italianaancora tiene, e dall’altra <strong>la</strong> posizione di quanti vedono nel <strong>per</strong>sistente “familismo” dell’italianomedio uno dei fattori <strong>che</strong> maggiormente pesano sul mancato sviluppo economicoe sociale di una società – quel<strong>la</strong> italiana – <strong>che</strong> presenta bassi tassi di occupazione,in partico<strong>la</strong>re femminile, una quota ridotta di servizi al<strong>la</strong> <strong>per</strong>sona, alti livelli dipartico<strong>la</strong>rismo, poco capitale sociale generalizzato e livelli bassi di mobilità sociale.Forte è il dibattito se <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> sia da considerare una risorsa e se sì di <strong>che</strong> tipo, ovverose <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> sia da considerare un freno al<strong>la</strong> crescita generale del Paese. Sia in uncaso <strong>che</strong> nell’altro, tuttavia, è necessario affrontare due ordini di problemi: da unaparte valutare i <strong>cambia</strong>menti in atto delle famiglie italiane e dall’altro i princìpi, le ideologieesplicite o implicite presenti nei diversi progetti-programmi di riforma dei sistemidi <strong>welfare</strong>.L’assunto da cui si parte è <strong>che</strong> non si può analizzare <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> come struttura iso<strong>la</strong>ta:<strong>la</strong> vitalità delle <strong>famiglia</strong> sta nel suo interscambio con le altre istituzioni sociali e <strong>che</strong> istituzionifondamentali del<strong>la</strong> società del benessere sono le istituzioni di <strong>welfare</strong>. La storiadel<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> è profondamente intrecciata con <strong>la</strong> storia dello sviluppo dei sistemi di<strong>welfare</strong> <strong>per</strong> due ordini di fattori: 1) le istituzioni di <strong>welfare</strong> (previdenza, sanità, istruzione,eccetera) nascono come sistemi redistributivi tesi a ridurre il peso del<strong>la</strong> disuguaglianzaprodotta e trasmessa dalle famiglie, e quindi in un modo o nell’altro hannoinfluenzato le forme organizzative <strong>che</strong> i sistemi familiari stavano assumendo (ad esempioil declino delle forme estese di coabitazione – <strong>che</strong> inglobavano <strong>la</strong> funzione produttivae riproduttiva –, <strong>la</strong> nascita del<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> neolocale e nucleare); 2) le famiglie, <strong>che</strong>hanno conosciuto un indubbio alleggerimento funzionale, hanno investito nel<strong>la</strong> lorofunzione residua: <strong>la</strong> funzione riproduttiva. Durante <strong>la</strong> “grande trasformazione” (nascitadel capitalismo e del<strong>la</strong> modernità), mentre <strong>la</strong> funzione produttiva viene trasferitalentamente al mercato (di produzione, trasformazione, vendita, scambio di servizi e


merci, compreso il <strong>la</strong>voro), <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> conserva<strong>la</strong> funzione riproduttiva, intesa come produzionee rimpiazzo del<strong>la</strong> forza <strong>la</strong>voro nel<strong>la</strong> quantitàe qualità richiesta dal nascente mercato del<strong>la</strong>voro. An<strong>che</strong> se tale funzione comincia adessere connotata come “funzione privata”, inrealtà le famiglie iniziano ad investire sui figli,sul<strong>la</strong> crescita del loro capitale umano, sull’aumentodelle loro potenzialità di mobilità e diavanzamento sociale, così come <strong>cambia</strong>no, intermini di intensificazione delle re<strong>la</strong>zioni affettivee di riconoscimento reciproco, le re<strong>la</strong>zioniconiugali e di prossimità.Attualmente tale “intreccio” di reciproco vantaggio(forza <strong>la</strong>voro qualificata in cambio di <strong>la</strong>voroe tutele di base) ha <strong>per</strong>so <strong>la</strong> sua forza propulsivadi sviluppo sociale e promozione deidiritti di cittadinanza e dell’autonomia e libertàindividuale. Sono venute meno le condizionipoliti<strong>che</strong>, culturali e sociali <strong>che</strong> erano al<strong>la</strong> basedel patto di solidarietà Stato-cittadini. Di qui <strong>la</strong>necessità di “ripensare” il <strong>welfare</strong>, di qui <strong>la</strong>necessità di fare i conti e/o contare