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Il mondo nuovo - Ritorno al mondo nuovo

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Aldous Huxley.IL MONDO NUOVO.RITORNO AL MONDO NUOVO.Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1933, 1961.Traduzione di Lorenzo Gigli e Luciano Bianciardi."<strong>Il</strong> <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong>": copyright Aldous Huxley 1932.Titolo origin<strong>al</strong>e dell'opera: "Brave New World".Copyright 1933 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano."<strong>Ritorno</strong> <strong>al</strong> <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong>": copyright Aldous Huxley 1958.Titolo origin<strong>al</strong>e dell'opera: "Brave New World Revisited".Copyright 1961 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano.INDICE.ALDOUS HUXLEY.La vita: p. 4.Le opere: p. 9.La fortuna: p. 14.Bibliografia: p. 19.IL MONDO NUOVO: p. 23.Note <strong>al</strong> testo: p. 347.RITORNO AL MONDO NUOVO.Prefazione: p. 349.Sovrappopolazione: p. 352.Quantità, qu<strong>al</strong>ità, mor<strong>al</strong>ità: p. 367.Superorganizzazione: p. 371.La propaganda in una società democratica: p. 387.La propaganda sotto la dittatura: p. 397.L'arte di vendere: p. 408.<strong>Il</strong> lavaggio dei cervelli: p. 423.La persuasione chimica: p. 436.La persuasione subconscia: p. 448.Ipnopedia: p. 459.Educazione <strong>al</strong>la libertà: p. 473.Che fare?: p. 489.1


ALDOUS HUXLEY.- La vita.Aldous Huxley nasce il 26 luglio 1894 a God<strong>al</strong>ming, nella contea delSurrey, da una famiglia illustre. Suo nonno era il noto biologo ThomasHenry Huxley, uno dei più accesi sostenitori delle teorie darwinianein Inghilterra, mentre suo padre, Leonard, aveva per lungo tempodiretto la «Cornhill Magazine», fondata da William Thackeray nel 1860.La madre, Julia Arnold, era invece nipote del poeta Matthew Arnold.Huxley si iscrive a Eton con l'intenzione di diventare medico, maappena iniziati gli studi, contrae una grave forma di cheratite e, nelgiro di pochi mesi, perde quasi completamente la vista. A causa dellam<strong>al</strong>attia lo scrittore impara a leggere libri e spartiti music<strong>al</strong>i inBraille e a scrivere a macchina, ma è costretto a continuare gli studicon precettori privati. Tuttavia il sogno di una brillante carrierascientifica è svanito per sempre e Huxley decide di dedicarsi <strong>al</strong>lostudio della letteratura inglese e della filologia. A vent'anni,grazie a una lente di ingrandimento riesce a recuperare l'uso di unocchio e può iscriversi <strong>al</strong> B<strong>al</strong>liol College di Oxford, dove si laureanel 1915.Lo scrittore trascorre il restante periodo bellico lavorando per ilgoverno ma dedicandosi anche <strong>al</strong>l'insegnamento e a lavori diversi, tracui il giardinaggio. Nel 1919 sposa Maria Nys, una donna belgarifugiatasi in Inghilterra durante il conflitto mondi<strong>al</strong>e, da cui avràun figlio, Matthew. In quegli anni inizia a pubblicare recensioni diteatro, arte, musica e libri sulla prestigiosa rivista «Athenaeum» esulla «Westminster Gazette», dove fa la conoscenza di John MiddletonMurry, Katherine Mansfield e D. H. Lawrence. Con quest'ultimocondivide una schietta passione per l'It<strong>al</strong>ia, dove dimora d<strong>al</strong> 1923 <strong>al</strong>1930 - con l'esclusione del '25 e '26, trascorsi viaggiando in India -dedicandosi soprattutto <strong>al</strong>la scrittura di racconti e romanzi, tra cui"Punto contro punto", del 1928. A differenza di molti <strong>al</strong>triconnazion<strong>al</strong>i, Huxley impara a conoscere a fondo l'It<strong>al</strong>ia, comedimostrano i racconti ambientati a Firenze, "<strong>Il</strong> giovane Archimede", ea Roma, "Dopo i fuochi di artificio". Poco prima di morire, nel 1929,Lawrence è ospite a Forte dei Marmi degli Huxley, che poco dopo loassisteranno negli ultimi istanti di vita, a Vence. Sarà lo stessoHuxley a curare, nel 1932, la prima raccolta delle lettere diLawrence.Nel 1930 Huxley acquista una casa nel Sud della Francia, dove siritira quando non è a Londra. Influenzato d<strong>al</strong> clima intellettu<strong>al</strong>ebritannico di quegli anni, lo scrittore si interessa soprattutto dipolitica e raggiunge vasta notorietà internazion<strong>al</strong>e pubblicando, nel1932, "<strong>Il</strong> <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong>". Nel '34 e nel '35 Huxley inizia una serie diviaggi in Centroamerica e negli Stati Uniti. Qui, nel 1937, entra incontatto con l'équipe medica del dottor Bates di New York, chefin<strong>al</strong>mente cura in modo efficace la sua m<strong>al</strong>attia <strong>al</strong>la cornea. Perpoter continuare questa terapia nel modo migliore, si trasferisce nelSud della C<strong>al</strong>ifornia e ottiene un recupero quasi tot<strong>al</strong>e della vista.Nel marzo del 1942 gli Huxley si trasferiscono a Llano, in C<strong>al</strong>ifornia,2


dove Aldous lavora <strong>al</strong> volume "L'arte di vedere", un vero e propriogesto di gratitudine nei confronti dell'oculista che l'ha curato. Iconiugi prendono in affitto anche un appartamento a Beverly Hills, edè qui che lo scrittore ultima il romanzo "<strong>Il</strong> tempo si deve fermare",pubblicato nell'agosto del '44. Si dedica quindi <strong>al</strong>la stesura di"Filosofia perenne", una raccolta di saggi filosofici - dove Huxleymanifesta un interesse sempre più marcato per il misticismo - cheviene pubblicata poco dopo il termine del secondo conflitto mondi<strong>al</strong>e.In una lettera indirizzata <strong>al</strong>la scrittrice argentina Ocampo, Huxleyesprime la propria soddisfazione per l'avvenimento, ma anche le suepreoccupazioni. «Gli Stati nazion<strong>al</strong>i» scrive infatti Huxley «a cui lascienza fornisce un potere militare enorme mi fanno sempre pensare<strong>al</strong>la descrizione data da Swift di Gulliver trasportato da unagigantesca scimmia sul tetto del p<strong>al</strong>azzo del re di Brobdingnag: laragione, il rispetto per gli <strong>al</strong>tri, i v<strong>al</strong>ori dello spirito, si trovanonelle grinfie della volontà collettiva che ha il vigore fisico di unadivinità, ma anche la ment<strong>al</strong>ità di un delinquente di quattordicianni.»Nel '55 muore la prima moglie e Huxley si risposa l'anno successivocon la torinese Laura Archera che, nel 1968, pubblicherà negli StatiUniti un libro di memorie: "A Person<strong>al</strong> View of A. H.".A partire dai primi anni Cinquanta lo scrittore abbandonaprogressivamente la narrativa per dedicarsi sempre più intensamente<strong>al</strong>la speculazione filosofica. Questa ricerca lo porta ad approfondiregli studi esoterici - intrapresi più di vent'anni prima in occasionedei viaggi in India - e a sperimentare estesamente su se stesso glieffetti della mesc<strong>al</strong>ina e dell'acido lisergico - che per primo chiamapsichedelico - intesi come strumenti per conoscere le capacità dellapsiche umana. In particolare, lo scrittore tenta di far convergere inun'unica forma di esperienza la conoscenza scientifica e quellamistica, «ma» come scrive in uno dei suoi saggi di quegli anni «più lascienza amplia i suoi confini e maggior comprensione ci dà deimeccanismi dell'esistenza, più chiaramente spicca il mistero stessodell'esistenza».Nel 1960 gli viene diagnosticato un cancro <strong>al</strong>la lingua e la vistariprende a peggiorare. <strong>Il</strong> 12 maggio del 1961 un incendio divampa nellasua casa e distrugge tutti i suoi libri e le sue carte. La perdita èuna prova durissima: «Vedi un uomo senza passato» confida in t<strong>al</strong>eoccasione a un amico. Huxley si spegne a Hollywood il 22 novembre1963, lo stesso giorno dell'assassinio del presidente Kennedy.- Le opere.Non è facile individuare nella vasta produzione di Huxley un unicofilo conduttore, perché lo scrittore, intellettu<strong>al</strong>e irrequieto ecuriosissimo, ha sempre partecipato con c<strong>al</strong>ore <strong>al</strong> dibattito politico ecultur<strong>al</strong>e del suo tempo e seguito con entusiasmo lo sviluppo dellescoperte scientifiche, facilitato in questo d<strong>al</strong> fratello Julian, disette anni più vecchio, biologo di fama mondi<strong>al</strong>e, e d<strong>al</strong> fratellastroAndrew, premio Nobel 1963 per la medicina.La sua opera prima, un romanzo scritto a diciotto anni e mai3


icorrenti di tutta la narrativa successiva di Huxley.<strong>Il</strong> successo de "<strong>Il</strong> <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong>", così come il dibattito che sisviluppa intorno <strong>al</strong>le tesi discusse nel libro, spingono Huxley apubblicare, nel 1958, "<strong>Ritorno</strong> <strong>al</strong> <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong>", dove evidenzia chemolte delle sue più catastrofiche previsioni del 1932 si sono avverateanzitempo. "<strong>Ritorno</strong> <strong>al</strong> <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong>" non è infatti un romanzo, ma unaraccolta di saggi, in cui l'autore espone le proprie convinzionipolitico-soci<strong>al</strong>i. I pilastri ideologici che fanno da sfondo <strong>al</strong>fortunato romanzo vengono qui ripresi e an<strong>al</strong>izzati singolarmente perdimostrare che in più di un caso fanno già parte del presente.A partire dagli anni Quaranta Huxley è sempre più spesso affascinatodagli studi storici e scientifici e si dedica <strong>al</strong>la narrativa semprepiù raramente. L'opera in cui lo scrittore esprime più compiutamenteil proprio pessimismo è "I diavoli di Loudun" (1952), ambientato nellaFrancia del Seicento. Rigorosa ricostruzione storica di un processoper stregoneria, il libro è giustamente considerato l'opera piùriuscita dello scrittore inglese proprio grazie <strong>al</strong>la ricchezza e <strong>al</strong>ladiversità dei temi trattati. L'autore, abbandonate le catenedell'ideologia che lo hanno legato per tanti anni, attinge liberamente<strong>al</strong>la propria eccezion<strong>al</strong>e erudizione, re<strong>al</strong>izzando una puntigliosa edettagliata ricostruzione in cui nulla viene trascurato. Inquest'opera infatti lo scrittore non modella la trama in base <strong>al</strong>leproprie premesse teoriche, ma si serve di un fatto storico, ampiamentedocumentato, per rappresentare l'esperienza umana sulla Terra in tutt<strong>al</strong>a sua orrenda e grottesca tragicità.Huxley deve la sua fama anche <strong>al</strong>la sua attività di critico, di poeta,di drammaturgo e, soprattutto, di saggista. Le sue opere piùsignificative in questo campo sono, oltre <strong>al</strong>la già citata "Filosofiaperenne", "Le porte della percezione", del 1954 e "Paradiso e inferno"del 1956. Questi due volumi parlano degli esperimenti di Huxley con ledroghe. Lo scrittore parte d<strong>al</strong>la considerazione che la scienzacontemporanea ha dimostrato che gran parte della felicità edell'infelicità è una questione di composizioni chimiche: la linea didemarcazione tra pazzia e sanità ment<strong>al</strong>e, tra m<strong>al</strong>attia e benessere,può essere tracciata d<strong>al</strong>la presenza o d<strong>al</strong>l'assenza di un elemento o diuna vitamina nel nostro cibo. I due saggi raccontano anche in modomolto dettagliato come ottenere quelle visioni che ci consentono didiventare consapevoli dell'esistenza di un <strong>mondo</strong> ulteriore.Un anno prima di morire Huxley pubblica ancora un romanzo, "L'isola",in cui ripropone il tema sviluppato in tanti saggi: il libro èambientato a P<strong>al</strong>a, un'immaginaria isola del Pacifico, i cui abitantihanno creato una società armoniosa, fondendo le scoperte tecnologichedell'Occidente con i v<strong>al</strong>ori spiritu<strong>al</strong>i dell'Oriente. Purtroppo, però,P<strong>al</strong>a viene sopraffatta d<strong>al</strong>le interferenze politiche e d<strong>al</strong> cinismodegli Occident<strong>al</strong>i che vogliono sfruttarne le risorse natur<strong>al</strong>i.- La fortuna.Negli anni tra le due guerre la critica it<strong>al</strong>iana si occupa di Huxleyin modo miope e superfici<strong>al</strong>e. Carlo Linati, nel 1932, si limita aevidenziare i contenuti comici delle sue prime opere, mentre Maria5


Ast<strong>al</strong>di, in un breve saggio del 1940, si preoccupa soprattutto didimostrare che lo scrittore inglese è profondamente influenzato d<strong>al</strong>lacultura it<strong>al</strong>iana e che solo a questa deve la propria grandezza.Anche dopo il venir meno delle faziosità dovute <strong>al</strong> tot<strong>al</strong>itarismo delVentennio, si deve tuttavia attendere sino agli anni Sessanta perchésu Huxley vengano pubblicati studi approfonditi che cerchino dian<strong>al</strong>izzare in modo esauriente i molti aspetti della sua operamonument<strong>al</strong>e. Nel '45 infatti Napoleone Orsini stigmatizza lopsicologismo di "Punto contro punto" e lo stesso, attentissimo, MarioPraz solo in un secondo tempo rileva il carattere erraticodell'esperienza umana e artistica di Huxley e il sottile filo tragicoche lega la superfici<strong>al</strong>e comicità dei suoi racconti.Emilio Cecchi, <strong>al</strong>l'inizio degli anni Cinquanta, si entusiasma in modoforse eccessivo per "Punto contro punto", che arriva a giudicare «unapietra miliare della letteratura novecentesca», un romanzo che <strong>al</strong>contrario non ha resistito a lungo <strong>al</strong>l'uso del tempo. Negli stessianni però Elemire Zolla sottolinea negativamente la freddezza e ilcinismo che traspaiono d<strong>al</strong>lo stile dello scrittore.Dopo le argomentazioni di Manlio Miserocchi che, nel 1964, tenta, conrisultati non del tutto convincenti, di dimostrare la coincidenzadegli ide<strong>al</strong>i di Huxley con quelli dell'umanesimo cristiano, nel 1968 esuccessivamente nel 1977 Romo Runcini si dedica fin<strong>al</strong>mente <strong>al</strong> compitodi studiare in modo approfondito tutta l'opera di Huxley e dicollocarla nell'ambito della cultura inglese ed europea. A propositode "<strong>Il</strong> <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong>" scrive: «<strong>Il</strong> romanzo è lontano tanto d<strong>al</strong>la tenacesicurezza e operosità vittoriane, quanto d<strong>al</strong>l'annunciata catarsisoci<strong>al</strong>e che Shaw e i suoi amici fabiani davano per certa. Qui siproietta il presente in una favola del futuro per es<strong>al</strong>tare quelprocesso di massificazione dell'uomo accettato dai più qu<strong>al</strong>e prezzo dapagare per una società prospera e sicura». Sulla stessa linea simuovono <strong>al</strong>tri studiosi che negli anni successivi si occupano delproblema dell'utopia negativa, come Ruggero Bianchi, Elena Bonicelli eVita Fortunati.Daniela Guardamagna nel 1980 si sofferma fin<strong>al</strong>mente sull'importanzache assume in Huxley l'ironia rivolta non solo <strong>al</strong> di fuori del testo,ma anche verso i personaggi dei suoi romanzi e verso lo scrittorestesso.Un'attenta an<strong>al</strong>isi, ancora dei temi utopici di Huxley, e quindiriferita a "<strong>Il</strong> <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong>", "La scimmia e l'essenza" e "L'isola", sitrova nel bel libro di Stefano Manferlotti "Anti-utopia, Huxley OrwellBurgess", dove si an<strong>al</strong>izza, nei tre autori, il tema dell'utopianegativa, o distopia, così ricorrente nella cultura britannica: «Da unlato» scrive Manferlotti «l'affermarsi delle strutture-individu<strong>al</strong>i deigrandi apparati produttivi e dei monopoli, con i relativi corollaridella reificazione e mercificazione dell'esistenza, concorre adistruggere il mito di un progresso lineare illimitato e, con ciòstesso, le premesse per descrizioni utopiche che chiameremo percomodità di sintesi, 'conservatrici'. D<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tro lato il f<strong>al</strong>limentopragmatico dell'ipotesi marxista in tutti i Paesi del cosiddetto'soci<strong>al</strong>ismo re<strong>al</strong>e', sembra dimostrare l'impossibilità di dar vita anarrazioni assiologicamente organizzate intorno <strong>al</strong>l'ideologia marxistae che chiameremo, per comodità di sintesi, 'di sinistra' o6


'progressiste'.Caduti quindi anche i pregiudizi della cultura di sinistra, lav<strong>al</strong>utazione complessiva di Huxley nel nostro Paese è fin<strong>al</strong>mentedestinata ad avviarsi verso un definitivo equilibrio, in cui abbianofin<strong>al</strong>mente il loro rilievo le opere meno ideologizzate e, proprio perquesto, più avvincenti e istruttive, come "I diavoli di Loudun", e"L'eminenza grigia" (1941), una biografia di padre Giuseppe da Parigi,<strong>al</strong> secolo François Leclerc du Tremblay, segretario del cardin<strong>al</strong>eRichelieu, una delle più compiute condanne dell'attività politica edella ragion di Stato di questo secolo. «Più e più volte» vi scrivetra l'<strong>al</strong>tro Huxley «uomini di Chiesa e laici devoti sono divenutiuomini di Stato con la speranza di elevare la politica <strong>al</strong> loro livellomor<strong>al</strong>e, e sempre la politica è riuscita a trascinarli giù <strong>al</strong> suolivello mor<strong>al</strong>e su cui gli uomini di Stato, in quanto fanno dellapolitica, sono costretti a vivere».L'attenzione della critica anglosassone nei confronti di Huxley èstata natur<strong>al</strong>mente molto più ampia e più dettagliata, anche seprev<strong>al</strong>gono gli studi parzi<strong>al</strong>i su quelli complessivi dell'opera delloscrittore britannico. Tra i giudizi dei grandi nomi della letteraturacontemporanea si può ricordare quello non certo benevolo di T. S.Eliot che, nel 1927, definì Huxley «uno di quegli scrittori chedebbono scrivere trenta romanzi prima di scriverne uno buono» eaggiunse che era m<strong>al</strong>ato di sentiment<strong>al</strong>ismo e di «religiosità chic».Anche George Orwell e Virginia Woolfe hanno spesso manifestato le loroperplessità nei confronti di Huxley, e il filosofo tedesco Th. W.Adorno esprime giudizi pesantemente negativi su "<strong>Il</strong> <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong>":«Huxley si schiera con coloro che <strong>al</strong>l'era industri<strong>al</strong>e rimproverano nontanto la disumanità quanto la decadenza di costumi. L'umanità vieneposta dinanzi <strong>al</strong>la scelta tra la ricaduta in una mitologia che aHuxley stesso pare discutibile e un progresso verso una compattaillibertà della coscienza. Non resta nessun spazio per un concettodell'uomo che non si esaurisca né nella coercizione del sistemacollettivistico né nella contingenza del singolo. La costruzione dipensiero che denuncia lo Stato univers<strong>al</strong>e tot<strong>al</strong>itario mentre es<strong>al</strong>taretrospettivamente l'individu<strong>al</strong>ismo che vi portò, è tot<strong>al</strong>itaria essastessa».Tuttavia, a parte gli esempi sopracitati, la quasi tot<strong>al</strong>ità dellacritica anglosassone ha sempre manifestato il proprio apprezzamentonei confronti di Huxley. Vi si insiste sulla definizione di 'romanzidi idee' e ricorrono spesso gli studi comparati con Orwell, Burgess,Zamjatin e non sono rari quelli con Lawrence. Vengono evidenziate, inparticolare, la sua capacità di guardare con occhio disincantato aifasti del <strong>mondo</strong> contemporaneo e le sue peculiarità <strong>al</strong>l'interno dellaciviltà letteraria britannica, troppo spesso <strong>al</strong>iena <strong>al</strong>la speculazionefilosofica.- Bibliografia.Prime edizioni."Brave New World", London, Chatto & Windus, 1932.7


"Brave New World Revisited", London, Chatto & Windus, 1959.Opere gener<strong>al</strong>i accessibili in it<strong>al</strong>iano.E. Wilson, "<strong>Il</strong> Castello di Axel", New York, Charles Scribner's Sons,1931; trad. it., Milano, Studio Editori<strong>al</strong>e, 1988.G. Cambon, "La lotta con Proteo", Milano, Bompiani, 1963.M. Praz, "La letteratura inglese dai Romantici <strong>al</strong> Novecento", Firenze,Sansoni-Accademia, 1968.G. Melchiori, "I funamboli", Torino, Einaudi, 1974.M. Praz, "Fiori freschi", Milano, Garzanti, 1982.R. Jacobbi, "L'avventura del Novecento", Milano, Garzanti, 1984.F. B. Crucitti Ullrich (a cura di), "Carteggio Cecchi-Praz", Milano,Adelphi, 1985.M. Praz, "La carne, la morte e il diavolo nella letteraturaromantica", Firenze, Sansoni, 1988.Saggi e articoli su Aldous Huxley accessibili in it<strong>al</strong>iano.C. Linati, "Aldous Huxley", in "Scrittori anglo-americani d'oggi",Milano, Corticelli, 1932.M. Ast<strong>al</strong>di, "Latinità di Aldo Huxley", in "Clienti e parassitianglosassoni", Milano, Garzanti, 1940.B. Croce, "Osservazioni a una pagina di Aldous Huxley. «L'infelicecondizione della storia»", in «Quaderni della critica», 6, 1946.N. Orsini, "Aldous Huxley", in «Belfagor», 1, 1946.M. Praz, "Aldous Huxley, Huxley a Bengodi e Huxley tra le rovine deiMaya", in "Cronache letterarie anglosassoni", Roma, Edizioni di Storiae Letteratura, 1951, vol. 1.L. Bortolon, "I diavoli di Loudun", in «Vita e Pensiero», 37, 1954.E. Zolla, "Aldous Huxley and the Doom of Reason", in «Letteraturemoderne», 5, 1954.E. Cecchi, "Limbo e I diavoli di Loudun", in "Scrittori inglesi eamericani", Milano, <strong>Il</strong> Saggiatore, 1964, vol. 2.M. Miserocchi, "Ricordo di Aldous Huxley", in «Nuova Antologia»,492,1964.G. Preti, "Retorica e logica. Le due culture", Torino, Einaudi, 1968.A. Scurani, "Profilo: Aldous Huxley", in «Letture», 3, 1969.A. Scurani, "<strong>Il</strong> sincretismo di Aldous Huxley", in «Letture», 25, 1970.M. Ast<strong>al</strong>di, "La lezione postuma di Aldous Huxley", in "Amici libri",Venezia, Neri Pozza, 1976.R. Rucini, "Aldous Huxley", in V. Amonuso-F. Binni (a cura di), "Icontemporanei. Letteratura inglese", Roma, Lucarini, 1977, vol. 1.S. Manferlotti, "Invito <strong>al</strong>la lettura di Huxley", Milano, Mursia, 1987.F. Garnero, Introduzione a "I diavoli di Loudun", Milano, OscarMondadori, 1988.Su «<strong>Il</strong> <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong>» e «<strong>Ritorno</strong> <strong>al</strong> <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong>», accessibili init<strong>al</strong>iano.T. W. Adorno, "Aldous Huxley e l'utopia", in "Prismi, Saggi sullacritica della cultura", Francoforte, Suhrkamp Verlag, 1955; trad. it.,8


Torino, Einaudi, 1972.R. Runcini, "<strong>Il</strong> «<strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong>» di A. Huxley", in "<strong>Il</strong>lusione e paura nel<strong>mondo</strong> borghese da Dickens a Orwell", Bari, Laterza, 1968.E. Bonicelli, "Libertà dell'utopia, Utopia della libertà", in «Rivistadi letterature moderne e comparate», 26, 1973.R. Bianchi, "I parametri della controutopia", in Autori vari, "Utopiae fantascienza", Torino, Giappichelli, 1975.V. Fortunati, "La letteratura utopica inglese", Ravenna, Longo, 1978.D. Guardamagna, "An<strong>al</strong>isi dell'incubo, L'utopia negativa da Swift <strong>al</strong>lafantascienza", Roma, Bulzoni, 1980.R. Bertinetti, "<strong>Il</strong> suicidio della cultura, Divagazioni su «Brave NewWorld»", in R. Bertinetti, A. Deidda, M. Domenichelli, "L'infondazionedi Babele: l'antiutopia", Milano, Angeli, 1983.S. Manferlotti, "Anti-utopia, Huxley Orwell Burgess", P<strong>al</strong>ermo,Sellerio, 1984.S. Manferlotti, "Prometeo dimenticato: l'uno e i molti nelleantiutopie di Zamjatin, Huxley ed Orwell", in A. Colombo (a cura di),"1984: Utopia e Distopia", Milano, Angeli, 1987.IL MONDO NUOVO.Traduzione di Lorenzo Gigli."Le utopie appaiono oggi assai più re<strong>al</strong>izzabilidi quanto non si credesse un tempo.E noi ci troviamo attu<strong>al</strong>mente davanti a una questione ben piùangosciosa: come evitare la loro re<strong>al</strong>izzazione definitiva?... Le utopie sono re<strong>al</strong>izzabili. La vita marcia verso le utopie.E forse un secolo <strong>nuovo</strong> comincia; un secolo nel qu<strong>al</strong>egli intellettu<strong>al</strong>i e la classe colta penserannoai mezzi d'evitare le utopie e di ritornare a una societànon utopistica, meno 'perfetta' e più libera".Nicola Berdiaeff1.Un edificio grigio e pesante di soli trentaquattro piani. Sopr<strong>al</strong>'entrata princip<strong>al</strong>e le parole: 'Centro di incubazione e dicondizionamento di Londra Centr<strong>al</strong>e' e in uno stemma il motto delloStato Mondi<strong>al</strong>e: 'Comunità, Identità, Stabilità'.9


L'enorme stanza <strong>al</strong> pianterreno era volta verso il nord. Fredda,nonostante l'estate che sfolgorava <strong>al</strong> di là dei vetri, nonostante ilc<strong>al</strong>do tropic<strong>al</strong>e della stanza stessa; una luce fredda e sottile entravad<strong>al</strong>le finestre, cercando avidamente qu<strong>al</strong>che manichino drappeggiato,qu<strong>al</strong>che p<strong>al</strong>lida forma di mummia accademica, ma trovando solamente ilvetro, le nichelature e lo squ<strong>al</strong>lido splendore di porcellana di unlaboratorio. Gelo rispondeva a gelo. I camici dei lavoratori eranobianchi, le loro mani erano protette da guanti di gomma di un p<strong>al</strong>lorecadaverico. La luce era gelida, morta, fantomatica. Solo dai gi<strong>al</strong>licilindri dei microscopi essa prendeva a prestito un po' di sostanzac<strong>al</strong>da e vivente, sp<strong>al</strong>mandola come del burro sui lucidi tubi, striandocon una lunga successione di strisce luminose i tavoli di lavoro.«E questa» disse il Direttore aprendo la porta «è la S<strong>al</strong>a difecondazione.»Nel momento in cui il Direttore del Centro di Incubazione e diCondizionatura entrò nella stanza, trecento fecondatori stavano chinisui loro strumenti, silenziosi e quasi trattenendo il respiro,qu<strong>al</strong>cuno canterellando e fischiettando, modo incosciente dimanifestare t<strong>al</strong>volta la più profonda concentrazione. Un gruppo distudenti arrivati da poco, molto giovani, rosei e imberbi, seguivano ipassi del Direttore con una certa apprensione, quasi con umiltà.Ciascuno di essi teneva un taccuino in cui scarabocchiavadisperatamente ogniqu<strong>al</strong>volta il grand'uomo apriva bocca: attingevanodirettamente <strong>al</strong>la fonte, privilegio raro. <strong>Il</strong> Direttore di LondraCentr<strong>al</strong>e aveva sempre cura di condurre in giro person<strong>al</strong>mente per ivari reparti gli studenti nuovi.«Semplicemente per darvi un'idea gener<strong>al</strong>e» egli era solito dir loro.Perché un'idea gener<strong>al</strong>e dovevano pure averla, per compiere il lorolavoro intelligentemente; e tuttavia era meglio che ne avessero ilmeno possibile, se dovevano riuscire più tardi buoni e felici membridella società. Perché, come tutti sanno, i particolari portano <strong>al</strong>lavirtù e <strong>al</strong>la felicità; mentre le gener<strong>al</strong>ità sono, d<strong>al</strong> punto di vistaintellettu<strong>al</strong>e, dei m<strong>al</strong>i inevitabili. Non i filosofi, ma i tagli<strong>al</strong>egnae i collezionisti di francobolli compongono l'ossatura della società.«Domani» egli aggiungeva con una bonomia sorridente ma lievementeminacciosa «vi metterete a lavorare sul serio. Non avrete dagingillarvi con le gener<strong>al</strong>ità. Nel frattempo...»Nel frattempo, <strong>al</strong>tro detto memorabile. Via, d<strong>al</strong>la bocca <strong>al</strong> libretto dinote. I ragazzi scarabocchiavano come pazzi.Alto e piuttosto magro, ma dritto, il Direttore s'avanzò nella stanza.Egli aveva il mento lungo, i denti forti e <strong>al</strong>quanto sporgenti, copertia m<strong>al</strong>apena, quando non parlava, d<strong>al</strong>le labbra piene e floridamentecurve. Vecchio, giovane? Trent'anni? Cinquanta? Cinquantacinque? Eradifficile dire. In ogni modo era una domanda che non si poneva; inquest'anno di stabilità, A. F. 632, non veniva in mente a nessuno diformularla.«Comincerò d<strong>al</strong> principio» disse il Direttore: e gli studenti piùzelanti annotarono la sua intenzione nei taccuini: 'Cominciare d<strong>al</strong>principio'. «Questi» e agitò la mano «sono gli incubatori.» E aprendouna porta isolante mostrò loro file su file di provette numerate. «Laprovvista settiman<strong>al</strong>e d'ovuli. Mantenuti» spiegò «<strong>al</strong>la temperatura delsangue; mentre i gameti maschi» e qui aprì un'<strong>al</strong>tra porta «devono10


essere mantenuti a trentacinque gradi invece di trentasette. La pienatemperatura del sangue li sterilizza. Gli arieti avvolti nelthermogène non generano agnelli.»Ancora appoggiato agli incubatori egli fornì agli studenti una brevedescrizione del processo moderno della fecondazione, mentre le matitevolavano vertiginosamente sulle pagine; parlò in primo luogo,natur<strong>al</strong>mente, della sua base chirurgica: «... l'operazionevolontariamente subita per il bene della società, senza contare cheessa porta con sé un premio ammontante a sei mesi di stipendio...»;continuò con un sommario esposto della tecnica della conservazionedell'ovaia estirpata <strong>al</strong>lo stato vivente e in pieno sviluppo; passò afare delle considerazioni sulla temperatura ide<strong>al</strong>e, la s<strong>al</strong>inità e laviscosità; accennò <strong>al</strong> liquido nel qu<strong>al</strong>e si conservano gli ovuliseparati e giunti a maturazione; e, condotti i discepoli ai tavoli dilavoro, mostrò loro praticamente come questo liquido veniva levatod<strong>al</strong>le provette; come lo si faceva cadere goccia a goccia sui vetriniappositamente intiepiditi delle preparazioni microscopiche; come gliovuli in esso contenuti venivano esaminati d<strong>al</strong> punto di vista deicaratteri anorm<strong>al</strong>i, contati e trasferiti in un recipiente poroso; come(e li condusse a vedere l'operazione) questo recipiente veniva immersoin un liquido c<strong>al</strong>do contenente degli spermatozoi liberamente nuotanti,«<strong>al</strong>la concentrazione minima di centomila per centimetro cubo» egliinsistette; e come, dopo dieci minuti, il recipiente era levato d<strong>al</strong>liquido e il suo contenuto riesaminato; come, se qu<strong>al</strong>che ovulo nonfosse stato fecondato, esso veniva immerso di <strong>nuovo</strong> e, se necessario,un'<strong>al</strong>tra volta ancora; come le uova fecondate tornavano agliincubatori: dove gli Alfa e i Beta rimanevano fino <strong>al</strong> momento d'esserdefinitivamente messi nei flaconi; mentre i Gamma, i Delta e gliEpsilon ne venivan tolti, dopo solo trentasei ore, per subire ilProcesso Bokanovsky.«<strong>Il</strong> Processo Bokanovsky» ripeté il Direttore: e gli studentisottolinearono queste parole nei loro taccuini.Un uovo, un embrione, un adulto: norm<strong>al</strong>ità. Ma un uovo bokanovskiacatogermoglia, prolifica, si scinde. Da otto a novantasei germogli, e ognigermoglio diventerà un embrione perfetto, e ogni embrione un adultocompleto. Far crescere novantasei esseri umani dove prima ne crescevauno solo. Ecco il progresso.«Nella sua essenza» concluse il Direttore «il processo dibokanovskificazione consiste in una serie di arresti dello sviluppo.Noi arrestiamo lo sviluppo norm<strong>al</strong>e e, benché possa sembrare unparadosso, l'uovo reagisce germogliando.»'Reagisce germogliando.' Le matite si diedero da fare.Alzò la mano. Su di un nastro in lento movimento una specie dirastrelliera carica di provette stava entrando in una grande cassamet<strong>al</strong>lica, mentre un'<strong>al</strong>tra ne usciva. Si sentiva un leggero ronzio dimacchine. Le provette impiegavano otto minuti per attraversare lacassa, egli spiegò. Otto minuti di Raggi X non attenuati costituisconoinfatti quasi il limite estremo di resistenza per un uovo. Un piccolonumero ne moriva; <strong>al</strong>tre uova, le meno sensibili, si scindevano in due;la maggior parte emetteva quattro germogli; qu<strong>al</strong>cuno otto; tutte poitornavano agli incubatori, dove i germogli cominciavano a svilupparsi;indi, dopo due giorni, venivano sottoposte <strong>al</strong> freddo; <strong>al</strong> freddo e11


