IL FORUM DI SARDEGNA ECONOMICA Come cambia il sistema ...

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IL FORUM DI SARDEGNA ECONOMICACome cambia il sistema del creditoSempre problematico il rapportofra banche e impresa in SardegnaA confronto quattro fra i principali istituti operanti nell'Isola:Banco di Sardegna, BNL, Comit e Unicredit.I grandi nodi da sciogliere sono sempre il costo dei finanziamenti,il rapporto fra garanzie patrimoniali e progetto di impresa,l'incidenza delle sofferenze bancarie.Questo stesso numero di "Sardegna Economica" ospita un articolo del professor Roberto Malavasiche mette a fuoco, con lucida e particolare efficacia, ed alla luce delle profonde modificazioniintervenute nel quadro legislativo istituzionale, i problemi delle istituzioni creditizie nell'attualeuniverso dell'economia e delle imprese.Partendo dall'attualità di quello scritto, e dalla grande attenzione che la pubblicistica nazionale eregionale sta dando all'evoluzione del nostro mondo bancario (attraversato e sconvolto daconcentrazioni, privatizzazioni, accordi, disaccordi, intese e quant'altro può fare notizia), laredazione di questa rivista ha ritenuto utile mettere a fuoco, anche alla luce di tutto quel nuovo cheavanza e va affermandosi sul mercato del credito e di quel che viene chiamato nuova finanza, lostato dell'arte del sempre complesso e controverso rapporto tra banca ed impresa, tra erogatori eprenditori di prestiti. Con un'angolazione prettamente cagliaritana, cioè dell'economia dellaprovincia al cui servizio opera la nostra Camera di commercio.Non da oggi quel rapporto è stato oggetto di malintesi, disamori, contrasti, proprio perché ireciproci interessi, che potrebbero anche essere concorrenti, hanno teso - almeno nelle reciprochevalutazioni- a divergere ed anche a contrapporsi. C'è infatti chi addebita alle banche inaccettabili edanacronistiche rendite di posizione (sfruttando cioè il forte bisogno di credito proveniente dalleimprese locali, fisiologicamente sottocapitalizzate) e, per contro, chi rimprovera al cetoimprenditoriale l'essere finanziariamente immaturo, impreparato ed incapace di apprezzare vantaggie svantaggi del denaro a breve, a media e a lunga scadenza per le esigenze della propria azienda (nelsenso che chiede alla sua banca un prestito purchessia, incapace di valutarne la forma tecnica piùrispondente al suo problema).Partendo da queste osservazioni, molto attuali nel nostro sistema economico, abbiamo formulato aidirettori delle sedi locali di importanti istituti di credito (Banco di Sardegna, Banca Nazionale delLavoro, Banca Commerciale Italiana e Unicredito Italiano) tre domande. Con le quali abbiamocercato di sintetizzare le ragioni più diffuse dei malumori dei prenditori dei prestiti bancari.Le risposte che ci sono pervenute da Daniele Corpino (Banco di Sardegna), Mario Carta (BNL),Pietro Budroni (Comit) e Costanzo Marchegiano (Unicredit), vengono qui riportate nello stessoordine, in modo da poter offrire al lettore un quadro significativo e puntuale del pensiero dei nostribanchieri.Con la prima delle domande abbiamo cercato di ottenere risposta a quello che l'utenza ritiene essereil più ricorrente e penalizzante dei punti di attrito: il costo dei finanziamenti e, più in generale,dell'intero rapporto con la banca (tassi d'interesse, commissioni, valute, massimo scoperto,ecc.).Che è ritenuto troppo alto, soprattutto rispetto alle condizioni continentali e, non secondariamente,se raffrontato al costo sopportato dalla banca sarda nella raccolta del risparmio (secondo il rapportoBankitalia, il differenziale tra tassi attivi e passivi è nell'isola di 4,5 punti percentuali superiore allamedia nazionale).Queste le risposte.

