il regno di sardegna nel 1848·1849 nei carteggi ... - archiviostorico.net

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www.accademiaurbense.itnon confermasse in tutta l'Italia quell'ordine di cose che dà voce allaNazione a constituire il suo diritto e le sue leggi ... che non avessecostituito in questa parte superiore dell'Italia uno Stato forte e potente... » 1O~. Proseguiva il Pinelli, illustrando le condizioni materialie psicologiche del Piemonte dopo il 9 agosto, documentando lo statodi carenza dell'esercito, e in tal modo giustificava la necessità di unamediazione, che offrisse condizioni valide per il riconoscimento dellanazionalità italiana e ne assicurasse l'autonomia. Affermava che conducendole trattative per la pace non si intendeva eludere i preparativiper la guerra, e tuttavia dichiarava che le trattative della mediazioneerano state condotte con molta lentezza, a causa del governo austriaco,che dapprima aveva rifiutato nettamente i negoziati delle potenze mediatrici:«Alle nostre istanze presso le potenze mediatrici - informavail ministro - ai replicati e pressanti ufficii di queste, rispose poil'Austria, sulle prime accettando semplicemente la mediazione, poi tergiversandosulle condizioni» 105. Tuttavia, l'Austria non si era ancorapronunciata in modo esplicito intorno alla mediazione, e il ministrofaceva riferimento alla Lombardia e ai Ducati, occupati militarmente,e dichiarava quali erano le intenzioni del governo per l'avvenire: «Odecideranno l'Austria ad accettare la mediazione sulle basi medesimeda noi accettate, ed allora una tregua, che ponga i paesi occupati inuna più ragionevole condizione, ci permetterà di sgravare lo Stato diuna parte della spesa di guerra. O l'Austria rifiuterà le condizioni edaggredirà; e noi, ripigliando per difenderci la guerra, la spingeremocon ardore e con l'aiuto della Francia, che in tal caso ci è assicurato,o senza ancora, sino alle estreme sue conseguenze. O finalmente 1'Austria,senza rompere la guerra, si terrà nell'indeciso circa l'accettazionedelle condizioni proposte dalle potenze mediatrici, ed allora noi che,ravvisiamo impossibile dimenarci in questo stato di indecisione, chea tutte le spese della guerra aggiunge l'inquietudine all'interno e laoppressione di quelle provincie italiane, che votarono con noi l'unione,abbiamo dichiarato alle potenze mediatrici che ci terremmo sciolti dall'impegnoe che piglieremo consiglio dall'opportunità per aggredire,quando che sia, la guerra per la quale teniamo in pronto i mezzi esiamo sicuri che la nazione non ci ricuserà alcuno de' maggiori aiuti chepossano essere necessarii all'uopo» 106. Le dichiarazioni del ministrodell'interno non avevano convinto il gruppo parlamentare di sinistra.7810~ Rendiconto del Ministero, ecc., p. 3.105 Rendiconto del Ministero, ecc., p. 5.106 Rendiconto del Ministero, ecc., p. 8.

www.accademiaurbense.itEspresse per primo le controdeduzioni del gruppo giobertiano-rattazziano,Domenico Buffa, con un lungo discorso che, raccolto stenograficamente,data la sua importanza, fu stampato in cinquemila esemplarie venduto per le vie di Torino.Il giovane deputato diede in quell'occasione una felice prova divis oratoria, ma soprattutto riuscì a mettere in risalto la sua tempradi uomo politico e la sua capacità interpretativa delle istanze del momento.Tali istanze erano sollecitate da forze contrastanti, tra il poteree la demagogia, nel contrappunto tra moderazione e rivoluzione,al cui vertice stava la responsabilità di una scelta, che era necessariopronunciare, tra i palliativi di una mediazione quasi impopolare e laimmediatezza di una ripresa della guerra, che sembrava essere l'esplicitaaspirazione popolare. Non era certamente un compito facile, senzabanalizzarlo in una tonalità comiziale, controdedurre al rendiconto ministeriale,ricco, in verità, di validi argomenti. Il Buffa riuscì ad essereefficace e, nel contempo, equilibrato nell'esaminare il problema dellamediazione, nel quadro complessivo della situazione politica. Non ègiusto (e neppure esatto) sminuire il valore del discorso del Buffa, comequello dei contributi del Brofferio, del Valerio, del Sineo, del Rattazzi,del Gioberti, in ordine a questo problema, di fronte alla diversa impostazioneche il Cavour ha recato all'esame di quella situazione politica,giustificando le formulazioni ministeriali. Una attenta verifica e unapiù articolata ricognizione archivistica potranno compiutamente sottolinearele difficoltà di quel momento, nel quale contenere l'effervescenzadei mazziniani, degli emigrati, non era un problema da potersirisolvere con circolari del ministero dell'Interno, o magari colminacciare di velare la statua della libertà, come pensava il generaleDurando. Gli argomenti della sinistra non erano senza valido appoggio.La mediazione offriva scarse prospettive, e la ripresa delle ostilità (credutatempestiva in quei giorni) poteva apparire uno sterile sacrificio.Entrambe le soluzioni presentavano forti responsabilità e additavanoconseguenze tristi. In sede di critica storica, tale problema non è dilieve momento. Attribuire le responsabilità di Novara all'imperizia deiministeri seguenti, che, appunto, da questa discussione trassero in granparte argomento per la loro affermazione, è ancora oggi luogo comune;ma il problema ha ben altra dimensione: c'è una pluralità di aspettida esaminare, che non è qui possibile, neppure accennare; basti soltantoavvertire la difficile situazione piemontese. Il Buffa espresse la suaaperta sfiducia nella mediazione anglo-francese. L'Inghilterra non avevanessun interesse per l'esito di tale mediazione; essa si era associata alla79

