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Anno VIII n° 2 aprile - giugno 2008 - Studi Cassinati

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94Prima ancora della circolare inviata dal prefetto nell’estate del 1862, alcuni comunidella provincia di Terra di Lavoro avevano anticipato in qualche modo le soluzioni individuatechiedendo il cambiamento della denominazione, come nel caso di Formia 2 ,già Mola e Castellone, e di Liberi, già Schiavi di Formicola 3 . Dopo l’emanazione delladisposizione prefettizia i comuni ubicati nella parte settentrionale della storica provinciadi Terra di Lavoro che chiesero e ottennero una variazione nella propria denominazione,possono essere distinti in tre differenti raggruppamenti [vd. tabella nella pag. successiva]:AUSONIAFino al 1862 aveva utilizzato il nome medievale di “Fratte”. La modifica fu dovutanon solo all’identità con altri comuni della stessa provincia di Terra di Lavoro (FrattaPiccola e Fratta Maggiore) “non bastando gli appellativi a far evitare le frequentissimedispersioni di lettere private e di pieghi comunali, ma anche e soprattutto per il decorodei cittadini, i quali non devono pronunziare un nome che suscita un certo ribrezzo”. Infatti,come riporta la deliberazione consiliare del 23 agosto 1862, resa esecutiva con R.D.del 21 settembre successivo, “chiunque pronuncia l’espressione Fratte non può non sen-2 Il comune di Mola e Castellone si era formato dalla fusione dei due omonimi centri fino al 1819 facentiparte di Gaeta. Nella deliberazione del Consiglio municipale del 12 dicembre 1861, resa esecutivacon R.D. 13 marzo 1862, si chiese il mutamento del nome in Formia per una serie di motivi:per l’identità con altri comuni di altre province meridionali che portavano “l’istesso nome, cioètaluni quello di Castellone, altri di Mola” per cui si correva il rischio di “incorrere nella corrispondenzaufficiale e particolare in errori materiali” generando “un ristagno negli affari pubblici e particolari”;per scongiurare attriti fra gli abitanti in quanto “per lo più” il centro era noto come “Comunedi Mola, cosa che in certo modo non è ben accettata da coloro che abitano nella Parrocchiadi Castellone, perché maggiore di anime” e “conseguentemente fra loro e particolarmente dal cetomeno intelligente si ha un certo che di vanagloria appartenere a Mola anziché a Castellone” e dunquel’abolizione del nome appariva “vantaggiosa perché mira[va] a fratellizzare le due distinte popolazioni;Ivi, pp. 4-11.3 La richiesta di cambiamento del nome, posta nel Consiglio comunale del 27 <strong>aprile</strong> 1862, venne basatasu tesi di stampo patriottico: “e voi vorreste chiamare Schiavi ancora questo paese? Egli lo erasotto l’infernale dominazione borbonica; ma ora che il tiranno è stato cacciato e che un Re Galantuomo,un Padre dei suoi Popoli ci governa, questo piccolo paese abitato da uomini indipendenti eche sanno immolare sostanze e famiglia e vita per la Patria e per la libertà, non deve più chiamarsiSchiavi ma Liberi”. Quando poi vennero emanate le direttive ministeriali, il Consiglio comunale,nella seduta del 21 luglio 1862, ribadì la richiesta, motivandola ufficialmente con l’”identità conaltri comuni del regno”, anche se traeva origine dal tentativo di cancellare il ricordo di un’epoca diservaggio. Infatti i consiglieri locali vollero vedere “nel nome del loro paese un retaggio di schiavitù”,giustificando “pertanto il grido di ribellione – noi schiavi! Falso; quindi chiamiamoci liberi”.Tuttavia ci si trova di fronte “a un caso di assoluta ignoranza storica o, almeno, di ignoranzadella tradizione popolare sulla propria origine” in quanto il nome “Schiavi” fa riferimento a quellodi “Slavi” o Bulgari, che si stanziarono nell’Italia settentrionale, dove “fecero tanti danni, specialmentenell’Istria”, al pari del Mezzogiorno; Ivi, pp. 12-15.CDSC - STUDI CASSINATI - 2/<strong>2008</strong>

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