con/sul<strong>la</strong><strong>famiglia</strong>. Per alcuni autori il “capitalismo delbenessere” si fondava su tre pi<strong>la</strong>stri: Stato, <strong>famiglia</strong>,mercato. Al momento attuale tutti e tre ipi<strong>la</strong>stri stanno vacil<strong>la</strong>ndo: lo Stato ha <strong>per</strong>soforza redistributiva, <strong>per</strong>ché ha meno risorse dainvestire <strong>per</strong> <strong>la</strong> sicurezza e <strong>la</strong> tute<strong>la</strong> dei cittadini(il debito pubblico è un indicatore delle crescentidifficoltà di tenuta dei sistemi di <strong>welfare</strong>);<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> fa fatica a garantire il <strong>la</strong>voro di cura e<strong>la</strong> riproduzione sociale (tale difficoltà è benesemplificata dal crollo dei tassi di fecondità); ilmercato produce meno ric<strong>che</strong>zza e meno postidi <strong>la</strong>voro (riduzione del<strong>la</strong> crescita del Pil eaumento del<strong>la</strong> disoccupazione strutturale,soprattutto giovanile), con re<strong>la</strong>tiva contrazionedel gettito contributivo e fiscale.Per uscire dall’impasse, dunque, è necessarioagire sui tre fronti – Stato, <strong>famiglia</strong> e mercato –con azioni coordinate, in grado di gestire unacomplessità <strong>che</strong> l’attuale e <strong>per</strong>sistente crisi economicae finanziaria può facilmente trasformarein un fallimento. Fallimento non solo dei progettidi vita individuale, ma an<strong>che</strong> di un interomodello di sviluppo socio-economico e culturale<strong>che</strong> affidava al <strong>welfare</strong> <strong>la</strong> funzione fondamentaledi integrazione e inclusione sociale. L’Agendaeuropea 2020 non rinuncia al progetto dicostruzione di una società più inclusiva, attraversopoliti<strong>che</strong> di lotta al<strong>la</strong> povertà e all’esclusionesociale e politi<strong>che</strong> di investimento nelmercato del <strong>la</strong>voro, <strong>per</strong> fare aumentare l’occupazione,an<strong>che</strong> a costo di <strong>cambia</strong>re <strong>la</strong> natura, lecaratteristi<strong>che</strong> e – forse – <strong>la</strong> qualità del <strong>la</strong>voro.LA FAMIGLIA CHE CAMBIAIn tale quadro di profondi <strong>cambia</strong>menti, ci sipotrà chiedere “cosa c’entra <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong>?”. Nel<strong>la</strong>Coscienza253-4°2013


Coscienza263-4°2013settimana socialesocietà degli “individui” forse essa è una istituzione<strong>che</strong> ha fatto il suo tempo, <strong>per</strong> cui inqualsiasi progetto di riforma del <strong>welfare</strong>, <strong>la</strong>si potrebbe saltare, tute<strong>la</strong>ndo solo i dirittiindividuali. In realtà essa c’entra e an<strong>che</strong>molto. Primo <strong>per</strong>ché i processi di “individualizzazione”prendono l’avvio da unmondo intersoggettivo, al cui interno siacquista consapevolezza del sé attraversore<strong>la</strong>zioni con “altri significativi”, <strong>che</strong> nei primissimianni di vita non sono istituzioniastratte e formali, ma <strong>per</strong>sone in carne edossa (ed in generale sono i genitori). Secondo<strong>per</strong>ché, <strong>per</strong> quanto vissuta come “meraarea degli affetti”, <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> o<strong>per</strong>a <strong>la</strong> primagrande redistribuzione delle risorse materialie non materiali tra i suoi componenti:tra genitori e figli, tra cittadini de facto (adultitito<strong>la</strong>ri di diritti e doveri) e cittadini inpotenza (figli e minori). Nelle traiettorie divita individuale, <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> ancora conta;ignorare tale fatto, significa <strong>che</strong> in prospettivaconterà sempre di più, generando una ristratificazionesociale molto simile a quel<strong>la</strong>delle prime fasi dell’industrializzazione. Èdunque importante dedicare una partico<strong>la</strong>reattenzione al<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong>, in termini an<strong>che</strong> dipoliti<strong>che</strong> sociali, non <strong>per</strong> riportare indietro<strong>la</strong> <strong>la</strong>ncetta dell’orologio (recu<strong>per</strong>ando ilmodello-stereotipo del<strong>la</strong> “grande <strong>famiglia</strong>del passato in cui tutti si volevano bene”),ma