<strong>al</strong>l'arresto dello sviluppo. A loro volta i germogli producevano due,quattro, otto germogli; e dopo aver così germogliato venivano trattaticon una dose di <strong>al</strong>cool quasi sufficiente ad ucciderli: in conseguenzaessi germogliavano ancora, e avendo prodotto questi ultimi germogli -i germogli dei germogli dei germogli - essendo ogni ulteriore arrestogener<strong>al</strong>mente fat<strong>al</strong>e, li si lasciava sviluppare in pace. In quelmomento l'uovo primitivo era sulla buona strada per trasformarsi innumero variabile di embrioni compresi tra otto e novantasei: «unprodigioso miglioramento rispetto <strong>al</strong>la natura, ammetterete. Deigemelli identici, ma non in miseri gruppi di due o tre per volta comenegli antichi tempi vivipari, quando t<strong>al</strong>volta un uovo potevaaccident<strong>al</strong>mente scindersi; ma proprio a dozzine, a ventine pervolta...«A ventine» ripeté il Direttore: e <strong>al</strong>largò le braccia come se stessedistribuendone con abbondanza. «A ventine.»Ma uno degli studenti fu abbastanza sciocco da chiedergli in che cosaconsisteva il vantaggio.«Ma caro il mio ragazzo!» <strong>Il</strong> Direttore si voltò rapida mente verso dilui. «Non vedete? Non vedete?» Alzò la mano: la sua espressione erasolenne. «<strong>Il</strong> Processo Bokanovsky è uno dei maggiori strumenti dellastabilità soci<strong>al</strong>e!»'Maggiori strumenti della stabilità soci<strong>al</strong>e.'Uomini e donne tipificati; a infornate uniformi. Tutto il person<strong>al</strong>e diun piccolo stabilimento costituito d<strong>al</strong> prodotto di un unico uovobokanovskificato.«Novantasei gemelli identici che lavorano a novantasei macchineidentiche!» La voce era quasi vibrante d'entusiasmo. «Adesso si saveramente dove si va. Per la prima volta nella storia.» Citò il mottoplanetario: «Comunità, Identità, Stabilità». Grandi parole. «Sepotessimo bokanovskificare <strong>al</strong>l'infinito, l'intero problema sarebberisolto.»Risolto per mezzo di individui Gamma tipificati, di Delta invariabili,di Epsilon uniformi. Milioni di gemelli identici. <strong>Il</strong> principio dellaproduzione in massa applicato fin<strong>al</strong>mente <strong>al</strong>la biologia.«Ma, ahimè,» il Direttore scosse il capo «noi non possiamobokanovskificare <strong>al</strong>l'infinito.»Novantasei sembrava essere il limite; settantacinque una buona media.Fabbricare il maggior numero possibile di gemelli identici con lamedesima ovaia e coi gameti dello stesso maschio, questo era quanto dimeglio (e purtroppo un meglio di gran lunga inferiore <strong>al</strong>l'ottimo) sipotesse fare.Del resto era già difficile riuscire a questo.«Infatti in natura ci vogliono trent'anni perché duecento ovuligiungano a maturazione. Ma il nostro scopo è di stabilizzare lapopolazione adesso, in questo preciso momento. Produrre dei gemellicol contagocce durante un quarto di secolo, a che servirebbe?»Evidentemente, a nulla. Ma la Tecnica di Podsnap aveva enormementeaccelerato il processo di maturazione. Si poteva contare su <strong>al</strong>menocentocinquanta uova mature in due anni. Fecondate e bokanovskificate -cioè, in <strong>al</strong>tre parole, moltiplicate per settantadue - e otterrete unamedia di quasi undicimila fratelli e sorelle in centocinquanta gruppidi gemelli identici, tutti nello spazio di due anni.12


«E in casi eccezion<strong>al</strong>i possiamo ottenere oltre quindicimila individuiadulti da una ovaia sola.»Facendo cenno a un giovane biondo e rubicondo che passava in quelmomento, gridò: «Signor Foster!». <strong>Il</strong> giovane rubicondo si avvicinò.«Potreste indicarci la cifra massima di una singola ovaia, signorFoster?»«Sedicimila e dodici in questo Centro» rispose Foster senzaesitazione. Parlava rapidamente; aveva due occhi azzurri vivaci, eprovava un evidente piacere nel citare numeri e dati. «Sedicimila edodici: in centottantanove gruppi di individui identici. Natur<strong>al</strong>menteperò» continuò tutto d'un fiato «si sono ottenuti dei risultati moltomigliori in qu<strong>al</strong>cuno dei Centri tropic<strong>al</strong>i. Singapore ne ha spessoprodotto più di sedicimilacinquecento: e Mombasa è riuscita perfino araggiungere i diciassettemila. Ma laggiù hanno delle condizioniingiustamente vantaggiose. Dovreste vedere come risponde <strong>al</strong>lapituitaria un'ovaia di negra! E' sorprendente quando si è abituati <strong>al</strong>avorare su materi<strong>al</strong>e europeo. Tuttavia,» egli aggiunse ridendo (maaveva una luce energica negli occhi e il mento gli si era levato comeper sfida) «tuttavia abbiamo l'intenzione di batterli, se possiamo.Sto lavorando in questo momento su di un'ovaia di Delta-Minusmeravigliosa. Ha soltanto diciotto mesi ed ho già ottenuto oltredodicimilasettecento bambini, fra quelli già travasati e quelli ancorain embrione. Ed è ancora in piena forza! Riusciremo a batterli!»«Questo è lo spirito che piace a me!» esclamò il Direttore: e battésulla sp<strong>al</strong>la di Foster. «Venite con noi e concedete a questi ragazziil beneficio della vostra esperienza speci<strong>al</strong>izzata.»Foster sorrise modestamente. «Volentieri.» Si avviarono.Nella S<strong>al</strong>a di Imbottigliamento, tutto era agitazione armoniosa eattività ordinata. Strisce di peritoneo di scrofa fresco, già tagliatenelle dimensioni volute, s<strong>al</strong>ivano in piccoli montacarichi, d<strong>al</strong>Deposito degli Organi situato nel sottosuolo. Un brusio e poi, clik!si sp<strong>al</strong>ancavano gli sportelli del montacarichi; l'addetto non avevache da <strong>al</strong>lungare la mano, prendere la striscia, introdurla nelflacone, distenderla, e prima che il flacone foderato di peritoneoavesse il tempo di <strong>al</strong>lontanarsi di molto sul nastro in movimento,<strong>al</strong>tro brusio, clik!, una nuova striscia di peritoneo era s<strong>al</strong>ita d<strong>al</strong>leprofondità dell'edificio, per essere introdotta in un <strong>al</strong>tro flaconeseguente nella interminabile processione sul nastro.Vicino ai Foderatori, stavano i Matricolatori. La processioneavanzava; una per una le uova erano trasferite d<strong>al</strong>le provette airecipienti più grandi; la fodera peritone<strong>al</strong>e era abilmente aperta, lamorula collocata <strong>al</strong> suo posto, la soluzione s<strong>al</strong>ina versata dentro... egià il flacone era passato, e veniva il turno delle etichette.Discendenza, data di fecondazione, appartenenza a un gruppoBokanovsky; tutte le indicazioni venivano trasferite d<strong>al</strong>la provetta <strong>al</strong>flacone. Non più anonima, ma fornita di nome e di dati diidentificazione, la processione avanzava lentamente; e attraversoun'apertura nella parete entrava lentamente nella S<strong>al</strong>a diPredestinazione Soci<strong>al</strong>e.«Ottantotto metri cubi di etichette» disse Foster soddisfatto, mentreentravano.«Contenenti tutte le informazioni utili» aggiunse il Direttore.13


«Aggiornate ogni mattina.»«E coordinate ogni pomeriggio.»«Sulla cui base vengono fatti i c<strong>al</strong>coli necessari.»«Individui, tanti; della qu<strong>al</strong>ità t<strong>al</strong>e» disse Foster.«Distribuiti in quantità, tanto e tanto.»«La percentu<strong>al</strong>e ottima di travasamento in qu<strong>al</strong>siasi momentostabilito.»«Le perdite impreviste sono compensate immediatamente.»«Immediatamente» ripeté Foster. «Se sapeste quante ore straordinarieho dovuto fare dopo l'ultimo terremoto giapponese!» Rise bonariamentee scosse la testa.«I Predestinatori inviano le loro cifre ai Fecondatori.»«I qu<strong>al</strong>i forniscono gli embrioni richiesti.»«E i flaconi vengono qui per essere predestinati nei minimiparticolari.»«Dopo di che sono inviati giù <strong>al</strong> Deposito degli Embrioni.»«Dove noi ora ci avviamo.»E aprendo una porta l'ottimo Foster li condusse per una sc<strong>al</strong>a giù nelsottosuolo.La temperatura era sempre tropic<strong>al</strong>e. Man mano che scendevano,entravano in una penombra sempre più densa. Due porte e un corridoio adoppia curva proteggevano la cantina da qu<strong>al</strong>siasi possibileinfiltrazione di luce.«Gli embrioni sono come le pellicole fotografiche» disse Fosterscherzosamente, mentre apriva la seconda porta. «Sopportano soltantola luce rossa.»E infatti la torrida oscurità entro cui lo seguirono gli studenti eravisibile e rossa, come l'oscurità degli occhi chiusi in un pomeriggiod'estate. I fianchi colmi di flaconi che s'<strong>al</strong>lineavano <strong>al</strong>l'infinito,fila su fila, piano su piano, splendevano di innumerevoli rubini, efra i rubini si muovevano indistinti spettri rossi di uomini e donnedagli occhi infuocati e aventi tutti i sintomi del "lupus". L'aria er<strong>al</strong>ievemente mossa d<strong>al</strong> brusio e d<strong>al</strong>lo strepitio di macchinari.«Fornite loro un po' di cifre, signor Foster» disse il Direttore cheera stanco di parlare.Foster non desiderava di meglio.Duecentoventi metri di lunghezza, duecento di larghezza e dieci di<strong>al</strong>tezza. Alzò la mano. Come pollastrelli nell'atto di bere, glistudenti levarono gli occhi verso il soffitto lontano.Tre piani di rastrelliere: <strong>al</strong> livello del suolo, prima g<strong>al</strong>leria,seconda g<strong>al</strong>leria. L'armatura, vera ragnatela d'acciaio, g<strong>al</strong>leria sug<strong>al</strong>leria, si perdeva in tutte le direzioni nell'oscurità. Lì vicinotre fantasmi rossi erano affaccendati a scaricare delle damigiane dauna sc<strong>al</strong>a mobile. Era il montacarichi della S<strong>al</strong>a di PredestinazioneSoci<strong>al</strong>e.Ogni flacone poteva essere collocato su una delle quindicirastrelliere, ciascuna delle qu<strong>al</strong>i (benché nessuno potesseaccorgersene) era un veicolo viaggiante <strong>al</strong>la velocità oraria ditrentatré centimetri e un terzo. Duecentosessantasette giorni inragione di otto metri <strong>al</strong> giorno. Duemilacentotrentasei metri in tutto.Un giro d<strong>al</strong>la cantina <strong>al</strong> livello del suolo, un <strong>al</strong>tro giro nella primag<strong>al</strong>leria, mezzo nella seconda, e <strong>al</strong>la duecentosessantasettesima14


mattina la luce del giorno nella S<strong>al</strong>a di Travasamento. E dopo, lacosiddetta esistenza indipendente.«Ma in questo frattempo» concluse Foster «si riesce a far loro moltecose. Oh! molte davvero.» <strong>Il</strong> suo era un riso sc<strong>al</strong>tro e trionfatore.«Questo è lo spirito che mi piace» disse ancora una volta ilDirettore. «Facciamo il giro. Date loro tutte le spiegazioni, caroFoster.»Foster le forniva a mano a mano.Parlò dell'embrione che si sviluppa sul suo letto di peritoneo. Feceloro assaggiare il ricco surrogato di sangue col qu<strong>al</strong>e è nutrito.Spiegò perché occorreva stimolarlo con placentina e "thyroxina". Parlòdell'estratto di "corpus luteum". Mostrò loro i beccucci dai qu<strong>al</strong>iviene automaticamente iniettato ogni dodici metri a partire d<strong>al</strong>lo zerofino <strong>al</strong> 2040. Disse delle dosi sempre crescenti di liquido pituitariosomministrate durante gli ultimi novantasei metri del percorso.Descrisse la circolazione materna artifici<strong>al</strong>e inst<strong>al</strong>lata su ogniflacone <strong>al</strong> 112esimo metro; mostrò loro il serbatoio del surrogatosanguigno, la pompa centrifuga che mantiene il liquido in movimentosopra la placenta e lo spinge attraverso il polmone sintetico e ilfiltro per le sostanze di scarto. Accennò <strong>al</strong>la preoccupante tendenzadell'embrione <strong>al</strong>l'anemia, <strong>al</strong>le enormi dosi di estratto di stomaco dimai<strong>al</strong>e e di fegato di feto di cav<strong>al</strong>lo di cui bisogna, di conseguenza,rifornirlo.Mostrò loro il semplice meccanismo per cui, durante gli ultimi duedegli otto metri, tutti gli embrioni vengono simultaneamente scossiper familiarizzarli col movimento. Accennò <strong>al</strong>la gravità del cosiddetto'trauma del travasamento' ed enumerò le precauzioni prese per ridurre<strong>al</strong> minimo questa pericolosa scossa, con uno specifico <strong>al</strong>lenamentodell'embrione imbottigliato. Disse loro delle prove del sessoeffettuate in vicinanza del 200esimo metro. Spiegò il sistema diindicazione sulle etichette: una T per i maschi, un cerchio per lefemmine e un punto interrogativo nero su fondo bianco per quelli cheerano destinati a divenire neutri.«Perché, come è facile capire,» disse Foster «nella grande maggioranzadei casi, la fecondità è semplicemente una noia, un impaccio. Un'ovaiafeconda ogni dodicimila sarebbe ampiamente sufficiente per i nostribisogni. Ma noi desideriamo avere una buona possibilità di scelta.Bisogna, natur<strong>al</strong>mente, lasciare sempre un enorme margine di sicurezza.Ragione per cui permettiamo che perfino il trenta per cento degliembrioni femminili si sviluppi norm<strong>al</strong>mente. Gli <strong>al</strong>tri ricevono unadose di ormone sessu<strong>al</strong>e maschile ogni ventiquattro metri durante ilresto del percorso. Risultato: quando escono d<strong>al</strong>le bottiglie sononeutri, assolutamente norm<strong>al</strong>i per struttura (eccetto che - dovetteammettere - hanno veramente una leggera tendenza <strong>al</strong>la crescita dellabarba) ma sterili. Garantiti sterili. <strong>Il</strong> che ci porta fin<strong>al</strong>mente»continuò Foster «fuori del campo della più servile imitazione dellanatura per entrare in quello molto più interessante dell'invenzioneumana.»Si stropicciò le mani. Perché, si capisce, non si accontentavano dicovare semplicemente degli embrioni: qu<strong>al</strong>siasi vacca è in grado difarlo.«Noi, inoltre, li predestiniamo e li condizioniamo. Travasiamo i15


nostri bambini sotto forma d'esseri viventi soci<strong>al</strong>izzati, come tipiAlfa o Epsilon, come futuri vuotatori di fogne o futuri...» Stava perdire: futuri Governatori Mondi<strong>al</strong>i, ma correggendosi disse invece:«futuri Direttori di Incubatori».<strong>Il</strong> Direttore mostrò di apprezzare il complimento e rispose con unsorriso.Erano <strong>al</strong> 320esimo metro della Rastrelliera 11. Un giovane meccanicoBeta-Minus lavorava con un cacciavite e una chiave inglese <strong>al</strong>la pompadel surrogato sanguigno d'un flacone che stava passando. <strong>Il</strong> ronzio delmotore elettrico abbassava gradu<strong>al</strong>mente di tono a mano a mano che egligirava i bulloni. Giù, giù... Un ultimo giro di chiave, uno sguardo <strong>al</strong>contagiri, ed ebbe finito. Avanzò di due passi lungo la fila eincominciò la stessa operazione sulla pompa seguente.«Sta riducendo il numero di giri <strong>al</strong> minuto» spiegò Foster. «<strong>Il</strong>surrogato circola più lentamente; passa perciò attraverso i polmoni ainterv<strong>al</strong>li più lunghi; porta di conseguenza meno ossigeno<strong>al</strong>l'embrione. Non c'è come la penuria di ossigeno per mantenere unembrione <strong>al</strong> di sotto della norm<strong>al</strong>ità.» Si fregò ancora le mani.«Ma perché si mantiene l'embrione <strong>al</strong> disotto della norm<strong>al</strong>ità?» chieseuno studente ingenuo.«Asino!» disse il Direttore, rompendo il suo lungo mutismo. «Non visiete ancora reso conto che un embrione Epsilon deve avere un ambienteEpsilon, oltre che un'origine Epsilon?»Evidentemente quegli non se n'era reso conto. Rimase lì pieno diconfusione.«Più bassa è la casta e meno ossigeno si dà» disse Foster. «<strong>Il</strong> primoorgano a risentirne è il cervello. Poi lo scheletro. Col settanta percento dell'ossigeno norm<strong>al</strong>e si hanno dei nani. A meno del settanta, siottengono dei mostri privi di occhi.»«Che sono completamente inutili» concluse Foster.«Mentre invece,» la sua voce divenne ardente e confidenzi<strong>al</strong>e «se siarrivasse a scoprire una tecnica per ridurre il periodo dellamaturazione, che trionfo, che beneficio per la Società!«Considerate il cav<strong>al</strong>lo, per esempio.»Essi lo considerarono.Maturo a sei anni; l'elefante a dieci. Mentre a tredici anni un uomonon è ancora sessu<strong>al</strong>mente maturo; ed è adulto solo a vent'anni. Da ciòderiva, natur<strong>al</strong>mente, il frutto dello sviluppo ritardato: l'umanaintelligenza.«Ma nel tipo Epsilon» disse molto giustamente Foster «non c'è nessunbisogno di umana intelligenza.«Non ve n'è bisogno e non se n'ottiene. Ma benché la mente Epsilon siamatura a dieci anni, il corpo Epsilon non è atto <strong>al</strong> lavoro fino aidiciotto. Lunghi anni di superflua e sprecata immaturità. Se sipotesse affrettare lo sviluppo fisico fino a renderlo rapido comequello di una vacca, per esempio, che enorme risparmio per laComunità!»«Enorme!» mormorarono gli studenti. L'entusiasmo di Foster eracontagioso.Egli si ingolfò in spiegazioni tecniche; parlò dell'anorm<strong>al</strong>ecoordinazione degli endocrini che fa sì che gli uomini crescano tantolentamente; ammise, per spiegarla, una mutazione germin<strong>al</strong>e. Si possono16


distruggere gli effetti di questa mutazione germin<strong>al</strong>e? Si può, permezzo di una tecnica adatta, far tornare ogni embrione Epsilon <strong>al</strong>lanorm<strong>al</strong>ità, rappresentata dai cani e d<strong>al</strong>le vacche? Questo era ilproblema. E mancava poco a risolverlo.Pilkington, a Mombasa, aveva prodotto degli individui che eranosessu<strong>al</strong>mente maturi a quattro anni e adulti a sei anni e mezzo. Unvero trionfo scientifico. Ma inutile d<strong>al</strong> punto di vista soci<strong>al</strong>e. Degliuomini e delle donne di sei anni e mezzo erano troppo stupidi percompiere anche un lavoro da Epsilon. Inoltre il processo era del tipo'tutto per tutto': o non si riusciva a modificare nulla, oppure simodificava completamente. Si stava ancora cercando il compromessoide<strong>al</strong>e tra gli adulti di vent'anni e quelli di sei. Finora senzasuccesso. Foster sospirò e scosse il capo.Quel vagabondaggio nel crepuscolo violaceo li aveva portati nellevicinanze del 170esimo metro della Rastrelliera 9. Da questo punto inavanti la Rastrelliera 9 era coperta e le bottiglie compivano il restodel loro tragitto in una specie di g<strong>al</strong>leria interrotta qua e là daaperture di due o tre metri di larghezza.«La preparazione <strong>al</strong> c<strong>al</strong>ore» disse Foster.G<strong>al</strong>lerie c<strong>al</strong>de si <strong>al</strong>ternavano con g<strong>al</strong>lerie fresche. La frescura eraindissolubilmente unita <strong>al</strong> disagio, sotto forma di Raggi X nonattenuati. Quando giungeva il momento del travasamento, gli embrioniavevano un vero orrore per il freddo. Erano predestinati ad emigrareai tropici, ad essere minatori e filatori di seta <strong>al</strong>l'acetato e operaimet<strong>al</strong>lurgici. Più tardi si farebbe in modo che la loro menteconfermasse il giudizio del loro corpo. «Noi li mettiamo nellacondizione di star bene <strong>al</strong> c<strong>al</strong>do;» concluse Foster «i nostri colleghidi sopra insegneranno loro ad amarlo.»«E questo,» aggiunse il Direttore sentenziosamente «questo è ilsegreto della felicità e della virtù: amare ciò che si deve amare.Ogni condizionamento mira a ciò: fare in modo che la gente ami la suainevitabile destinazione soci<strong>al</strong>e.»In una delle aperture fra due g<strong>al</strong>lerie, un'infermiera stava sondandodelicatamente con una lunga e sottile siringa il contenuto gelatinosodi una bottiglia che passava. Gli studenti e le loro guide sifermarono a guardarla qu<strong>al</strong>che momento in silenzio.«Ebbene, Lenina?» disse Foster, quando ella ebbe riti rato la siringae si ri<strong>al</strong>zò.La fanciulla si voltò di scatto. Si vedeva, nonostante il colore di"lupus" e gli occhi purpurei dovuti ai riflessi dell'ambiente, che erastraordinariamente bella.«Enrico!» <strong>Il</strong> suo sorriso le scoperse in un lampo rosso una fila didenti di cor<strong>al</strong>lo.«Carina, carina» mormorò il Direttore: e, facendole una carezza, nericevette in cambio un sorriso molto deferente.«Che cosa iniettate?» chiese Foster, assumendo di <strong>nuovo</strong> un tono moltoprofession<strong>al</strong>e.«Oh! la solita dose di tifo e di m<strong>al</strong>attia del sonno.»«I lavoratori tropic<strong>al</strong>i cominciano a subire le inoculazioni <strong>al</strong>150esimo metro» spiegò Foster agli studenti. «Gli embrioni hannoancora le branchie. Noi immunizziamo il pesce contro le m<strong>al</strong>attiedell'uomo futuro.» Poi rivolgendosi ancora a Lenina disse: «Alle17


cinque meno dieci sul tetto, stasera, come <strong>al</strong> solito».«Molto carina» fece ancora una volta il Direttore: e, con un'ultimacarezza, si <strong>al</strong>lontanò dietro gli <strong>al</strong>tri.Sulla Rastrelliera 10, file intere della futura generazione dilavoratori chimici venivano <strong>al</strong>lenate a tollerare il piombo, la sodacaustica, il catrame, il cloro. <strong>Il</strong> primo embrione di un gruppo diduecentocinquanta meccanici di aeroplani-razzo stava passando <strong>al</strong>1100esimo metro della Rastrelliera 3. Uno speci<strong>al</strong>e meccanismomanteneva i loro recipienti in continua rotazione.«Per migliorare il loro senso d'equilibrio» spiegò Foster. «E' unlavoro delicato effettuare delle riparazioni a mezz'aria <strong>al</strong>l'esternodi un razzo. Noi r<strong>al</strong>lentiamo la circolazione quando sono ritti, dimodo che siano mezzo affamati, e raddoppiamo l'afflusso di surrogatosanguigno quando stanno con la testa in giù. Così imparano adassociare il rovesciamento col benessere; anzi non si sentonoveramente felici che quando stanno con la testa in giù.»«E ora,» proseguì Foster «vorrei mostrarvi una cosa moltointeressante: il condizionatore per ottenere Intellettu<strong>al</strong>i Alfa-Plus.Ne abbiamo un bel numero sulla Rastrelliera 5. Prima G<strong>al</strong>leria» gridò adue ragazzi che stavano discendendo verso il pianterreno.«Sono intorno <strong>al</strong> 900esimo metro» spiegò. «Non si può veramenteeffettuare nessun condizionamento intellettu<strong>al</strong>e utile, prima che ifeti abbiano perduto la coda. Seguitemi.»Ma il Direttore aveva consultato l'orologio.«Le tre meno dieci» disse. «Non abbiamo tempo, temo, per gli embrioniintellettu<strong>al</strong>i. Bisogna s<strong>al</strong>ire <strong>al</strong>le Stanze dei Bambini prima che essiabbiano finito il loro sonno pomeridiano.»Foster rimase m<strong>al</strong>e: «Almeno uno sguardo <strong>al</strong>la S<strong>al</strong>a di Travasamento»implorò.«Va bene.» <strong>Il</strong> Direttore sorrise con indulgenza. «Soltanto uno sguardo,però!»2.Lasciarono Foster nella S<strong>al</strong>a di Travasamento. <strong>Il</strong> Direttore e i suoistudenti entrarono nell'ascensore più vicino e furono trasportati <strong>al</strong>quinto piano. 'Reparto Infantile. S<strong>al</strong>e di condizionamento neopavloviano'annunciava un cartello.<strong>Il</strong> Direttore aprì la porta. Si trovarono in una camera nuda espaziosa, molto chiara e soleggiata: poiché l'intera parete esposta asud formava un'unica finestra. Una mezza dozzina di bambinaie, vestitecoi c<strong>al</strong>zoni e la giacca della bianca uniforme regolamentare di telaartifici<strong>al</strong>e, coi capelli nascosti asetticamente sotto berrettibianchi, erano occupate a disporre dei vasi di rose in lunga fila sulpavimento. Grandi vasi, tutti pieni di fiori. Migliaia di pet<strong>al</strong>i,completamente aperti e sericamente morbidi, come le guance diinnumerevoli cherubini, ma di cherubini che, in quella splendenteluce, non erano esclusivamente rosei ed Ariani, ma anche luminosamenteCinesi; anche Messicani, anche apoplettici per il troppo soffiarenelle trombe celesti, anche p<strong>al</strong>lidi come la morte, p<strong>al</strong>lidi del candorepostumo del marmo. Le bambinaie si irrigidirono sull'attenti18