<strong>IL</strong> <strong>FORUM</strong> <strong>DI</strong> <strong>SARDEGNA</strong> <strong>ECONOMICA</strong><strong>Come</strong> <strong>cambia</strong> <strong>il</strong> <strong>sistema</strong> del creditoSempre problematico <strong>il</strong> rapportofra banche e impresa in SardegnaA confronto quattro fra i principali istituti operanti nell'Isola:Banco di Sardegna, BNL, Comit e Unicredit.I grandi nodi da sciogliere sono sempre <strong>il</strong> costo dei finanziamenti,<strong>il</strong> rapporto fra garanzie patrimoniali e progetto di impresa,l'incidenza delle sofferenze bancarie.Questo stesso numero di "Sardegna Economica" ospita un articolo del professor Roberto Malavasiche mette a fuoco, con lucida e particolare efficacia, ed alla luce delle profonde modificazioniintervenute nel quadro legislativo istituzionale, i problemi delle istituzioni creditizie nell'attualeuniverso dell'economia e delle imprese.Partendo dall'attualità di quello scritto, e dalla grande attenzione che la pubblicistica nazionale eregionale sta dando all'evoluzione del nostro mondo bancario (attraversato e sconvolto daconcentrazioni, privatizzazioni, accordi, disaccordi, intese e quant'altro può fare notizia), laredazione di questa rivista ha ritenuto ut<strong>il</strong>e mettere a fuoco, anche alla luce di tutto quel nuovo cheavanza e va affermandosi sul mercato del credito e di quel che viene chiamato nuova finanza, lostato dell'arte del sempre complesso e controverso rapporto tra banca ed impresa, tra erogatori eprenditori di prestiti. Con un'angolazione prettamente cagliaritana, cioè dell'economia dellaprovincia al cui servizio opera la nostra Camera di commercio.Non da oggi quel rapporto è stato oggetto di malintesi, disamori, contrasti, proprio perché ireciproci interessi, che potrebbero anche essere concorrenti, hanno teso - almeno nelle reciprochevalutazioni- a divergere ed anche a contrapporsi. C'è infatti chi addebita alle banche inaccettab<strong>il</strong>i edanacronistiche rendite di posizione (sfruttando cioè <strong>il</strong> forte bisogno di credito proveniente dalleimprese locali, fisiologicamente sottocapitalizzate) e, per contro, chi rimprovera al cetoimprenditoriale l'essere finanziariamente immaturo, impreparato ed incapace di apprezzare vantaggie svantaggi del denaro a breve, a media e a lunga scadenza per le esigenze della propria azienda (nelsenso che chiede alla sua banca un prestito purchessia, incapace di valutarne la forma tecnica piùrispondente al suo problema).Partendo da queste osservazioni, molto attuali nel nostro <strong>sistema</strong> economico, abbiamo formulato aidirettori delle sedi locali di importanti istituti di credito (Banco di Sardegna, Banca Nazionale delLavoro, Banca Commerciale Italiana e Unicredito Italiano) tre domande. Con le quali abbiamocercato di sintetizzare le ragioni più diffuse dei malumori dei prenditori dei prestiti bancari.Le risposte che ci sono pervenute da Daniele Corpino (Banco di Sardegna), Mario Carta (BNL),Pietro Budroni (Comit) e Costanzo Marchegiano (Unicredit), vengono qui riportate nello stessoordine, in modo da poter offrire al lettore un quadro significativo e puntuale del pensiero dei nostribanchieri.Con la prima delle domande abbiamo cercato di ottenere risposta a quello che l'utenza ritiene essere<strong>il</strong> più ricorrente e penalizzante dei punti di attrito: <strong>il</strong> costo dei finanziamenti e, più in generale,dell'intero rapporto con la banca (tassi d'interesse, commissioni, valute, massimo scoperto,ecc.).Che è ritenuto troppo alto, soprattutto rispetto alle condizioni continentali e, non secondariamente,se raffrontato al costo sopportato dalla banca sarda nella raccolta del risparmio (secondo <strong>il</strong> rapportoBankitalia, <strong>il</strong> differenziale tra tassi attivi e passivi è nell'isola di 4,5 punti percentuali superiore allamedia nazionale).Queste le risposte.