sostenendo<strong>la</strong> <strong>per</strong>ché possa continuare asvolgere le sue funzioni sociali, compatibilmentecon i mutamenti strutturali e re<strong>la</strong>zionali<strong>che</strong> l’hanno coinvolta.L’aumento delle famiglie di fatto e dellenascite al di fuori del matrimonio ha focalizzato<strong>per</strong> molto tempo il dibattito sui <strong>cambia</strong>mentidel<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> italiana. Conflittualitàconiugale, diminuzione dei tassi di nuzialità edi fecondità, unitamente all’aumento dei figlinati al di fuori del matrimonio sono statiletti come indicatori dei processi di de-istituzionalizzazionedel<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong>. La crescentedisaffezione degli italiani al modello familiarec<strong>la</strong>ssico fondato sul<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione coniugaleformalizzata <strong>che</strong> trovava un suo complemento(completamento?) nel<strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione difiliazione è stata spiegata al<strong>la</strong> luce dei processidi seco<strong>la</strong>rizzazione, di de-tradizionalizzazionedei meccanismi di formazione dell’identitàe di potenziamento dei diritti individuali,<strong>che</strong> non possono più essere riferiti allecomunità di appartenenza, né essere sacrificatiin nome di un bene collettivo di ordinesu<strong>per</strong>iore. Nel tempo l’elenco delle nuovefamiglie si è ampliato: si è a<strong>per</strong>to il dibattitosulle famiglie ricomposte e, più recentemente,sulle unioni omosessuali. Su questo terrenosi è a<strong>per</strong>to un <strong>nuovo</strong> fronte delle lotte<strong>per</strong> il riconoscimento, <strong>che</strong> non credo si possanosottovalutare e ignorare.Tuttavia accanto a questi <strong>cambia</strong>menti <strong>che</strong>sono molto evidenti, è possibile coglierneun altro più lento e profondo, <strong>che</strong> sta modificandoil profilo del<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> italiana. È un<strong>cambia</strong>mento <strong>che</strong> affonda le sue radici neiprocessi di invecchiamento del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione.La popo<strong>la</strong>zione invecchia <strong>per</strong>ché si vivepiù a lungo (e forse il merito di questo è daattribuire an<strong>che</strong> al miglioramento del<strong>la</strong> qualitàdelle vita dovuta al <strong>welfare</strong> state) e <strong>per</strong>chéi giovani fanno meno figli: il ricambiogenerazionale sta diventando un problema“politico”, in quanto in prospettiva avremomeno attivi e più non attivi, dipendenti dalsistema di cure pubblico (previdenza esanità) e privato (familiare) <strong>per</strong> un arco temporalesempre più ampio. Ma non invecchiasolo <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione, invecchia an<strong>che</strong> <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong>italiana. Quasi <strong>la</strong> metà delle famiglie italiane(sommando nuclei uni<strong>per</strong>sonali e coppie)sono composte da anziani <strong>la</strong> cui autosufficienzae capacità di “farce<strong>la</strong> da soli”tende ovviamente a scemare nel tempo: oggici si sposa (o si stabilisce una re<strong>la</strong>zione dicoppia) sempre più tardi, si generano figlisempre più tardi, si <strong>la</strong>scia <strong>la</strong> casa dei genitoriben oltre <strong>la</strong> soglia del<strong>la</strong> maggiore età. Intermini generali, si è nonni, genitori, figli enipoti <strong>per</strong> tempi sempre più lunghi e soprattuttol’assolvimento dei ruoli legati a questefigure non è più in sequenza temporale, main forte sovrapposizione. Su questa sovrapposizionesi è retto <strong>per</strong> molti aspetti ilmodello di <strong>welfare</strong> italiano, <strong>che</strong> ha <strong>la</strong>sciatoal<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> le gestione privata – molti direbberofamilistica! – del <strong>la</strong>voro riproduttivo,del <strong>la</strong>voro di cura e del<strong>la</strong> produzione deiservizi al<strong>la</strong> <strong>per</strong>sona. Su questa sovrapposizionesi gioca oggi <strong>la</strong> capacità di tenuta del<strong>la</strong><strong>famiglia</strong>, intesa come snodo centrale <strong>per</strong> <strong>la</strong>transizione al<strong>la</strong> vita adulta. Profili sovrapposti,dunque, tenuti insieme da un meccanismodi scambio tra i sessi e le generazioni,<strong>che</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> italiana si è retto sul <strong>la</strong>vo-