<strong>al</strong>l'apparire del Direttore.«Disponete i libri» diss'egli brevemente.In silenzio le bambinaie obbedirono. Fra i vasi di rose furonodistribuiti in bell'ordine i libri - una fila di in-quarto perl'infanzia aperti in modo invitante - ciascuno su un'immaginegaiamente colorata di quadrupede, di pesce o di uccello.«Ora portate i bambini.»Uscirono in fretta d<strong>al</strong>la stanza e rientrarono dopo pochi minutispingendo ciascuna una specie di scaff<strong>al</strong>e su ruote i cui quattroripiani di rete met<strong>al</strong>lica erano carichi di bambini di otto mesi, tuttiesattamente precisi (un Gruppo Bokanovsky, era chiaro) e tutti(poiché appartenevano <strong>al</strong>la casta Delta) vestiti di kaki.«Metteteli in terra.»I bambini furono scaricati.«Adesso voltateli in modo che possano vedere i fiori e i libri.»Appena voltati, i bambini tacquero immediatamente: poi cominciarono astrisciare verso quelle masse di colori brillanti, quelle forme così<strong>al</strong>legre e vivaci sulle pagine bianche. Mentre si avvicinavano, il soleuscì da un momentaneo eclissi dietro una nube. Le rose si infiammaronocome per effetto d'una improvvisa passione interna; un'energia nuova eprofonda parve diffondersi sulle brillanti pagine dei libri. D<strong>al</strong>lefile dei bambini striscianti uscivano piccoli gridi di eccitazione,gorgoglii e cinguettii di piacere.<strong>Il</strong> Direttore si fregò le mani. «Benissimo!» disse. «Sembra quasi chesia stato fatto apposta.»I più veloci erano già giunti <strong>al</strong>la meta. Le manine si <strong>al</strong>lungaronoincerte, toccarono, afferrarono, sfogliando le rose transfigurate,sgu<strong>al</strong>cendo le pagine illustrate dei libri. <strong>Il</strong> Direttore attese chetutti fossero <strong>al</strong>legramente occupati. Poi disse: «State bene attenti».E <strong>al</strong>zando la mano, diede il segn<strong>al</strong>e.La Bambinaia in Capo, che stava in piedi vicino a un quadro dicomando, abbassò una leva.Vi fu una violenta esplosione. Acuta, sempre più acuta, fischiò unasirena. I campanelli d'<strong>al</strong>larme squillarono disperatamente.I bambini sussultarono, urlarono; i loro visi erano <strong>al</strong>terati d<strong>al</strong>terrore.«E ora,» gridò il Direttore (poiché il rumore era assordante), «oraprocediamo a rafforzare l'effetto della lezione mediante una leggerascossa elettrica.»Agitò di <strong>nuovo</strong> la mano e la Bambinaia in Capo abbassò una second<strong>al</strong>eva. Di colpo i gridi dei bambini mutarono di tono. C'era qu<strong>al</strong>cosa didisperato, di folle quasi, negli urli acuti e spasmodici che essi oraemettevano. I loro piccoli corpi si contraevano e si irrigidivano; leloro membra si agitavano a scatti come sotto l'azione di filiinvisibili.«Noi possiamo far passare la corrente elettrica su tutta questa zonadel pavimento» gridò il Direttore a guisa di spiegazione. «Ma bastaora»; e fece un cenno <strong>al</strong>la Bambinaia.Le esplosioni cessarono, le suonerie si quietarono, l'urlo dellesirene scese di tono in tono sino a smorzarsi. I corpi, che siagitavano, e si irrigidivano, si distesero, e ciò che era statosinghiozzo e urlo di bambini impazziti si <strong>al</strong>largò di <strong>nuovo</strong> in urla19


norm<strong>al</strong>i di terrore ordinario.«Offrite loro ancora i fiori e i libri.»Le bambinaie obbedirono; ma, <strong>al</strong>l'avvicinarsi delle rose, <strong>al</strong>la semplicevista di quelle immagini gaiamente colorate del micio, delchicchirichì, della pecora che fa bee bee, i bambini si tiraronoindietro terrorizzati; l'intensità delle loro urla aumentòimprovvisamente.«Osservate» disse il Direttore trionfante, osservate.»I libri e il fracasso, i fiori e le scosse elettriche: già nella menteinfantile queste coppie erano unite in modo compromettente; e dopoduecento ripetizioni della stessa o d'<strong>al</strong>tre simili lezioni, sarebberoindissolubilmente fuse. Ciò che l'uomo ha unito, la natura è impotentea separare.«Essi cresceranno con ciò che gli psicologi usavano chiamare un odio'istintivo' dei libri e dei fiori. I loro riflessi sonoin<strong>al</strong>terabilmente condizionati. Staranno lontano dai libri e d<strong>al</strong>labotanica per tutta la vita.» <strong>Il</strong> Direttore si rivolse <strong>al</strong>le bambinaie:«Portateli via».I bambini vestiti di kaki, sempre urlanti, furono caricati sui loroscaff<strong>al</strong>i a ruote e spinti fuori, lasciandosi dietro un odore di latteacido e un silenzio molto gradito.Uno degli studenti <strong>al</strong>zò la mano; e benché capisse molto bene perchénon si poteva permettere <strong>al</strong>le caste inferiori di sprecare il tempodella Comunità coi libri, e che c'era sempre il rischio che essileggessero qu<strong>al</strong>cosa capace di <strong>al</strong>terare in modo non desiderabile unodei loro riflessi, tuttavia... ebbene, non riusciva a comprendere lafaccenda dei fiori. Perché darsi tanta pena per renderepsicologicamente impossibile ai Delta l'amore dei fiori?Con pazienza il Direttore fornì le spiegazioni. Se si faceva in modoche i bambini si mettessero a urlare <strong>al</strong>la semplice vista di una rosa,era per delle ragioni di <strong>al</strong>ta politica economica. Non molto tempoprima (un secolo o giù di lì) i Gamma, i Delta e persino gli Epsilonvenivano condizionati ad amare i fiori, i fiori in particolare el'aperta natura in gener<strong>al</strong>e. L'intenzione era di far loro desideraredi andare in campagna a ogni occasione che si presentasse, e perciò dicostringerli a far uso di mezzi di trasporto.«E non facevano uso di questi mezzi?» chiese lo studente.«Sì, e molto,» rispose il Direttore «ma non consumavano <strong>al</strong>tro.»Le primule e i paesaggi, egli fece notare, hanno un grave difetto:sono gratuiti. L'amore per la natura non fa lavorare le fabbriche. Sidecise di abolire l'amore della natura, <strong>al</strong>meno nelle classi inferiori;di abolire l'amore della natura, ma non la tendenza ad adoperare imezzi di trasporto. Era infatti essenzi<strong>al</strong>e che si continuasse adandare in campagna, anche se la si odiava. <strong>Il</strong> problema consisteva neltrovare una ragione economicamente migliore della semplice passioneper le primule e i paesaggi. Ed è stata trovata.«Noi condizioniamo le masse a odiare la campagna» concluse ilDirettore. «Ma contemporaneamente le condizioniamo ad amare ognigenere di sport <strong>al</strong>l'aria aperta. Nello stesso tempo facciamo sì chetutti gli sport <strong>al</strong>l'aria aperta rendano necessario l'uso di apparaticomplicati. In questo modo si consumano articoli manufatti e siadoperano i mezzi di trasporto. Ecco la ragione delle scosse20


elettriche.»«Vedo», disse lo studente: e si tacque, perso in ammirazione.Vi fu un silenzio; poi, schiarendosi la voce, il Direttore riprese:«Una volta, quando il Nostro Ford era ancora sulla terra, c'era unragazzetto di nome Reuben Rabinovitch. Reuben era figlio di genitoridi lingua polacca». <strong>Il</strong> Direttore s'interruppe: «Sapete cos'è ilpolacco, credo?».«Una lingua morta.»«Come il francese e il tedesco» aggiunse un <strong>al</strong>tro studente, facendosfoggio della propria cultura.«E i 'genitori'?» chiese il Direttore.Seguì un silenzio imbarazzato. Molti degli studenti arrossirono. Nonavevano ancora imparato a riconoscere la importante ma sottiledistinzione che esisteva fra il turpiloquio e la scienza pura. Uno,fin<strong>al</strong>mente, ebbe il coraggio di <strong>al</strong>zare la mano.«Gli esseri umani una volta erano...» disse esitando, gli vennero lefiamme <strong>al</strong> viso. «Insomma, una volta erano vivipari.«E quando i bambini venivano travasati...»«'Partoriti'» lo corresse.«Ebbene, <strong>al</strong>lora erano i genitori... voglio dire, non i bambini,natur<strong>al</strong>mente, ma gli <strong>al</strong>tri...» <strong>Il</strong> povero ragazzo era pieno diconfusione.«Insomma» concluse il Direttore «i genitori erano il padre e lamadre.» La parola cruda, che era della vera scienza, cadde comeun'esplosione nel silenzio imbarazzato dei ragazzi. «La madre» egliripeté ad <strong>al</strong>ta voce, insistendo sulla scienza, ed appoggiandosiindietro sulla sedia. «Sono» disse gravemente «fatti sgradevoli, loso. Ma d'<strong>al</strong>tro canto la maggior parte dei fatti storici sonosgradevoli.»Ritornò <strong>al</strong> piccolo Reuben, <strong>al</strong> piccolo Reuben nella cui camera una serail padre e la madre (ehm! ehm!) per distrazione lasciarono in funzionela radio.Si deve tener presente che in quei tempi di grossolana riproduzionevivipara i bambini erano sempre educati dai genitori, e non nei CentriStat<strong>al</strong>i di Condizionamento.Mentre il fanciullo dormiva, l'apparecchio captò improvvisamente ilprogramma trasmesso d<strong>al</strong>la stazione di Londra; e la mattina seguente,con grande sorpresa dei suoi... (ehm! ehm! i ragazzi più arditiarrischiarono un sorrisetto d'intesa fra di loro), il piccolo Reubensi svegliò ripetendo parola per parola una lunga conferenza di quelcurioso antico scrittore (... uno dei pochissimi di cui si è permessoche le opere arrivassero fino a noi...), George Bernard Shaw, il qu<strong>al</strong>eaveva parlato, secondo una tradizione ben fondata, intorno <strong>al</strong> propriogenio. Ai... (strizzamento d'occhio e sogghigno) del piccolo Reubenquesta conferenza rimase, si capisce, perfettamente incomprensibile e,immaginando che il loro figlio fosse improvvisamente impazzito,chiamarono il dottore. Questi, per fortuna, sapeva l'inglese;riconobbe il discorso per quello che Shaw aveva radiodiffuso la seraprecedente, si rese conto dell'importanza di ciò che era accaduto, esu questo argomento inviò una lettera <strong>al</strong>la stampa medica.«<strong>Il</strong> principio dell'insegnamento durante il sonno, o ipnopedia, erastato scoperto.» <strong>Il</strong> Direttore fece una pausa drammatica.21


«<strong>Il</strong> principio era stato scoperto; ma molti, molti anni dovevanopassare prima che questo principio potesse avere delle utiliapplicazioni.«<strong>Il</strong> caso del piccolo Reuben avvenne soltanto ventitré anni dopo che ilNostro Ford ebbe lanciato sul mercato il suo primo modello 'T'.» (Quiil Direttore tracciò un segno di T <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tezza del proprio stomaco etutti gli studenti lo imitarono con la massima riverenza.)«Tuttavia...»Gli studenti scarabocchiavano furiosamente: 'L'ipnopedia: usata per laprima volta uffici<strong>al</strong>mente nell'A. F. 214. Perché non prima? Dueragioni...'.«Quei primi sperimentatori» disse il Direttore «seguivano una viasbagliata. Credevano che si potesse fare dell'ipnopedia uno strumentodi educazione intellettu<strong>al</strong>e...«Un fanciullo addormentato sul fianco destro, col braccio destro fuoridelle coperte, la mano destra penzolante mollemente d<strong>al</strong>l'orlo delletto. Attraverso un'apertura circolare nel fianco di una scatola, unavoce parla dolcemente.«'<strong>Il</strong> Nilo è il più lungo fiume dell'Africa, e per lunghezza il secondodi tutti i fiumi della terra. Benché meno lungo del Mississippi-Missouri, il Nilo è <strong>al</strong>la testa di tutti i fiumi per la vastità del suobacino, che si stende attraverso 35 gradi di latitudine...'«A colazione, la mattina dopo, 'Tommy' dice qu<strong>al</strong>cuno 'sai qu<strong>al</strong> è ilfiume più lungo dell'Africa?' Un cenno negativo del capo. 'Ma non tiricordi di qu<strong>al</strong>cosa che comincia così: <strong>Il</strong> Nilo è il...?'«'<strong>Il</strong> - Nilo - è - il - più - lungo - fiume - dell'Africa - e - per -lunghezza - il - secondo - di - tutti - i - fiumi - della - terra...'Le parole sgorgarono fuori. 'Benché - meno - lungo - del...'«'E dunque, qu<strong>al</strong> è il fiume più lungo dell'Africa?'«Gli occhioni si sbarrarono stupiti. 'Non lo so.'«'Ma il Nilo, Tommy.'«'<strong>Il</strong> Nilo - è - il - più - lungo - fiume - dell'Africa - e - per -lunghezza...'«'Dunque qu<strong>al</strong> è il più lungo fiume, Tommy?'«Tommaso scoppia in lacrime. 'Non lo so' piagnucola.»Furono queste lacrime, il Direttore lo fece loro chiaramentecomprendere, che scoraggiarono i primi sperimentatori. Le esperienzefurono abbandonate. Non si fecero <strong>al</strong>tri tentativi per insegnare aibambini durante il sonno la lunghezza del Nilo. E giustamente: non sipuò imparare una scienza finché non si sa di che cosa si tratta.«Se invece avessero soltanto incominciato d<strong>al</strong>l'educazione mor<strong>al</strong>e...»disse il Direttore, dirigendosi verso la porta; gli studenti loseguirono, scarabocchiando disperatamente mentre camminavano e durantela s<strong>al</strong>ita in ascensore; «... l'educazione mor<strong>al</strong>e, che non dovrebbemai, in nessuna circostanza, essere razion<strong>al</strong>e...»'Silenzio, silenzio!' ammonì un <strong>al</strong>toparlante mentre uscivanod<strong>al</strong>l'ascensore <strong>al</strong> quattordicesimo piano, e 'Silenzio, silenzio!'ripeterono infaticabilmente, a interv<strong>al</strong>li regolari, gli <strong>al</strong>toparlantidisposti nei corridoi. Gli studenti e il Direttore stesso camminavanoautomaticamente in punta di piedi. Essi erano degli Alfa,natur<strong>al</strong>mente; ma anche gli Alfa sono stati ben condizionati.'Silenzio, silenzio!' Tutta l'atmosfera del quattordicesimo piano22


vibrava di questo imperativo categorico.Cinquanta metri percorsi in punta di piedi li condussero ad una portache il Direttore aprì con cautela. Passarono la soglia e penetrarononella penombra di un dormitorio d<strong>al</strong>le imposte chiuse. Ottanta lettinierano disposti in fila lungo una parete. C'era un rumore direspirazione leggera e regolare ed un mormorio continuo, come di vocisussurranti in lontananza.Una bambinaia si <strong>al</strong>zò <strong>al</strong> loro entrare e si mise sull'attenti davanti<strong>al</strong> Direttore.«Qu<strong>al</strong> è la lezione d'oggi?» egli chiese.«Abbiamo avuto la Lezione Sessu<strong>al</strong>e Elementare per i primi quarantaminuti» essa rispose. «Ma ora siamo passati <strong>al</strong> Corso Elementare diCoscienza di Classe.»<strong>Il</strong> Direttore si avviò lentamente lungo la fila dei lettini. Rosei edabbandonati nel sonno, ottanta bambini e bambine vi erano adagiati erespiravano lievemente. Da ogni guanci<strong>al</strong>e proveniva un sussurrio. <strong>Il</strong>Direttore si arrestò e, piegandosi sopra uno dei lettini, ascoltòattentamente.«Corso Elementare di Coscienza di Classe, avete detto? Facciamolaripetere un po' più forte d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>toparlante.»All'estremità della stanza un <strong>al</strong>toparlante sporgeva d<strong>al</strong> muro. <strong>Il</strong>Direttore si avvicinò e girò un interruttore:'... son vestiti tutti di verde' disse una voce dolce ma chiara,cominciando a metà di una frase 'e i bambini Delta sono vestiti dikaki. Oh no, non voglio giocare coi bambini Delta. E gli Epsilon sonoancora peggio. Sono troppo stupidi per imparare a leggere e scrivere.Inoltre son vestiti di nero, che è un colore molto brutto. Son cosìcontento di essere un Beta!'Vi fu una pausa; poi la voce riprese:'I bambini Alfa sono vestiti di grigio. Lavorano molto più di noi,perché sono tanto tanto intelligenti. Sono veramente contento diessere un Beta perché non sono costretto a lavorare così duro. E poi,noi siamo superiori ai Gamma e ai Delta. I Gamma sono stupidi. Essisono vestiti tutti di verde, e i bambini Delta sono vestiti di kaki.Oh no, non voglio giocare coi bambini Delta. E gli Epsilon sono ancorapeggio. Sono troppo stupidi per...'<strong>Il</strong> Direttore girò di <strong>nuovo</strong> l'interruttore. La voce tacque. Soltanto ilsuo sottile fantasma continuò a mormorare sotto gli ottanta guanci<strong>al</strong>i.«Se lo sentiranno ripetere ancora quaranta o cinquanta volte prima disvegliarsi: poi di <strong>nuovo</strong> giovedì e ancora sabato. Centoventi volte,tre volte <strong>al</strong>la settimana, per trenta mesi. Dopo di che passeranno auna lezione più avanzata.«Rose e scosse elettriche, il color kaki dei Delta e una ondata diassafetida, legati indissolubilmente prima che il bambino sia capacedi parlare. Ma il condizionamento senza parole è rude e grossolano;non può mettere in rilievo le distinzioni più sottili; ma puòinculcare i modi di comportamento più complessi. Per questo sononecessarie le parole, ma parole senza ragionamento. V<strong>al</strong>e a dire,l'ipnopedia: la massima forza mor<strong>al</strong>izzatrice e soci<strong>al</strong>izzatrice che siamai esistita.»Gli studenti lo scrissero nei loro taccuini. Direttamente d<strong>al</strong>la fonte.Ancora una volta il Direttore toccò l'interruttore.23


'... tanto tanto intelligenti' stava dicendo la dolce, insinuante,infaticabile voce. 'Sono veramente molto contento di essere un Beta,perché...'Non proprio come gocce d'acqua, benché l'acqua, in verità, sia capacedi forare il granito più duro; ma piuttosto come gocce di cer<strong>al</strong>acc<strong>al</strong>iquida, gocce che aderiscono, s'incrostano, s'immedesimano col corposu cui cadono, finché in ultimo la roccia è tutta una massa scarlatta.«Fino a che, da ultimo, la mente del fanciullo sia queste cosesuggerite, e la somma di queste cose suggerite sia la mente delfanciullo. E non solo la mente del fanciullo. Anche quelladell'adulto, per tutta la vita. La mente che giudica e desidera edecide, costituita da queste cose suggerite. Ma tutte queste cosesuggerite sono suggerimenti nostri.» <strong>Il</strong> Direttore quasi gridava, nelsuo trionfo. «Suggerimenti dello Stato.» Diede un pugno sul tavolo piùvicino. «Ne consegue perciò...» Un rumore lo fece voltare.«Oh Ford!» disse in un <strong>al</strong>tro tono «ho fatto svegliare i bambini!»3.Fuori, in giardino, era l'ora di ricreazione. Nudi nel c<strong>al</strong>do sole digiugno, sei o settecento fra bambini e bambine correvano con stridulegrida sull'erba, o giocavano <strong>al</strong>la p<strong>al</strong>la o sedevano silenziosamente adue e a tre fra i cespugli fioriti. Le rose erano sbocciate, dueusignoli eseguivano i loro soliloqui tra le fronde, e un cuculocantava un po' stonato fra i tigli. L'aria era sonnolenta del brusiodelle api e degli elicotteri.<strong>Il</strong> Direttore e gli studenti rimasero per qu<strong>al</strong>che istante ad osservareil giuoco della 'P<strong>al</strong>a Centrifuga'. Venti bambini erano raccoltiintorno ad una torre di acciaio cromato. Una p<strong>al</strong>la, lanciata in mododa ricadere sulla piattaforma <strong>al</strong>la sommità della torre, rotolavanell'interno, cadeva su di un disco in rapido movimento, venivaschizzata fuori attraverso una delle numerose aperture esistenti nelperimetro cilindrico, e bisognava prenderla <strong>al</strong> volo.«Strano» commentò il Direttore, mentre si <strong>al</strong>lontanavano «è stranopensare che perfino ai tempi del Nostro Ford la maggior parte deigiochi si giocava senza <strong>al</strong>tri accessori <strong>al</strong>l'infuori di qu<strong>al</strong>che p<strong>al</strong>la,di <strong>al</strong>cuni bastoni e, <strong>al</strong>le volte, di un po' di rete. Vi rendete contodella pazzia che rappresenta il permettere <strong>al</strong>la gente di fare deigiochi complicati che non aiutano in <strong>al</strong>cuno modo il consumo? E' unapazzia. Al giorno d'oggi invece, i Controllori non concedono la loroapprovazione a nessun gioco <strong>nuovo</strong> se non si riesce a dimostrare cheesso esige una quantità di accessori <strong>al</strong>meno ugu<strong>al</strong>e a quella del piùcomplicato dei giochi esistenti.» Si interruppe.«Guardate che gruppetto grazioso!» disse, indicando colla mano.In un piccolo spiazzo erboso fra due <strong>al</strong>ti cespugli di ericamediterranea, due bambini, un ragazzetto di sette anni circa e unabambina che poteva forse avere un anno di più, stavano giocando, conmolta gravità e con tutta l'attenzione concentrata di scienziatiintenti ad un lavoro di scoperta, a un rudiment<strong>al</strong>e gioco sessu<strong>al</strong>e.«Graziosissimo, graziosissimo!» ripeté il Direttore in tonosentiment<strong>al</strong>e.24


«Graziosissimo» annuirono gentilmente gli studenti; ma il loro sorrisoera piuttosto di compatimento. Essi avevano messo da parte similidivertimenti infantili da troppo poco tempo per poterli guardare orasenza una punta di disprezzo. Graziosissimo? Era semplicemente unacoppia di mocciosi che se la spassavano; ecco tutto. Dei mocciosi.«Penso sempre...» continuava il Direttore, con lo stesso tonosentiment<strong>al</strong>e, quando fu interrotto da un <strong>al</strong>to scoppio di pianto.Da una macchina vicina emerse una bambinaia che conduceva per mano unragazzetto il qu<strong>al</strong>e urlava a voce spiegata. Una bambina d<strong>al</strong>l'ariainquieta le trotterellava dietro. «Cos'è successo?» chiese ilDirettore.La bambinaia <strong>al</strong>zò le sp<strong>al</strong>le. «Nulla di straordinario» rispose. «Soloche questo ragazzo si mostra un po' riluttante a partecipare ai solitigiochi erotici: l'avevo già notato <strong>al</strong>tre volte. Oggi la cosa s'èancora ripetuta. Ha cominciato a piangere...»«In verità» s'intromise la bambina inquieta «non volevo fargli m<strong>al</strong>e innessun modo. Davvero...»«Natur<strong>al</strong>mente, cara» disse la bambinaia in tono rassicurante. «Perciò»continuò, volgendosi di <strong>nuovo</strong> <strong>al</strong> Direttore «lo porto d<strong>al</strong>Sopraintendente Aggiunto di Psicologia. Solo per vedere se ha qu<strong>al</strong>checosa di anorm<strong>al</strong>e.»«Giustissimo» disse il Direttore «portatelo da lui. E tu stai qui,bambina» aggiunse quando la bambinaia si <strong>al</strong>lontanò col ragazzo che nonaveva cessato di urlare. «Come ti chiami?»«Polly Trotsky.»«Un bel nome davvero» disse il Direttore. «E adesso scappa via e vedise riesci a trovare qu<strong>al</strong>che <strong>al</strong>tro bambino con cui giocare.»La bimba si <strong>al</strong>lontanò sgambettando fra i cespugli e fu persa di vista.«Deliziosa piccola creatura!» disse il Direttore, seguendola con gliocchi. Poi volgendosi agli studenti: «Ciò che sto per dirvi ora»avvertì «potrà sembrarvi incredibile. Ma quando non si ha l'abitudine<strong>al</strong>la storia, la maggior parte dei fatti del passato sembranoincredibili.»Rivelò la stupefacente verità. Per un lungo periodo prima dell'epocadel Nostro Ford, e anche per qu<strong>al</strong>che generazione posteriore, i giochierotici tra fanciulli erano stati considerati anorm<strong>al</strong>i (ci fu unoscoppio di risa); non soltanto anorm<strong>al</strong>i, ma perfino immor<strong>al</strong>i ('no!');ed erano stati di conseguenza rigorosamente repressi.Un'espressione di incredulità stupita apparve sui volti degliascoltatori. Come! Non era permesso ai poveri bambini di divertirsi?Non potevano capacitarsene.«Perfino gli adolescenti» stava dicendo il Direttore «perfino gliadolescenti come voi...»«Non è possibile!»«Eccetto un po' di auto-erotismo e di omosessu<strong>al</strong>ità, praticatinascostamente, assolutamente niente.»«Niente?»«Nella maggior parte dei casi, finché non avessero passati ivent'anni.»«Vent'anni?» fecero eco gli studenti in un coro di rumorosaincredulità.«Venti» ripeté il Direttore. «Ve l'ho detto che non l'avreste25


creduto.»«Ma che cosa succedeva?» chiesero gli studenti. «Qu<strong>al</strong>i erano irisultati?»«I risultati erano terribili.» Una voce profonda e risonante siintromise improvvisamente nel di<strong>al</strong>ogo. Si voltarono indietro. Allimitare del piccolo gruppo stava uno sconosciuto, un uomo di mezza<strong>al</strong>tezza, dai capelli neri, d<strong>al</strong> naso ricurvo, d<strong>al</strong>le labbra rosse etumide, dagli occhi scuri e penetranti. «Terribili» ripeté costui.<strong>Il</strong> Direttore si era in quel momento seduto su una delle panchine diacciaio e gomma distribuite in modo confortevole nei giardini; ma <strong>al</strong>lavista del <strong>nuovo</strong> venuto b<strong>al</strong>zò in piedi e si precipitò in avanti, con lemani tese, mettendo in mostra tutti i denti in un largo sorrisod'effusione.«Signor Governatore! Che piacere inaspettato! Ragazzi, a che statepensando? Ecco il Governatore; ecco sua Forderia Mustafà Mond.»Nelle quattromila stanze del Centro, i quattromila orologi elettricisuonarono contemporaneamente le quattro. Delle voci incorporeeannunziarono dagli <strong>al</strong>toparlanti:'Termina il turno princip<strong>al</strong>e diurno. Comincia il secondo turno diurno.Termina il turno...'Nell'ascensore che li portava agli spogliatoi, Enrico Foster el'Assistente Direttore del Reparto di Predestinazione voltarono lesp<strong>al</strong>le piuttosto ostentatamente a Bernardo Marx dell'Ufficio diPsicologia: mettevano della distanza tra loro e la sua cattivareputazione.<strong>Il</strong> leggero brusio e strepito dei macchinari muovevano ancor<strong>al</strong>ievemente l'aria infuocata del Deposito degli Embrioni. Potevanocambiarsi i turni di lavoratori, una faccia color "lupus" dar luogo adun'<strong>al</strong>tra; maestosamente ed eternamente i nastri continuavano adavanzare lenti col loro carico di futuri uomini e donne.Lenina Crowne si avviò a passo veloce verso la porta.Sua Forderia Mustafà Mond! Gli occhi degli studenti che lo s<strong>al</strong>utavanouscivano quasi d<strong>al</strong>le orbite. Mustafà Mond! <strong>Il</strong> Governatore Residenteper l'Europa Occident<strong>al</strong>e! Uno dei Dieci Governatori Mondi<strong>al</strong>i. Uno deiDieci... e si era seduto sulla panchina vicino <strong>al</strong> Direttore, e stavaper fermarsi, per fermarsi a parlare proprio a loro... Direttamented<strong>al</strong>la fonte. Direttamente da Ford stesso.Due bambini color zafferano emersero dai cespugli vicini, liguardarono per un istante con occhioni sorpresi, poi tornarono ai lorogiochi tra le fronde.«Voi tutti ricordate» disse il Governatore, con voce forte e profonda«voi tutti ricordate, suppongo, quel bellissimo e ispirato detto delNostro Ford: 'La storia è tutta una sciocchezza'. La storia» ripetélentamente «è tutta una sciocchezza.»Agitò la mano; ed era come se, con un invisibile piumino, egli avessespazzato via un po' di polvere, e la polvere era Harappa, era Ur deiC<strong>al</strong>dei; delle ragnatele, ed esse erano Tebe e Babilonia e Cnosso eMicene. Una spolveratina, un'<strong>al</strong>tra, e dov'era più Odisseo, dov'eraGiobbe, dov'erano Giove e Gotamo e Gesù? Una spolveratina... e quellemacchie di antica sporcizia chiamate Atene e Roma, Gerus<strong>al</strong>emme e26


l'Impero di Mezzo, erano tutte scomparse. Una spolveratina... il postodov'era stata l'It<strong>al</strong>ia eccolo vuoto. Una spolveratina, via lecattedr<strong>al</strong>i; una spolveratina, un'<strong>al</strong>tra, via "Re Lear" e i "Pensieri"di Pasc<strong>al</strong>. Una spolveratina, via la "Passione"; una spolveratina, viail "Requiem"; e ancora, via la "Sinfonia"; via...«Vai <strong>al</strong> cinema odoroso, stasera, Enrico?» chiese l'AssistentePredestinatore. «Mi hanno detto che c'è una novità <strong>al</strong>l'Alhambra; unacosa di prim'ordine. C'è una scena d'amore su una pelle d'orso; diconoche è meravigliosa. Hanno riprodotto ogni singolo pelo dell'orso. Glieffetti tattili più sorprendenti...»«Ecco perché non vi si insegna la Storia» stava dicendo ilGovernatore. «Ma è venuto il momento...»<strong>Il</strong> Direttore lo guardò nervosamente. Correvano delle strane voci suvecchi libri proibiti nascosti in una cassaforte nello studio delGovernatore. Bibbie, poeti... Ford solo sapeva che cosa.Mustafà Mond intercettò il suo sguardo inquieto, e gli angoli dellesue labbra rosse si piegarono ironicamente.«Non temete, Direttore» disse con tono di leggera ironia «non licorromperò.»<strong>Il</strong> Direttore era pieno di confusione.Coloro che si sentono disprezzati fanno bene ad assumere un'ariasprezzante. <strong>Il</strong> sorriso sulla faccia di Bernardo Marx era di spregio.Ogni pelo dell'orso, davvero!«Mi farò un dovere d'andarvi» disse Enrico Foster.Mustafà Mond si piegò in avanti, e agitò un dito sotto i loro occhi.«Cercate di rendervi conto» disse, e la sua voce procurò uno stranobrivido ai loro diaframmi «cercate di rendervi conto cosa voleva direavere una madre vivipara.»Ancora questa parola oscena. Ma a nessuno, stavolta, passò per lamente di sorridere.«Cercate di immaginare che cosa significasse 'vivere con la propriafamiglia'.»Cercarono; ma natur<strong>al</strong>mente senza il più piccolo risultato.«E sapete che cosa era il «focolare domestico»?Scossero il capo.D<strong>al</strong>l'ombra livida del sottosuolo, Lenina Crowne fu sb<strong>al</strong>zata su didiciassette piani, girò a destra uscendo d<strong>al</strong>l'ascensore, percorse unlungo corridoio e, aperta una porta su cui stava scritto 'S<strong>al</strong>a diToletta Femminile', piombò in un caos abbacinante di braccia, di senie di biancheria intima. Torrenti di acqua c<strong>al</strong>da entravano scrosciandoin cento vasche da bagno e ne uscivano gorgogliando. Ronfando esibilando, ottanta apparecchi di vibro-massaggio aspirante stavanosimultaneamente lavorando e succhiando le sode abbronzate carni diottanta superbi tipi di donne. E ognuna di esse parlava a voce <strong>al</strong>ta.Una macchina di Musica Sintetica stava eseguendo un a solo di supercornetta.«Ciao, Fanny» disse Lenina <strong>al</strong>la giovane che aveva l'attaccapanni e lacasella vicini ai suoi.27