DANIELE CORPINO (Banco di Sardegna)«Le polemiche e i contrasti (sempre gli stessi da più lustri) che insorgono correntemente in ordine airapporti tra le banche ed <strong>il</strong> mondo delle imprese, riscontrano la particolare caratterizzazione dimonopolizzare <strong>il</strong> dibattito su detto argomento. Tematica che, paradossalmente, pur rivestendo unruolo di grande importanza per <strong>il</strong> nostro Paese, per effetto di tale invadenza, risulta, di fatto,particolarmente asfittica, improduttiva, priva di prospettive, decisamente di scarso interessecollettivo. In definitiva relegata agli addetti ai lavori che, nella fattispecie, sono identificab<strong>il</strong>i nelleassociazioni dei produttori e in quelle delle banche o, in alternativa, quando <strong>il</strong> dibattito assume unadimensione più intellettuale, nei rispettivi uffici studi.La più ampia tematica della democrazia economica risulta pertanto carente in una parte importantedella sua articolazione, quantomeno determina una forte carenza nell'analisi sulla allocazione dellerisorse del Paese. Di fatto, l'arroccamento sulle proprie posizioni da parte dei due soggetti chedominano <strong>il</strong> dibattito sulla "questione credito" nuoce ad entrambe. Le banche italiane sono semprepiù oggetto di attacchi, spesso ingiustificati, da parte di chiunque, avendo titolo o no per farlo, sicimenti su valutazioni sul loro ruolo. Il mondo delle imprese finora non sembra aver delineato latipologia di banca funzionale alle sue esigenze.D'altra parte non ci si può limitare ad incalzare <strong>il</strong> credito solamente sul costo del denaro. Ilconfronto che quotidianamente si attiva tra gli operatori delle banche e gli imprenditori è invecedominato dal tema "concetto qualità del credito" (in buona sostanza "quale credito per qualeimpresa") e dalla celerità delle istruttorie che sottengono alla sua erogazione. Ora, senza voleresorcizzare <strong>il</strong> problema del costo del danaro, che deve essere <strong>il</strong> più contenuto possib<strong>il</strong>e, adottandotempo per tempo gli standard più attuali di efficienza con la tecnologia informatica, lapianificazione sull'ut<strong>il</strong>izzo delle risorse e le economie di scala consentano. Va evidenziato che <strong>il</strong>mondo delle imprese, o meglio la sua rappresentazione sociale, deve far emergere con tuttal'evidenza che merita <strong>il</strong> problema della qualità del credito, facendolo diventare un tema di dibattitofra i più diffusi.Deve essere puntualizzato a proposito del costo del danaro che i dati forniti dai mass-media sui tassid'interesse, allorquando li si confronti con quelli correntemente praticati nelle singole realtà, inparticolare quella sarda, devono essere sempre rapportati allo specifico. Per intendersi: siconsiderino le economie di scala che una banca realizza nel concedere pochi consistenti fidi adimprese di grandi dimensioni, che hanno le idee chiare sulla quantità e tipologia del credito che gliabbisogna e, per contro, si valutino i costi di istruttoria che si sostengono per erogare una miriade difidi a piccole, piccolissime e micro imprese che hanno caratterizzazioni opposte, impegnandospesso gli operatori del credito in ruoli di defatigante e misconosciuta "consulenza didattica", spessointerpretata come una vessazione burocratica dagli imprenditori e, di riflesso, dalle lororappresentanze sociali.Per quanto riguarda <strong>il</strong> Banco di Sardegna, nella provincia di Cagliari <strong>il</strong> tasso medio sugliinvestimenti a breve termine è stato dell'8,6 per cento (media Sistema Italia: 6,7), mentre <strong>il</strong> tassosugli investimenti non agevolati a medio termine si è attestato sulla misura del 7 per cento.»MARIO CARTA (Banca Nazionale del Lavoro)«Effettivamente i rapporti banca/impresa sonostati finora caratterizzati da carente comunicazioneeassenza di contenuti collaborativi. Duemondi separati, che quasi ignorano di essere partedi un solocomune interesse: <strong>il</strong> successo dell'iniziativaimprenditoriale.Nell'intento di smuovere questa situazione, in concorso con l'Associazione degli industriali diCagliari, la BNL ha promosso un master di formazione manageriale, tenuto dalla LuissManagement, in corso di svolgimento presso la predetta associazione, frequentatocontemporaneamente da imprenditori e funzionari di banca. Scopo del master, a parte la ricchezzadei contenuti formativi, è proprio quello di favorire un proficuo incontro banca/impresa; per parlare,discutere, confrontarsi, imparare insieme. In una parola: conoscersi.