o di cura delle donne: mogli e madri casalingheo impegnate sui due fronti dei <strong>la</strong>voro produttivoe riproduttivo <strong>che</strong> allevano figli, spesso conl’aiuto di nonne ancora efficienti, svolgono il<strong>la</strong>voro domestico con scarsi aiuti da parte delconiuge/partner e assistono gli anziani del<strong>la</strong> propria<strong>famiglia</strong>. Per <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> italiana, una dellecondizioni <strong>che</strong> rendeva possibile lo scambio eral’esistenza di un marito/padre <strong>la</strong>voratore atempo pieno, possibilmente dipendente e atempo indeterminato: il così detto “breadwinne” (procacciatore di pane). La <strong>per</strong>sistentepovertà delle famiglie italiane, <strong>che</strong> sfiora il 13%delle famiglie e <strong>che</strong> si raddoppia, come incidenza,se <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> è monoreddito, se numerosa,se monogenitoriale (con madre come figura diriferimento), se costituita da una anziana, dimostracome i termini <strong>per</strong> lo scambio intergenerazionalee <strong>per</strong> il tacito patto coniugale, non esistonopiù e <strong>che</strong> – ove e quando esistito – il rapportodare/avere era ed è troppo svantaggioso<strong>per</strong> qualcuno.Invecchia <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione, invecchia <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong>,invecchiano an<strong>che</strong> le care-giver, sulle quali gravaun <strong>la</strong>voro di cura sempre più insostenibile.Le linee di discendenza si prosciugano: famigliesempre più piccole, al cui interno le responsabilitàdi accudimento degli anziani, vengono ripartitetra un numero sempre più ridotto di figli. Il<strong>la</strong>voro di cura diventa sempre più oneroso.Crescono le aspettative di poter godere di egarantire buoni livelli di qualità del<strong>la</strong> vita: a frontedi una carenza di servizi pubblici <strong>per</strong> infanziae terza età di qualità e adeguati, il <strong>la</strong>voro di curadiventa sempre più costoso.Aumentano i tassi di sco<strong>la</strong>rizzazione e di occupazionedelle donne, crescono le aspettative direalizzazione in ambito extra-domestico eextra-familiare: <strong>per</strong> le donne il <strong>la</strong>voro di curasempre più è valutato in termini di costi/opportunità.Alle crescenti difficoltà di ingresso dei giovaninel mercato del <strong>la</strong>voro, all’allungamento deitempi <strong>per</strong> <strong>la</strong> formazione e al rinfoltimento del<strong>la</strong>schiera del<strong>la</strong> “generazione 1000 euro”, le famigliefunzionano da ammortizzatore sociale: il<strong>la</strong>voro di cura diventa un investimento a lungotermine, se non un investimento a fondo <strong>per</strong>duto.Per le nuove generazioni formare una <strong>famiglia</strong> egenerare figli può essere una scelta rischiosa:Coscienza273-4°2013


Coscienza283-4°2013settimana socialecome mostrano i dati sul<strong>la</strong> distribuzionedel<strong>la</strong> povertà tra i diversi tipi di famiglie, il<strong>la</strong>voro di cura non è più una risorsa <strong>per</strong> l’individuo,ma sta diventando un fattore dirischio di povertà.Il matrimonio non è più “<strong>per</strong> sempre, finchémorte non vi separi”: nelle traiettorie di vitaindividuale, i soggetti dello scambio <strong>cambia</strong>no,spesso mutano i termini dello patto, leforme del<strong>la</strong> negoziazione, l’intensità e <strong>la</strong>forza dei legami tra le generazioni e tra isessi.Leggere i <strong>cambia</strong>menti del<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> al<strong>la</strong> lucedel patto di scambio tra sessi e generazioni(<strong>che</strong> può essere considerato il patto costitutivodel matrimonio quasi in tutte lesocietà umane, sia del passato <strong>che</strong> contemporanee)consente di dare visibilità a quel<strong>la</strong>funzione, spesso negletta dagli studiosi del<strong>la</strong><strong>famiglia</strong> e liquidata come affare privato edelle donne, <strong>che</strong> è <strong>la</strong> funzione riproduttiva(intesa in