Fanny lavorava nella S<strong>al</strong>a di Imbottigliamento, e il suo cognome erapure Crowne. Ma d<strong>al</strong> momento che i due miliardi di abitanti del pianetaavevano a loro disposizione solo due migliaia di nomi, la coincidenzanon era molto sorprendente.Lenina tirò le sue chiusure lampo, in giù quelle della giacca, in giùcon le due mani quelle che sostenevano i c<strong>al</strong>zoni, in giù ancora unavolta per togliersi la sottoveste. Rimasta con le scarpe e le c<strong>al</strong>ze,si diresse verso i gabinetti.«Casa, casa, poche stanze, troppo abitate, soffocanti, da un uomo, dauna donna periodicamente incinta, da un'orda di ragazzi e ragazze ditutte le età. Niente aria, niente spazio; una prigioneinsufficientemente sterilizzata; oscurità m<strong>al</strong>attie e cattivi odori.»(La rievocazione del Governatore fu così vivida che uno dei giovani,più sensibile degli <strong>al</strong>tri, imp<strong>al</strong>lidì <strong>al</strong>la semplice descrizione e fusul punto di sentirsi m<strong>al</strong>e.)Lenina uscì d<strong>al</strong> bagno, si asciugò con l'asciugamano, afferrò un lungotubo flessibile che usciva d<strong>al</strong> muro, ne presentò l'estremità <strong>al</strong> petto,come se volesse uccidersi, e premette il grilletto. Un soffio di ariac<strong>al</strong>da la asperse di finissimo imp<strong>al</strong>pabile t<strong>al</strong>co. Otto profumidifferenti e acqua di Colonia erano pronti a fluire a mezzo di piccolirubinetti situati <strong>al</strong> di sopra del lavabo. Lenina aprì il terzo apartire da sinistra, si bagnò di profumo e, portando scarpe e c<strong>al</strong>ze inmano, uscì a vedere se fosse libera una delle macchine vibroaspiratrici.«E la casa, oltre che squ<strong>al</strong>lida psichicamente, lo era anchefisicamente. Psichicamente, era una tana di conigli selvatici, unletamaio risc<strong>al</strong>dato per gli attriti della vita che vi si ammucchiava,es<strong>al</strong>ante di emozioni. Qu<strong>al</strong>i soffocanti intimità, qu<strong>al</strong>i pericolose,insane, oscene relazioni fra i membri del gruppo familiare! come unapazza la madre <strong>al</strong>levava i suoi bambini (i suoi bambini)... li <strong>al</strong>levavacome una gatta i gattini; ma una gatta che parlava, una gatta che sadire e ridire: 'Bambino mio. bambino mio!'; e ancora, ancora: 'Bambinomio!' e: 'Oh, sul mio seno, le piccole mani, e la fame, equell'indicibile doloroso piacere! Finché, <strong>al</strong>la fine, il mio bambinos'addormenta, il mio bambino dorme con una bolla di latte bianco<strong>al</strong>l'angolo della bocca. <strong>Il</strong> mio bambino dorme...'.«Sì» disse Mustafà Mond approvando col capo «avete ragione dirabbrividire.»«Con chi esci stasera?» domandò Lenina, ritornando d<strong>al</strong> vibro-massaggiocome una perla illuminata d<strong>al</strong>l'interno: uno splendore roseo.«Con nessuno.»Lenina inarcò le sopracciglia per lo stupore.«Non mi sento tanto bene in questi ultimi tempi» spiegò Fanny. «<strong>Il</strong>dottor Wells mi ha consigliato un Succedaneo di Gravidanza.»«Ma, cara mia, hai soltanto diciannove anni. <strong>Il</strong> primo Succedaneo diGravidanza non è obbligatorio che a ventun anni.»«Lo so, cara. Ma per certune è meglio cominciare prima. <strong>Il</strong> dottorWells mi ha detto che le brune d<strong>al</strong> bacino largo, come sono io,28


dovrebbero prendere il primo Succedaneo di Gravidanza a diciassetteanni. Perciò, in re<strong>al</strong>tà, sono in ritardo di due anni, non inanticipo.»Aprì la porta della sua casella e indicò la fila di scatole e di fi<strong>al</strong>emunite di etichetta sulla scansia superiore.«Sciroppo di "corpus luteum".» Lenina lesse i nomi ad <strong>al</strong>ta voce:«Ovarina garantita fresca: non deve essere usata oltre il primoAgosto, A.F. 632. - Estratto di glandola mammaria: da prendersi trevolte <strong>al</strong> giorno, prima dei pasti, con un po' d'acqua. - Placentina, 5c.c. per iniezioni intravenose ogni tre giorni...«Ah!» Lenina rabbrividì. «Come odio le iniezioni intravenose! Anchetu?»«Sì. Ma quando fanno bene...» Fanny era una fanciulla dotata di moltobuon senso.«<strong>Il</strong> Nostro Ford - o il Nostro Freud, come, per qu<strong>al</strong>che imperscrutabileragione, amava chiamarsi quando parlava di questioni psicologiche - ilNostro Freud era stato il primo a rivelare gli spaventosi pericolidella vita familiare. <strong>Il</strong> <strong>mondo</strong> era pieno di padri ed era perciò pienodi miseria; pieno di madri e perciò di ogni specie di pervertimenti,d<strong>al</strong> sadismo <strong>al</strong>la castità; pieno di fratelli e di sorelle, di zii e dizie; pieno di pazzie e di suicidi.«Tuttavia, fra i selvaggi di Samoa, in certe isole lungo la costadella Nuova Guinea...«<strong>Il</strong> sole tropic<strong>al</strong>e si distendeva come del miele c<strong>al</strong>do sui corpi nudidei bambini che ruzzavano promiscui tra i fiori d'ibisco. La loro casaera una qu<strong>al</strong>siasi delle venti capanne dai tetti di p<strong>al</strong>me. Nelle isoleTrobriand il concepimento era opera degli spiriti ancestr<strong>al</strong>i; nessunoaveva mai sentito parlare di un padre.«Gli estremi» disse il Governatore «si toccano. Per la buona ragioneche sono stati fatti per toccarsi.»«<strong>Il</strong> dottor Wells afferma che tre mesi di Succedaneo di Gravidanzavorranno dire una differenza enorme per la mia s<strong>al</strong>ute nei prossimi treo quattro anni.»«Spero che abbia ragione lui» disse Lenina. «Ma, Fanny, intendiveramente dire che per tre mesi non dovresti?...»«Oh no, cara. Solo per una settimana o due, non di più! Passerò laserata <strong>al</strong> Club, a giocare <strong>al</strong> Bridge Music<strong>al</strong>e. Tu esci, suppongo?»Lenina annuì.«Con chi?»«Enrico Foster.»«Ancora?» <strong>Il</strong> viso di Fanny, gentile e piuttosto rotondo, assunseun'espressione incongrua di sorpresa addolorata e di disapprovazione.«Hai il coraggio di dirmi che esci ancora con Enrico Foster?»«Madri e padri, fratelli e sorelle. Ma c'erano anche dei mariti, dellemogli, degli amanti. C'erano anche la monogamia e il romanticismo.«Benché probabilmente voi non sappiate che cosa ciò voglia dire»esclamò Mustafà Mond.Scossero tutti il capo.«Famiglia, monogamia, romanticismo. Dappertutto l'esclusivismo,29


dappertutto la convergenza dell'interesse, uno stretto incan<strong>al</strong>amentodi impulsi e di energie.«Ma ognuno appartiene a tutti gli <strong>al</strong>tri» egli concluse, ricordando ilproverbio ipnopedico.Gli studenti annuirono, approvando energicamente una dichiarazione cheoltre sessantaduemila ripetizioni nell'oscurità avevano fatto loroaccettare, non solamente per vera ma per assiomatica, intuitiva,assolutamente inconfutabile.«Ma dopo tutto» protestava Lenina «sono soltanto quattro mesi che hoEnrico.»«Soltanto quattro mesi! Ma guarda! E, ciò che è peggio ancora»continuò Fanny agitando un dito accusatore «non c'è stato nessun <strong>al</strong>tro<strong>al</strong>l'infuori di Enrico in tutto questo tempo. Non è vero?»Lenina arrossì; ma i suoi occhi e il tono della sua voce rimaseropieni di sfida: «No, non c'è stato nessun <strong>al</strong>tro» rispose quasi conira. «E non vedo neppure perché avrebbe dovuto esserci.»«Ah! non vede neppure perché avrebbe dovuto esserci!» ripeté Fannycome se parlasse a un invisibile ascoltatore situato dietro la sp<strong>al</strong>lasinistra di Lenina. Poi, con un improvviso cambiamento di tono. «Sulserio» disse «penso che dovresti stare attenta. Non va niente benecontinuare così con un solo uomo. A quarant'anni, o anche atrentacinque, potrebbe passare. Ma <strong>al</strong>la tua età, Lenina! No, non va. Etu sai come il Direttore sia contrario a tutto ciò che è intenso eprolungato. Quattro mesi con Enrico Foster, senza avere nessun <strong>al</strong>tro;ebbene, andrebbe sulle furie se venisse a saperlo...»«Pensate <strong>al</strong>l'acqua sotto pressione in un tubo.» La pensarono. «Lo bucouna volta» disse il Governatore. «Che getto!»Lo bucò venti volte. Ci furono venti piccole fontanelle.«'Bambino mio, bambino mio!...'«'Mamma!...' La pazzia è contagiosa.«'Amor mio, primo ed unico, caro, tesoro...'«Madre, monogamia, romanticismo. Alta schizza la fontana; furioso espumeggiante è il getto violento, la pressione ha un'unica viad'uscita. Amor mio, bambino mio. Non c'era da stupirsi che quei poveripremoderni fossero pazzi e m<strong>al</strong>vagi e miserabili. <strong>Il</strong> loro <strong>mondo</strong> nonpermetteva loro di prendere le cose per la via più semplice, nonpermetteva loro di essere sani di spirito, virtuosi, felici. E con lemadri e gli amanti, con le proibizioni <strong>al</strong>le qu<strong>al</strong>i non eranocondizionati ad obbedire, con le tentazioni e i rimorsi solitari, contutte le m<strong>al</strong>attie e il dolore che li isolava senza fine, con leincertezze e la povertà, essi erano costretti a sentire fortemente. Esentendo fortemente (fortemente, oltre tutto, in solitudine, in undisperato isolamento individu<strong>al</strong>e) come potevano essere stabili?»«Natur<strong>al</strong>mente non c'è bisogno di rinunciare a lui. Prenditene un <strong>al</strong>trodi tanto in tanto, ecco tutto. Ha bene delle <strong>al</strong>tre ragazze, lui, no?»Lenina lo ammise.«Si capisce. Puoi fidarti di Enrico Foster che sa comportarsi daperfetto gentiluomo, sempre corretto. Poi bisogna pensare <strong>al</strong>Direttore. Sai come ci tiene...»30


«Mi ha pizzicato il posteriore questo pomeriggio» Lenina disse facendoun cenno di assentimento.«Ecco, vedi!» Fanny era trionfante. «Vedi bene che lui ha le sue idee,che rispetta le convenzioni.»«La stabilità» disse il Governatore «la stabilità. Non c'è civiltàsenza stabilità soci<strong>al</strong>e. Non c'è stabilità soci<strong>al</strong>e senza stabilitàindividu<strong>al</strong>e.» La sua voce era una tromba. Ascoltandolo si sentivanopiù grandi, più c<strong>al</strong>di.«La macchina gira, gira, e deve continuare a girare, sempre. E' lamorte se si arresterà. Un miliardo di persone formicolavano sullaterra. Le ruote cominciarono a girare. In centocinquant'anni ce nefurono due miliardi. Fermate tutte le ruote. In centocinquantasettimane non ne rimane, ancora, che un miliardo; mille migliaia dimigliaia di uomini e donne sono morti di fame.«Le ruote devono girare regolarmente, ma non possono girare se nonsono curate. Ci devono essere uomini per curarle, uomini costanti comele ruote sul loro asse, uomini sani di mente, uomini obbedienti,stabili nella loro soddisfazione.«Gridando: 'Bambino mio, madre mia, mio unico, unico amore'; gemendo:'Mio peccato, mio Dio terribile'; urlando per il dolore, rabbrividendoper la febbre, piangendo la vecchiaia e la povertà, come possonocurare le ruote? E se non possono curare le ruote... Sarebbe arduoseppellire o bruciare i cadaveri di mille migliaia di migliaia diuomini e di donne.»«E dopo tutto» la voce di Fanny era carezzevole «non è che ci siaqu<strong>al</strong>che cosa di spiacevole o di penoso nell'avere uno o due uominioltre Enrico. Ciò considerato dovresti essere un po' più accessibile<strong>al</strong>la promiscuità.»«La stabilità» insisteva il Governatore «la stabilità. <strong>Il</strong> bisognoprimo e ultimo. La stabilità. Donde tutto ciò.» Con un gesto dellamano indicò i giardini, l'enorme edificio del Centro diCondizionamento, i bambini nudi nascosti tra i cespugli o che sirincorrevano sull'erba.Lenina scosse la testa: «Non so per qu<strong>al</strong>e ragione» rifletté ad <strong>al</strong>tavoce «ma non mi sento attratta d<strong>al</strong>la promiscuità in questi ultimitempi. Certe volte si è così. Non trovi anche tu, Fanny?».Fanny espresse con un cenno la sua simpatia e la sua comprensione. «Mabisogna fare uno sforzo» disse sentenziosamente «bisogna comportarsibene. Dopo tutto, ognuno appartiene a tutti gli <strong>al</strong>tri.»«Sì, ognuno appartiene a tutti gli <strong>al</strong>tri» ripeté Lenina lentamente: e,sospirando, rimase in silenzio per un istante; indi prendendo la manodi Fanny le diede una piccola stretta. «Hai ragione, Fanny. Come <strong>al</strong>solito. Farò uno sforzo.»«L'impulso, arrestato, trabocca, e l'inondazione è il sentimento,l'inondazione è la passione, l'inondazione è perfino la pazzia: tuttodipende d<strong>al</strong>la forza della corrente, d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tezza e d<strong>al</strong>la resistenzadell'ostacolo. La corrente senza ostacoli scorre placidamente lungo i31


can<strong>al</strong>i stabiliti verso una c<strong>al</strong>ma felicità. (L'embrione ha fame; giornoper giorno, la pompa del surrogato sanguigno compie incessantemente isuoi ottocento giri <strong>al</strong> minuto. <strong>Il</strong> bambino travasato urla; accorreimmediatamente una bambinaia, con una bottiglia di secrezione esterna.<strong>Il</strong> sentimento sta in agguato in questo interv<strong>al</strong>lo di tempo tra ildesiderio e il suo soddisfacimento. Abbreviare l'interv<strong>al</strong>lo, abbatteretutti gli antichi, inutili ostacoli.)«Giovani fortunati!» disse il Governatore. «Non è stata risparmiatanessuna fatica per rendere le vostre vite facili d<strong>al</strong> punto di vistaemotivo; per preservarvi, nei limiti del possibile, d<strong>al</strong> provarequ<strong>al</strong>siasi emozione.»«Ford è nella sua vecchia caffettiera» mormorò il Direttore «E tuttova bene nel <strong>mondo</strong>.»«Lenina Crowne?» disse Enrico Foster, ripetendo la domandadell'Assistente Predestinatore mentre tirava la chiusura lampo deisuoi c<strong>al</strong>zoni. «Oh, è una ragazza magnifica. Stupendamente pneumatica.Sono sorpreso che non l'abbiate mai avuta.»«Già. Non riesco a spiegarmi come non l'ho mai avuta» dissel'Assistente Predestinatore. «Ma la voglio provare. Alla primaoccasione.»D<strong>al</strong> suo posto, d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tra parte dello spogliatoio, Bernardo Marx udìle loro parole e imp<strong>al</strong>lidì.«E per dirti la verità» disse Lenina «comincio ad essere un pochinostanca d'avere sempre e soltanto Enrico tutti i giorni.» Si infilò lac<strong>al</strong>za sinistra. «Conosci Bernardo Marx?» chiese in un tono di voce lacui eccessiva indifferenza era evidentemente forzata.Fanny trasecolò: «Non intenderai?...».«Perché no? Bernardo è un Alfa-Plus. E poi mi ha invitata ad andarecon lui in una delle Riserve di Selvaggi. Ho sempre desiderato divedere una Riserva di Selvaggi.»«Ma la sua reputazione?»«Che m'importa della sua reputazione?»«Dicono che non gli piaccia il golf a ostacoli.»«Dicono, dicono...» schernì Lenina.«E poi passa la maggior parte del tempo da solo... da solo.» C'eradell'orrore nella voce di Fanny.«Ebbene, non sarà più solo quando sarà con me. E in ogni caso, perchéla gente lo tratta così m<strong>al</strong>e? Io lo trovo carino.» Sorrise fra sé esé; come era stato assurdamente timido! Spaurito quasi, come se leifosse stata un Governatore Mondi<strong>al</strong>e e lui un macchinista Gamma-Minus.«Considerate le vostre esistenze» disse Mustafà Mond. «Nessuno di voiha mai incontrato un ostacolo insormontabile?»La domanda ricevette in risposta un silenzio negativo.«Nessuno di voi è mai stato costretto a subire un lungo interv<strong>al</strong>lo ditempo tra la coscienza di un desiderio e il suo compimento?»«Veramente...» cominciò uno dei giovani, ed esitò.«Parlate» disse il Direttore «non fate aspettare Sua Forderia.»«Una volta dovetti attendere quasi quattro settimane prima che unaragazza ch'io desideravo mi si concedesse.»32


«E avete provato, di conseguenza, una forte emozione?»«Orribile!»«Orribile; precisamente» disse il Governatore. «I nostri antichi eranot<strong>al</strong>mente stupidi e corti di vista che, quando vennero i primiriformatori e si offersero di s<strong>al</strong>varli da quelle orribili emozioni,non vollero aver niente a che fare con essi.»'Parlano di lei come se fosse un pezzo di carne.' Bernardo digrignò identi. 'Averla qui, averla là. Come un montone. La degradano come sefosse un montone. Essa ha detto che ci avrebbe pensato e che miavrebbe dato una risposta questa settimana. Oh Ford, Ford, Ford!'Avrebbe voluto andar loro addosso e colpirli in viso duramente eripetutamente.«Sì, vi consiglio veramente di provarla» diceva Enrico Foster.«Prendete per esempio l'Ectogenesi. Pfitzner e Kawaguki ne avevanoelaborato la teoria completa. Ma credete che i Governi ne volesserosapere? No. C'era una cosa chiamata Cristianesimo. Le donne furonocostrette a continuare ad essere vivipare.»«E' così brutto!» disse Fanny.«A me invece è simpatico.»«E poi è così "piccolo"!» Fanny fece una smorfia; l'esser piccoli eraun segno orribile e tipico proprio delle caste inferiori.«Io la trovo una cosa carina» disse Lenina. «Si prova la voglia dicoccolarlo. Sai bene. Come un gatto.»Fanny fu scand<strong>al</strong>izzata. «Dicono che qu<strong>al</strong>cuno si sia sbagliato quandoera ancora nel flacone; credettero che fosse un Gamma e gli miserodell'<strong>al</strong>cool nel surrogato sanguigno. Ecco perché è cresciuto cosìmiseramente.»«Che storie!» si indignò Lenina.«L'insegnamento durante il sonno fu severamente proibito inInghilterra. C'era qu<strong>al</strong>che cosa che si chiamava liber<strong>al</strong>ismo. <strong>Il</strong>Parlamento, se sapete che cos'era, approvò una legge contro di esso.Abbiamo ancora gli atti dei discorsi intorno <strong>al</strong>la libertà delsoggetto. La libertà di non essere buoni a nulla e di esseremiserabili. La libertà di essere uno zipolo rotondo in un bucoquadrato.»«Ma, caro mio, è a vostra disposizione, ve l'assicuro, è tutta avostra disposizione.» Enrico Foster batté sulla sp<strong>al</strong>la dell'AssistentePredestinatore. «Ognuno appartiene a tutti gli <strong>al</strong>tri, dopo tutto.»'Cento ripetizioni, tre notti la settimana, per quattro anni' pensòBernardo Marx, che era speci<strong>al</strong>ista in ipnopedia.'Sessantaduemilaquattrocento ripetizioni fanno una verità. Idioti!'«Oppure il sistema delle caste. Continuamente proposto, continuamenterespinto. C'era una cosa che si chiamava la democrazia. Come se gliuomini non fossero ugu<strong>al</strong>i soltanto fisico-chimicamente.»33


«Ebbene, tutto ciò che ti posso dire è che voglio accettare il suoinvito.»Bernardo li odiava, li odiava. Ma essi erano in due, erano <strong>al</strong>ti, eranoforti.«La guerra dei Nove Anni cominciò nel 141 di Ford.»«Se anche fosse vera la storia dell'<strong>al</strong>cool nel suo surrogatosanguigno,»«<strong>Il</strong> fosgene, la cloripicrina, l'iodio-acetato d'etile, ladifenilcianarsina, il cloroformiato di triclorometile, il solfuro didicloretile. Per non parlare dell'acido cianidrico.»«cosa <strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e non credo assolutamente» concluse Lenina,«<strong>Il</strong> fragore di quattordicimila aeroplani avanzanti in ordine sparso.Ma nel Kurfürstendamm e nell'ottavo Dipartimento, le esplosioni dellebombe di antrace sono appena più rumorose dello scoppio di unsacchetto di carta.»«perché ci tengo proprio a vedere una Riserva di Selvaggi.»«CH3 C6 H2 (NO2)3 + Hg (CNO2) = a che cosa infine? Un'enorme fossa nelterreno, un ammasso di macerie, dei frammenti di carne e di muco, unpiede coperto ancora d<strong>al</strong>la scarpa, che vola per l'aria e ricade, flac!in mezzo ai gerani, gerani rossi; ce n'era una così bella fiorituraquell'estate!»«Sei incorreggibile, Lenina, ci rinuncio.»«La tecnica russa per contaminare le riserve d'acqua eraparticolarmente ingegnosa.»Volgendosi le sp<strong>al</strong>le, Fanny e Lenina continuarono a vestirsi insilenzio.«La Guerra dei Nove Anni, il Grande Disastro Economico. C'era dascegliere fra il Controllo Mondi<strong>al</strong>e e la distruzione. Fra la stabilitàe...»«Anche Fanny Crowne è una bella ragazza» disse l'AssistentePredestinatore.Nelle S<strong>al</strong>e dei Bambini era finita la lezione elementare di Coscienzadi Classe, e le voci stavano adattando la futura domanda <strong>al</strong>la futuraproduzione industri<strong>al</strong>e. 'Mi piace volare' sussurravano 'mi piacevolare, mi piace avere dei vestiti nuovi, mi piace...'«<strong>Il</strong> liber<strong>al</strong>ismo, natur<strong>al</strong>mente, era morto di antrace, cionondimeno nonsi potevano fare le cose per forza.»34


«Neanche lontanamente pneumatica come Lenina. Oh! neanchelontanamente.»'Ma gli abiti vecchi sono brutti' continuava il mormorio infaticabile.'Si buttano via i vestiti vecchi. E' meglio buttar via che aggiustare,è meglio buttar via che aggiustare, è meglio buttar via...'«<strong>Il</strong> Governo è una serie di sedute, non di colpi di forza. Si governacol cervello e con le natiche, mai coi pugni. Per esempio: ci fu ilregime del consumo obbligatorio...»«Ecco, son pronta» disse Lenina. Ma Fanny rimaneva silenziosa econtinuava a voltarle le sp<strong>al</strong>le. «Facciamo la pace, mia cara Fanny?»«Ognuno, uomo, donna e fanciullo, fu costretto a consumare tanto peranno. Nell'interesse dell'industria. L'unico risultato...»'E' meglio buttare che aggiustare. Più sono i rammendi e minore è ilbenessere; più sono i rammendi...'«Uno di questi giorni» disse Fanny con enfasi triste «ti troverai neipasticci.»«<strong>Il</strong> ritorno <strong>al</strong>la cultura. Sì, veramente, il ritorno <strong>al</strong>la cultura. Nonsi può consumare molto se si resta seduti a legger libri.»«Sto bene così?» chiese Lenina. La sua giacca era fatta di stoffa<strong>al</strong>l'acetato color verde bottiglia con pelliccia verde di viscosa <strong>al</strong>lemaniche e <strong>al</strong> collo.«Ottocento seguaci della Vita Semplice furono f<strong>al</strong>ciati d<strong>al</strong>lemitragliatrici a Golders Green.»'E' meglio buttar via che aggiustare, è meglio buttare cheaggiustare.'C<strong>al</strong>zoni corti di velluto verde e c<strong>al</strong>ze bianche di lana viscosarivoltate sotto il ginocchio.«Poi venne il famoso massacro del British Museum. Duemila fanaticidella cultura furono asfissiati con solfuro di dicloretile.»Un berretto da fantino verde e bianco proteggeva gli occhi di Lenina;le sue scarpe erano di un verde vivo e molto lucide.«In fin dei conti» disse Mustafà Mond «i Governatori capirono che laviolenza non serviva a nulla. I metodi più lenti, ma di gran lunga piùsicuri, dell'ectogenesi, del condizionamento neopavloviano,dell'ipnopedia...»E intorno <strong>al</strong>la vita portava una cartuccera verde di surrogato di35


marocchino con finiture d'argento, rigonfia (poiché Lenina non eraun'ermafrodita) della provvista regolamentare di anti-fecondativi.«Le scoperte di Pfitzner e Kawaguki furono fin<strong>al</strong>mente applicate.Un'intensa propaganda contro la riproduzione vivipara...»«Perfetta!» esclamò Fanny entusiasta. Non poteva mai resistere a lungo<strong>al</strong> fascino di Lenina. «E che magnifica cintura m<strong>al</strong>thusiana!»«... accompagnata da una battaglia contro il Passato; d<strong>al</strong>la chiusuradei musei; d<strong>al</strong>la distruzione dei monumenti storici (fortunatamente lamaggior parte di essi era stata rovinata durante la Guerra dei NoveAnni); d<strong>al</strong>la soppressione di tutti i libri pubblicati prima del 150 diFord.»«Bisogna assolutamente che me ne procuri una egu<strong>al</strong>e» disse Fanny.«C'erano delle cose chiamate Piramidi, per esempio.»«La mia cartuccera di copp<strong>al</strong>e...»«E un uomo chiamato Shakespeare. Voi non ne avete mai sentito parlare,natur<strong>al</strong>mente.»«E' in condizioni vergognose, quella mia vecchia cartuccera.»«Questi sono i vantaggi di una educazione veramente scientifica.»'... Più sono i rammendi e minore è il benessere; più sono i rammendie minore è il benessere...'«L'introduzione del primo Modello T del Nostro Ford...»«L'ho da quasi tre mesi.»... fu scelta come la data d'inizio della nuova era.»'... È meglio buttare via che aggiustare, è meglio buttar via...'«C'era una cosa, come ho detto prima, chiamata il Cristianesimo.»'... E' meglio buttare via che aggiustare...'«L'etica e la filosofia di un insufficiente consumo.»'Mi piacciono i vestiti nuovi, mi piacciono i vestiti nuovi, mipiacciono...'«Assolutamente essenzi<strong>al</strong>i quando c'era una insufficiente produzione;ma nell'età delle macchine e della fissazione dell'azoto, un verodelitto contro la società.»«Me l'ha reg<strong>al</strong>ata Enrico Foster.»36


«Si tagliò la cima a tutte le croci, e divennero dei T. C'era ancheuna cosa chiamata Dio.»«E' vero surrogato di marocchino.»«Ora abbiamo lo Stato Mondi<strong>al</strong>e. E le Celebrazioni del Giorno di Ford,e i Canti in comune, e gli Offici di Solidarietà.»'Ford, come li odio!' pensava Bernardo Marx.«C'era una cosa chiamata Cielo; ma ciò nondimeno bevevano enormiquantità di <strong>al</strong>cool.»'Come carne. Nient'<strong>al</strong>tro che come carne.'«C'era una cosa chiamata anima e una cosa chiamata immort<strong>al</strong>ità.»«Ricordati di chiedere a Enrico dove l'ha acquistata.»«Ma facevano uso di morfina e di cocaina.»'E ciò che rende la cosa ancora più penosa è che lei pure si consideranient'<strong>al</strong>tro che carne.'«Duemila farmacologi e bio-chimici furono sovvenzionati nel 178 diFord.»«Che aria cupa!» disse l'Assistente Predestinatore, indicando BernardoMarx.«Sei anni dopo veniva prodotta su sc<strong>al</strong>a commerci<strong>al</strong>e. La drogaperfetta.»«Stuzzichiamolo un poco.»«Euforica, narcotica, gradevolmente <strong>al</strong>lucinante.»«Che grinta, Marx, che grinta!» <strong>Il</strong> colpo sulla sp<strong>al</strong>la lo fecetras<strong>al</strong>ire, guardare in su. Era quel bruto di Enrico Foster. «Avetebisogno di un grammo di "soma".»«Tutti i vantaggi del Cristianesimo e dell'<strong>al</strong>cool; nessuno deidifetti.»'Ford, come vorrei ammazzarlo!' Ma tutto ciò che fece, fu di dire:«No, grazie» e di <strong>al</strong>lontanare con la mano il tubetto di compresseoffertogli.«Potete offrirvi un'evasione fuori della re<strong>al</strong>tà quando volete eritornate senza neanche un m<strong>al</strong> di capo a una mitologia.»37


«Prendetelo!» insisteva Enrico Foster «prendetelo.»«La stabilità era praticamente assicurata.»«Un centimetro cubo cura dieci cattivi umori» disse l'AssistentePredestinatore, citando una formula di saggezza ipnopedica elementare.«Restava solo da vincere la vecchiaia.»«Andate <strong>al</strong> diavolo, <strong>al</strong> diavolo!» gridò Bernardo Marx.«Ah! Ah!»«Gli ormoni gonad<strong>al</strong>i, la trasfusione del sangue giovane, i s<strong>al</strong>i dimagnesio...»«E ricordatevi che un grammo v<strong>al</strong> sempre meglio di un imprecazione.»Uscirono ridendo.«Tutte le tare fisiologiche della vecchiaia sono state abolite. Edinsieme ad esse, natur<strong>al</strong>mente...»«Non dimenticarti di domandargli di questa cintura m<strong>al</strong>thusiana» disseFanny.«... ed insieme ad esse tutte le peculiarità ment<strong>al</strong>i del vecchio. <strong>Il</strong>carattere rimane costante durante tutta la vita.»«... due partite di golf con ostacoli da fare prima di sera. Devovolare.»«Lavoro, gioco: a sessant'anni le nostre forze e i nostri gusti sonocom'erano a diciassette. I vecchi, nei brutti tempi antichi, usavanorinunciare, ritirarsi, darsi <strong>al</strong>la religione, passare il loro tempo <strong>al</strong>eggere, a meditare... meditare!»'Idioti, porci!' diceva fra sé Bernardo Marx, mentre si avviava lungoil corridoio verso l'ascensore.«Ora - questo è il progresso - i vecchi lavorano, i vecchi hannorapporti sessu<strong>al</strong>i, i vecchi non hanno un momento, un attimo dasottrarre <strong>al</strong> piacere, non un momento per sedere e pensare; o se perqu<strong>al</strong>che disgraziata evenienza un crepaccio s'apre nella solidasostanza delle loro distrazioni, c'è sempre il "soma", il delizioso"soma", mezzo grammo per un riposo di mezza giornata, un grammo peruna giornata di vacanza, due grammi per un'escursione nelfantasmagorico Oriente, tre per una oscura eternità nella luna; dondesi ritorna per trovarsi d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tra parte del crepaccio, sicuri sulterreno solido giorn<strong>al</strong>iero e della distrazione correndo da cinemaodoroso a cinema odoroso, da ragazza a ragazza pneumatica, d<strong>al</strong> campodi golf elettromagnetico a...»«Via, bambina!» gridò il Direttore adirato. «Via, bambina! Non vedeteche Sua Forderia è occupato? Andate a fare i vostri giochetti erotici38


in un <strong>al</strong>tro posto.» «Poveri piccoli!» disse il Governatore.Lentamente, maestosamente, con un leggero ronzio di macchine, i nastrisi avanzavano, trentatré centimetri <strong>al</strong>l'ora.Nella rossa oscurità, scintillavano innumerevoli rubini.4.[1]L'ascensore era affollato di uomini provenienti dagli spogliatoi Alfa,e l'entrata di Lenina fu accolta con molti cenni di s<strong>al</strong>uto e sorrisiamichevoli. Era una ragazza popolare e, una volta o l'<strong>al</strong>tra, avevatrascorsa una notte quasi con tutti.'Simpatici ragazzi' pensava mentre contraccambiava i loro s<strong>al</strong>uti.Simpatici ragazzi! Tuttavia avrebbe preferito che le orecchie diGiorgio Edzel non fossero così a sventola (forse gli avevano dato unagoccia di troppo di paratiroide <strong>al</strong> metro 328?). E guardando BenitoHoover, non poté fare a meno di ricordarsi che egli appariva veramentetroppo peloso quando si levava gli abiti.Voltandosi, con gli occhi un po' rattristati d<strong>al</strong> ricordo del pelo neroe riccioluto di Benito, vide in un angolo il piccolo corpo magro e ilvolto melanconico di Bernardo Marx.«Bernardo!» Gli andò vicino. «Ti stavo cercando.» La sua voce chiaradominò il ronzio dell'ascensore che s<strong>al</strong>iva. Gli <strong>al</strong>tri si voltaronocuriosi. «Volevo parlarti del nostro progetto per il Nuovo Messico.»Con la coda dell'occhio riusciva a vedere Benito Hoover ch'era a boccaaperta per lo stupore. La sua meraviglia la seccò. 'E' stupito che ionon sia lì a scongiurarlo di permettermi d'andare ancora con lui!'disse fra sé. Poi, forte, e con maggior c<strong>al</strong>ore: «Mi piacerebbe propriodi venire con te per una settimana in luglio» riprese. (Stava provandopubblicamente in ogni modo la sua infedeltà a Enrico. Fanny ne sarebbestata contenta, anche se si fosse trattato solo di Bernardo.)«Almeno,» Lenina gli rivolse il più deliziosamente significativo deisuoi sorrisi «se mi vuoi ancora!»<strong>Il</strong> p<strong>al</strong>lido viso di Bernardo arrossì. 'Perché mai?' si chiese stupita,ma lusingata da questo strano omaggio <strong>al</strong> suo potere.«Non sarebbe meglio parlarne in qu<strong>al</strong>che <strong>al</strong>tro luogo?» egli b<strong>al</strong>bettò,con aria enormemente imbarazzata.'Come se gli avessi detto qu<strong>al</strong>cosa che non va' pensò Lenina. 'Nonpotrebbe aver l'aria più turbata se gli avessi fatto qu<strong>al</strong>che scherzoosceno, se gli avessi domandato chi era sua madre o qu<strong>al</strong>cosa disimile.'«Voglio dire, con tutta questa gente...» La confusione lo soffocava.<strong>Il</strong> riso di Lenina fu franco e privo di m<strong>al</strong>izia. «Quanto sei buffo!»esclamò; e in re<strong>al</strong>tà lo trovava veramente comico. «Mi darai <strong>al</strong>meno unasettimana di preavviso, non è vero?» continuò su un <strong>al</strong>tro tono.«Suppongo che prenderemo il Razzo Azzurro del Pacifico, no? Parte, mipare, d<strong>al</strong>la Torre di Charing-T? oppure da Hampstead?»Prima che Bernardo potesse rispondere, l'ascensore si fermò.«Tetto!» gracidò una voce.<strong>Il</strong> manovratore dell'ascensore era un piccolo individuo scimmiesco,39


vestito con la tunica nera degli Epsilon-Minus semiaborti.«Tetto!»Sp<strong>al</strong>ancò i cancelli. La c<strong>al</strong>da gloria del sole pomeridiano lo fecetras<strong>al</strong>ire e sbattere le p<strong>al</strong>pebre.«Oh, tetto!» ripeté in tono di estasi. Era come se si fosseimprovvisamente e gioiosamente svegliato da un oscuro stupore diannichilimento. «Tetto!»Alzò gli occhi sorridendo, con una specie di adorazione e di mutaaspettativa, verso i volti dei suoi passeggeri. Parlando e ridendoinsieme, essi uscirono nella luce. <strong>Il</strong> manovratore li seguì con losguardo.«Tetto?» disse ancora una volta con tono interrogativo. Poi uncampanello squillò e d<strong>al</strong> soffitto dell'ascensore un <strong>al</strong>toparlantecominciò ad emanare i suoi comandi, molto dolcemente maimperiosamente.«Scendi» diceva «scendi. Diciottesimo piano. Scendi, scendi.Diciottesimo piano. Scendi, scendi...»<strong>Il</strong> manovratore richiuse i cancelli, toccò un bottone e precipitòimmediatamente nell'ombra ronzante del pozzo, l'ombra del suo stuporeabitu<strong>al</strong>e.Faceva c<strong>al</strong>do e c'era molta luce sul tetto. <strong>Il</strong> pomeriggio estivo eraassopito sotto il brusio degli elicotteri che passavano; e il rombopiù profondo degli aeroplani-razzo, invisibili, attraverso il cieloluminoso a una decina di chilometri di <strong>al</strong>tezza, era come una carezzasull'aria dolce. Bernardo Marx trasse un lungo sospiro. Alzò gli occhi<strong>al</strong> cielo, intorno <strong>al</strong>l'orizzonte azzurro, e fin<strong>al</strong>mente li fermò sulviso di Lenina.«Com'è bello!» La voce gli tremò un poco.Lei gli sorrise con un'espressione di piena comprensione e disimpatia.«E' proprio quel che ci vuole per giocare <strong>al</strong> golf con ostacoli»rispose felice. «E ora devo scappare, Bernardo. Enrico si arrabbia selo faccio aspettare. Fammi sapere in tempo la data.» E, agitando lamano, corse via lungo l'ampia distesa del tetto verso le rimesse.Bernardo restò a guardare lo scintillio sempre più lontano delle c<strong>al</strong>zebianche, le ginocchia abbronzate che si piegavano e si distendevanovivamente, ancora, ancora, e l'ondeggiare più morbido dei c<strong>al</strong>zoncinidi velluto ben attillati sotto la giacca verde bottiglia. Sul visoegli aveva un'espressione di pena.«Direi che è bella» fece una voce forte e <strong>al</strong>legra <strong>al</strong>le sue sp<strong>al</strong>le.Bernardo tras<strong>al</strong>ì e si voltò. <strong>Il</strong> viso rosso e paffuto di Benito Hoover,chino verso il suo, sorrideva con manifesta cordi<strong>al</strong>ità. Benito eranotoriamente una buona pasta. La gente soleva dire di lui che avrebbepotuto passare la vita intera senza mai ricorrere <strong>al</strong> "soma". Gliaccessi di nervosismo e di cattivo umore, ai qu<strong>al</strong>i gli <strong>al</strong>tri nonpotevano sottrarsi che prendendosi delle vacanze, non lo affliggevanomai. La re<strong>al</strong>tà per Benito era sempre piena di sole.«Anche pneumatica. E come!» Poi con un <strong>al</strong>tro tono: «Ma sentite un po'»continuò «che aspetto cupo avete! Avete bisogno di un grammo di"soma".» Ficcando la mano destra nella tasca dei c<strong>al</strong>zoni, Benito netrasse una fi<strong>al</strong>etta. «Un centimetro cubo cura dieci... Ma dico!»Bernardo si era voltato improvvisamente ed era fuggito.40


