il regno di sardegna nel 1848·1849 nei carteggi ... - archiviostorico.net

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www.accademiaurbense.itLa forza degli italiani poteva essere autosufficiente; non occorreval'intervento straniero, perché, «le mutazioni civili e le instituzioni diqualsiasi popolo, per essere appropriate e durature, debbono operarsiin casa e con mezzi famigliari, non mai con forastieri: debbono averradice profonda nelle usanze, nelle tradizioni, nelle credenze, nell'indoledel popolo stesso ... Resta adunque che volendo metter mano all'instauramentodell'Italia, si scelga fra i mezzi puramente nazionali il piùacconcio ». Ponendosi il problema della ricerca di tale mezzo, soggiungeva« in Italia una rivoluzione è materialmente impossibile, non tantoperché non vi è unità di opinioni e di voleri; ma molto più perchéuna rivoluzione suppone appunto di già avvenuto ciò che non vorremmoeffettuare per mezzo di quella», cioè in quelle nazioni cheda secoli sono costituite possono soltanto riuscire le rivoluzioni. InItalia mancava, dunque, il fondamento positivo per eseguire una rivoluzione,perché in essa non c'era una capitale che preponderasse sututto lo stato: «Possono bensì avvenire in Italia de' moti parziali- precisa lo scritto - alla spicciolata, ma appunto però discordantisenza unità di moto, senza centro comune, donde con rapida vicendaparta e ritorni l'azione », per cui è impossibile una rivoluzione nazionale,perché appunto manca ancora la nazione, e l'unità nazionale èimpossibile per mezzo delle rivoluzioni. Anche la proposta soluzionediplomatica, tendente a ridurre il numero degli stati, per mezzo difusioni parziali, appare un'aporia, e soprattutto assurdo sarebbe il pensaread una guerra tra principi italiani, per l'egemonia di qualcunodi essi. L'unità nazionale deve dunque essere ricercata attraverso lacoesistenza pacifica degli stati italiani. Nello stesso numero del giornale,il Mamiani esortava Pio IX a provvedere, con la sua autorità, ondeevitare maggiori calamità nel regno di Napoli. Il giorno 22 gennaio,nel supplemento al n. 5 si pubblicava una supplica del Mamiani aPio IX, relativa ai fatti di Palermo e di Napoli. Tale supplica, di cuisi tirarono a parte centinaia di esemplari, fu diffusa in Piemonte, inToscana, nello Stato Pontificio e sottoscritta da moltissimi cittadini.Il 26 gennaio, commentando le promesse del re di Napoli, consistentinell'amnistia, nella concessione della libertà di stampa, nelle pertinenzee prerogative della consulta di stato e dei consigli provinciali, nella concessionedel governo autonomo siciliano, rimettendo in atto lo statutodel 1816, il Mamiani scriveva «Di tal regio decreto noi prendiamoconsolazione, non perché ottimo, spiacendoci forte la divisione nuovache ne risulta tra le due provincie italiane, ma perché ne dee conseguirealmeno un pronto armistizio e guadagnarsi tempo ed agio ad

www.accademiaurbense.itusare i mezzi più efficaci e più accomodati per ricondurre la pace,l'unione e l'affratellamento ». Anche in questa occasione, ribadiva ilpensiero moderato-federalistico, che stava alla base del giornale, continuando,con certo compiacimento: «Noi non avemmo torto a sperareche il moto pacifico e progressivo della nostra rigenerazione, benchéscomposto e quasi interrotto poteva essere ancora raddrizzato e riordinato». Tuttavia, temeva che il decreto di re Ferdinando, riguardantela Sicilia, non desse la certezza che gli insorti si appagassero: essichiedevano la costituzione. Esprimeva infine il suo rammarico nel vedererisorgere uno stato nuovo nello stato «invece di quella unità digoverno e perfetta riunione di membra che una larga e libera istituzionepotea dare ».Il 27 gennaio, parlando delle concessioni di Ferdinando II, ilBuffa spiegava i motivi di apprensione, che ancora potevano derivaredalla rivoluzione siciliana, in ordine al problema italiano, visto allaluce della lega, ed invocava l'opera mediatrice di Pio IX. Sullo stessoargomento insisteva ancora il Mamiani il 28 gennaio, il quale giudicavaseveramente le concessioni del re di Napoli, e additava la personaleresponsabilità del sovrano per tutte le carenze esistenti nelle DueSicilie. Limitava la consistenza di tali concessioni, perché soltanto« aggiungono qualche larghezza e perfezionamento a quegli istituti cheda ormai quarant'anni non diciamo governano il regno, ma stannoscritti nelle sue leggi. Ognun sa che dal 1821 in poi è durata inNapoli questa contraddizione sconcissima d'istituti, cioè tanto buoniquanto possono stare in assoluta monarchia e un governo ed una amministrazionepessima e inemendabile ». Condannata la politica settariadi tale governo, il quale ha agito in modo che le restrizioni e le concussionifossero ingenti, e rilevato contemporaneamente l'universalespirito di libertà ravvivato nel regno, il filosofo pesarese propone trerimedi: l'intervento del pontefice, l'istituzione immediata della guardianazionale, l'abdicazione volontaria di Ferdinando II. Nello stesso numero,Lorenzo Ranco ritornava sul problema della guardia civica connuovi argomenti. Il 2 febbraio il Mamiani pubblicava la seconda partedello scritto Il presente e il passato di Napoli, nel quale sottolineavale differenze specifiche tra la posizione dei monarchi assoluti ai tempidella Santa Alleanza e quella dei sovrani riformatori, e tra i moti del1820 e del 1821 e quelli attuali nelle Due Sicilie, individuando inquell'arco di tempo, che separa le due rivoluzioni, i parametri dellospirito democratico e della ricerca della libertà. Il 7 febbraio il Mamiani,commentando il nuovo clima dei tempi costituzionali, affermava35