senso ampio come ricambio generazionalee rimpiazzo del<strong>la</strong> forza <strong>la</strong>voro). Daquesto punto di vista, il <strong>la</strong>voro di cura, <strong>la</strong> suaintensità, <strong>la</strong> sua incidenza nel bi<strong>la</strong>ncio – nonsolo economico – delle famiglie, <strong>la</strong> sua ripartizionetra attivi e non attivi, tra <strong>famiglia</strong> eStato, tra maschi e femmine diventa unpunto di partenza importante non solo <strong>per</strong>portare al<strong>la</strong> luce quelli <strong>che</strong> sono i <strong>cambia</strong>mentiin atto nelle famiglie italiane, ma an<strong>che</strong><strong>per</strong> individuare elementi critici (se non sivuole par<strong>la</strong>re di “bisogni”) sui quali intervenire<strong>per</strong>ché il capitalismo del benessere non<strong>per</strong>da uno dei pi<strong>la</strong>stri sui quali si reggeva.LE RIFORME POSSIBILI, LE RIFORME AUSPI-CABILINonostante l’apparente immobilismo, ilsistema di <strong>welfare</strong> italiano ha conosciuto inquesti ultimi venti anni alcuni <strong>cambia</strong>menti<strong>che</strong> hanno inciso sul<strong>la</strong> sua attuale configurazione.A livello nazionale, con <strong>la</strong> riformaDini, si è modificato il metodo di computodelle pensioni (dal retributivo al contributivo)<strong>per</strong> abbassarne, in prospettiva, il costo,così come l’innalzamento dell’età pensionabile<strong>per</strong> uomini e donne tende a renderemeno “generoso” e quindi meno costoso<strong>per</strong> <strong>la</strong> collettività il sistema previdenza. Lariforma del mercato del <strong>la</strong>voro <strong>che</strong> miravaa rego<strong>la</strong>mentare le tante attività “informali”<strong>per</strong> recu<strong>per</strong>arle al sistema fiscale e contributivo,in realtà si è trasformato in unaforma di precarizzazione <strong>per</strong>enne soprattutto<strong>per</strong> i giovani, <strong>che</strong> si sono visti preclusa<strong>la</strong> strada <strong>per</strong> accedere ad un <strong>la</strong>voro stabile.Fattore, questo <strong>che</strong>, in prospettiva,renderà il costo delle pensioni sempre piùbasso. Sempre in campo pensionistico, sonostati introdotti degli s<strong>che</strong>mi assicurativi privati,a fianco di quelli pubblici. A livellonazionale, <strong>la</strong> legge sui congedi genitoriali èstata pensata <strong>per</strong> favorire l’ingresso del<strong>la</strong>donna nel mercato del <strong>la</strong>voro e <strong>la</strong> conciliazionetra <strong>la</strong>voro produttivo e <strong>la</strong>voro riproduttivo.Ma di tale legge, in realtà, possonousufruire solo i <strong>la</strong>voratori dipendenti, <strong>per</strong>ché<strong>la</strong> diffusione dei nuovi contratti di <strong>la</strong>vorofa sì <strong>che</strong> <strong>la</strong>voratori/trici atipici/<strong>che</strong> configli se hanno problemi di custodia e cura,stanno a casa. Inoltre, nessuno dice <strong>che</strong> conil congedo genitoriale il/<strong>la</strong> <strong>la</strong>voratore/trice<strong>per</strong>cepisce solo il 30% del sa<strong>la</strong>rio/stipendioe <strong>che</strong> in realtà il c<strong>la</strong>ssico congedo maternitàè un diritto <strong>che</strong> le <strong>la</strong>voratrici atipi<strong>che</strong> nonpossono far valere.Sul versante delle politi<strong>che</strong> socio-sanitarierealizzate a livello locale (regionale), i <strong>cambia</strong>mentisono stati forse molto più profondi.Con <strong>la</strong> riforma del Titolo V del<strong>la</strong> Costituzione,e l’introduzione del principio di sussidiarietàsia verticale <strong>che</strong> orizzontale, si puòdire <strong>che</strong> <strong>la</strong> regionalizzazione del<strong>la</strong> sanità edell’assistenza è un processo realizzato. Alivello regionale, sono stati introdotti piùlivelli di governance, in seguito all’attivazionedi ampi processi di devolution nel<strong>la</strong> gestioneed erogazione dei servizi a favore del privatodi mercato e di privato sociale, <strong>per</strong> cui siè creata una notevole differenziazione nelsistema dei servizi locali (a tale proposito sipar<strong>la</strong> dell’esistenza di più modelli di <strong>welfare</strong>),con l’esito di un incremento delle differenzeregionali nel livello di co<strong>per</strong>tura e di tute<strong>la</strong>dei diritti sociali.In generale, in questi ultimi decenni, le riformehanno seguito <strong>la</strong> strada del<strong>la</strong> tute<strong>la</strong> degliinsider (<strong>la</strong>voratori già dentro il mercato del<strong>la</strong>voro), dell’introduzione, come meccanismocorrettivo <strong>per</strong> migliorare l’efficacia el’efficienza dei servizi, di una certa quota dimercato, del<strong>la</strong> crescente compartecipazionedegli utenti al costo dei servizi, dando quindi<strong>per</strong> scontato <strong>che</strong> le famiglie sarebberostate in grado di assorbire i costi del restrin-