Benito lo seguì con lo sguardo. 'Cosa mai può avere?' si domandò; e,scuotendo il capo, decise che la storiella dell'<strong>al</strong>cool che avrebberomesso nel surrogato sanguigno di quel povero diavolo doveva esserevera. 'Gli ha toccato il cervello, suppongo.'Ripose la fi<strong>al</strong>etta di "soma", e tirando fuori un pacchetto di "gomma"agli ormoni sessu<strong>al</strong>i, se ne introdusse un pezzo in bocca e si avviòlentamente verso le rimesse ruminando.Enrico Foster aveva fatto spinger fuori il suo apparecchio d<strong>al</strong> recintoe, quando arrivò Lenina, era già seduto <strong>al</strong> suo posto aspettando.«Quattro minuti di ritardo» fu il suo solo commento, mentre lei gli siarrampicava vicino. Egli mise in marcia i motori e innestò gliingranaggi delle eliche dell'elicottero. L'apparecchio b<strong>al</strong>zòvertic<strong>al</strong>mente nell'aria. Enrico accelerò; il ronzio dell'elica divennesempre più acuto, passando d<strong>al</strong> c<strong>al</strong>abrone <strong>al</strong>la vespa, d<strong>al</strong>la vespa <strong>al</strong>lazanzara; l'indicatore mostrava che essi s<strong>al</strong>ivano quasi due chilometri<strong>al</strong> minuto. Londra s'impiccioliva ai loro piedi. Gli enormi edifici daitetti a terrazzo non furono più, in pochi secondi, che un vivaio difunghi geometrici germoglianti fra il verde dei parchi e dei giardini.In mezzo, un fungo d<strong>al</strong>lo stelo sottile, più <strong>al</strong>to, più lungo, la torredi Charing-T, <strong>al</strong>zava verso il cielo un disco di cemento lucente.Come ambigui torsi di favolosi atleti, enormi nubi carnose pendevanonell'aria azzurra <strong>al</strong> disopra delle loro teste. Da una di esse piombòimprovvisamente un piccolo insetto scarlatto, ronzando nella caduta.«Ecco il Razzo Rosso» disse Enrico «che arriva adesso da New York.»Consultando l'orologio: «Sette minuti di ritardo;» aggiunse, e scosseil capo «questi servizi atlantici mancano scand<strong>al</strong>osamente dipuntu<strong>al</strong>ità».Levò il piede d<strong>al</strong>l'acceleratore. <strong>Il</strong> brusio delle eliche sopra le loroteste c<strong>al</strong>ò di un'ottava e mezzo, ritornando d<strong>al</strong>la zanzara e d<strong>al</strong>lavespa <strong>al</strong>l'ape, <strong>al</strong> c<strong>al</strong>abrone e <strong>al</strong> cervo volante. <strong>Il</strong> moto ascension<strong>al</strong>edell'apparecchio r<strong>al</strong>lentò; un momento dopo erano immoti sospesinell'aria. Enrico spinse una leva; ci fu un rumore met<strong>al</strong>lico. Dapprim<strong>al</strong>entamente e poi sempre più veloce, finché divenne una foschiacircolare davanti ai loro occhi, l'elica anteriore cominciò a girare.<strong>Il</strong> vento di una velocità orizzont<strong>al</strong>e cominciò a fischiare sempre piùacuto nei longheroni. Enrico teneva d'occhio il contagiri; quandol'ago raggiunse il segno dei milleduecento, disinnestò le elichedell'elicottero. L'apparecchio aveva raggiunto una velocitàsufficiente per volare con le sue <strong>al</strong>i.Lenina guardò attraverso il vetro nel pavimento ai suoi piedi.Volavano sopra la zona di sei chilometri di parco che separava LondraCentr<strong>al</strong>e d<strong>al</strong>la sua prima cintura di sobborghi satelliti. <strong>Il</strong> verdepullulava di umanità vista di scorcio. Foreste di torri per il giocodella P<strong>al</strong>la Centrifuga splendevano tra gli <strong>al</strong>beri. Presso laShepherd's Bush duemila coppie di Beta-Minus giocavano a tennis, indoppi misti, su delle superfici di Riemann. Una doppia fila di campiper ass<strong>al</strong>ti di p<strong>al</strong>la a muro accompagnava la grande strada da NottingHill a Willesden. Nello Stadio di E<strong>al</strong>ing stava svolgendosi una festaginnica e un programma di Canti Cor<strong>al</strong>i per Delta.«Che orribile colore è il kaki!» osservò Lenina, esprimendo ipregiudizi ipnopedici della sua casta.Gli edifici dello Studio del Film odoroso di Hounslow ricoprivano41


sette ettari e mezzo. Vicino ad essi un esercito di lavoratori in neroe kaki erano occupati a rivetrificare la superficie della GrandeStrada Occident<strong>al</strong>e. Stavano aprendo uno degli enormi crogiuoli mobiliproprio <strong>al</strong> loro passaggio. La pietra fusa si riversò in un fiume diabbagliante incandescenza sulla strada; i rulli in amianto andavano evenivano; dietro una innaffiatrice isolata, il vapore s<strong>al</strong>iva in nuvolebianche.A Brentford l'officina della Compagnia di Televisione era simile a unpiccolo paese.«Staranno cambiando i turni di lavoro» disse Lenina.Come afidi e formiche, le ragazze Gamma color verdefoglia, gliEpsilon-Minus semiaborti si acc<strong>al</strong>cavano intorno <strong>al</strong>le entrate e sifermavano in lunghe code per prender posto nelle carrozze del tram auna rotaia. Dei Beta-Minus color delle more andavano e venivano fra lafolla. <strong>Il</strong> tetto dell'edificio princip<strong>al</strong>e formicolava per gli arrivi ele partenze degli elicotteri.«In fede mia» disse Lenina «sono contenta di non essere una Gamma.»Dieci minuti più tardi essi erano a Stoke Poges e avevano cominciatola loro prima partita di golf con ostacoli.[2]Con gli occhi per la maggior parte del tempo bassi e, se si posavanosu un suo simile, immediatamente e furtivamente distolti, Bernardo siaffrettò ad attraversare il tetto. Egli era come un uomo inseguito, mainseguito da nemici che egli non vuole vedere, per paura che possanosembrargli ancora più ostili di quanto egli supponga, e t<strong>al</strong>i da darglil'impressione d'essere ancora più colpevole e ancora più desolatamentesolo.'Quell'antipatico Benito Hoover!' Eppure costui aveva avuto una buonaintenzione. Ma essa, in certo qu<strong>al</strong> modo, non faceva che rendere lacosa molto peggiore. I benintenzionati si comportavano <strong>al</strong>lo stessomodo dei m<strong>al</strong>intenzionati. Anche Lenina lo faceva soffrire. Si ricordòdi quelle settimane di timida indecisione, durante le qu<strong>al</strong>i l'avevaguardata, desiderata, disperando di aver mai il coraggio didomandarla. Oserebbe egli arrischiare di essere umiliato da un rifiutosprezzante? Ma se essa gli rispondeva di sì, che felicità! Ebbene, or<strong>al</strong>o aveva fatto ed egli era ancora triste: triste che lei avessetrovato ide<strong>al</strong>e quel pomeriggio per giocare <strong>al</strong> golf con ostacoli, chefosse corsa via per raggiungere Enrico Foster, che l'avesse trovatoridicolo perché non aveva voluto parlare in pubblico dei loro affaripiù intimi. Triste, in una parola, perché lei si comportava come unaqu<strong>al</strong>siasi ragazza inglese sana e virtuosa deve comportarsi, e non inqu<strong>al</strong>che <strong>al</strong>tro modo anorm<strong>al</strong>e e straordinario.Aprì la porta del suo recinto e chiamò un paio di inservienti Delta-Minus, che non avevano nulla da fare, perché venissero a spingere ilsuo apparecchio sul tetto. <strong>Il</strong> person<strong>al</strong>e delle rimesse era composto diun unico Gruppo Bokanovsky, e questi uomini erano gemelli,identicamente piccoli, neri e brutti a vedersi. Bernardo diede i suoiordini col tono vivace, arrogante e anche offensivo di chi non sisente troppo sicuro della propria superiorità. L'aver a che fare conmembri delle caste inferiori rappresentava sempre, per Bernardo,un'esperienza penosa. Infatti, qu<strong>al</strong>unque ne fosse la causa (e le42


dicerie correnti dell'<strong>al</strong>cool nel suo surrogato sanguigno potevanobenissimo - incidenti ne capitano sempre - essere vere), il fisico diBernardo era di poco superiore a quello di un Gamma medio. Eglimisurava otto centimetri meno dell'<strong>al</strong>tezza norm<strong>al</strong>e degli Alfa ed erasnello in proporzione. <strong>Il</strong> contatto coi membri delle caste inferiorigli ricordava sempre penosamente la sua insufficienza fisica. 'Io sonoio, e vorrei non esserlo.' La coscienza di sé era in lui acuta edolorosa. Ogni volta che si trovava a guardare in faccia un Delta, <strong>al</strong>ivello dei propri occhi, e non da più in <strong>al</strong>to, egli si sentivaumiliato. Quella creatura lo tratterebbe col rispetto dovuto <strong>al</strong>la suacasta? La domanda lo ossessionava. E non senza ragione. Perché iGamma, i Delta e gli Epsilon erano stati in certa misura condizionatiad associare la massa corpor<strong>al</strong>e con la superiorità soci<strong>al</strong>e. Esistevain tutti, certo, un leggero pregiudizio ipnopedico a favore dellastatura. Di qui il riso delle donne <strong>al</strong>le qu<strong>al</strong>i egli faceva delleproposte, le celie degli uomini suoi pari. A causa dello scherno eglisi sentiva un paria; e sentendosi un paria, si comportava come t<strong>al</strong>e,ciò che aumentava la diffidenza verso di lui e intensificava ildisprezzo e l'ostilità suscitati dai suoi difetti fisici. E questo, asua volta, accresceva il suo sentimento d'essere estraneo e solo. Untimore cronico di sentirsi mancare di rispetto lo costringeva aevitare i suoi simili, a rifugiarsi, nei confronti degli inferiori,nel sentimento cosciente della sua dignità. Con qu<strong>al</strong>e amarezza egliinvidiava gli uomini del tipo di Enrico Foster e di Benito Hoover!Degli uomini che non erano mai costretti a gridare per far obbedire unloro ordine da un Epsilon; degli uomini che consideravano la loroposizione un diritto; degli uomini che si muovevano nel sistema dellecaste come un pesce nell'acqua, così completamente a loro agio da nonavere coscienza né di loro stessi né del benefico e confortevoleelemento in cui avevano il loro essere.Fiaccamente, gli sembrò, e controvoglia, gli inservienti gemellispinsero il suo aeroplano sul tetto.«Muovetevi!» disse Bernardo con tono irritato. Uno di essi diedeun'occhiata. Era una specie di besti<strong>al</strong>e decisione che egli scopriva inquegli occhi grigi e smorti?«Muovetevi!» ripeté più forte, e la sua voce era rauca e cattiva.Si arrampicò nell'apparecchio e un minuto dopo volava verso il sud,verso il fiume.I vari Uffici di Propaganda e il Collegio di Ingegneria Emotiva eranosituati in un unico edificio di sessanta piani in Fleet Street. Nelsottosuolo e nei piani inferiori si trovavano le rotative e gli ufficidi tre grandi giorn<strong>al</strong>i di Londra: 'The Hourly Radio', il foglio dellecaste superiori, 'The Gamma Gazette' color verde-p<strong>al</strong>lido, e 'The DeltaMirror' su carta color kaki ed esclusivamente in parole di una solasillaba. Poi c'erano gli Uffici di Propaganda per Televisione, perFilm odoroso e per Voce e Musica Sintetica: ventidue piani in tutto.Sopra stavano i laboratori di indagine e le stanze imbottite in cui iRegistratori di rulli sonori e i Compositori sintetici attendevano <strong>al</strong>loro compito delicato. Gli ultimi diciotto piani erano occupati d<strong>al</strong>Collegio di Ingegneria Emotiva.Bernardo atterrò sul tetto della Casa di Propaganda e scesed<strong>al</strong>l'apparecchio.43


«Mettiti in comunicazione col signor Helmholtz Watson» ordinò <strong>al</strong>portiere Gamma-Plus «e digli che il signor Bernardo Marx lo aspettasul tetto.»Si sedette ed accese una sigaretta.Helmholtz Watson stava scrivendo quando arrivò il messaggio.«Ditegli che vengo subito» rispose e attaccò il ricevitore. Poi,volgendosi <strong>al</strong>la sua segretaria: «Vi lascio il compito di metter via lemie cose» continuò con lo stesso tono uffici<strong>al</strong>e ed imperson<strong>al</strong>e; esenza notare il sorriso luminoso di lei, si <strong>al</strong>zò e si diresserapidamente <strong>al</strong>la porta.Era un uomo poderosamente costruito, d<strong>al</strong> petto ampio, d<strong>al</strong>le sp<strong>al</strong>lelarghe, massiccio e cionondimeno vivace nei movimenti, elastico edagile. La colonna rotonda e forte del collo sosteneva una testamagnifica. I capelli erano scuri e ricciuti, i lineamenti marcati. Nelsuo genere forte e accentuato, egli era un bell'uomo e dimostrava,come la sua segretaria non si stancava mai di ripetergli, di essere unAlfa-Plus in ogni centimetro di sé. Di professione era docente <strong>al</strong>Collegio di Ingegneria Emotiva (Reparto Scrittura) e, negli interv<strong>al</strong>lidella sua attività di educatore, un attivo Ingegnere Emotivo. Scrivevaregolarmente in 'The Hourly Radio', componeva scenari per i filmodorosi, e aveva un dono speci<strong>al</strong>e per i motti di propaganda e i versiipnopedici.'Un uomo abile' t<strong>al</strong>e era il giudizio dei suoi superiori. 'Forse' escuotendo la testa, abbassavano significativamente la voce 'un po'troppo abile.'Sì, forse un po' troppo abile; essi avevano ragione. Un eccessoment<strong>al</strong>e aveva prodotto in Helmholtz Watson effetti molto simili aquelli che, in Bernardo Marx, erano il risultato di un difetto fisico.Un'insufficienza ossea e muscolare aveva isolato Bernardo dai suoisimili, e il senso di questo isolamento, essendo, secondo tutti icriteri correnti, un eccesso ment<strong>al</strong>e, divenne a sua volta una causa diseparazione maggiore. Ciò che aveva dato a Helmholtz così sconfortantecoscienza della sua person<strong>al</strong>ità e del suo isolamento era un eccesso dit<strong>al</strong>ento. Ciò che i due uomini avevano in comune era la coscienza diessere degli individui. Ma mentre Bernardo, fisicamente deficiente,aveva sofferto tutta la vita per la coscienza della sua solitudine,solo recentemente Helmholtz Watson, resosi conto del suo eccessoment<strong>al</strong>e, si era pure accorto della differenza tra sé e le persone chelo circondavano. Questo campione sportivo, questo infaticabile amatore(si diceva di lui che avesse avuto seicentoquaranta ragazze diverse inmeno di quattro anni), questo ammirevole membro di comitati e buoncompagno, si era reso conto improvvisamente che lo sport, le donne, leattività di comando erano solamente, per ciò che lo riguardava, dellecose di second'ordine. In re<strong>al</strong>tà, e nel suo intimo, egli siinteressava a qu<strong>al</strong>cosa d'<strong>al</strong>tro. Ma a che cosa? A che cosa? Questo erail problema che Bernardo era venuto a discutere con lui; o meglio,poiché era sempre Helmholtz che parlava, a sentir discutere d<strong>al</strong> suoamico, ancora una volta.Tre leggiadre fanciulle dell'Ufficio di Propaganda per mezzo dellaVoce Sintetica lo fermarono mentre usciva d<strong>al</strong>l'ascensore.«Oh, Helmholtz caro, vieni a far merenda <strong>al</strong>l'aperto con noi a Exmoor.»Si afferrarono a lui imploranti.44


Egli scosse il capo, e si aprì una via in mezzo ad esse scostandolecon le mani. «No, no.»«Non abbiamo invitato nessun <strong>al</strong>tro uomo.»Ma Helmholtz non si lasciò sedurre neppure da questa deliziosapromessa. «No» ripeté «ho da fare.» E continuò risolutamente il suocammino. Le ragazze gli corsero dietro. Non fu che quand'egli ebbepreso posto nell'aeroplano di Bernardo e richiuso lo sportello, cheabbandonarono l'inseguimento. Non senza rimproveri.«Queste donne!» diss'egli mentre l'apparecchio si <strong>al</strong>zava nell'aria.«Queste donne!» Scosse il capo, accigliato. «Terribile!» Bernardo glidiede ipocritamente ragione, desiderando, in cuor suo, mentre parlava,di poter avere tante ragazze quante Helmholtz, e con così poca fatica.Fu colto da un improvviso e urgente desiderio di vantarsi. «PortoLenina Crowne con me <strong>al</strong> Nuovo Messico» disse in tono che cercò direndere il più indifferente possibile.«Sì?» rispose Helmholtz, con una completa mancanza di interesse. Indi,dopo una piccola pausa: «In questi ultimi quindici giorni ho lasciatoda parte tutti i miei Comitati e tutte le mie ragazze. Non puoiimmaginarti che fini<strong>mondo</strong> ne hanno fatto <strong>al</strong> Collegio. Eppure, nev<strong>al</strong>eva la pena, credo. Gli effetti...». Esitò. «Ebbene, sono strani,molto strani.»Una deficienza fisica poteva produrre una specie di eccesso ment<strong>al</strong>e.<strong>Il</strong> processo era apparentemente invertibile. Un eccesso ment<strong>al</strong>e potevaprodurre, ai suoi fini, la cecità e la sordità volontarie di unasolitudine deliberata, l'impotenza artifici<strong>al</strong>e dell'ascetismo.<strong>Il</strong> resto del breve volo fu compiuto in silenzio. Quando furonoarrivati e si furono comodamente <strong>al</strong>lungati sui sofà pneumatici nellacamera di Bernardo, Helmholtz ritornò <strong>al</strong>la carica. Parlava moltolentamente: «Non hai mai provato la sensazione» chiese «d'averequ<strong>al</strong>cosa dentro di te che attende per uscire soltanto l'occasione chetu stesso potresti fornirle? Una specie di eccesso di potenza di cuinon si fa uso, sai, come tutta l'acqua che si precipita d<strong>al</strong>le cascateinvece di passare attraverso le turbine?». E guardò Bernardo con ariainterrogativa.«Intendi dire tutte le emozioni che si potrebbero sentire se le cosefossero diverse?»Helmholtz scosse il capo. «Niente affatto. Penso a una stranasensazione che provo in certi momenti, la sensazione di avere qu<strong>al</strong>cosadi importante da dire e il potere di dirlo, ma senza sapere che cosasia, e non posso far uso di questo potere. Se ci fosse un modo diversodi scrivere... oppure qu<strong>al</strong>che <strong>al</strong>tro soggetto intorno a cuiscrivere...» Tacque, poi riprese: «Vedi, sono abbastanza abilenell'inventare delle formule: sai bene, quella specie di parole che tifanno s<strong>al</strong>tar su di colpo, quasi come se ti fossi seduto su uno spillo,tanto sembrano nuove ed eccitanti anche se si riferiscono a qu<strong>al</strong>chesoggetto ipnopedicamente evidente. Ma questo non mi sembrasufficiente. Non basta che le formule siano buone; dovrebbe pureessere buono ciò che se ne ricava.»«Ma le cose che scrivi tu sono buone, Helmholtz.»«Oh, fin dove arrivano.» Helmholtz <strong>al</strong>zò le sp<strong>al</strong>le. «Ma arrivano assaipoco lontano. Non sono, per così dire, abbastanza importanti. Sentoche potrei far qu<strong>al</strong>che cosa di molto più importante. Sì, di più45


intenso, di più violento. Ma cosa? Cosa c'è di più importante da dire?E come si può essere più violenti intorno <strong>al</strong>le cose di cui si devescrivere? Le parole possono essere paragonate ai Raggi X; se si usanoa dovere, attraversano ogni cosa. Leggi, e ti trapassano. Questa è unadelle cose che io tento di insegnare ai miei studenti, a scrivere inmaniera da colpire a fondo. Ma a che serve essere colpiti da unarticolo sui Canti Cor<strong>al</strong>i o sull'ultimo perfezionamento degli organi aprofumo? E poi, si riesce forse a scrivere delle parole veramenteattraversanti - capisci, come i Raggi X più duri - quando si tratta diargomenti di questo genere? Si riesce a dire qu<strong>al</strong>cosa intorno a nulla?Ecco a che si riduce ciò, in fondo. Tento e tento...»«Zitto» disse Bernardo improvvisamente; e <strong>al</strong>zò un dito ammonitore; simisero in ascolto. «Credo che ci sia qu<strong>al</strong>cuno dietro la porta»sussurrò.Helmholtz si <strong>al</strong>zò, attraversò la stanza in punta di piedi, e con unmovimento improvviso e rapido sp<strong>al</strong>ancò la porta. Natur<strong>al</strong>mente nonc'era nessuno.«Scusa» disse Bernardo, che si sentiva sgradevolmente ridicolo. «Devoavere i nervi scoperti. Quando la gente si mostra sospettosa con te,cominci ad essere sospettoso nei suoi riguardi.»Si passò la mano sugli occhi, sospirò e la sua voce divenne lamentosa.Si giustificava: «Se tu sapessi cosa ho dovuto sopportareultimamente!» disse quasi con le lacrime in gola; e la corrente dellasua pietà verso se stesso era come una fontana improvvisamenteliberata. «Se tu sapessi!»Helmholtz Watson ascoltò con un certo senso di disagio. 'Poveropiccolo Bernardo!' disse tra sé. Nello stesso tempo, tuttavia, sivergognava un poco per il suo amico. Avrebbe voluto che Bernardomostrasse un po' più d'amor proprio.5.[1]Alle otto la luce cominciò a mancare. Gli <strong>al</strong>toparlanti nella Torredella sede del Club di Stoke Poges cominciarono ad annunciare, convoce tenorile, che aveva qu<strong>al</strong>che cosa di più che umano, la chiusuradei campi di gioco. Lenina ed Enrico interruppero la loro partita e siavviarono a piedi verso il Club. Dai prati del Trust delle SecrezioniInterne ed Esterne arrivava il muggito delle migliaia di bovini chefornivano, coi loro ormoni e il loro latte, le materie prime <strong>al</strong>lagrande officina di Farnham Roy<strong>al</strong>.Un incessante ronzio di elicotteri riempiva il crepuscolo. Ogni dueminuti e mezzo una campana e dei fischi acutissimi annunciavano lapartenza di uno dei treni leggeri a monorotaia che riconducevano igiocatori di golf delle caste inferiori d<strong>al</strong> loro campo separato <strong>al</strong>lametropoli.Lenina ed Enrico presero posto nel loro apparecchio e decollarono. Atrecentocinquanta metri d'<strong>al</strong>tezza Enrico r<strong>al</strong>lentò le elichedell'elicottero, ed essi rimasero per qu<strong>al</strong>che minuto sospesi sopra ilpaesaggio che svaniva. La foresta di Burnham Beeches si stendeva comeun grande stagno di oscurità verso il limite ancora brillante del46


cielo occident<strong>al</strong>e. Violacea <strong>al</strong>l'orizzonte, l'ultima luce del tramontosi scolorì passando d<strong>al</strong>l'arancione <strong>al</strong> gi<strong>al</strong>lo e a un p<strong>al</strong>lido verded'acque. A settentrione, <strong>al</strong> di là e <strong>al</strong> di sopra degli <strong>al</strong>beri,l'officina delle Secrezioni Interne ed Esterne dardeggiava da ognifinestra dei venti piani le sue crude ed abbaglianti luci elettriche.Al di sotto di essa stavano le costruzioni del Golf Club, le enormicaserme delle caste inferiori e, d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tra parte del muro divisorio,le case più piccole riservate ai soci Alfa e Beta. Le strade checonducevano <strong>al</strong>la stazione del treno a monorotaia erano nere di gentedelle classi inferiori, che si muoveva come formiche. Da sotto lavolta di vetro, un treno illuminato si slanciò fuori <strong>al</strong>l'aperto.Seguendone il cammino, verso Sud-Est, nella pianura ormai invasad<strong>al</strong>l'oscurità, i loro occhi furono attirati dai maestosi edifici delCrematorio di Slough. Per la sicurezza dei voli notturni, le suequattro <strong>al</strong>te ciminiere erano illuminate a giorno e coronate sullasommità da rossi segn<strong>al</strong>i di pericolo. Era un punto di riferimento.«Perché le ciminiere hanno intorno quegli affari che sembranob<strong>al</strong>conate?» chiese Lenina.«Ricupero di fosforo» spiegò Enrico in stile telegrafico. «Mentres<strong>al</strong>gono nel camino, i gas vengono sottoposti a quattro processiseparati. Una volta il P2 05 usciva completamente d<strong>al</strong>la circolazioneogni volta che si cremava qu<strong>al</strong>cuno. Adesso se ne ricupera più delnovantotto per cento. Più di un chilo e mezzo per ogni cadavere diadulto. <strong>Il</strong> che rappresenta circa quattrocento tonnellate di fosforoogni anno, nella sola Inghilterra.» Enrico diceva queste cose con tonosoddisfatto, orgoglioso di questi risultati, come se fossero operasua. «E' magnifico pensare che possiamo continuare ad esseresoci<strong>al</strong>mente utili anche dopo morti. Facendo crescere le piante.»Lenina, nel frattempo, aveva distolto gli occhi d<strong>al</strong> Crematorio e stavaosservando in basso la stazione dei treni a monorotaia.«Magnifico» assentì. «Ma è strano che gli Alfa e i Beta non faccianocrescere un maggior numero di piante di quegli orribili Gamma, Deltaed Epsilon che sono laggiù.»«Tutti gli uomini sono fisico-chimicamente ugu<strong>al</strong>i» disse Enrico contono sentenzioso. «E poi, perfino gli Epsilon compiono funzioniindispensabili.»«Perfino un Epsilon...» Lenina si ricordò improvvisamente di una voltache, bambina a scuola, si era svegliata a metà della notte e si eraresa conto, per la prima volta, del ronzio che popolava tutti i suoisonni. Rivide il raggio di luce lunare, la fila dei lettini bianchi;riudì la dolce, dolce voce che diceva (le parole erano lì,indimenticate, indimenticabili, dopo tante ripetizioni notturne):'Ciascuno lavora per tutti. Non si può fare a meno di nessuno. Perfinogli Epsilon sono utili. Non si potrebbe fare a meno degli Epsilon.Ciascuno lavora per tutti. Non si può fare a meno di nessuno...'.Lenina si ricordò il suo primo moto di timore e di sorpresa, le suespeculazioni durante mezz'ora di veglia; e poi, sotto l'influenza diquelle ripetizioni senza fine, la tranquillità progressiva della suamente, il c<strong>al</strong>mante, piano, lieve avanzarsi del sonno...«Suppongo che, in fondo, agli Epsilon non importi nulla di esseredegli Epsilon» disse ad <strong>al</strong>ta voce.«Natur<strong>al</strong>mente, non gliene importa nulla. E come potrebbe47


importargliene? Non immaginano neppure che cosa sia essere qu<strong>al</strong>cosa didiverso. Noi ce ne accorgeremmo, natur<strong>al</strong>mente. Ma, vedi, noi siamostati condizionati diversamente, e poi cominciamo con un'ereditàdiversa.»«Sono contenta di non essere una Epsilon» disse Lenina conconvinzione.«E se tu fossi una Epsilon» rispose Enrico «il tuo condizionamento tiavrebbe resa ugu<strong>al</strong>mente contenta di non essere una Beta o un'Alfa.»Innestò l'elica anteriore e diresse l'apparecchio verso Londra. Dietroloro, a occidente, il viola e l'arancione erano quasi svaniti; unoscuro banco di nebbia si era avanzato <strong>al</strong>lo zenit. Mentre volavanosopra il Crematorio, l'aeroplano fu sb<strong>al</strong>zato in su d<strong>al</strong>la colonnad'aria c<strong>al</strong>da che usciva d<strong>al</strong>le ciminiere, per ricadere poi in modoinegu<strong>al</strong>mente brusco quando giunse nella corrente fredda e discendenteche seguiva.«Che magnifica montagna russa!» rise Lenina beata.Ma il tono di Enrico fu, per un istante, quasi melanconico.«Sai che cos'era quella montagna russa?» chiese. «Era la sparizionefin<strong>al</strong>e e definitiva di qu<strong>al</strong>che essere umano. S'inn<strong>al</strong>zava in un gettodi gas c<strong>al</strong>do. Sarei curioso di sapere chi era: un uomo o una donna, unAlfa o un Epsilon...». Egli sospirò. Poi, con una voce risolutamente<strong>al</strong>legra, concluse: «Tuttavia, di una cosa possiamo esser certi:chiunque sia stato, fu felice mentr'era in vita. Tutti sono feliciadesso».«Sì, tutti sono felici adesso» gli fece eco Lenina.Avevano sentito ripetere queste parole centocinquanta volte ogni notteper dodici anni.Atterrando sul tetto della casa di quaranta piani in Westminster doveera l'appartamento di Enrico, essi discesero direttamente nella s<strong>al</strong>ada pranzo. Lì, in rumorosa e vivace compagnia, fecero un eccellentepranzo. Insieme <strong>al</strong> caffè fu servito del "soma". Lenina ne prese duecompresse da mezzo grammo ed Enrico tre. Alle nove e ventiattraversarono la strada per recarsi <strong>al</strong> Varietà di recente apertura<strong>al</strong>l'Abbazia di Westminster. Era una notte quasi senza nubi, senza lunae stellata; ma di questo fatto, deprimente nel suo complesso, Leninaed Enrico non ebbero fortunatamente coscienza. Le insegne elettricheluminose dissipavano vittoriosamente l'oscurità esteriore: 'C<strong>al</strong>vinoStopes e i suoi sedici sessofonisti'. D<strong>al</strong>la facciata della nuovaAbbazia le lettere gigantesche dardeggiavano il loro richiamo: '<strong>Il</strong>miglior organo a profumo e a colori di Londra - Tutta la modernamusica sintetica'.Entrarono. L'aria sembrava c<strong>al</strong>da e quasi irrespirabile tant'era caricadi profumo d'ambra grigia e di sand<strong>al</strong>o. Sul soffitto a volta dellas<strong>al</strong>a, l'organo a colori aveva momentaneamente dipinto un tramontotropic<strong>al</strong>e. I sedici sessofonisti stavano suonando una musica che avevaavuto un grande successo: 'Non esiste bottiglia nel creato, obottiglietta mia, simile a te'. Quattrocento coppie danzavano un"five-step" sul pavimento tirato a cera. Lenina ed Enrico formaronoben presto la coppia quattrocento e uno. I sessofonisti si lamentavanocome gatti melodiosi sotto la luna, gemevano nel registro <strong>al</strong>to etenero come se fossero in procinto di subire il brivido nervoso.Dotato d'un'abbondanza straordinaria di armonici, il loro tremulo coro48


s<strong>al</strong>iva verso una sommità sempre più sonora, finché da ultimo, con ungesto della mano, il direttore d'orchestra scatenò la fragorosa notafin<strong>al</strong>e di musica eterea e soffiò fuori d'ogni esistenza i sedicisoffiatori semplicemente umani. Tuonò in "la" bemolle maggiore.Quindi, in un silenzio quasi completo, in un'oscurità quasi completa,seguì una gradu<strong>al</strong>e deturgescenza, un "diminuendo" discendente perquarti di tono, giù giù fino a un accordo dominante fievolmentesussurrato che permaneva ancora (mentre il ritmo quinario pulsava neibassi) caricando gli oscuri secondi di un'intensa attesa. E fin<strong>al</strong>mentel'attesa fu soddisfatta; s'ebbe improvvisamente un sorgere di soleesplosivo e, simultaneamente, i sedici si misero a cantare:«Bottiglia mia, sei tu che ho sempre amatoBottiglia mia, perché fui travasato?Azzurri son i cieli nel tuo seno,è il tempo dentro te sempre sereno.Poiché non esiste bottiglia nel creato,o bottiglietta mia, simile a te.»Danzando il "five-step" con le <strong>al</strong>tre quattrocento coppie attorno<strong>al</strong>l'Abbazia di Westminster, Lenina ed Enrico danzavano tuttavia in un<strong>al</strong>tro <strong>mondo</strong>: il <strong>mondo</strong> pieno di c<strong>al</strong>ore, intensamente colorato, il <strong>mondo</strong>infinitamente dolce d'un giorno di vacanza col "soma". Come tuttierano buoni, e belli, e deliziosamente divertenti!'Bottiglia mia, sei tu che ho sempre amato...' Ma Lenina ed Enricopossedevano ciò che desideravano... Essi erano dentro, in questoluogo, ora, e <strong>al</strong> sicuro; dentro col bel tempo e il cielo eternamenteazzurro. E quando, esausti, i sedici ebbero deposto i loro sessofoni,e l'apparecchio per la musica sintetica si mise a produrre l'ultimanovità in fatto di Blues M<strong>al</strong>thusiani lenti, essi erano ridiventatidegli Embrioni gemelli, cullantisi lievemente insieme sulle onde di unoceano di surrogato sanguigno in bottiglia.'Buona notte, amici cari. Buona notte, amici cari.' Gli <strong>al</strong>toparlantivelavano i loro ordini con una gentilezza simpatica e music<strong>al</strong>e. 'Buonanotte, amici cari...'Obbedienti, con tutti gli <strong>al</strong>tri, Lenina ed Enrico lasciarono illoc<strong>al</strong>e. Le opprimenti stelle avevano già percorso un bel tratto distrada nei cieli. Ma benché lo schermo delle insegne luminose che leseparavano da loro fosse ora notevolmente attenuato, i due giovanirestavano ancora nella loro felice ignoranza della notte.La seconda dose di "soma", ingoiata mezz'ora prima della chiusura,aveva inn<strong>al</strong>zato un muro del tutto impenetrabile fra l'universo re<strong>al</strong>e eil loro spirito. Erano come imbottigliati, e così attraversarono lavia; e così presero l'ascensore fino <strong>al</strong>la camera di Enrico <strong>al</strong>ventottesimo piano. Eppure, per quanto imbottigliata, e nonostantequel secondo grammo di "soma", Lenina non si scordò di prendere tuttele precauzioni antifecondative prescritte dai regolamenti. Gli anni diipnopedia intensiva e, dai dodici ai diciotto, gli esercizim<strong>al</strong>thusiani, tre volte la settimana, avevano reso la pratica di questeprecauzioni quasi tanto automatica e inevitabile quanto lo sbatteredelle p<strong>al</strong>pebre.«Oh! a proposito,» essa disse uscendo d<strong>al</strong> gabinetto da bagno «Fanny49