Per quanto concerne <strong>il</strong> costo del denaro, gli ultimi dati disponib<strong>il</strong>i (marzo 1999) evidenzianodifferenze più contenute rispetto alla media Italia (+ 2 per cento sul breve termine e soltanto 0,10sul medio-lungo).Anche la differenza dello spread tra tassi attivi e passivi risulta del 2,08 per cento, e non di 4,5 puntipercentuali. In merito - a parte <strong>il</strong> fatto che la differenza sui tassi attivi scende al di sotto del puntopercentuale per gli interventi fino al m<strong>il</strong>iardo di lire (fascia nella quale rientra la maggior parte delleimprese sarde) - credo non possa essere ignorata la maggiore rischiosità degli interventi sul mercatosardo.E comunque ritengo che (oggi ancor più di ieri, dato l'attuale livello dei tassi) quello del costo deldenaro, se non proprio un falso problema, sia un problema minore per le aziende dotate di validirequisiti.»PIETRO BUDRONI (Comit)«Nei dibattiti che periodicamente si sv<strong>il</strong>uppano sulle difficoltà che incontrano le aziende sarde nellacompetizione sui mercati nazionali ed esteri si fa generalmente riferimento, fra l'altro, alle difficoltàfrapposte dal <strong>sistema</strong> bancario nell'erogazione del credito, scoraggiando così la nascita di nuoveintraprese, ed alla maggiore onerosità della provvista rispetto ai costi sostenuti dai concorrenticontinentali.Sulla scorta della pluridecennale esperienza maturata nel comparto sia sul mercato isolano che suquelli del ricco Nord, ritengo che queste motivazioni non siano valide, e alla lunga, risultinofuorvianti rispetto ai reali problemi dell'imprenditoria isolana, che si trova ad operare su un mercatomolto limitato, aggredito nelle componenti tradizionali dai prodotti che la grande industria e lemultinazionali - potendo contare su più ampi, consolidati e cap<strong>il</strong>lari canali di acquisizione e didistribuzione - riescono a presentare sul mercato a condizioni assolutamente non avvicinab<strong>il</strong>i.».COSTANZO MARCHEGIANO (Unicredit)«Non tutte le banche presenti in Sardegna beneficiano di un differenziale tra tassi attivi e passivi di4,5 punti percentuali, secondo <strong>il</strong> rapporto di Bankitalia. Tale scostamento, che rappresenta unamedia, è pesantemente influenzato dalle banche locali (in prevalenza dal Banco di Sardegna) checertamente partecipano con una quota di mercato superiore al 70 per cento e che, grazie ad unapresenza cap<strong>il</strong>lare di sportelli, raccolgono la provvista a tassi molto più bassi di quelli del resto del<strong>sistema</strong>.Riguardo <strong>il</strong> costo dei finanziamenti, vi è da dire che i costi complessivi sostenuti dalle impresesarde appaiono certamente più elevati rispetto alle medie nazionali. Questi maggiori oneri sono daimputare alla modesta capitalizzazione di troppe imprese e, quindi, alla maggiore rischiosità cheinduce le banche a tutelarsi con le condizioni, per ottenere maggiori margini a copertura dei rischi.Inoltre, sul rapporto tra costi delle aziende isolane e continentali, vi è da tener presente che nell'isolanumerose attività beneficiano di finanziamenti regionali a tassi molto bassi nonché di contributi afondo perduto. Fac<strong>il</strong>itazioni, queste, non presenti in altre regioni, soprattutto nel Norditalia. Questibenefici, non considerati nel rapporto Bankitalia, in realtà colmano <strong>il</strong> divario apparente tra i tassisardi e quelli continentali.»Dalle risposte degli operatori