www.accademiaurbense.itEspresse per primo le controdeduzioni del gruppo giobertiano-rattazziano,Domenico Buffa, con un lungo <strong>di</strong>scorso che, raccolto stenograficamente,data la sua importanza, fu stampato in cinquem<strong>il</strong>a esemplarie venduto per le vie <strong>di</strong> Torino.Il giovane deputato <strong>di</strong>ede in quell'occasione una felice prova <strong>di</strong>vis oratoria, ma soprattutto riuscì a mettere in risalto la sua tempra<strong>di</strong> uomo politico e la sua capacità interpretativa delle istanze del momento.Tali istanze erano sollecitate da forze contrastanti, tra <strong>il</strong> poteree la demagogia, <strong>nel</strong> contrappunto tra moderazione e rivoluzione,al cui vertice stava la responsab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> una scelta, che era necessariopronunciare, tra i palliativi <strong>di</strong> una me<strong>di</strong>azione quasi impopolare e laimme<strong>di</strong>atezza <strong>di</strong> una ripresa della guerra, che sembrava essere l'esplicitaaspirazione popolare. Non era certamente un compito fac<strong>il</strong>e, senzabanalizzarlo in una tonalità comiziale, controdedurre al ren<strong>di</strong>conto ministeriale,ricco, in verità, <strong>di</strong> vali<strong>di</strong> argomenti. Il Buffa riuscì ad essereefficace e, <strong>nel</strong> contempo, equ<strong>il</strong>ibrato <strong>nel</strong>l'esaminare <strong>il</strong> problema dellame<strong>di</strong>azione, <strong>nel</strong> quadro complessivo della situazione politica. Non ègiusto (e neppure esatto) sminuire <strong>il</strong> valore del <strong>di</strong>scorso del Buffa, comequello dei contributi del Brofferio, del Valerio, del Sineo, del Rattazzi,del Gioberti, in or<strong>di</strong>ne a questo problema, <strong>di</strong> fronte alla <strong>di</strong>versa impostazioneche <strong>il</strong> Cavour ha recato all'esame <strong>di</strong> quella situazione politica,giustificando le formulazioni ministeriali. Una attenta verifica e unapiù articolata ricognizione archivistica potranno compiutamente sottolinearele <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> quel momento, <strong>nel</strong> quale contenere l'effervescenzadei mazziniani, degli emigrati, non era un problema da potersirisolvere con circolari del ministero dell'Interno, o magari colminacciare <strong>di</strong> velare la statua della libertà, come pensava <strong>il</strong> generaleDurando. Gli argomenti della sinistra non erano senza valido appoggio.La me<strong>di</strong>azione offriva scarse prospettive, e la ripresa delle ost<strong>il</strong>ità (credutatempestiva in quei giorni) poteva apparire uno ster<strong>il</strong>e sacrificio.Entrambe le soluzioni presentavano forti responsab<strong>il</strong>ità e ad<strong>di</strong>tavanoconseguenze tristi. In sede <strong>di</strong> critica storica, tale problema non è d<strong>il</strong>ieve momento. Attribuire le responsab<strong>il</strong>ità <strong>di</strong> Novara all'imperizia deiministeri seguenti, che, appunto, da questa <strong>di</strong>scussione trassero in granparte argomento per la loro affermazione, è ancora oggi luogo comune;ma <strong>il</strong> problema ha ben altra <strong>di</strong>mensione: c'è una pluralità <strong>di</strong> aspettida esaminare, che non è qui possib<strong>il</strong>e, neppure accennare; basti soltantoavvertire la <strong>di</strong>ffic<strong>il</strong>e situazione piemontese. Il Buffa espresse la suaaperta sfiducia <strong>nel</strong>la me<strong>di</strong>azione anglo-francese. L'Ingh<strong>il</strong>terra non avevanessun interesse per l'esito <strong>di</strong> tale me<strong>di</strong>azione; essa si era associata alla79

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