gimento dell’ombrello protettivo del <strong>welfare</strong>.Quasi nul<strong>la</strong> è stato fatto <strong>per</strong> <strong>la</strong> disoccupazionee <strong>la</strong> sotto-occupazione giovanile, <strong>per</strong> <strong>la</strong> debolepresenza del<strong>la</strong> donna nel mercato del <strong>la</strong>voro,<strong>per</strong> <strong>la</strong> crescente povertà delle famiglie italiane,delle quali quasi il 30% – an<strong>che</strong> <strong>per</strong> effetto del<strong>la</strong>crisi <strong>che</strong> si è innescata a partire dal 2008 – nonriesce ad arrivare a fine mese e non riesce più arisparmiare. Le famiglie stanno fronteggiando <strong>la</strong>crisi attingendo a quanto messo da parte neglianni scorsi, restringendo i consumi (an<strong>che</strong> alimentari).In realtà, povertà e disuguaglianzesociali stanno crescendo di <strong>nuovo</strong>: nelle traiettoriedi vita individuale sta ridiventano importante“nascere nel<strong>la</strong> <strong>famiglia</strong> giusta”. Ovviamentetale situazione non favorisce l’integrazione el’inclusione sociale.Per uscire dal<strong>la</strong> crisi e fare ripartire il motoredelle sviluppo in Italia, non basta il mercato: illiberismo non funziona se non c’è una “manoprovvidenziale” <strong>che</strong> attiva circuiti virtuosi dicon-crescita tra ric<strong>che</strong>zza privata e ric<strong>che</strong>zzapubblica. Non basta <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong>, <strong>per</strong>ché <strong>la</strong> formadi redistribuzione <strong>che</strong> essa o<strong>per</strong>a è necessariamenteprivata e selettiva. Nel capitalismo delbenessere devono stare in piedi tutti e tre i pi<strong>la</strong>stri<strong>che</strong> lo hanno sostenuto e <strong>che</strong> ancora losostengono: Stato, mercato e <strong>famiglia</strong>. Il capitalismodel benessere si basa sul<strong>la</strong> società del<strong>la</strong>voro e dei <strong>la</strong>voratori. I paesi del Nord Europa<strong>che</strong> spendono di più <strong>per</strong> le politi<strong>che</strong> sociali, <strong>che</strong>hanno meno problemi di povertà, dove ledonne hanno ricominciato a fare figli, dove piùalta risulta <strong>la</strong> fiducia nelle istituzioni e quel<strong>la</strong>inter<strong>per</strong>sonale, dove comunque <strong>la</strong> <strong>famiglia</strong>,come centro di scambi di aiuti e sostegni ètutt’altro <strong>che</strong> scomparsa, sono i paesi <strong>che</strong> sipossono definire del<strong>la</strong> “piena occupazione”. Sipotrà dire <strong>che</strong> tali paesi spendono molto <strong>per</strong> lespese sociali <strong>per</strong>ché sono più ricchi, ma si potràan<strong>che</strong> dire <strong>che</strong> tali paesi sono più ricchi <strong>per</strong>chéhanno sistemi di <strong>welfare</strong> generosi ed efficienti(distinguere tra causa ed effetto non è empiricamentepossibile!). Tali paesi hanno alti livelli dicapitale sociale (<strong>che</strong> è un indicatore di qualitàdel<strong>la</strong> vita) <strong>per</strong>ché forse in tali paesi il <strong>la</strong>voro, più<strong>che</strong> una merce s<strong>cambia</strong>ta secondo <strong>la</strong> rego<strong>la</strong>del<strong>la</strong> domanda e dell’offerta, è una fonte fondamentaledi integrazione sociale. Tali paesi dimostranocome il capitalismo del benessere si basasul buon funzionamento dei suoi tre pi<strong>la</strong>stricostitutivi, e <strong>che</strong> <strong>per</strong> uscire dal<strong>la</strong> crisi e rifondareil <strong>welfare</strong> ci vorrebbe una seria politica industrialee del <strong>la</strong>voro.CCoscienza293-4°2013

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!