bancari <strong>il</strong> problema del costo del credito sembrerebbe essere (e forselo è) un falso problema. Anche se le risposte acquisite evidenziano differenti valutazionisull'esistenza e sulla effettiva valenza del problema (e sulla differente incidenza del costo rispetto adaltre aree del Paese).Ma non è solo <strong>il</strong> differente costo del denaro (apparente o meno) ad essere posto come causa dellaricorrente querelle tra l'imprenditore e la sua banca. C'è infatti - ed è questa la sostanza dellaseconda domanda rivolta ai banchieri - <strong>il</strong> problema posto da molti imprenditori che, nella prassiquotidiana, la banca sia indirizzata a priv<strong>il</strong>egiare più <strong>il</strong> finanziamento delle garanzie patrimonialiche i progetti d'impresa. Nel senso che un piano d'impresa discutib<strong>il</strong>e, ma sorretto da buonegaranzie patrimoniali, riesce ad ottenere quell'appoggio creditizio che invece viene negato a chipresenta un'iniziativa che prevede ottimi ritorni di reddito ma con modeste o scarse garanziepersonali.


Queste le risposte:DANIELE CORPINO (Banco di Sardegna)«Sul tema delle caratterizzazioni locali è singolare che si dia per acquisita quella di una genetica egeneralizzata sottocapitalizzazione delle imprese sarde, e non si dia per altrettanto scontato che taleaspetto incida in modo determinante sul costo e la qualità del credito. Se l'imprenditore ha scelto digarantire la sua azienda nei confronti dei terzi con <strong>il</strong> proprio patrimonio personale e non con quellodell'impresa, è evidente che anche l'istruttoria bancaria per la concessione del fido dovrà tenerepresente l'indirizzo che lo stesso richiedente ha imposto. Se tale situazione risulti poi generalizzata,è altrettanto evidente che gli istruttori del <strong>sistema</strong> creditizio sardo armonizzeranno <strong>il</strong> loro approccioal cliente in tal senso.»MARIO CARTA (Banca Nazionale del Lavoro)«Questo è vero solo in parte, posto che la banca non accoglierebbe certo una richiesta supportata daabbondanti garanzie, ma priva di un credib<strong>il</strong>e progetto imprenditoriale. Purtroppo, la debolezza el'aleatorietà del nostro tessuto produttivo, fatto di carenze strutturali e di iniziative fortementesottocapitalizzate, ci impone di accompagnare i nostri interventi con un minimo di supportopatrimoniale, interno od esterno all'azienda finanziata.Peraltro sono anch'io convinto che lo sv<strong>il</strong>uppo di una sana realtà economica locale ha bisogno diimprenditori e di banche capaci di rischiare con essi. Iltrait d'union fra mondo produttivo e industriafinanziaria è sempre più costituito da reciproca fiducia e da obiettivi condivisi, con un'ottica alfuturo più che al passato.È compito del buon banchiere sostenere quelle iniziative che, ancorché sprovviste di garanziecollaterali, offrono prospettive tali da garantire la generazione di flussi di cassa e di reddito capacidi ripagare e remunerare l'investimento iniziale. I nuovi paradigmi economici introdotti dallarivoluzione tecnologica nel campo delle telecomunicazioni o del multimediale sono un esempiopratico di come progetti ben strutturati possano condurre a r<strong>il</strong>evanti successi economici. Per talemotivo, la BNL, già da qualche anno, ha costituito un nucleo di project financecomposto daspecialisti ad elevata professionalità, oggi fra i più attivi in Europa, capace di approvare interventifinanziari unicamente basati sulla solidità del business