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Anno VIII n° 2 aprile - giugno 2008 - Studi Cassinati

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127Un altro fattore scatenante del brigantaggio deve essere considerato la mancata distribuzionedelle terre demaniali ai contadini del sud che, solennemente promessa daGaribaldi, finì poi per restare lettera morta. Il latifondo, in effetti, venne in gran parteeliminato ma non a vantaggio delle classi più povere. Le terre demaniali, infatti, furonomesse in vendita e acquistate quasi tutte dai ricchi esponenti della borghesia che, proprioda quel momento, iniziò la sua inarrestabile ascesa verso i vertici dello Stato. I contadini,gli agricoltori, i braccianti, rimasero non solo a becco asciutto ma si videro privatianche della possibilità di trarre profitto e sostentamento da quelle terre che per secoliavevano costituito un sicuro rifugio 18 . Lo stesso Garibaldi, non condividendo l’operatodel neo governo piemontese, abbandonò Napoli e si ritirò sdegnato in quel di Caprera19 . Ma la frittata, ormai, era fatta. L’ira dei contadini del sud montava senza freno.In tanti, delusi dalle fallaci promesse, mortificati dai provvedimenti di un governo che,all’atto pratico, si stava dimostrando ben peggiore di quello vecchio, pensarono bene dinon ritornare alla vita grama di un tempo e si diedero alla macchia.Strettamente connesso a tale fattore è l’abolizione degli usi civici sulle terre demaniali.Da sempre gli abitanti più poveri delle desolate lande meridonali erano riusciti asopravvivere, sia pure in condizioni di estrema precarietà, grazie alla possibilità di frequentarele terre del demanio. Qui, infatti, potevano esercitare alcune attività per lorovitali: la raccolta della legna, delle olive, dei prodotti selvatici (funghi, erbe, bacche), il18 “Oltre ad acquisire i beni dei cattolici, i liberali s’impossessarono per due lire dei beni demaniali:più di un milione e cinquecentomila ettari, secondo la valutazione dello storico marxista Emilio Sereni.Il totale degli ettari alienati e venduti ammonta a 2.565.253: ‘oltre due milioni e mezzo di ettaridi terra, situati per la maggior parte nell’Italia meridionale, nel Lazio e nelle isole’ scrive Sereni.A pagare il prezzo di questo gigantesco passaggio di ricchezza (oltre alla Chiesa) sono i contadini‘i quali videro, sulle terre che essi coltivavano generalmente a condizioni non troppo gravose,per conto degli enti religiosi proprietari, subentrare nuovi padroni, ben più esigenti ed avididegli antichi; ed ai quali vennero a mancare, d’altra parte, le risorse economiche ed assistenzialiche… in altri tempi questi beni ecclesiastici avevano loro assicurato’. Nel Regno d’Italia accentramentopolitico e concentrazione di ricchezza procedono di pari passo: Sereni calcola che dal1861 al 1881, nel giro quindi di venti anni, il numero dei proprietari terrieri crolla da 4.153.645 a3.351.498. Nel 1861 i proprietari sono 191 ogni 1000 abitanti, nel 1881 ne restano 118” (AA.VV.:“La storia proibita…”, op. cit., pp. 155/156).19 “Garibaldi risalendo la penisola alla testa delle sue camicie rosse, aggregò attorno a sé migliaiadi contadini e di popolani attratti dalla promessa della distribuzione delle terre. Il generale si erafatto paladino di una vera e propria rivoluzione liberale che, spazzati via i Borbone dal meridione,avrebbe procurato il benessere e l’emancipazione delle classi più umili. Le cose però non andaronocosì: le terre vennero ridistribuite ma finirono in gran parte nelle mani dei ricchi latifondistidel sud che aumentarono la loro posizione di privilegio… Di fronte a questo oltraggio Garibaldinon riuscì a fare buon viso a cattivo gioco specie perché avvertiva la delusione profonda ditante migliaia di contadini e di braccianti che lo avevano seguito nelle varie tappe della sua impresa.E così, consegnato il Regno a Vittorio Emanuele II, ritenne ultimata la sua missione e preferìritirarsi nella quiete di Caprera” (Riccardi F.: “Piccole storie di briganti”, op. cit., p. 17, nota14). Il 26 ottobre del 1860, a Teano o giù di lì, c’era stato lo storico incontro tra Garibaldi e il reCDSC - STUDI CASSINATI - 2/<strong>2008</strong>

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