www.accademiaurbense.itLa forza degli italiani poteva essere autosufficiente; non occorreval'intervento straniero, perché, «le mutazioni civ<strong>il</strong>i e le instituzioni <strong>di</strong>qualsiasi popolo, per essere appropriate e durature, debbono operarsiin casa e con mezzi famigliari, non mai con forastieri: debbono averra<strong>di</strong>ce profonda <strong>nel</strong>le usanze, <strong>nel</strong>le tra<strong>di</strong>zioni, <strong>nel</strong>le credenze, <strong>nel</strong>l'indoledel popolo stesso ... Resta adunque che volendo metter mano all'instauramentodell'Italia, si scelga fra i mezzi puramente nazionali <strong>il</strong> piùacconcio ». Ponendosi <strong>il</strong> problema della ricerca <strong>di</strong> tale mezzo, soggiungeva« in Italia una rivoluzione è materialmente impossib<strong>il</strong>e, non tantoperché non vi è unità <strong>di</strong> opinioni e <strong>di</strong> voleri; ma molto più perchéuna rivoluzione suppone appunto <strong>di</strong> già avvenuto ciò che non vorremmoeffettuare per mezzo <strong>di</strong> quella», cioè in quelle nazioni cheda secoli sono costituite possono soltanto riuscire le rivoluzioni. InItalia mancava, dunque, <strong>il</strong> fondamento positivo per eseguire una rivoluzione,perché in essa non c'era una capitale che preponderasse sututto lo stato: «Possono bensì avvenire in Italia de' moti parziali- precisa lo scritto - alla spicciolata, ma appunto però <strong>di</strong>scordantisenza unità <strong>di</strong> moto, senza centro comune, donde con rapida vicendaparta e ritorni l'azione », per cui è impossib<strong>il</strong>e una rivoluzione nazionale,perché appunto manca ancora la nazione, e l'unità nazionale èimpossib<strong>il</strong>e per mezzo delle rivoluzioni. Anche la proposta soluzione<strong>di</strong>plomatica, tendente a ridurre <strong>il</strong> numero degli stati, per mezzo <strong>di</strong>fusioni parziali, appare un'aporia, e soprattutto assurdo sarebbe <strong>il</strong> pensaread una guerra tra principi italiani, per l'egemonia <strong>di</strong> qualcuno<strong>di</strong> essi. L'unità nazionale deve dunque essere ricercata attraverso lacoesistenza pacifica degli stati italiani. Nello stesso numero del giornale,<strong>il</strong> Mamiani esortava Pio IX a provvedere, con la sua autorità, ondeevitare maggiori calamità <strong>nel</strong> <strong>regno</strong> <strong>di</strong> Napoli. Il giorno 22 gennaio,<strong>nel</strong> supplemento al n. 5 si pubblicava una supplica del Mamiani aPio IX, relativa ai fatti <strong>di</strong> Palermo e <strong>di</strong> Napoli. Tale supplica, <strong>di</strong> cuisi tirarono a parte centinaia <strong>di</strong> esemplari, fu <strong>di</strong>ffusa in Piemonte, inToscana, <strong>nel</strong>lo Stato Pontificio e sottoscritta da moltissimi citta<strong>di</strong>ni.Il 26 gennaio, commentando le promesse del re <strong>di</strong> Napoli, consistenti<strong>nel</strong>l'amnistia, <strong>nel</strong>la concessione della libertà <strong>di</strong> stampa, <strong>nel</strong>le pertinenzee prerogative della consulta <strong>di</strong> stato e dei consigli provinciali, <strong>nel</strong>la concessionedel governo autonomo sic<strong>il</strong>iano, rimettendo in atto lo statutodel 1816, <strong>il</strong> Mamiani scriveva «Di tal regio decreto noi pren<strong>di</strong>amoconsolazione, non perché ottimo, spiacendoci forte la <strong>di</strong>visione nuovache ne risulta tra le due provincie italiane, ma perché ne dee conseguirealmeno un pronto armistizio e guadagnarsi tempo ed agio ad

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