Summaries / Resúmenes - Studia Moralia
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PLURALISMO ANTROPOLOGICO E APPROCCIO ETICO 391l’altro, la ricaduta sul soggetto di relazione, che è costitutiva alporsi in relazione di ogni soggetto. “Intendere la relazionalitàcome reciprocità significa riconoscere che alla tensione dell’ioverso il tu corrisponde un ritorno, alla trascendenza dell’io latrascendenza dell’altro, al dono il ricambio” 114 . Tra le specificazionidella reciprocità si impone quella della prossimità. Va considerata,prima ancora che sul piano etico, su quello onto-fenomenologicocome struttura di tensione verso l’altro. Si può stabilirequesta analogia. Coma la responsorialità è la base dellaresponsabilità, così la prossimità come tendenza interiore è labase del concreto avvicinamento all’altro. Vale a dire che lastruttura della prossimità è la base del farsi prossimo. Non sitratta di una vicinanza locativa, bensì interiore. Essa può superarele distanze geografiche, anzi le stesse paratie della morte.L’io sente vicino il tu e di fatto si avvicina nel dialogo spirituale.Su questa base di instaura il dinamismo di grazia della caritàgratuita del Samaritano della parabola.Insomma, possiamo puntualizzare qui con Mounier: “Lapersona è il volume totale dell’uomo. È equilibrio in lunghezza,in larghezza e in profondità, è in ogni uomo una tensione fra lesue tre dimensioni spirituali: quella che sale dal basso e l’incarnain un corpo; quella che è diretta verso l’alto e la solleva a ununiversale; quella che è diretta verso il largo e la porta verso unacomunione. Vocazione, incarnazione, comunione sono le tredimensioni della persona” 115 .11. Antropologia, il presupposto dell’etica11.1. Filosofia antropologica e teologia morale. Ed è propriola persona, in quanto volume totale dell’essere, che è il centrodi Erlebnisse coscienziali. Che, comunque sia, rivelano i dueaspetti metafisicamente correlati della persona, che sono quel-114A. DANESE, Persona e sviluppo verso il tempo del post-liberismo?, inAA.VV., Persona e sviluppo. Un dibattito interdisciplinare, a cura di A. Danese,Dehoniane, Roma 1991, p. 35.115E. MOUNIER, Rivoluzione personalista e comunitaria, Milano 1955, pp.90-91.
392 SABINO PALUMBIERIlo dell’individualità consistente e quello della relazionalitàresponsabile.Tale visione della persona, il cui nucleo proteico è nella percezionedell’unitarietà del pluridimensionale, è possibile su unosfondo di analisi fenomenologica, atta a fondare la disaminafilosofico-teologica dell’atto libero, scaturigine dell’agire etico. Èquesto il presupposto di ogni discorso morale.Come la filosofia soccorre la teologia fondamentale nell’indicareche, mentre la fede come dono gratuito che scende dall’altonon è fondata sulla ragione e tuttavia trova espressione ecomunicazioni attraverso la ragione. La Fides et ratio sottolineache “la teologia morale ha forse un bisogno ancor maggiore dell’apportofilosofico. [… Essa] deve ricorrere a una visione filosoficacorretta sia della natura umana e della società che dei principigenerali di una decisione etica” 116 . Infatti, l’esercizio dellacoscienza morale, nell’applicazione di specifici precetti alla concretezzadelle situazioni di vita, ha bisogno di referenti di antropologiapragmatica, nel senso di visione dell’uomo sotto l’aspettodel fare. Lo spessore di questo fare è in fedeltà alla struttura delsuo essere, come si è costantemente sottolineato. La rivelazioneci assicura che tale struttura è l’espressione del piano creativo esalvifico di Dio.Si noti inoltre che, nell’area del pensiero intrascendente, siregistra una tendenza a considerare la religione come un distillatoutilissimo per l’agire morale, nel senso del più umanorispetto a quello che è il puro fattuale. È questa la base dellamorale postulata a presidio di valori di autocontrollo dell’individuohobbesiano di natura lupina 117 o dei gruppi più forti, inordine allo spazio da assicurare ai più deboli all’interno di unassetto di società che si avvia, per evitare l’autodistruzione,verso i traguardi di una civiltà pacificata e riconciliata. In questoquadro si accetta il momento religioso come derivato daquello postulatorio-etico, in funzione di una necessità di autoconservazione.116GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica Fides et ratio, n. 68, in AAS 91(1999) 5-88.117Cf. TH. HOBBES, De cive, 1,12; 5,2.
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