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Anno VIII n° 2 aprile - giugno 2008 - Studi Cassinati

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128pascolo de-gli animali e così via di seguito 20 . Con la vendita delle terre demaniali e conla conseguente abolizione degli usi civici, tutto questo, all’improvviso, non fu più possibile.I poveri contadini del sud si videro preclusa anche quest’ultima ancora di salvezza.Il nuovo padrone, infatti, di solito un borghese facoltoso e arrogante, contornatoda scherani e da fattori prepotenti, non era più disposto a consentire che torme di miserabilivagassero in cerca di cibo sulla sua proprietà. A questo punto c’era poco da fare:non avendo terre da lavorare, non disponendo di altri beni o ricchezze, se non si volevamorire di fame e di inedia, restava soltanto da prendere la via della montagna con loschioppo in spalla. Certo la vita che andava ad iniziare non era semplice né tanto menopacifica. I rischi erano tantissimi e si metteva in conto che, prima o poi, ci si poteva ancherimettere le penne. Ma, per lo meno, da briganti si mangiava e non si moriva di fame.E se proprio doveva accadere l’irreparabile, almeno si andava al Creatore… con lapancia piena.Un ultimo elemento che concorse a mantenere in vita e ad alimentare nel tempo ilbrigantaggio è il profondo attaccamento della popolazione meridionale, o di gran partedi essa, alla monarchia borbonica. Cacciati dal Regno i legittimi sovrani avevano trovatorifugio in quel di Roma, sotto l’ala protettiva del Pontefice e di Santa Romana Chiesa.Tanti furono i briganti che assalivano i piemontesi gridando “viva Franceschiello” o“viva il Re”. I contadini del sud, lo abbiamo detto più volte, non navigavano nell’oro,conducevano una vita di stenti, ma erano stati abituati da sempre a guardare con fiduciaai loro regnanti che nei momenti di difficoltà sapevano come far fronte alle esigenze.Magari con provvedimenti assolutamente estemporanei (si veda la distribuzione gratuitadi pane e farina nei periodi di carestia) ma pur sempre efficaci e, soprattutto, digrande impatto emotivo, specie agli occhi ingenui e semplici del popolino meridionale.Non sarà inutile, al riguardo, riportare la testimonianza del capitano piemontese AlessandroBianco di Saint Jorioz, che pure non fu tenero nei confronti delle genti del sud,dipinte alla stregua di incivili popolazioni aborigene o dell’Africa nera. Egli, in un suosabaudo. Il 9 novembre il generale, afflitto e deluso, abbandonava Napoli alla chetichella e si rifugiavain quel di Caprera. “Questi (Garibaldi, nda) si congedò dai suoi uomini da solo e senza squillidi tromba perché Farini (luogotenente generale di Napoli, nda) aveva perfino proibito il famosoinno… Farini vietò al Giornale Officiale di dare notizia della partenza di Garibaldi per Caprera”(Montanelli I: “Storia d’Italia”, Fabbri Editore, “L’unità d’Italia”, vol. 31, Ariccia 1995, p. 126).“Ma il peggio doveva ancora venire: tanti furono i contadini che, viste svanire come neve al solele fulgide illusioni, non se la sentirono di ritornare alla grama esistenza di un tempo ma scelserodi salire sulla monta-gna andando ad ingrossare le fila del brigantaggio. Così molti garibaldini divennerobriganti e si trovarono a combattere una lotta fratricida contro i compagni di avventuradi qualche tempo prima” (Riccardi F.: “Piccole storie di briganti”, op. cit., p. 17, nota 14).20 “I contadini invece diventarono ancora più poveri: oltre a non possedere le sostanze per acquistarele terre, vennero a perdere anche quella preziosa risorsa degli usi civici sulle terre demanialiche, per secoli, aveva costituito l’ancora di salvezza per i ceti più umili (diritto di legnatico, di pascolo,di foraggio, ecc.) e che, tutto ad un tratto, il nuovo governo abolì di sana pianta” (RiccardiF.: “Piccole storie di briganti”, op. cit., p. 17, nota 14).CDSC - STUDI CASSINATI - 2/<strong>2008</strong>

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