plan per circa 1.800 m<strong>il</strong>iardi di lire, una cifranon indifferente. In Sardegna, in particolare, BNL ha assunto un ruolo determinante nelfinanziamento del progetto di cogenerazione Sarlux (1.900 m<strong>il</strong>iardi di investimento), mentrecontiamo di svolgere un ruolo significativo anche nell'impianto di cogenerazione del Sulcis.»PIETRO BUDRONI (Comit)«L'istruttoria dei fidi ed i criteri di finanziab<strong>il</strong>ità delle aziende seguono sempre gli stessi criteri, aprescindere dalla latitudine in cui si opera. La capacità di indebitarsi di un'azienda, strettamentelegata alla sua capacità di produrre reddito, emerge dall'analisi delle sue principali componenti:patrimonializzazione (adeguatezza del capitale di rischio), grado di inserimento nel mercato,equ<strong>il</strong>ibrio finanziario, redditività, condivisione delle prospettive commerciali ed economichedenunciate dall'imprenditore. Non mi risulta che sia mai stato negato l'accesso al credito, nelleforme adeguate, ad aziende sane, ben equ<strong>il</strong>ibrate nelle componenti fondamentali, amministrate daimprenditori validi e capaci.Lamentele vengono invece sovente avanzate da alcuni operatori che si propongono di avviareattività imprenditoriali pur risultando del tutto sprovvisti di capitale di rischio - e fanno confusionetra banca finanziatrice e socio finanziatore - oppure da altri che risultano sprovvisti di adeguatecapacità tecniche ed imprenditoriali che li vedrebbero comunque perdenti in qualsiasi contestoeconomico si trovassero ad operare. Talvolta, ma sempre meno spesso, si tratta di pseudo-operatorieconomici che si <strong>il</strong>ludono di poter cavalcare un sogno confidando sulla finanza fac<strong>il</strong>e e su capitali aperdere. Per quanto riguarda <strong>il</strong> costo del denaro, esso è strettamente correlato al grado di rischiositàdell'azienda finanziata: le aziende "sane" della Sardegna non incontrano alcuna difficoltà adapprovvigionarsi al prime rate, alla stregua delle aziende "sane" del continente. Diverso è <strong>il</strong> casodelle aziende marginali, che nella nostra regione sono in proporzione più numerose di quellepresenti nelle aree del Centro-Nord. Le statistiche di Banca d'Italia relative al 1998 confermano


l'elevata rischiosità ad investire nella nostra regione, che presenta un'incidenza delle sofferenzebancarie tripla rispetto alla media del Centro-Nord (15 per cento contro <strong>il</strong> 5-6 percento.Sorprende semmai che con un divario di circa <strong>il</strong> 10 per cento nella rischiosità degli impieghi lostacco sul costo del denaro sia limitato a poco più di 2 punti (10 contro 7,5 percento nel 1998).»COSTANZO MARCHEGIANO (Unicredit)«In effetti tale fenomeno nella nostra isola è particolarmente accentuato ed è stato, in passato,favorito dalle banche locali. La realtà è ben diversa, infatti <strong>il</strong> merito creditizio deve essereesclusivamente basato sulla capacità aziendale di comportarlo, e quindi le eventuali garanziepersonali r<strong>il</strong>asciate da soci e da terzi sono del tutto sussidiarie alla valutazione complessivadell'impresa.Per quanto riguarda le iniziative che prevedono ottimi ritorni reddituali è evidente che anche perqueste aziende l'accesso al credito richiede i necessari criteri di affidab<strong>il</strong>ità, al caso supportati dagaranzie personali, da considerare sempre sussidiarie.»Da quel che si evince, i motivi del contendere - veri od apparenti, reali o