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Edição 47 - Insieme

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Reprodu ıes/Cibus-Brasil/Fiere di ParmaI RISTORANTIITALIANI?Sono 56.000 in tutto ilmondo. Ma siamo sicuriche tutti possanofregiarsidel titolo di“vera cucinaitaliana”?CUCINAsabores italianosROMA - I ristoranti che, all'estero, si propongonoalla clientela come "italiani" sono oltre 56.000 e sonosparsi per i cinque Continenti. È questa la radiografiadi un settore che ha una valenza economica enorme,legata anche al fatto che ormai la tradizione gastronomicaitaliana (e per essa la "dieta mediterranea", ormai universalmentericonosciuta come simbolo di una alimentazionecorretta ed equilibrata) è apprezzata in tutto il mondo.Ma quanti di questi ristoranti possono fregiarsi del titolodi ristoranti veramente "italiani"? La risposta sta nel fatto che,a differenza della francese e della cinese (gli "involtini primavera"sono pressoché eguali in tutto il mondo), quella di casanostra non ha una codificazione ufficiale, cioè i dettami chedovrebbe seguire non fanno parte di nessun "regolamento".Così accade che basta servire spaghetti o lasagne - cucinati nonimporta come - per potersi proporre alla clientela fregiandosidi un (usurpato) titolo di italianità gastronomica.Cosa si fa e cosa si potrebbe fare per fronteggiare questaincontrollata proliferazione di ristoranti che, nei quattro angolidel mondo, dicono - ma non sempre fanno - di servirepietanze rigorosamente italiane?Il problema, di per sé, è complesso e a complicarlo ancoradi più sono i "grandi numeri" legati alla ristorazione che,in tutto il modo, si rifà o dice di rifarsi alla nostra tradizione.Una stima di Confcommercio dice che di ristoranti italianio "all'italiana" ve ne sono 15mila tra Stati Uniti e Canada;settemila in America Latina; 25mila in Europa comunitaria;3.500 nell' Europa dell'Est; mille in Africa, così comein Australia; 300 in Medio Oriente; duemila in Cina e nelSudest asiatico; duemila in Giappone.Ora, quanti di questi possono garantire che le loro pietanzesono veramente italiane o "all'italiana"?La percentuale, dicono gli esperti, rischia di essere bassissima,perché, si sottolinea, anche un piatto molto semplice,quale ad esempio gli spaghetti al pomodoro, rischia di esserediverso - per cottura, per scelta dei condimenti - a secondadelle latitudini e di chi lo cucina.Contro questa proliferazione incontrollata di ristorantiitaliani (al di là delle singole cucine regionali, che non possonoessere ricondotte ad una "codificazione" di carattere nazionale)il Ministero delle Politiche agricole e forestali, di concertocon l'Associazione internazionale dei ristoranti d'Italia,ha varato un progetto che intende attribuire solo a queiristoranti che offrono veramente piatti in linea con l'enogastronomiaitaliana l'etichetta di vessilliferi della cucina madein Italy.Insomma, se in sede comunitaria si vincono le battagliecontro i prodotti gastronomici contraffatti (come il parmesan,bieca imitazione nordeuropea del parmigiano) ed altresi stanno programmando, la guerra contro chi abusa del termine"cucina italiana" rischia di essere lunga. Ma Confcommercioe Associazione internazionale ristoranti d'Italia si diconoottimisti, tanto che il loro progetto di un marchio diautenticità dei locali italiani nel mondo è già realtà.INSIEME NOVEMBRO • NOVEMBRE 2002 14

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