Crowne vorrebbe sapere dove hai trovato quella magnifica cartuccera disurrogato di marocchino verde che mi hai reg<strong>al</strong>ato.»[2]<strong>Il</strong> giovedì, una settimana sì e una no, Bernardo aveva il Servizio diSolidarietà. Dopo un pranzo anticipato <strong>al</strong>l'Afroditaeum (di cuiHelmholtz era stato recentemente eletto membro in virtù dell'articolo2 del regolamento), Bernardo si congedò d<strong>al</strong> suo amico e, chiamato unvelivolo pubblico sul tetto, ordinò <strong>al</strong> pilota di condurlo <strong>al</strong>laCantoria soci<strong>al</strong>e di Fordson. L'apparecchio si inn<strong>al</strong>zò di qu<strong>al</strong>checentinaio di metri, quindi si diresse verso est, e mentre viravaapparve davanti agli occhi di Bernardo, gigantescamente bella, laCantoria. <strong>Il</strong>luminata a giorno, coi suoi trecento e venti metri dipseudo marmo bianco di Carrara, splendeva con nivea incandescenzasopra Ludgate Hill; a ciascuno dei quattro angoli della suapiattaforma per elicotteri brillava un'immensa T, rossa sullo sfondodella notte, e d<strong>al</strong>le bocche di ventiquattro enormi trombe d'ororombava una solenne musica sintetica.'Accidenti, sono in ritardo' disse Bernardo tra sé, appena dataun'occhiata a Big Henry, l'orologio della Cantoria. Infatti, mentrepagava la corsa, Big Henry suonò l'ora. 'Ford' tuonò una formidabilevoce di basso uscendo da ognuna delle trombe d'oro. 'Ford, Ford,Ford...'... Per nove volte. Bernardo si diresse di corsa versol'ascensore.La grande s<strong>al</strong>a per le celebrazioni del Giorno di Ford e gli <strong>al</strong>triCanti in massa era <strong>al</strong> pianterreno dell'edificio. Sopra di essa, inragione di cento per ogni piano, si trovavano le settemila stanzeusate dai Gruppi di Solidarietà per i loro servizi quindicin<strong>al</strong>i.Bernardo discese <strong>al</strong> trentatreesimo piano, infilò precipitosamente ilcorridoio, si fermò esitando un secondo dinanzi <strong>al</strong>la stanza 3210,quindi, preso il coraggio a due mani, aperse la porta ed entrò.Ford sia lodato! non era l'ultimo. Delle dodici sedie disposte intorno<strong>al</strong>la tavola circolare, tre erano ancora vuote. Scivolò nella piùvicina con la massima circospezione per non dar nell'occhio, e sipreparò a far la faccia scura agli <strong>al</strong>tri ritardatari quandoarrivassero.Voltandosi verso di lui «A che cosa avete giocato questo pomeriggio?»gli chiese la ragazza <strong>al</strong>la sua sinistra. «Agli Ostacoli o<strong>al</strong>l'Elettromagnetico?»Bernardo la guardò (Ford! era Morgana Rothschild) e dovette ammetterearrossendo di non aver giocato a nessuno dei due giochi. Morgana lofissò sorpresa. Ci fu un silenzio penoso.Poi essa si voltò, con intenzione, da un'<strong>al</strong>tra parte e si mise adiscorrere con l'uomo più sportivo che stava <strong>al</strong>la sua sinistra.'Bel principio per un Servizio di Solidarietà' pensò Bernardotristemente, ed ebbe il presentimento di un ulteriore insuccesso nellosforzo di re<strong>al</strong>izzare la comunione di pensiero. S'egli avesse <strong>al</strong>menopensato a guardarsi attorno invece di precipitarsi nella sedia piùvicina! Avrebbe potuto sedere tra Fifì Bradlaugh e Giovanna Diesel.Invece era andato a piantarsi <strong>al</strong>la cieca vicino a Morgana. Morgana!Ford! Quelle sue sopracciglia nere, o meglio sopracciglio, perché siincontravano <strong>al</strong> di sopra del naso, Ford! E <strong>al</strong>la destra aveva Clara50


Deterding. Era vero che le sopracciglia di Clara non si incontravano.Ma essa era veramente troppo pneumatica. Invece Fifì e Giovanna eranoproprio norm<strong>al</strong>i. Grassottelle, bionde, non troppo <strong>al</strong>te... Ed era quelmateri<strong>al</strong>one di Tom Kawaguki che ora prendeva posto fra loro.L'ultimo ad arrivare fu Sarojini Engels.«Siete in ritardo» disse il Presidente del Gruppo severamente. «Chenon succeda più.»Sarojini si scusò e scivolò <strong>al</strong> suo posto fra Jim Bokanovsky ed ErbertoBakunin. <strong>Il</strong> gruppo adesso era <strong>al</strong> completo, il circolo di solidarietàperfetto e senza difetti. Un uomo, una donna, un uomo, in un anello di<strong>al</strong>ternanza continua attorno <strong>al</strong>la tavola. Dodici in tutto, pronti aessere uno, a unirsi l'un l'<strong>al</strong>tro, a fondersi, a perdere le lorododici identità in un essere maggiore.<strong>Il</strong> Presidente si <strong>al</strong>zò, fece il segno del T e, girando l'interruttoredella musica sintetica, mise in marcia il rullio dolce e infaticabiledei tamburi e un coro di strumenti simil-vento e super-corde - cheripetevano e ripetevano affannosamente la breve e ossessionantemelodia del Primo Inno di Solidarietà. Ancora, ancora... e non er<strong>al</strong>'orecchio che percepiva il ritmo pulsante, era il diaframma; illamento e il clangore di quelle armonie rincorrentisi ossessionavanonon la mente, ma le viscere p<strong>al</strong>pitanti di compassione.<strong>Il</strong> Presidente fece un'<strong>al</strong>tra volta il segno del T e si sedette. <strong>Il</strong>servizio era cominciato. Le compresse di "soma" consacrate furonoposte <strong>al</strong> centro della tavola da pranzo. La coppa dell'amicizia, pienadi gelato di "soma" <strong>al</strong>la fragola, fu passata di mano in mano, e, conla formula 'Bevo <strong>al</strong> mio annichilimento' ciascuno dei dodici vibevette. Quindi, con l'accompagnamento dell'orchestra sintetica, iconvenuti cantarono il Primo Inno di Solidarietà«Ford, noi siam dodici; deh! raccoglici in uno,Come gocce dentro il Fiume Soci<strong>al</strong>e;E fa' che corra rapido ognunoCome la tua macchina trionf<strong>al</strong>e.»Dodici strofe deliranti. Quindi la coppa dell'amicizia fu fattacircolare una seconda volta. 'Bevo <strong>al</strong>l'Essere Supremo' fu la nuovaformula. Tutti bevettero. La musica suonava indefessamente. I tamburirullavano. I suoni singultanti e scroscianti delle armoniecontinuavano a essere un'ossessione nelle viscere commosse. Si cantòil Secondo Inno di Solidarietà:«Supremo Essere, Amico Soci<strong>al</strong>e, vieni,Annichilimento di Dodici-in-Uno!Vogliamo la morte perché in essa ciascunoInizia una vita di giorni sereni.»Ancora dodici strofe. Quand'ebbero finito, il "soma" aveva cominciatoa far sentire i suoi effetti. Gli occhi brillavano, le guance eranoaccese, la luce interiore di un'univers<strong>al</strong>e tenerezza splendeva su ogniviso con sorrisi felici ed amichevoli. Perfino Bernardo si sentiva unpoco intenerito. Quando Morgana Rothschild si voltò e gli sorriseapertamente, egli fece del suo meglio per corrisponderle con ugu<strong>al</strong>51


c<strong>al</strong>ore. Ma quel sopracciglio, quel nero due-in-uno, ahimè, c'eraancora. Egli non poteva non notarlo, non poteva, per quanti sforzifacesse. L'intenerimento non era penetrato abbastanza in lui. Forse,se fosse stato seduto tra Fifì e Giovanna... Per la terza voltacircolò la coppa dell'amicizia. «Bevo <strong>al</strong>l'imminente Sua Venuta» disseMorgana Rothschild, <strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e toccava appunto di iniziare il ritocircolare. <strong>Il</strong> tono della sua voce era forte, esultante. Bevette epassò la coppa a Bernardo. «Bevo <strong>al</strong>l'imminente Sua Venuta» ripetéegli, con un sincero tentativo di convincersi che la Venuta eraimminente; ma il sopracciglio continuava a ossessionarlo e la Venuta,per ciò che si riferiva a lui, era orribilmente remota. Comunqueanch'egli bevette e passò la coppa a Clara Deterding. 'E' uninsuccesso anche questa volta' disse fra sé. 'Sento che è così'. Macontinuò a fare del suo meglio per sorridere beato. La coppadell'amicizia aveva fatto il giro. Alzando la mano il Presidente feceun segno; il coro intonò il Terzo Inno di Solidarietà.«Senti che viene l'Essere Supremo!Orsù, gioisci, e muori <strong>al</strong>fin beato!Sciogliti <strong>al</strong> suono del tamburo estremo!Perch'io in te e tu in me sei trasformato.»A misura che una strofa succedeva <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tra, le voci vibravano diun'eccitazione sempre crescente. <strong>Il</strong> sentimento dell'imminenza dellaVenuta era come una tensione elettrica nell'aria. <strong>Il</strong> Presidenteinterruppe la musica, e <strong>al</strong>l'ultima nota dell'ultima strofa succedetteil silenzio più assoluto: il silenzio dell'attesa intensa, fremente eformicolante di una vita g<strong>al</strong>vanica. <strong>Il</strong> Presidente <strong>al</strong>lungò la mano; eimprovvisamente una Voce, una Voce profonda e forte, più music<strong>al</strong>e diuna voce semplicemente umana, più ricca, più c<strong>al</strong>da, più vibranted'amore, di desiderio e di compassione, una Voce meravigliosa,misteriosa, soprannatur<strong>al</strong>e parlò <strong>al</strong> di sopra delle loro teste. Moltolentamente, 'Oh Ford, Ford, Ford!' essa disse diminuendo la forza e insc<strong>al</strong>a discendente. Una sensazione di c<strong>al</strong>ore s'irradiò con una serie difremiti d<strong>al</strong> plesso solare a ogni estremità dei corpi degliascoltatori; le lacrime s<strong>al</strong>ivano loro agli occhi; i loro cuori, leloro viscere sembravano muoversi nel loro interno come per una vitaindipendente. 'Ford!' essi si scioglievano. 'Ford!' erano disciolti,fusi. Poi, con un <strong>al</strong>to tono, improvviso, che li fece sussultare,'Ascoltate!' tuonò la voce 'Ascoltate!'. Essi ascoltarono. Dopo unapausa, decrescendo <strong>al</strong> bisbiglio, ma un bisbiglio stranamente piùpenetrante del grido più acuto, 'I passi dell'Essere Supremo' continuòla voce, e ripeté le parole: 'I passi dell'Essere Supremo'. <strong>Il</strong>bisbiglio era quasi spento. 'I passi dell'Essere Supremo sono su perle sc<strong>al</strong>e.' E di <strong>nuovo</strong> ci fu silenzio; e l'aspettativa momentaneamenterilassata si fece più tesa, ancora più tesa, quasi fino a strapparsi.I passi dell'Essere Supremo... oh essi li sentivano, li sentivanoscendere lievemente le sc<strong>al</strong>e, avvicinarsi sempre più per le invisibilisc<strong>al</strong>e. I passi dell'Essere Supremo. E improvvisamente il limite diresistenza <strong>al</strong>la tensione fu raggiunto. Gli occhi sbarrati, le labbrasemiaperte, Morgana Rothschild b<strong>al</strong>zò in piedi.«Lo sento» esclamò. «Lo sento.»52


«Esso viene» gridò Sarojini Engels.«Sì, viene, Lo sento!» Fifì Bradlaugh e Tom Kawaguki si <strong>al</strong>zarono inpiedi simultaneamente.«Oh, oh, oh!» testimoniò con grida inarticolate Giovanna.«Viene!» urlò Jim Bokanovsky.<strong>Il</strong> Presidente si chinò in avanti e con un gesto scatenò un delirio dicimb<strong>al</strong>i e di ottoni, una febbre di tam-tam.«Oh, viene!» strillò Clara Deterding. «Ahi!» E parve che lasgozzassero.Sentendo che era tempo anche per lui di fare qu<strong>al</strong>cosa, Bernardo s<strong>al</strong>tòin piedi e gridò: «Lo sento! E' qui che arriva!». Ma non era vero.Egli non sentiva nulla, e, per conto suo, non arrivava nessuno,nessuno, nonostante la musica, nonostante la crescente eccitazione. Maegli agitava le braccia con gli <strong>al</strong>tri; e quando gli <strong>al</strong>tri cominciaronoad agitarsi, a battere i piedi e a strascicarli, egli pure sobb<strong>al</strong>zò esi agitò.Si misero a girare in tondo, processione circolare di danzatori,ciascuno con le mani sui fianchi del danzatore precedente, girando erigirando, urlando <strong>al</strong>l'unisono, pestando i piedi <strong>al</strong> ritmo dellamusica, battendo vigorosamente il tempo, con le mani, sulle natiche dichi li precedeva: dodici paia di mani che battevano, come una sola,come una sola, su dodici paia di natiche risuonanti elasticamente.Dodici in uno, dodici in uno. «Lo sento. Lo sento venire.» La musicaaccelerò; più veloci batterono i piedi; più veloci, ancora più velocis'abbatterono le ritmiche mani. E a un tratto una potente vocesintetica di basso tuonò le parole che annunciavano la fusioneconsumata e la re<strong>al</strong>izzazione fin<strong>al</strong>e della solidarietà, la venuta delDodici-in-uno, l'incarnazione dell'Essere Supremo. 'Orgy-porgy'cantava la voce, mentre i tam-tam continuavano a battere i loro colpifebbrili:«Orgy-porgy, Ford e <strong>al</strong>legria, olàBacia le ragazze e sia una con te.Giovanotti e ragazzeOrgy-porgy vi dà la libertà.»'Orgy-porgy' i b<strong>al</strong>lerini ripeterono il ritornello liturgico 'Orgyporgy,Ford e <strong>al</strong>legria, olà! Bacia le ragazze...' E, mentre cantavano,le luci cominciarono ad attenuarsi lentamente, ad attenuarsi e nellostesso tempo ad assumere un tono più c<strong>al</strong>do, più ardente, più rosso, sìche infine essi si trovarono a danzare nella penombra violacea delMagazzino degli Embrioni. 'Orgy-porgy...' Nella loro oscurità rossa efet<strong>al</strong>e i b<strong>al</strong>lerini continuarono per un certo tempo a circolare e abattere, a battere il ritmo infaticabile. 'Orgy-porgy...' Poi ilcircolo oscillò, si sciolse, si distribuì in parzi<strong>al</strong>e disintegrazionesull'anello di divani che circondavano - cerchio attorno ad un <strong>al</strong>trocerchio - la tavola e le sedie rotanti. 'Orgy-porgy...' Teneramente lavoce profonda mugolava e tubava; nel crepuscolo rosso sembrava che unaenorme colomba negra sorvolasse benevola sui danzatori ormai proni osupini.Erano fuori sul tetto; Big Henry aveva giusto sonato le undici.53


La notte era c<strong>al</strong>ma e tiepida.«Non è stata una cosa meravigliosa?» disse Fifì Bradlaugh.«Non trovate che è stata veramente una cosa meravigliosa?» GuardòBernardo con un'espressione di estasi, ma d'un'estasi nella qu<strong>al</strong>e nonv'era traccia di eccitazione o di sovreccitazione, poiché esseresovreccitato è ancora essere insoddisfatto. La sua era la c<strong>al</strong>ma estasidella consumata perfezione, la pace, non della semplice sazietà e delnulla, ma della vita equilibrata, delle energie in riposo e inequilibrio. Una pace ricca e vivente. Perché il Servizio diSolidarietà aveva dato quanto aveva preso, aveva in parte vuotatosoltanto per riempire. Essa era completa, era resa perfetta, eraqu<strong>al</strong>che cosa di più di se stessa. «Non trovate che è stata una cosameravigliosa?» insistette piantando in faccia a Bernardo i suoi occhibrillanti d'una luce soprannatur<strong>al</strong>e.«Sì, l'ho trovata veramente meravigliosa» mentì lui e voltò via latesta; la vista di quel volto trasfigurato era insieme un'accusa e unironico ricordo del suo proprio isolamento. Egli si sentiva, adesso,così miserabilmente isolato come lo era stato <strong>al</strong>l'inizio dellacerimonia; più isolato anzi, in ragione del vuoto in lui non colmato,della sua morta sazietà. Separato e isolato, mentre gli <strong>al</strong>tri sifondevano nell'Essere Supremo; solo anche nelle braccia di Morgana,molto più solo, in verità, più disperatamente se stesso di quantofosse mai stato prima nella sua vita. Era uscito da quel crepuscolorosso per entrare nella luce cruda dell'elettricità con un senso delproprio io che si avvicinava <strong>al</strong>l'angoscia. Egli era profondamenteinfelice e forse (gli occhi splendenti di lei lo condannavano) forseera proprio per colpa sua. «Veramente meravigliosa» ripeté, ma la solacosa <strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e poté pensare era il sopracciglio di Morgana.6.[1]Strano, strano, strano, era il giudizio di Lenina su Bernardo Marx.Tanto strano, infatti, che durante le settimane che seguirono s'erachiesta più d'una volta se non avrebbe fatto meglio a cambiare ideacirca la vacanza nel Nuovo Messico e ad andarsene invece <strong>al</strong> Polo Nordcon Benito Hoover. <strong>Il</strong> m<strong>al</strong>e era che conosceva già il Polo Nord peresserci stata appena l'estate avanti con Giorgio Edzel, e, quel ch'èpeggio, l'aveva trovato piuttosto melanconico. Nulla per passare iltempo, e l'<strong>al</strong>bergo senza nessuna comodità moderna: nessuna televisioneinst<strong>al</strong>lata nelle camere, nessun organo a profumo, ma soltanto dellamusica sintetica di pessimo gusto, e non più di venticinque campi digioco per oltre duecento ospiti.No, decisamente non se la sentiva d'affrontare ancora il Polo Nord.Aggiungi che prima d'<strong>al</strong>lora era stata in America soltanto una volta. Eanche quella volta in maniera del tutto insufficiente. Una gitafestiva <strong>al</strong>l'economica a New York... a proposito, con Gian GiacomoHabibullah o con Bokanovsky Jones? E chi se ne ricorda! d'<strong>al</strong>tra parteciò non aveva nessuna importanza. L'idea di volare di <strong>nuovo</strong> versol'Ovest, e per un'intera settimana, le sorrideva molto. Inoltreavrebbero passato <strong>al</strong>meno tre giorni di quella settimana nella Riserva54


dei Selvaggi. Non erano più di mezza dozzina in tutto il Centro lepersone ch'erano penetrate in una Riserva di Selvaggi. Nella suaqu<strong>al</strong>ità di psicologo Alfa-Plus, Bernardo era uno dei pochi di suaconoscenza che avessero diritto a un permesso d'entrata. Per Lenin<strong>al</strong>'occasione dunque era unica. E tuttavia anche la stranezza diBernardo era così unica, ch'ella aveva esitato ad approfittarne, edaveva anzi pensato di tornare di <strong>nuovo</strong> <strong>al</strong> Polo con quel vecchioburlone di Benito. Benito <strong>al</strong>meno era norm<strong>al</strong>e. Mentre Bernardo...'Alcool nel suo surrogato sanguigno' era la spiegazione di Fanny <strong>al</strong>leeccentricità di lui. Ma Enrico col qu<strong>al</strong>e, una sera che si trovavano <strong>al</strong>etto insieme, Lenina aveva portato con un po' d'inquietudine ildiscorso sul suo <strong>nuovo</strong> amante, Enrico aveva paragonato il poveroBernardo a un rinoceronte.«Non si può insegnare dei giochetti a un rinoceronte» egli avevaspiegato nel suo stile conciso e vigoroso. «Ci sono degli individuiche sono quasi dei rinoceronti; essi non reagiscono come si deve <strong>al</strong>condizionamento. Poveri diavoli! Bernardo è uno di questi.Fortunatamente per lui, conosce bene la sua partita. Senza di che ildirettore non se lo sarebbe certo tenuto. Tuttavia» aggiunse perconsolarla «lo credo abbastanza innocuo.»Abbastanza innocuo, può darsi, ma ad onta di ciò abbastanzainquietante. La mania, per esempio, di fare le cose in segreto. Cheequiv<strong>al</strong>e, in pratica, a non far nulla. Che cos'è infatti, che si puòfare in segreto? (A parte, si capisce, l'andare a letto: e del restonon è una cosa che si può fare sempre.) Già, cosa dunque? Assai poco.<strong>Il</strong> primo pomeriggio ch'erano usciti insieme faceva assai bello. Leninaaveva proposto una nuotata <strong>al</strong> Torquay Country Club, seguita da unpranzo <strong>al</strong>l'Oxford Union. Ma Bernardo temeva che ci fosse troppa gente.Ebbene, <strong>al</strong>lora se si facesse una partita di golf elettromagnetico aSaint Andrews? No, di <strong>nuovo</strong>. Bernardo considerava il golf elettricouna perdita di tempo.«Allora a che cosa serve il tempo?» chiese Lenina <strong>al</strong>quanto stupita.Apparentemente per fare una gita nella Regione dei Laghi; perché eraappunto questo che egli ora proponeva. Atterrare sulla vetta delloSkiddaw e camminare per due ore attraverso la brughiera. «Solo convoi, Lenina.»«Ma, Bernardo, noi saremo soli tutta la notte.»Bernardo arrossì e distolse lo sguardo. «Volevo dire... soli perparlare» mormorò.«Parlare? Ma di che cosa?» Camminare e parlare: le sembrava un modoassai bizzarro di trascorrere il pomeriggio.Fin<strong>al</strong>mente lo persuase, assai a m<strong>al</strong>incuore, a volare fino ad Amsterdamper vedere i quarti di fin<strong>al</strong>e dei campionati femminili di lotta pesimassimi.«Nella c<strong>al</strong>ca» egli borbottò. «Come <strong>al</strong> solito.» E rimase ostinatamenteimbronciato tutto il pomeriggio. Non volle parlare con gli amici diLenina (ne incontrarono a dozzine nel bar dei gelati <strong>al</strong> "soma" tra unapartita di lotta e l'<strong>al</strong>tra) e, a dispetto della sua tristezza, rifiutòcaparbiamente d'accettare il mezzo grammo di "sundae" <strong>al</strong> lampone cheessa voleva fargli prendere ad ogni costo. «Preferisco essere mestesso» egli rispose. «Me stesso e antipatico. Non qu<strong>al</strong>cun <strong>al</strong>tro, perquanto <strong>al</strong>legro.»55


«Un grammo a tempo ne risparmia nove» disse Lenina ripetendo un dettomemorabile appreso nelle lezioni durante il sonno. Bernardo respinsecon impazienza il bicchiere che essa gli offriva.«Via, non perdete la c<strong>al</strong>ma» diss'ella. «Ricordatevi che un centimetrocubo guarisce dieci cattivi umori.»«Oh, per amor di Ford, lasciatemi in pace!» rispose lui.Lenina <strong>al</strong>zò le sp<strong>al</strong>le. «Un grammo v<strong>al</strong> sempre meglio d'unaimprecazione» e trangugiò per conto suo il "sundae".Durante il volo di ritorno attraverso la Manica, Bernardo insistevaper fermare il propulsore e restare sospeso sulle eliche d'elicotteroa meno di trenta metri d<strong>al</strong>le onde. <strong>Il</strong> tempo s'era messo <strong>al</strong> brutto;s'era levato un vento di Sud-Ovest, il cielo era nuvoloso.«Guardate» intimò lui.«Ma è terribile!» disse Lenina ritirandosi con orrore d<strong>al</strong> finestrino.Era terrorizzata d<strong>al</strong> vuoto turbinoso della notte, dai neri fluttischiumosi che si sollevavano sotto di loro, d<strong>al</strong>la p<strong>al</strong>lida faccia dell<strong>al</strong>una così triste e tormentata tra le nubi che s'accav<strong>al</strong>lavano.«Mettiamo in moto la radio, presto!» Tese la mano per toccare ilbottone sul quadrante di bordo e lo girò a caso.'... i cieli sono azzurri dentro di voi' cantarono sedici tremolantivoci di f<strong>al</strong>setto 'il tempo è sempre...'Poi un singulto e silenzio. Bernardo aveva tolto la corrente.«Desidero vedere il mare in santa pace» disse. «Non si può neancheguardare con quest'orribile frastuono intorno.»«Ma a me piace. E poi io non ho voglia di guardare.»«Ma io sì» insistette lui. «Mi dà l'impressione... ecco... come se...»esitò, cercando le parole per esprimersi «come se io fossimaggiormente me stesso, se comprendete ciò che voglio dire.Maggiormente me stesso, e non così completamente una parte di qu<strong>al</strong>cun<strong>al</strong>tro. Non semplicemente una cellula del corpo soci<strong>al</strong>e. Non dà anche avoi questa impressione, Lenina?»Ma Lenina piangeva. «E' orribile, è orribile!» badava a ripetere. «Ecome potete parlare così di non voler essere una parte del corposoci<strong>al</strong>e? Dopo tutto, ciascuno lavora per un <strong>al</strong>tro. Noi non possiamofar nulla senza gli <strong>al</strong>tri. Perché gli Epsilon...»«Sì, lo so» disse Bernardo ironico. «Persino gli Epsilon sono utili.Lo sono anch'io. E, dannazione, vorrei non esserlo!»Lenina era offesa d<strong>al</strong>le sue imprecazioni. «Bernardo!» protestò convoce di rattristato stupore. «Come potete?»Con tono differente: «Come posso?» egli ripeté meditabondo. «No, ilvero problema è: come va che io non posso, o piuttosto - perché, dopotutto, io so benissimo perché non posso - cosa sarebbe se io potessi,se fossi libero, non tenuto in schiavitù d<strong>al</strong> mio condizionamento?»«Ma, Bernardo, voi dite le cose più terribili.»«E voi non desiderate d'essere libera, Lenina?»«Non so cosa volete dire. Io sono libera. Libera di vivere una vitameravigliosa. Tutti ora sono felici.»Egli rise. «Sì, 'tutti ora sono felici'. Cominciamo con l'insegnarloai bambini di cinque anni. Ma non vorreste essere felice in un'<strong>al</strong>tramaniera, Lenina? Nella vostra maniera, per esempio; non nella manieradi tutti gli <strong>al</strong>tri.»«Non so che cosa volete dire» ripeté lei. Poi, voltandosi verso di56


lui, supplicò: «Oh, torniamo, Bernardo. Non mi piace affatto restarequi».«Non vi piace essere con me?»«Ma certo, Bernardo! E' quest'orribile posto...»«Pensavo che noi saremmo più... più "insieme" qui, senz'<strong>al</strong>tritestimoni che il mare e la luna. Più insieme che in mezzo <strong>al</strong>la folla,o anche a casa mia. Non capite questo?»«Io non capisco nulla» rispose lei decisa, determinata a conservareintatta la sua incomprensione. «Nulla. E meno di tutto» continuò conun <strong>al</strong>tro tono «perché non prendete il "soma" quando vi vengono questevostre terribili idee. Le dimentichereste tutte. E invece di sentirviinfelice, sareste <strong>al</strong>legro. Tanto <strong>al</strong>legro!» ripeté, e sorrise,nonostante l'inquietudine e perplessità dei suoi sguardi, con un'ariache voleva essere un'invitante e voluttuosa lusinga.Egli la guardò in silenzio, col viso grave e freddo, la fissòintensamente. Dopo <strong>al</strong>cuni secondi, gli occhi di Lenina si volsero<strong>al</strong>trove; essa ebbe un breve riso nervoso, si sforzò di trovare qu<strong>al</strong>checosa da dire ma non vi riuscì. <strong>Il</strong> silenzio si prolungò.Quando fin<strong>al</strong>mente Bernardo parlò, lo fece con un filo di voce stanca.«Bene,» disse «adesso ritorniamo.» E premendo vigorosamentel'acceleratore fece s<strong>al</strong>ire d'un b<strong>al</strong>zo l'apparecchio nel cielo. A millee tanti metri mise in moto l'elica. Volarono in silenzio per un minutoo due. Poi, ad un tratto, Bernardo cominciò a ridere. Un po'stranamente, pensava Lenina; ma, insomma, rideva.«Vi sentite meglio?» si arrischiò a domandare lei.Per tutta risposta egli levò una mano dai controlli e, circondandolacon un braccio, cominciò a carezzarle i seni.'Ford sia lodato' disse Lenina tra sé. 'Ora sta bene.'Mezz'ora più tardi erano a casa. Bernardo ingoiò in furia quattrocompresse di "soma", aprì la radio e la televisione e cominciò asvestirsi.«Ebbene» chiese Lenina m<strong>al</strong>iziosamente quando s'incontrarono il giornodopo sul tetto «vi siete divertito ieri?»Bernardo fece segno di sì. Presero posto nell'aeroplano. Una piccolascossa, e via.«Tutti dicono che sono straordinariamente pneumatica» rifletté Leninabattendosi sulle gambe.«Straordinariamente.» Ma c'era un'espressione di pena negli occhi diBernardo. 'Come della carne' pensava.Lenina <strong>al</strong>zò gli occhi con una certa inquietudine.«Ma voi non trovate che sono troppo, troppo florida?»Egli scosse la testa negativamente. 'Proprio come della carne, moltacarne.'«Trovate che vado bene così?» Altro cenno del capo. «Sotto ogni puntodi vista?»«Perfetta» disse lui ad <strong>al</strong>ta voce. E tra sé: 'Si considera così da sestessa. Non le dispiace essere della carne'.Lenina sorrise trionfante. Ma la sua soddisfazione era prematura.«Nonostante tutto» riprese lui dopo una breve pausa «avrei voluto chela cosa fosse finita in un <strong>al</strong>tro modo.»«In un <strong>al</strong>tro modo? C'erano dunque degli <strong>al</strong>tri modi di finire?»57