fuorvianti - paiono benradicati tra le due parti in causa. Tanto da sembrare non fac<strong>il</strong>mente conc<strong>il</strong>iab<strong>il</strong>i. Capire se le ragionistiano dall'una o dall'altra parte non è certo fac<strong>il</strong>e. Né era questo, poi, l'intendimento della nostrarivista. Interessa particolarmente far capire al lettore i diversi punti di vista, proprio perché puòessere questa la strada giusta per conoscersi meglio, e per dare all'incontro tra domanda ed offerta dicredito non solo maggiore fac<strong>il</strong>ità di dialogo ma anche coordinate più certe.D'altra parte, partendo dalle ultime analisi effettuate dagli uffici della Banca d'Italia di Cagliari sullasituazione del mercato del credito nell'isola, sono emersi con particolare evidenza almeno dueaspetti abbastanza significativi - e di per sé negativi - sulla situazione del mercato locale del credito.Il primo, che <strong>il</strong> <strong>sistema</strong> imprenditoriale locale tende a rifornirsi di credito quasi esclusivamente sulbreve termine anche per soddisfare investimenti duraturi, non ut<strong>il</strong>izzando i mutui a medio-lungotermine. Il secondo, che i più importanti prenditori di credito sono, localmente, i privati più che lesocietà e le imprese in genere, quasi che la banca si trovi a dover finanziare più i consumi cheinvestimenti e produzione.Si tratta certamente di aspetti e caratteristiche della domanda che meritano una valutazione da partedi chi, istituzionalmente, è chiamato ad operare sul fronte dell'offerta.Ecco le osservazioni ricevute:DANIELE CORPINO (Banco di Sardegna)«Si può ritenere che per quanto riguarda la qualità del credito, porrà nuovi problemi l'ut<strong>il</strong>izzo dellapratica elettronica e/o della pratica scoring; ovvero di tutti quegli accorgimenti e supporti chelimitano <strong>il</strong> ruolo dell'operatore bancario ad alcuni interventi (pochissimi ed essenziali) e concepiti intermini funzionali per contenere al massimo i costi delle istruttorie dei fidi minori. Si tratta di quelloche viene definito <strong>il</strong> <strong>sistema</strong> automatico di valutazione dei crediti dell'area dello small business. Cheinteressa una fascia limitata di clientela in termini di <strong>sistema</strong> nazionale e, al contrario,potenzialmente applicab<strong>il</strong>e alla maggioranza dei fidi concedib<strong>il</strong>i nel <strong>sistema</strong> Sardegna.Per quanto riguarda ancora <strong>il</strong> finanziamento alle famiglie, per la nostra banca esso rappresenta,esclusi i mutui prima casa con agevolazioni RAS, <strong>il</strong> 12 per cento di quelli a favore delle imprese.»MARIO CARTA (Banca Nazionale del Lavoro)«Sembrano due r<strong>il</strong>ievi sostanzialmente corretti, anche se gli ultimi dati disponib<strong>il</strong>i attribuiscono allaSardegna una incidenza degli impieghi a medio-lungo termine significativamente maggiore rispettoa quella del <strong>sistema</strong> (64,4 contro 50 per cento). Questo dato sembrerebbe indicare un'elevatapropensione al credito di medio e lungo termine da parte del <strong>sistema</strong> imprenditoriale sardo. Vaperaltro sottolineato che - posto pari a 100 <strong>il</strong> credito lordo - la parte a medio e lungo terminedestinata alle attività produttive (società non finanziarie + famiglie produttrici) rappresenta l'80 percento, mentre la maggior parte del credito a breve (53 per cento circa) è ut<strong>il</strong>izzato dalle famiglieconsumatrici.