«Avrei voluto che non finisse con l'andare a letto» spiegò lui deciso.Lenina era stupefatta.«Almeno non subito, non il primo giorno.»«Ma <strong>al</strong>lora che cosa?...»Egli cominciò a dire una sequela di sciocchezze incomprensibili epericolose. Lenina fece del suo meglio per chiudere le orecchie dellamente; ma di tanto in tanto una frase, insistendo, riusciva a diventarpercettibile: '... per provare l'effetto della repressione dei mieiimpulsi' lo udì esclamare. Queste parole sembrarono far scattare unamolla nel suo spirito.«Non rimettete mai a domani il piacere che potete godere oggi» ammonìlei con gravità.«Duecento ripetizioni due volte per settimana dai quattordici aisedici anni e mezzo» fu la sola risposta di lui. Le parole insensate epericolose continuavano. «Voglio sapere cos'è la passione» lo udìdire. «Voglio provare qu<strong>al</strong>che scossa violenta.»«Quando l'individuo sente, la comunità è in pericolo» avvertì Lenina.«Ebbene, perché non dovrebbe essere un po' in pericolo?»«Bernardo!»Ma Bernardo non rimase per nulla sconcertato.«Degli adulti intellettu<strong>al</strong>mente e durante le ore di lavoro» continuò.«Dei bambini quando si tratta di sentire e di desiderare.»«<strong>Il</strong> Nostro Freud amava i bambini.»Senza tener conto dell'interruzione Bernardo continuò:«L'<strong>al</strong>tro giorno m'è venuta improvvisamente l'idea che sarebbepossibile essere sempre un adulto.»«Non capisco.» <strong>Il</strong> tono di Lenina era deciso.«Lo so. Ed ecco perché ieri siamo andati a letto insieme, come deibambini, invece d'essere adulti e d'aspettare.»«Ma era piacevole» insistette Lenina. «Non è vero?»«Oh! Sì, molto piacevole» rispose lui, ma con una voce così triste,con un'espressione così profondamente infelice, che Lenina sentìsvaporare subitamente tutto il suo trionfo. Forse l'aveva trovatatroppo in carne, nonostante tutto.«Te l'avevo detto» si contentò di rispondere Fanny quando Lenina vennea farle le sue confidenze. «E' l'<strong>al</strong>cool che hanno messo nel suosurrogato sanguigno.»«Non importa» replicò Lenina. «Mi piace. Ha delle maniere così belle!E il modo che ha di muovere le sp<strong>al</strong>le costituisce per me una veraattrattiva.» Sospirò. «Ma vorrei che non fosse così strano.»[2]Bernardo, arrestandosi un momento davanti <strong>al</strong>la porta dell'Ufficio delDirettore, respirò profondamente, inarcò le sp<strong>al</strong>le e riunì tutte leforze per affrontare l'animosità e la disapprovazione che certamenteavrebbe trovato dentro. Bussò ed entrò.«Un permesso che vi prego di firmare, signor Direttore» disse con lamaggior disinvoltura possibile; e depose il foglio sulla scrivania.<strong>Il</strong> Direttore lo guardò m<strong>al</strong>e. Ma il foglio recava in <strong>al</strong>tol'intestazione dell'Ufficio del Governatore Mondi<strong>al</strong>e, e in c<strong>al</strong>ce lafirma di Mustafà Mond, decisa e nera. Tutto era perfettamente inregola. <strong>Il</strong> Direttore non aveva da scegliere. Tracciò a matita le sue58


inizi<strong>al</strong>i - due piccole p<strong>al</strong>lide lettere, umili ai piedi di Mustafà Mond- e stava per restituire il foglio senza una parola di commento o ungentile commiato <strong>al</strong>la Ford, quando il suo sguardo fu attirato daqu<strong>al</strong>che cosa ch'era scritto attraverso il permesso.«Per la riserva del Nuovo Messico?» chiese; e il suo tono, il viso che<strong>al</strong>zò verso Bernardo, espressero una specie di agitato stupore.Sorpreso della sua sorpresa, Bernardo fece un segno affermativo. Seguìuna pausa. <strong>Il</strong> Direttore si addossò <strong>al</strong>la poltrona aggrottando lafronte. «Quanto tempo è passato da <strong>al</strong>lora?» chiese, parlando più a sestesso che a Bernardo «Vent'anni, credo. Forse venticinque. Dovevoavere la vostra età...» Sospirò e scosse la testa.Bernardo si sentì straordinariamente a disagio. Un uomo cosìconvenzion<strong>al</strong>e, così scrupolosamente corretto come il Direttore,commettere una simile infrazione <strong>al</strong>le regole! Provò il desiderio dinascondere la faccia e di correre fuori d<strong>al</strong>la stanza. Non che egliperson<strong>al</strong>mente trovasse qu<strong>al</strong>che intrinseca obiezione da opporre <strong>al</strong>fatto che t<strong>al</strong>uno parlasse del passato lontano; era uno di queipregiudizi ipnopedici dei qu<strong>al</strong>i (così credeva) egli s'eracompletamente liberato. Ciò che lo intimidiva era il sapere che ilDirettore lo disapprovava: lo disapprovava, e pure era stato costrettoa fare la cosa vietata. Per qu<strong>al</strong>e coercizione interiore? Pur nel suodisagio, Bernardo ascoltò con curiosità.«Ho avuto la vostra stessa idea» diceva il Direttore. «Volevo vedere iselvaggi. Ottenni un permesso per il Nuovo Messico e ci andai per lemie vacanze estive. Con la ragazza che avevo in quel momento. Era unaBeta-Minus, e se ben ricordo (chiuse gli occhi), se ben ricordo avevai capelli gi<strong>al</strong>li. In ogni caso, era pneumatica, particolarmentepneumatica; questo lo ricordo. Ci recammo dunque laggiù, osservammo iselvaggi, andammo a cav<strong>al</strong>lo, e tutto il resto. E poi - era quasil'ultimo giorno del mio permesso - e poi... ebbene, essa si smarrì.Eravamo s<strong>al</strong>iti a cav<strong>al</strong>lo su una di quelle orrende montagne, c'era unc<strong>al</strong>do terribile e opprimente, e dopo colazione ci addormentammo. O,<strong>al</strong>meno, io mi addormentai. Forse avrà voluto fare due passi da sola.Fatto sta che, quando mi svegliai, non c'era più. E il piùspaventevole uragano ch'io abbia mai visto si rovesciò su di noi.Pioveva a torrenti, tuonava, lampeggiava; i cav<strong>al</strong>li spezzarono lebriglie e fuggirono; io caddi tentando di riprenderli e mi ferii <strong>al</strong>ginocchio tanto che stentavo a camminare. Tuttavia cercai dappertutto,gridai, cercai ancora. Ma di lei nessuna traccia. Allora pensai chefosse ritornata da sola <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>bergo. Così mi trascinai fino nelfondov<strong>al</strong>le per la strada che avevamo già percorso. <strong>Il</strong> ginocchio mifaceva orribilmente m<strong>al</strong>e, ed avevo perduto il mio "soma". Ci volleroparecchie ore. Arrivai <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>bergo soltanto dopo la mezzanotte. E leinon c'era; non c'era» ripeté il Direttore. Seguì una pausa. «Bene» egliriprese fin<strong>al</strong>mente «l'indomani si fecero <strong>al</strong>tre ricerche. Ma nonriuscimmo a trovarla. Forse era precipitata in un burrone; o era statadivorata da una belva delle montagne. Ford lo sa. Certo, fu una cosaatroce. Allora ne soffrii molto. Più di quanto era logico, senzadubbio. Poiché, dopo tutto si trattava d'un genere d'accidente cheavrebbe potuto capitare a chiunque; e, si sa, il corpo soci<strong>al</strong>econtinua ad esistere, mentre le cellule componenti possono cambiare.»Ma questa consolazione insegnata durante il sonno non parve avere una59


grande efficacia. Scuotendo la testa, il Direttore riprese con vocepiù debole: «Anche adesso t<strong>al</strong>volta ne sogno. Sogno d'essere svegliatod<strong>al</strong>lo scrosciare dei tuoni e di accorgermi che non c'è più». Ricaddenel mutismo del ricordo.«Le deve aver causato una scossa terribile» disse Bernardo quasi coninvidia.Al suono della sua voce il Direttore ebbe un soprass<strong>al</strong>to e ripresecoscienza del luogo dove si trovava; lanciò un'occhiata a Bernardo e,distogliendo lo sguardo, arrossì con p<strong>al</strong>ese contrarietà; lo fissò di<strong>nuovo</strong> con subitaneo sospetto e, quasi offeso nella sua dignità, disse:«Non penserete ch'io avessi con quella ragazza dei rapportiinconfessabili. Niente d'emotivo, nessuna continuità. Tutto eraperfettamente sano e norm<strong>al</strong>e». Tese a Bernardo il permesso. «Non soproprio perché vi ho annoiato con questa storia ban<strong>al</strong>e.» Furibondocontro se stesso per avere svelato un segreto vergognoso, sfogò la suaira su Bernardo. L'espressione dei suoi occhi era adesso apertamenteostile. «Vorrei approfittare di questa occasione, signor Marx»continuò egli «per dirvi che non sono per niente contento dei rapportiche ricevo sulla vostra condotta fuori delle ore di lavoro. Direte chequesto non è affar mio. Ma lo è. Io devo preoccuparmi del buon nomedel Centro. E' necessario che i miei collaboratori siano <strong>al</strong> di soprad'ogni sospetto, particolarmente quelli delle caste elevate. Gli Alfasono condizionati in modo t<strong>al</strong>e da non essere infantili per obbligo nelloro comportamento emotivo. Ma è una ragione di più perché faccianodegli sforzi speci<strong>al</strong>i per conformarsi <strong>al</strong>le regole. E' loro dovereessere infantili, fosse pure contro la loro inclinazione. Pertanto,signor Marx, io vi avverto le<strong>al</strong>mente.» La voce del Direttore vibravad'una indignazione che adesso era diventata <strong>al</strong> massimo virtuosa eimperson<strong>al</strong>e; era l'espressione della disapprovazione della Societàmedesima. «Se vengo a sapere di <strong>nuovo</strong> che avete mancato <strong>al</strong>le regolenorm<strong>al</strong>i del decoro infantile, chiederò il vostro trasferimento a unSottocentro, preferibilmente in Islanda. Buongiorno.» E girando sullapoltrona, riprese la penna e si mise a scrivere.'Così imparerà' disse fra sé. Ma s'ingannava. Perché Bernardo uscìd<strong>al</strong>l'ufficio con b<strong>al</strong>danza, es<strong>al</strong>tato, mentre sbatteva l'uscio dietro disé, <strong>al</strong> pensiero che da solo stava per impegnar battaglia control'ordine delle cose; es<strong>al</strong>tato d<strong>al</strong>l'inebriante coscienza del suosignificato e della sua importanza individu<strong>al</strong>e. Anche il pensierodella persecuzione non lo spaventava, anzi, invece di deprimerlo, loeccitava. Si sentiva abbastanza forte per affrontare e vincere lec<strong>al</strong>amità; abbastanza forte per affrontare anche l'Islanda. E questafiducia era tanto più grande in quanto neppure per un momento eglicredette, in re<strong>al</strong>tà, che sarebbe stato chiamato ad affrontarechicchessia. Non si trasferiva la gente per cause simili. L'Islandaera puramente una minaccia. Una minaccia fortemente stimolante evivificante. Camminando lungo il corridoio si mise a fischiettare.Eroico fu il resoconto che, la sera stessa, egli fece del suocolloquio col Direttore. «Dopo di che» egli concludeva «gli dissichiaro e tondo di andare a quel paese e uscii d<strong>al</strong>la stanza. Questo ètutto.» Guardò Helmholtz Watson con un'espressione d'attesa,aspettando la meritata ricompensa di simpatia, d'incoraggiamento,d'ammirazione. Ma non venne una parola. Helmholtz rimase zitto,60


fissando il pavimento.Egli voleva bene a Bernardo; gli era grato d'essere il solo uomo disua conoscenza col qu<strong>al</strong>e potesse parlare di argomenti di cui sentiv<strong>al</strong>'importanza. Tuttavia c'erano in Bernardo delle cose ch'eglidetestava. Questa millanteria, per esempio. E le esplosionid'un'indecorosa pietà di se stesso con cui essa si <strong>al</strong>ternava. E ladeplorevole abitudine d'essere ardito a cose fatte e pieno, adistanza, della più straordinaria presenza di spirito. Detestavaqueste cose, appunto perché voleva bene a Bernardo. <strong>Il</strong> tempo passava.Helmholtz continuava a fissare il pavimento. E improvvisamenteBernardo si fece rosso e guardò <strong>al</strong>trove.[3]<strong>Il</strong> viaggio fu tranquillo. <strong>Il</strong> Razzo Azzurro del Pacifico arrivò con dueminuti e mezzo d'anticipo a New Orleans, perdette quattro minuti in unturbine <strong>al</strong> di sopra del Texas, ma volò in una corrente d'ariafavorevole a 95 gradi di longitudine ovest e poté atterrare con menodi quaranta secondi di ritardo sull'orario.«Quaranta secondi su un volo di sei ore e mezzo. Non c'è m<strong>al</strong>e» ammiseLenina.Dormirono quella notte a Santa Fe. L'<strong>al</strong>bergo era eccellente: assaimigliore, per esempio, di quell'orribile Aurora Bore<strong>al</strong>e P<strong>al</strong>ace doveLenina aveva tanto sofferto l'estate precedente. Aria liquida,televisione, vibro-massaggio nel vuoto, radio, soluzione bollente dicaffeina, preservativi c<strong>al</strong>di, e otto profumi differenti eranocollocati in tutte le camere. L'apparecchio di musica sintetica era infunzione mentre essi entravano nell'atrio, e non si poteva desideraredi meglio. Un avviso nell'ascensore annunciava che c'eranonell'<strong>al</strong>bergo sessanta campi di p<strong>al</strong>lacorda e che si poteva giocare nelparco <strong>al</strong> golf con ostacoli e a quello elettromagnetico.«Come mi sembra tutto bello qui!» gridò Lenina. «Quasi vorrei che cifermassimo. Sessanta campi di p<strong>al</strong>lacorda...»«Non ve ne saranno nella Riserva» l'ammonì Bernardo. «E neppureprofumi, né televisione, né acqua c<strong>al</strong>da. Se credi di non poterlosopportare, resta qui fino <strong>al</strong> mio ritorno.»Lenina se ne risentì vivamente. «Certo che posso sopportarlo. Ho dettosoltanto che qui era bello perché... già, perché il progresso è bello,no?»«Cinquecento ripetizioni una volta <strong>al</strong>la settimana da tredici adiciassette anni» disse Bernardo lentamente, come se parlasse a sestesso.«Cosa dici?»«Dico che il progresso è veramente una bella cosa. Ecco perché nondovresti venire nella Riserva, a meno che tu non lo desideri davvero.»«Sicuro che lo desidero.»«Allora sta bene» disse Bernardo; ed era quasi una minaccia.Al loro permesso mancava la firma del Custode della Riserva, <strong>al</strong> cuiufficio si presentarono la mattina seguente. Un portiere negroEpsilon-Plus prese il biglietto da visita di Bernardo ed essi furonofatti entrare quasi subito.<strong>Il</strong> Custode era un Alfa-Minus biondo e brachicef<strong>al</strong>o, piccolo, roseo,d<strong>al</strong>la faccia di luna piena, largo di sp<strong>al</strong>le, con una voce stentorea,61


molto bene adatta <strong>al</strong>l'emissione del sapere ipnopedico. Era una minieradi informazioni superflue e di buoni consigli non richiesti. Una voltain moto, continuava, continuava a sparare...: «cinquecentosessantamilachilometri quadrati, divisi in quattro distinte Sotto-Riserve,ciascuna delle qu<strong>al</strong>i è circondata da un reticolato di filo di ferro ad<strong>al</strong>ta tensione...».In questo momento, e senza una ragione apparente, Bernardo si ricordòd'improvviso che aveva lasciato completamente aperto il rubinettodell'acqua di Colonia nel gabinetto da bagno.«... rifornito d<strong>al</strong>la corrente della stazione idroelettrica del GranCanyon...»'Mi costerà un patrimonio prima ch'io sia tornato.' Con l'occhio dellospirito, Bernardo vedeva l'ago del contatore del profumo avanzare,giro su giro, come una formica, infaticabile. 'Telefonare d'urgenza aHelmholtz Watson.'«... più di cinquemila chilometri di reticolato a sessantamila volt.»«Davvero?» fece Lenina gentilmente, senza sapere affatto ciò che ilCustode aveva detto ma intonando la propria replica <strong>al</strong>la pausadrammatica di lui. Quando il Custode aveva cominciato a tuonare, essaaveva inghiottito di nascosto mezzo grammo di "soma", col risultatoche ora poteva starsene seduta, serenamente, senza ascoltare, senzapensare a nulla, ma fissando i grandi occhi azzurri sul viso delCustode, con un'espressione d'estatica attenzione.«Toccare il reticolato è la morte istantanea» esclamò solennemente ilCustode. «Non si può fuggire da una Riserva di Selvaggi.»La parola 'fuggire' era evocatrice. «Forse» disse Bernardo <strong>al</strong>zandosi amezzo «sarebbe bene che pensassimo ad andarcene.» <strong>Il</strong> piccolo ago nerotrotterellava, come un insetto, rosicchiando il tempo, divorando ilsuo denaro. «Non si può fuggire» ripeteva intanto il Custoderimettendolo a sedere con un gesto; e siccome il permesso non eraancora firmato, Bernardo non ebbe <strong>al</strong>tra scelta che obbedire. «Coloroche sono nati nella Riserva, e ricordatevi, cara signorina» aggiunserivolgendo a Lenina un'occhiata oscena e parlandole sottovoce consconveniente familiarità «ricordatevi che nella Riserva ci sono ancoradei bambini nati, sì, proprio nati, per quanto questo possa sembrareripugnante...» Egli sperava che questa <strong>al</strong>lusione a un argomentoscabroso avrebbe fatto arrossire Lenina; ma costei sorrise soltantocon simulata intelligenza e disse: «Davvero!». Deluso, il Custoderiprese: «Coloro che sono nati nella Riserva son destinati a morirvi».Destinati a morirvi... Un decilitro di acqua di Colonia <strong>al</strong> minuto. Seilitri <strong>al</strong>l'ora. «Forse» azzardò di <strong>nuovo</strong> Bernardo «sarebbe bene...»Sporgendosi in avanti, il Custode diede un colpo sulla tavola conl'indice. «Voi mi domandate quante persone vivono nella Riserva. Ed iorispondo, trionf<strong>al</strong>mente, io rispondo che non ne sappiamo nulla.Possiamo soltanto indovinare.»«Dite davvero?»«Lo dico davvero, cara signorina.»Sei per ventiquattro... no, sarebbe più esatto sei per trentasei.Bernardo era p<strong>al</strong>lido e tremante d'impazienza. Ma la voce tonantecontinuava inesorabile:«... circa sessantamila indiani e meticci... assolutamente selvaggi...i nostri ispettori fanno delle visite di tanto in tanto... a parte62


ciò, nessuna comunicazione di nessun genere col <strong>mondo</strong> civilizzato...Conservano le loro abitudini e i loro costumi ripugnanti... ilmatrimonio, se sapete cos'è, cara signorina; e le famiglie... nessuncondizionamento... Superstizioni mostruose... Cristianesimo etotemismo e culto ancestr<strong>al</strong>e... lingue morte, come lo Zuñi e lospagnolo e l'Athapascan... puma, cinghi<strong>al</strong>i ed <strong>al</strong>tri anim<strong>al</strong>i feroci...m<strong>al</strong>attie contagiose... preti... lucertole velenose...»«Davvero?»Fin<strong>al</strong>mente se ne andarono. Bernardo si precipitò <strong>al</strong> telefono. Presto,presto; ma passarono quasi tre minuti prima d'ottenere lacomunicazione con Helmholtz Watson. «Ci si crederebbe già tra iselvaggi» brontolò. «Dannata incompetenza!»«Prendine un grammo» suggerì Lenina.Egli rifiutò, preferendo la propria collera. Fin<strong>al</strong>mente, lode a Ford,poté parlare, e, sì, era Helmholtz; Helmholtz <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e egli spiegò ciòche era accaduto e che gli promise di andare subito subito a chiudereil rubinetto, sì, subito, ma che approfittò dell'occasione perriferirgli ciò che il Direttore aveva detto in pubblico la seraavanti...«Cosa? Cerca qu<strong>al</strong>cuno da mettere <strong>al</strong> mio posto?» La voce di Bernardoera angosciata. «Allora è veramente deciso? Ha parlato dell'Islanda?Sì, dici? Ford! L'Islanda... ». Riappese il ricevitore e si voltòverso Lenina. <strong>Il</strong> suo volto era p<strong>al</strong>lido, l'espressione profondamentedepressa.«Cosa c'è?» chiese lei.«Cosa c'è?» Si lasciò cadere di piombo su una sedia. «C'è che voglionomandarmi in Islanda.»Sovente, nel passato, s'era chiesto come sarebbe stata la vita sefosse stato sottoposto (senza "soma" e con null'<strong>al</strong>tro che le proprieforze su cui contare) a qu<strong>al</strong>che grande prova, a qu<strong>al</strong>che pena, aqu<strong>al</strong>che persecuzione; aveva anzi desiderato ardentemente la provadolorosa. Soltanto una settimana prima, nell'ufficio del Direttore, siera immaginato di resistere coraggiosamente, di accettare stoicamentela sofferenza, senza una parola. Le minacce del Direttore lo avevanoveramente es<strong>al</strong>tato, gli avevano dato la sensazione d'essere più grandedella vita. Ma questo, adesso se ne rendeva conto, perché non avevapreso le minacce sul serio; non aveva creduto che, quando fossearrivato il momento, il Direttore avrebbe fatto qu<strong>al</strong>che cosa. Ora chepareva che le minacce dovessero essere messe in atto, Bernardo eraatterrito. Di quello stoicismo immaginato, di quel coraggio teorico,non era rimasta traccia.Era adirato contro se stesso - che razza d'imbecille! - contro ilDirettore; che ingiustizia non concedergli quest'<strong>al</strong>tra possibilità,quest'<strong>al</strong>tra possibilità che, egli non aveva dubbio su ciò, avevasempre avuto l'intenzione di mettere a profitto. E l'Islanda,l'Islanda...Lenina crollò la testa. «"Ero" e "sarò", parole che mi fanno starm<strong>al</strong>e» disse. «Prendo un grammo e <strong>al</strong>lora "sono".»Alla fine lo convinse a mandare giù quattro compresse di "soma".Cinque minuti più tardi radici e frutti erano aboliti; il fiore delpresente sbocciava rosato. Un messaggio trasmesso d<strong>al</strong> portiereannunciò che, secondo gli ordini del Custode, un Guardiano della63


Riserva era giunto con un aeroplano e li attendeva sul tettodell'<strong>al</strong>bergo. S<strong>al</strong>irono subito. <strong>Il</strong> figlio d'un meticcio e d'una bianca,in uniforme verde-gamma, li s<strong>al</strong>utò ed espose diligentemente ilprogramma della mattinata.Una visita a volo d'uccello a dieci o dodici dei princip<strong>al</strong>i "pueblos",poi l'atterraggio per la colazione nella v<strong>al</strong>lata di M<strong>al</strong>pais. C'er<strong>al</strong>aggiù una locanda confortevole, e probabilmente su nel "pueblo" iselvaggi erano in procinto di celebrare la festa dell'estate. Nessunluogo migliore per passare la notte.Presero posto nell'aeroplano e partirono. Dieci minuti dopo varcavanola frontiera che separa la civiltà d<strong>al</strong>lo stato selvaggio. S<strong>al</strong>endo ediscendendo, attraverso i deserti di s<strong>al</strong>e o di sabbia, attraverso leforeste, giù nelle profondità violacee dei canyons, superando picchirocciosi, vette e <strong>al</strong>tipiani coltivati a mesa, il reticolato procedevainnanzi irresistibilmente in linea retta, simbolo geometrico dellatrionfante tenacia umana. E ai suoi piedi, qua e là, un mosaico d'ossac<strong>al</strong>cinate, una carcassa non ancora imputridita, scura sul terrenogi<strong>al</strong>liccio, indicavano il punto dove cervo o bove, puma o cinghi<strong>al</strong>e olupo delle praterie o gli enormi nibbi golosi, attirati d<strong>al</strong>l'odoredella carogna e fulminati da una giustizia poetica, s'erano avvicinatitroppo ai reticolati distruttori.«Non imparano mai» disse il pilota in uniforme verde, indicando glischeletri sul terreno sotto di loro. «E non impareranno mai» aggiunseridendo come se avesse ottenuto in certo modo un trionfo person<strong>al</strong>esugli anim<strong>al</strong>i fulminati.Anche Bernardo rise; dopo due grammi di "soma" lo scherzo, senza chese ne desse ragione, gli sembrava buono. Rise, e poi, quasiimmediatamente, s'addormentò, e durante il sonno fu trasportato sopraTaos e Tesuque; sopra Nambe e Picuris e Pojoacque, sopra Gia eCochiti, sopra Laguna e Acona e la Mesa Incantata, sopra Zuñi e Cibolae Ojo e C<strong>al</strong>iente, e si svegliò fin<strong>al</strong>mente quando la macchina già siera posata a terra e Lenina, carica di v<strong>al</strong>igie, si dirigeva verso unpiccolo edificio quadrato, e l'incrocio in verde-gamma parlava in un<strong>al</strong>ingua incomprensibile con un giovane indiano.«M<strong>al</strong>pais» spiegò il pilota mentre Bernardo scendeva. «Questa è l<strong>al</strong>ocanda. Nel pomeriggio <strong>al</strong> "pueblo" si danza. Costui vi ci condurrà.»E indicò il giovane selvaggio d<strong>al</strong> viso torvo. «Dev'essere una cosabizzarra» sogghignò. «Tutto ciò che fanno è bizzarro.» E così dicendos'arrampicò sull'apparecchio e mise in marcia i motori. «Ritorneròdomani. E ricordatevi» aggiunse per rassicurare Lenina «che sonocompletamente mansueti; i selvaggi non vi faranno <strong>al</strong>cun m<strong>al</strong>e. Hannoabbastanza esperienza delle bombe a gas per sapere che non convienefar cattivi scherzi.» Sempre ridendo, innestò le eliche d'elicottero,e se ne andò.7.La mesa sembrava una nave trattenuta d<strong>al</strong>la bonaccia in uno stretto dipolvere di color fulvo. <strong>Il</strong> can<strong>al</strong>e serpeggiava tra rive scoscese e,discendendo da un muro <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tro attraverso la v<strong>al</strong>le, correva unastriscia verde: il fiume e i campi. Sulla prua di questa nave di64


pietra, <strong>al</strong> centro dello stretto e come se ne facesse parte,affioramento definito e geometrico della roccia nuda, stava il"pueblo" di M<strong>al</strong>pais. Blocco su blocco, ogni piano più piccolo diquello sottostante, le <strong>al</strong>te case s<strong>al</strong>ivano come tronche piramidi, asc<strong>al</strong>e, nel cielo azzurro. Ai loro piedi giaceva un ammasso di edificibassi, un groviglio di muri; e su tre lati i precipizi strapiombavanosulla pianura. Alcune colonne di fumo s<strong>al</strong>ivano dritte nell'aria c<strong>al</strong>mae vi si perdevano.«Strano» disse Lenina «molto strano.» Questa era la sua formulaabitu<strong>al</strong>e di condanna. «Non mi piace. E non mi piace neppurequest'uomo.» Accennò <strong>al</strong>la guida indiana che era stata scelta peraccompagnarli <strong>al</strong> "pueblo". <strong>Il</strong> suo sentimento era evidentementericambiato; la schiena stessa dell'uomo, mentre camminava davanti <strong>al</strong>oro, era ostile, cupamente sprezzante. «E poi» abbassò la voce «puzzam<strong>al</strong>edettamente».Bernardo non si provò a negarlo. Continuarono la marcia.Improvvisamente fu come se tutta l'aria fosse diventata viva ep<strong>al</strong>pitasse, p<strong>al</strong>pitasse con l'infaticabile pulsazione del sangue.Lassù, a M<strong>al</strong>pais, i tamburi rullavano. I loro piedi seguirono il ritmodi quel cuore misterioso; accelerarono il passo. <strong>Il</strong> sentiero cheseguivano li condusse ai piedi del precipizio. I fianchi della grandenave-mesa torreggiavano sopra di loro, cento metri di strapiombo.«Vorrei che avessimo portato qui l'aeroplano» disse Lenina <strong>al</strong>zando conira gli occhi <strong>al</strong> fianco nudo della roccia a picco. «Non mi piacecamminare. E poi ci si sente così piccoli quando ci si trova a terraai piedi d'una montagna.»Procedettero per un tratto di strada <strong>al</strong>l'ombra della mesa,contornarono una sporgenza e là, in un burrone scavato d<strong>al</strong>le acque,era il capo d'una sc<strong>al</strong>a come quella che d<strong>al</strong>la cabina conduce <strong>al</strong> pontedi poppa. Vi si arrampicarono. <strong>Il</strong> sentiero era ripidissimo e procedevaa zig-zag da una parete <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tra della gola. In certi momenti ilrullar dei tamburi era appena percettibile, in <strong>al</strong>tri sembrava ch'essirullassero dietro la prima svolta.Quando furono a metà cammino, un'aquila passò, volando così vicino cheil vento delle sue <strong>al</strong>i soffiò freddo sulle loro facce. In un crepacciodella roccia giaceva un mucchio d'ossa. Tutto era angosciosamentestrano, e l'indiano puzzava sempre più. Sbucarono fin<strong>al</strong>mente d<strong>al</strong>burrone in pieno sole. La sommità della mesa era una piattaforma dipietra.«Sembra la Torre di Charing-T» commentò Lenina. Ma non poté godere <strong>al</strong>ungo della scoperta di questa rassicurante rassomiglianza. Un frusciodi passi felpati li fece voltare. Nudi d<strong>al</strong>la gola fino <strong>al</strong>l'ombelico, icorpi bruno-scuri dipinti di righe bianche ('come i campi di asf<strong>al</strong>todel tennis' doveva spiegare Lenina più tardi), i volti resi inumani dapennellate di rosso, nero e gi<strong>al</strong>lo, due indiani giungevano correndolungo il sentiero. I loro capelli neri erano intrecciati con pelle divolpe e flanella rossa. Mantelli di piume di tacchino svolazzavanod<strong>al</strong>le loro sp<strong>al</strong>le; enormi diademi di penne accendevano attorno <strong>al</strong>leloro teste i più sgargianti colori. Ad ogni passo che muovevanorisonavano con clangore met<strong>al</strong>lico i loro bracci<strong>al</strong>etti d'argento, leloro pesanti collane di osso e di perle di turchese. S'avvicinavanosenza dir parola, correndo silenziosamente sui loro mocassini di pelle65