Per quanto riguarda <strong>il</strong> totale degli impieghi vivi, <strong>il</strong> 62 per cento circa è destinato alle brancheproduttive (nel <strong>sistema</strong> <strong>il</strong> 60,6 per cento), mentre <strong>il</strong> 30 per cento è stato impiegato presso <strong>il</strong> settoredelle famiglie consumatrici, con un rapporto quasi doppio rispetto al <strong>sistema</strong> (16,8 percento).La già carente struttura patrimoniale delle imprese locali e, quindi, <strong>il</strong> non agevole accesso alle fontidi finanziamento, inevitab<strong>il</strong>mente trasferisce in parte sull'ut<strong>il</strong>izzatore finale di beni e servizi l'oneredell'approvvigionamento delle necessarie risorse finanziarie. Ma ciò può avere anche effetti salutari:per esempio un opportuno frazionamento del rischio.»PIETRO BUDRONI (Comit)«Dal mio punto d'osservazione non ho riscontri al fenomeno nell'ambito delle aziende industriali.Mi risulta peraltro che questo <strong>sistema</strong> sia stato usato, anche in un recente passato, da imprenditoridel settore ed<strong>il</strong>e per finanziare investimenti e/o immob<strong>il</strong>izzazioni, con le conseguenze immaginab<strong>il</strong>i.Il perdurare dell'incertezza nelle prospettive dei settori tradizionali, la fortissima crisi del settorecommerciale, già trainante sulla piazza, e la difficoltà nell'intravedere nuovi sbocchi imprenditorialihanno rallentato moltissimo la richiesta di nuovi finanziamenti nel comparto.Per contro, <strong>il</strong> netto calo del costo del denaro derivato dall'adesione all'Euro ha incoraggiato lefamiglie ad indebitarsi per l'acquisto di beni durevoli, in particolare della prima casa.»COSTANZO MARCHEGIANO (Unicredit)«L'ut<strong>il</strong>izzo delle linee di credito nel breve termine, per finanziare investimenti duraturi, è usodiffuso per molte imprese che poi scontano sia in punto oneri finanziari che di liquidità tale modo diprocedere. Le banche dovrebbero intervenire al riguardo mettendo a disposizione specificifinanziamenti a medio-lungo termine, consoni alle iniziative da intraprendere. In molti casi <strong>il</strong>ricorso al credito a breve da parte dell'imprenditore è dovuto ai tempi lunghi, da parte delle bancheab<strong>il</strong>itate ad istruire la pratica, quando l'investimento può beneficiare di finanziamento a tassoagevolato e contributi a fondo perduto.Circa i prestiti ai privati, di norma mutui per acquisto abitazioni o crediti personali, che certamenterappresentano una quota importante degli impieghi delle banche, vi è da dire che anche le aziendeche forniscono i beni e i servizi richiesti ne beneficiano, e quindi <strong>il</strong> credito al consumo, di riflesso, èstimolo per investimenti e produzione.»Fin qui i contenuti di questo dialogo-confronto con i direttori di alcune tra le più importanti banchedella piazza di Cagliari. Quel che appare evidente, al di là di ogni estremizzazione di posizioni, èche <strong>il</strong> dialogo tra la domanda e l'offerta nel mercato del credito non risulta, anche alla luce di quantoqui pubblicato, molto fac<strong>il</strong>e. C'è di mezzo, certamente, un deficit di cultura finanziaria nel mondodelle imprese produttive locali che rende più difficoltoso l'incontro, ma c'è anche - e convieneaccennarlo - da parte delle banche l'interesse e l'intendimento d'essere sempre più vicine allaclientela, in modo da superare quel gap e meglio soddisfare i bisogni e le esigenzedell'imprenditoria locale.[questo forum è stato presentato sul numero 5/1999 di "Sardegna Economica"]

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