di daino. Uno teneva un piumino, e l'<strong>al</strong>tro portava in ogni mano dellecose che viste a distanza sembravano tre o quattro pezzi di grossafune. Uno di questi pezzi di fune si contorceva spasmodicamente, ed'improvviso Lenina s'accorse che erano serpenti. Gli uominis'avvicinavano sempre più; i loro occhi scuri si fissarono su di leima senza dare nessun segno di riconoscimento, il minimo indizio chel'avessero veduta o avessero coscienza della sua esistenza. <strong>Il</strong>serpente che prima si contorceva, adesso pendeva inerte con gli <strong>al</strong>tri.Gli uomini passarono.«Non mi piace» disse Lenina «non mi piace.»Le piacque ancor meno ciò che l'attendeva <strong>al</strong>l'entrata del "pueblo"dove la guida li lasciò mentre entrava per istruzioni. La sporcizia,tanto per cominciare, i cumuli d'immondizie, la polvere, i cani, lemosche. La sua faccia si deformò in una smorfia di disgusto. Essaportò il fazzoletto <strong>al</strong> naso.«Ma come possono vivere così?» proruppe con una voce d'incredulitàsdegnata. (Non era possibile.)Bernardo <strong>al</strong>zò filosoficamente le sp<strong>al</strong>le.«In ogni modo» rispose «vivono da cinque o seimila anni. Motivo percui suppongo che ci siano ormai abituati.»«Ma la pulizia viene col tempo di Ford» insistette lei.«Già, e la civiltà è sterilizzazione» continuò Bernardo, concludendosu un tono d'ironia la seconda lezione ipnopedica d'igiene elementare.«Ma questa gente non ha mai sentito parlare del Nostro Ford e non ècivilizzata. Dunque non c'è ragione di...»«Oh!» gli si aggrappò <strong>al</strong> braccio. «Guarda!»Un indiano quasi nudo scendeva lentamente la sc<strong>al</strong>a d<strong>al</strong> terrazzo delprimo piano d'una casa vicina, gradino per gradino, con la cautelatremebonda dell'estrema vecchiezza. La sua faccia era segnata da rugheprofonde, e nera come una maschera silicea. La bocca sdentata erainfossata. Agli angoli delle labbra e a ciascun lato del mento pochilunghi peli quasi bianchi luccicavano sulla pelle scura. I lunghicapelli non intrecciati gli ricadevano in ciocche grigie attorno <strong>al</strong>viso. <strong>Il</strong> suo corpo era curvo e tutt'ossa, quasi scarnito. Scendev<strong>al</strong>entamente, soffermandosi ad ogni passo prima di avventurarsi a farneun <strong>al</strong>tro.«Che cos'ha?» chiese Lenina. I suoi occhi erano sp<strong>al</strong>ancati perl'orrore e lo stupore.«E' vecchio, quest'è quanto» rispose Bernardo con tutta l'indifferenzadi cui era capace. Anche lui era turbato; ma fece uno sforzo per nonapparire colpito.«Vecchio?» ripeté lei. «Ma anche il Direttore è vecchio, tante <strong>al</strong>trepersone son vecchie; ma non sono così.»«Perché non permettiamo loro di diventare così. Li preserviamo d<strong>al</strong>lem<strong>al</strong>attie. Manteniamo bilanciate artifici<strong>al</strong>mente le loro secrezioniinterne, nell'equilibrio della giovinezza. Non permettiamo che la lorodose di magnesio e di c<strong>al</strong>cio discenda <strong>al</strong> di sotto di ciò che era atrent'anni. Li sottoponiamo a trasfusioni di sangue giovane.Manteniamo il loro metabolismo frequentemente stimolato. Così,natur<strong>al</strong>mente, non hanno quest'aspetto. In parte» aggiunse «perché lamaggioranza d'essi muoiono molto tempo prima d'aver raggiunta l'età diquesto vecchio. La gioventù quasi intatta fino a sessant'anni, e poi,66


crack! la fine.»Ma Lenina non ascoltava. Osservava il vecchio. Lentamente, lentamente,egli scendeva. I suoi piedi toccarono il suolo. Egli si voltò. Nelleorbite profondamente incavate, i suoi occhi erano ancorastraordinariamente vivi. Si fissarono su di lei per un certo tempo,senza espressione, senza sorpresa, come se non ci fosse affatto. Poilentamente, con la schiena curva, il vecchio passò loro davantizoppicando e scomparve.«Ma è terribile» sussurrò Lenina. «E' spaventoso. Non avremmo dovutovenir qui.» Si tastò in tasca per trovare il "soma", ma solo peraccorgersi che, causa una dimenticanza senza precedenti, avev<strong>al</strong>asciato la bottiglietta <strong>al</strong>la locanda. Anche le tasche di Bernardoerano vuote.Pertanto Lenina dovette affrontare senza soccorsi gli orrori diM<strong>al</strong>pais. I qu<strong>al</strong>i si abbatterono su di lei in massa e rapidi. Lospettacolo di due giovani madri che <strong>al</strong>lattavano i loro bambini la fecearrossire e la costrinse a voltar via la faccia. Non aveva mai vistoin vita sua una cosa tanto indecente. E ciò che la rendeva peggioreera che, invece di ignorarla con tatto, Bernardo si mise a fare deicommenti aperti su questa rivoltante scena vivipara. Vergognoso, orache gli effetti del "soma" erano passati, della debolezza che avevamostrato quella mattina <strong>al</strong>la locanda, egli esagerava apposta perapparire forte ed eterodosso.«Che relazione meravigliosamente intima!» disse con animodeliberatamente oltraggioso. «E qu<strong>al</strong>e intensità di sentimento devegenerare! Sovente penso che forse abbiamo perduto qu<strong>al</strong>che cosa a nonaver avuto una madre. E forse anche voi avete perduto qu<strong>al</strong>che cosa anon essere madre, Lenina. Immaginatevi seduta là, con una creaturinavostra...»«Bernardo! Come potete...?» <strong>Il</strong> passaggio d'una vecchia con l'oft<strong>al</strong>miae un m<strong>al</strong>anno della pelle la distrasse d<strong>al</strong>la sua indignazione.«Andiamo via» supplicò. «Sono disgustata.»Ma proprio in questo momento la guida ricomparve, e facendo loro segnodi seguirlo li condusse lungo la stretta via tra le case. Girarono unangolo. Un cane morto giaceva sopra un mucchio di immondizie; unadonna gozzuta cercava i pidocchi nei capelli d'una ragazzetta. Laguida si fermò ai piedi d'una sc<strong>al</strong>a, <strong>al</strong>zò la mano perpendicolarmente,poi la mosse orizzont<strong>al</strong>mente in avanti. Essi eseguirono ciò ch'eglicomandava mutamente, si arrampicarono su per la sc<strong>al</strong>a e passarono laporta <strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e essa dava accesso, entrando in una stanza lunga estretta, piuttosto scura e piena di un tanfo di fumo, di grasso frittoe d'abiti vecchi non lavati da molto tempo. All'<strong>al</strong>tra estremità dellastanza c'era un'<strong>al</strong>tra porta attraverso la qu<strong>al</strong>e penetrava un raggio diluce, e insieme il rullare, assai forte e vicino, dei tamburi.Varcarono la soglia e si trovarono sopra una vasta terrazza. Sotto diloro, chiusa tra le <strong>al</strong>te case, c'era la piazza del villaggio,affollata d'indiani. Coperte di lana dai colori vivaci, piume tra ineri capelli, e lo scintillio delle turchesi, e le pelli scure madidedi sudore. Lenina si turò di <strong>nuovo</strong> il naso col fazzoletto. In unospazio libero nel centro della piazza si <strong>al</strong>zavano due piattaformecircolari di mattoni e d'argilla battuta; i tetti, evidentemente, dicamere sotterranee; infatti nel mezzo d'ogni piattaforma s'apriva una67


specie di boccaporto con una sc<strong>al</strong>a emergente d<strong>al</strong>le tenebresottostanti. Ne s<strong>al</strong>iva anche un suono di flauti sotterranei che siperdeva quasi completamente nel rumore persistente e implacabile deitamburi.A Lenina piacevano i tamburi. Chiudendo gli occhi, si abbandonò <strong>al</strong>loro sordo tuono incessante, lasciò ch'esso s'impadronisse sempre piùcompletamente della sua coscienza, così che in fine non esistette piùnulla <strong>al</strong> <strong>mondo</strong> <strong>al</strong>l'infuori di quell'unica profonda pulsazione sonora.Le rammentava, rassicurandola, i rumori sintetici del Servizio diSolidarietà e delle cerimonie della Giornata di Ford. 'Orgy-porgy'mormorò tra sé. I tamburi scandivano esattamente lo stesso ritmo.Scoppiò d'improvviso un'esplosione di canti spaventosi: centinaia divoci maschie che gridavano impetuosamente in un unisono duro emet<strong>al</strong>lico. Alcune note lunghe e silenzio, il tonante silenzio deitamburi; poi acuta, in uno squillante nitrito, la risposta delledonne. Poi di <strong>nuovo</strong> i tamburi; poi ancora una volta da parte degliuomini la profonda e selvaggia affermazione della loro virilità.Strano, certo. Strani il posto e la musica e gli abbigliamenti, comeerano strani i gozzi e le m<strong>al</strong>attie della pelle e i vecchi. Ma quanto<strong>al</strong>lo spettacolo, non sembrava che in esso vi fosse nulla di strano.«Mi ricorda il Canto in comune delle caste inferiori» disse Lenina aBernardo.Ma un po' più tardi le ricordò molto meno quell'innocente cerimonia.Poiché improvvisamente uscì come uno sciame, d<strong>al</strong>le camere circolaridel sottosuolo, una spaventevole banda di mostri. Orribilmentemascherati o dipinti sì da perdere ogni umana sembianza, avevanocominciato a b<strong>al</strong>lare una strana danza zoppicante attorno <strong>al</strong>la piazza;attorno, sempre attorno, cantando e girando, attorno, sempre attorno,ogni volta più in fretta; e i tamburi avevano modificato e acceleratoil loro ritmo, sì ch'esso era diventato simile <strong>al</strong> pulsare della febbrenelle orecchie; e la folla s'era messa a cantare coi danzatori, semprepiù forte; e prima una donna aveva urlato, e poi un'<strong>al</strong>tra e un'<strong>al</strong>traancora, come se le scannassero, e poi improvvisamente il capo deidanzatori uscì d<strong>al</strong> circolo, si lanciò su una grande cassa di legno chesi trovava ad un'estremità della piazza, sollevò il coperchio e netrasse una coppia di serpenti neri. Un urlo sorse d<strong>al</strong>la folla e tuttigli <strong>al</strong>tri b<strong>al</strong>lerini corsero verso di lui con le mani tese. Egli gettòi serpenti ai primi arrivati, poi affondò le mani nella cassa perprenderne degli <strong>al</strong>tri. Ancora e ancora, serpenti neri e bruni emaculati, tutti li trasse fuori. Quindi la danza ricominciò su unritmo differente. Ripresero a girare e rigirare in tondo, coi loroserpenti, serpentinamente, con un lieve movimento ondulatorio delleginocchia e delle anche. In tondo, in tondo. Poi il capo fece unsegn<strong>al</strong>e, e l'uno dopo l'<strong>al</strong>tro tutti i serpenti furono lanciati inmezzo <strong>al</strong>la piazza; un vecchio uscì d<strong>al</strong> sottosuolo e li asperse difarina di grano, e d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tro boccaporto uscì una donna che li spruzzòd'acqua da una brocca nera. Allora il vecchio <strong>al</strong>zò una mano e conimpressionante terribile simultaneità si fece un assoluto silenzio. Itamburi cessarono di rullare, pareva che la vita fosse giunta <strong>al</strong>la suafine. <strong>Il</strong> vecchio indicò i due boccaporti che davano accesso <strong>al</strong> <strong>mondo</strong>inferiore. E lentamente, inn<strong>al</strong>zate di sotto da mani invisibili,emersero da uno l'immagine dipinta d'un'aquila e d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tro quella68


d'un uomo nudo, inchiodato sopra una croce. Restarono là,apparentemente sostenute da sé stesse, come se osservassero. <strong>Il</strong>vecchio batté le mani. Nudo, con solo un panno bianco di cotoneintorno ai lombi, un ragazzo di diciott'anni <strong>al</strong>l'incirca uscì d<strong>al</strong>lafolla e stette davanti a lui, con le mani incrociate sul petto e ilcapo chino. <strong>Il</strong> vecchio fece su di lui il segno della croce e siritirò. Lentamente il ragazzo cominciò a girare attorno <strong>al</strong> mucchio diserpenti che si contorcevano. Aveva terminato il primo giro ed era ametà del secondo quando, di tra i b<strong>al</strong>lerini, un uomo <strong>al</strong>to che portav<strong>al</strong>a maschera di lupo delle praterie e teneva in mano una frusta dicuoio intrecciato mosse verso di lui. <strong>Il</strong> ragazzo continuava a marciarecome se fosse inconsapevole dell'esistenza dell'<strong>al</strong>tro. L'uomo-lupo<strong>al</strong>zò la frusta; ci fu una lunga pausa d'attesa, poi un movimentorapido, il sibilo della frusta e il colpo sordo e secco sulla carne.<strong>Il</strong> corpo del ragazzo sussultò; ma egli non emise nessun suono,continuò anzi a marciare col medesimo passo lento e regolare. <strong>Il</strong> lupocolpì ancora, ancora; e ad ogni colpo prima un sospiro poi un gemitoprofondo s'<strong>al</strong>zò d<strong>al</strong>la folla. <strong>Il</strong> ragazzo continuava a camminare. Due,tre, quattro volte compì il giro. <strong>Il</strong> sangue colava. Cinque volte ilgiro, sei volte il giro. Ad un tratto Lenina si coprì il viso con lemani e si mise a singhiozzare. «Oh! Fermateli, fermateli!» implorava.Ma la frusta scendeva, scendeva inesorabilmente. Sette volte il giro.A questo punto, improvvisamente il ragazzo barcollò e, sempre senza ungrido, precipitò con la testa in avanti. Chinandosi su di lui, ilvecchio gli toccò la schiena con una lunga penna bianca, la levò in<strong>al</strong>to per un momento, scarlatta, perché tutti la vedessero, poi lascosse tre volte sopra i serpenti. I danzatori si buttarono avanti,raccolsero i serpenti e lasciarono di corsa la piazza. Uomini, donne,bambini, tutta la folla si squagliò dietro loro. Un minuto dopo lapiazza era deserta, rimaneva soltanto il ragazzo, con la faccia controterra com'era caduto, assolutamente immobile. Tre vecchie uscirono, losollevarono con difficoltà e lo portarono dentro. L'aquila e l'uomo incroce restarono ancora un poco a montare la guardia sul "pueblo"deserto; poi, come se avessero visto abbastanza, si inabissaronolentamente, attraverso i loro boccaporti, fuori d<strong>al</strong>la vista, nel <strong>mondo</strong>sotterraneo.Lenina continuava a singhiozzare. «Troppo orribile!» ripeteva; e tuttele consolazioni di Bernardo furono vane. «Troppo orribile! Quelsangue!» Fremeva. «Oh, se avessi il mio "soma"!»Si udì un rumore di passi nella camera interna.Lenina non si mosse, ma restò col viso tra le mani, senza veder nulla,in disparte. Soltanto Bernardo si voltò.L'abbigliamento del giovane che in quel momento apparve sulla terrazzaera indiano; ma i suoi capelli intrecciati erano color della paglia, isuoi occhi d'un azzurro p<strong>al</strong>lido, e la sua pelle una pelle bianca,abbronzata.«Oh! Buongiorno» disse lo sconosciuto in un inglese corretto, maspeci<strong>al</strong>e. «Voi siete civilizzati, non è vero? Venite da quell'<strong>al</strong>tro<strong>mondo</strong>, fuori della Riserva?»«Che diamine...» cominciò Bernardo, stupito.<strong>Il</strong> giovane sospirò e scosse la testa: «Un uomo infelicissimo». Eindicando le macchie di sangue in mezzo <strong>al</strong>la piazza: «Vedete quella69


macchia m<strong>al</strong>edetta?» chiese con voce tremante d'emozione.«Un grammo v<strong>al</strong> meglio d'una m<strong>al</strong>edizione» disse Lenina meccanicamente,dietro il riparo delle sue mani. «Se avessi il mio "soma"!»«Io avrei dovuto essere là» riprese il giovane. «Perché non mi hannovoluto per il sacrificio? Avrei fatto il giro dieci volte, dodici,quindici. P<strong>al</strong>owhtiwa è arrivato soltanto fino a sette. Con meavrebbero potuto avere il doppio di sangue. I mari immensi color delsangue...» Stese le braccia in un largo gesto; poi, con disperazione,le lasciò ricadere. «Ma non hanno voluto permettermelo. Mi vedono dim<strong>al</strong>occhio a causa del colore della mia pelle. E' sempre stato così.Sempre.» Gli occhi del giovane si riempirono di lacrime; egli sivergognò e si voltò per andarsene.Lo stupore fece sì che Lenina scordasse la mancanza del "soma". Siscoprì il viso e per la prima volta guardò lo sconosciuto. «Voleteforse dire che "desiderate" d'esser colpito con quella frusta?»Sempre stornando lo sguardo da lei, il giovane fece un segnoaffermativo. «Per il bene del "pueblo"... per far cadere la pioggia ecrescere il grano. E per esser gradito a Poukong e a Gesù. E poi perdimostrare che sono capace di sopportare il dolore senza gridare. Sì»e la sua voce assunse improvvisamente un <strong>al</strong>tro tono, egli si voltò conun movimento orgoglioso delle sp<strong>al</strong>le, con un orgoglioso moto delmento, come di sfida a per mostrare che sono un uomo... Oh!» Diede unsospiro e tacque rimanendo a bocca aperta. Aveva visto, per la primavolta in vita sua, il viso d'una ragazza le cui guance non erano colordella cioccolata o della pelle di cane, i cui capelli erano castani econ l'ondulazione permanente, e la cui espressione (novitàsorprendente!) era di benevolo interesse. Lenina gli sorrideva; unsimpatico ragazzo, pensava, e di bellissimo aspetto. <strong>Il</strong> sangue affluì<strong>al</strong> viso del giovane; egli abbassò gli occhi, li <strong>al</strong>zò di <strong>nuovo</strong> unattimo soltanto per accorgersi che lei gli sorrideva sempre, e nerimase tanto emozionato che dovette voltarsi <strong>al</strong>trove e far mostra diguardare attentamente qu<strong>al</strong>che cosa che si trovava d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tra partedella piazza.Le domande di Bernardo crearono una diversione. Chi? Come? Quando? Dadove? Tenendo gli occhi fissi sul viso di Bernardo (poiché desideravacosì ardentemente di vedere Lenina sorridere che non osavaassolutamente guardarla), il giovane cercò di spiegarsi. Linda e lui -Linda era sua madre (questa parola mise Lenina a disagio) - eranostranieri nella Riserva. Linda era venuta da quell'<strong>al</strong>tra parte del<strong>mondo</strong> tanto tempo fa, prima ch'egli nascesse, con un uomo, il padredel giovane (Bernardo tese le orecchie). Era partita a piedi per unagita nelle montagne, lassù, a nord, era caduta in un burrone e s'eraferita <strong>al</strong>la testa ('Avanti, avanti' disse Bernardo eccitato). Deicacciatori di M<strong>al</strong>pais l'avevano trovata e l'avevano trasportata <strong>al</strong>"pueblo". Quanto <strong>al</strong>l'uomo ch'era padre del giovane, Linda non l'avevapiù riveduto. Si chiamava Tomakin. (Sicuro, Tommaso era il nome delDirettore.) Certo se n'era andato, era tornato <strong>al</strong> suo paese, senza dilei... un uomo m<strong>al</strong>vagio, crudele, snaturato.«Così io sono nato a M<strong>al</strong>pais» concluse. «A M<strong>al</strong>pais.» E scosse latesta.Squ<strong>al</strong>lore della piccola casa ai limiti del "pueblo"! Una distesa dipolvere e di sudiciume la separava d<strong>al</strong> villaggio. Due cani affamati70


frugavano oscenamente nelle immondizie davanti <strong>al</strong>la porta.All'interno, come vi penetrarono, la penombra era greve di cattiviodori e ronzante di mosche.«Linda!» chiamò il giovane.D<strong>al</strong> fondo dell'<strong>al</strong>tra stanza una voce femminile molto rauca rispose:«Vengo».Attesero. In certe scodelle sul pavimento c'erano i residui d'unpasto, forse di parecchi pasti. Una donna indiana, di fortecomplessione e bionda, varcò la soglia e ristette contemplando iforestieri, sb<strong>al</strong>ordita e incredula, a bocca aperta. Lenina notò condisgusto che le mancavano due denti davanti. E il colore di quelli chele restavano... Rabbrividì. Era peggio del vecchio. E come era grassa!E tutte quelle rughe sul volto, quelle carni flaccide, quelle pieghe.E quelle guance cascanti, con quei bitorzoli porporini. E le venerosse sul naso, gli occhi iniettati di sangue. E quel collo, quelcollo; e lo straccio che s'era messa in testa, a brandelli e lurido. Esotto la tunica bruna a forma di sacco, i seni enormi, la sporgenzadel ventre, le anche. Oh, molto peggio del vecchio, molto peggio! Eimprovvisamente la creatura esplose in un torrente di parole, siprecipitò verso di lei con le braccia aperte e - Ford! Ford! eratroppo rivoltante, un <strong>al</strong>tro momento e avrebbe avuto la nausea - lastrinse contro le sue prominenze, contro il suo seno, e si mise abaciarla. Ford! a baciarla, sbavando; e puzzava orribilmente, di bagninon ne prendeva certo mai uno, e sentiva di quello schifoso prodottoche si mette nelle fi<strong>al</strong>e dei Delta e degli Epsilon (no, non era verociò che si diceva di Bernardo), sentiva letter<strong>al</strong>mente di <strong>al</strong>cool. Se nediscostò con la maggior sollecitudine possibile.Un viso gonfio di lacrime e sconvolto le fu di contro; la creaturapiangeva.«Oh, mia cara, mia cara!» <strong>Il</strong> torrente di parole fluiva tra isinghiozzi. «Se sapeste come sono contenta, dopo tanti anni! Unafaccia civile. Sì, e degli abiti civili. Perché credevo veramente dinon rivedere mai più un pezzo di vera seta <strong>al</strong>l'acetato.» Toccò lamanica della camicetta di Lenina. Le sue unghie erano nere. «E questiadorabili c<strong>al</strong>zoncini di velluto di viscosa! Sapete, cara, io hotuttora i miei vecchi abiti, coi qu<strong>al</strong>i son venuta qui, messi in unbaule. Ve li farò vedere più tardi. Benché, si capisce, l'acetato siadiventato tutto un buco. Ma la bandoliera bianca è così bella,quantunque debba riconoscere che la vostra di marocchino verde è anchepiù bella. Non che mi sia servita a gran cosa questa bandoliera...» Lesue lacrime ripresero a scorrere. «Credo che John vi abbia raccontato.Quanto ho sofferto, e non un grammo di "soma" sottomano. Appena unasorsata di "mesc<strong>al</strong>" di tanto in tanto, quando Popé me ne portava. Popéera un ragazzo che io conoscevo. Ma si sta così m<strong>al</strong>e, dopo, pereffetto del "mesc<strong>al</strong>", e si perdono i sensi col "peyotl"; e poi ciòrendeva ancora più penosa l'indomani l'impressione che provavo dipaura e di angoscia. Io me ne vergognavo re<strong>al</strong>mente. Pensate: io, unaBeta... avere un bambino. Mettetevi <strong>al</strong> mio posto (la sola idea fecefremere Lenina). Quantunque non fosse colpa mia, lo giuro; perché ionon riesco ancora a capire come ciò sia avvenuto, dato che avevoeseguito tutti gli esercizi m<strong>al</strong>thusiani, sapete bene, contando uno,due, tre, quattro, sempre, lo giuro; ma, ad onta di tutto, la cosa71


avvenne; e natur<strong>al</strong>mente qui non esisteva nulla che rassomigliasse a unCentro di aborti. A proposito, c'è sempre laggiù a Chelsea?» domandò.Lenina fece un segno affermativo. «E sempre rischiarato dai proiettoriil martedì e il venerdì?» Lenina confermò di <strong>nuovo</strong>. «Quella bellissimatorre di vetro rosa!» La povera Linda <strong>al</strong>zò il viso e con gli occhichiusi estaticamente contemplò l'immagine splendente del ricordo. «Eil fiume di notte!» mormorò. Grosse lacrime filtrarono lentamente tr<strong>al</strong>e sue p<strong>al</strong>pebre chiuse. «E il ritorno in aeroplano la sera da StokePoges! E poi un bagno c<strong>al</strong>do e un vibro-massaggio elettrico... Maqui...» Aspirò profondamente il fiato, scosse la testa, riaprì gliocchi, soffiò una o due volte, poi si pulì il naso con le dita cheasciugò nel lembo della tunica. «Oh, scusate tanto» disse in risposta<strong>al</strong>l'involontaria smorfia di disgusto di Lenina. «Non avrei dovutofarlo. Mi dispiace. Ma come si fa quando non ci sono fazzoletti? Miricordo che un tempo m'ha fatto molto soffrire tutta questa sporciziae l'assoluta mancanza di asepsi. Avevo un taglio profondo <strong>al</strong>la testaquando mi condussero qui la prima volta. Non potete immaginare checosa ci mettevano. Del grasso, sicuro, del grasso. 'La civiltà èsterilizzazione' badavo a ripetere loro. 'Sul mio streptococco volatea Banbury-T a vedere il mio raffinato gabinetto da bagno e ilW.C.';... come se fossero dei bambini. Ma natur<strong>al</strong>mente essi noncomprendevano. Come l'avrebbero potuto? Alla fine, credo, ci fecil'abitudine. E poi come ci si può tenere puliti quando non ci sonoimpianti d'acqua c<strong>al</strong>da? Guardate questi vestiti. Questa lurida lananon è come l'acetato. Dura e stradura. E siete costretti a rattopparlaquando si strappa. Ma io sono una Beta; lavoravo nel Reparto diFecondazione; nessuno mi ha mai insegnato a fare <strong>al</strong>cunché di simile.Non era affar mio. D'<strong>al</strong>tra parte non è mai raccomandabile aggiustaredei vecchi vestiti. 'Buttateli via quando hanno degli strappi eacquistatene dei nuovi. 'Chi più cuce meno ha': è così, vero? <strong>Il</strong>rammendo è antisoci<strong>al</strong>e. Ma qui tutto è diverso. E' come se si vivessecon dei pazzi. Tutto ciò che essi fanno è roba da pazzi.» Si guardòattorno; vide che John e Bernardo le avevano lasciate ed erano andatia far quattro passi tra la polvere e le immondizie fuori della casa;ma, non restando d<strong>al</strong>l'abbassare la voce in tono confidenzi<strong>al</strong>e echinandosi (mentre Lenina s'irrigidiva e indietreggiava) così vicinoche il suo fiato puzzolente di veleno per gli embrioni muoveva icapelli sulla guancia della fanciulla, sussurrò rauca: «Per esempio,il modo con cui ci si prende l'un l'<strong>al</strong>tro, qui. Roba da pazzi, vidico, assolutamente roba da pazzi. Ciascuno appartiene a tutti gli<strong>al</strong>tri, non è vero? non è vero?» insisteva tirando Lenina per lamanica. Lenina voltò via di <strong>nuovo</strong> la testa, fece un segno affermativo,mandò fuori l'aria che aveva trattenuta e riuscì a inspirarnedell'<strong>al</strong>tra relativamente pura. «Ebbene, qui» riprese quella «nessunocrede di dover appartenere a più d'una persona. E se prendete qu<strong>al</strong>cunosecondo la maniera ordinaria, gli <strong>al</strong>tri vi trovano vizioso eantisoci<strong>al</strong>e. Vi odiano e vi disprezzano. Una volta un gruppo di donnesono venute da me a farmi una scenata perché i loro mariti venivano avedermi. Benissimo, perché no? Allora si sono precipitate su di me...No, fu troppo orribile. Non ve lo posso raccontare.» Linda si coperseil volto con le mani ed ebbe un fremito. «Come sono odiose le donnequi! Pazze, pazze e crudeli. E, bene inteso, non capiscono nulla degli72


esercizi m<strong>al</strong>thusiani, dei flaconi, del travasamento, e di <strong>al</strong>tre cosedel genere. Passano il loro tempo a fare dei figli, come le cagne. E'troppo ributtante... Quando penso che io... Oh, Ford, Ford, Ford! Etuttavia John mi è stato di grande conforto. Non so che cosa avreifatto senza di lui. Benché egli uscisse d<strong>al</strong>la grazia ogni volta che unuomo... Anche quando era ancora piccolo. Un giorno (ma era piùgrandicello <strong>al</strong>lora) cercò di fare la pelle <strong>al</strong> povero Waihusiwa - o eraPopé - semplicemente perché io t<strong>al</strong>volta lo ricevevo. Poiché non sonomai riuscita a fargli entrare in testa che è questo che deve fare lagente civile. La follia dev'essere contagiosa, scommetto: in ogni casosembra che John l'abbia presa dagli indiani. Infatti, natur<strong>al</strong>mente, liha frequentati molto, per quanto poi essi si siano sempre comportatim<strong>al</strong>e nei suoi riguardi e non gli abbiano mai permesso di fare tuttociò che facevano gli <strong>al</strong>tri ragazzi. Ciò da una parte era un bene,poiché mi facilitava il compito di condizionarlo un poco. Ma voi nonavete l'idea della difficoltà che questo presenta. Vi sono tante coseche uno non sa; e non era affar mio il sapere. Voglio dire, quando unragazzo vi domanda come funziona un elicottero o chi ha fatto il<strong>mondo</strong>, bene, cosa volete rispondere se siete un Beta e avete semprelavorato nel Reparto di Fecondazione, che cosa volete rispondere?»8.Fuori, tra la polvere e le immondizie (c'erano anche quattro caniadesso), Bernardo e John camminavano avanti e indietro.«E' così difficile per me rendermi conto» diceva Bernardo«ricostruire. Come se noi vivessimo su pianeti differenti, indifferenti secoli. Una madre, e tutto questo sudiciume, e poi deglidèi, l'età avanzata, la cattiva s<strong>al</strong>ute...» Scosse la testa. «E' quasiinconcepibile. Non arriverò mai a comprendere, a meno che voi non mispieghiate...»«Spiegare che cosa?»«Questo.» Indicò il "pueblo". «Quest'<strong>al</strong>tro.» Indicò la piccola casafuori del villaggio. «Tutto. Tutta la vostra vita.»«Ma cosa c'è da dire?»«Rifatevi d<strong>al</strong>l'inizio. D<strong>al</strong>l'epoca più lontana di cui potetericordarvi.»Ci fu un lungo silenzio.Faceva molto c<strong>al</strong>do. Avevano mangiato molte tortine di frumento e moltograno candito. Linda gli disse: 'Vieni a letto, piccolo'. Sicoricarono insieme nel grande letto. 'Canta.' E Linda cantò. 'Sullostreptococco andate a Banbury-T' e 'Buon viaggio, piccolo bambino,presto tu sarai travasato.' La sua voce si fece sempre più fioca.Ci fu un grande rumore, ed egli si svegliò di soprass<strong>al</strong>to. Un uomostava in piedi presso il letto, enorme, spaventoso. Diceva qu<strong>al</strong>checosa a Linda, e Linda rideva. Essa s'era tirata la coperta fin controil mento, ma l'uomo la strappò via. I suoi capelli sembravano duecorde nere, e attorno <strong>al</strong> braccio portava un bracci<strong>al</strong>etto d'argento condelle pietre azzurre. A lui, John, piaceva il bracci<strong>al</strong>etto; maciononostante aveva paura; nascose la faccia contro il corpo di Linda.73


Linda passò la mano su di lui, e così egli si sentì più sicuro. Con<strong>al</strong>tre parole che egli non comprendeva tanto bene, essa disse <strong>al</strong>l'uomo.'Non in presenza di John'. L'uomo lo guardò, poi si volse di <strong>nuovo</strong> aLinda e mormorò qu<strong>al</strong>che parola con voce dolce. Linda rispose di no. M<strong>al</strong>'uomo si chinò sul letto verso di lei, e la sua faccia era enorme,terribile; le corde nere dei suoi capelli toccavano la coperta. 'No'disse ancora Linda, ed egli sentì la mano di lei premerlo sempre piùforte. 'No, no!' Ma l'uomo lo prese per un braccio, e ciò gli fecem<strong>al</strong>e. Gridò. L'uomo <strong>al</strong>lungò l'<strong>al</strong>tra mano e lo sollevò. Linda lo tenevasempre e continuava a ripetere: 'No, no'. L'uomo disse qu<strong>al</strong>che cosa,rapido e corrucciato, e improvvisamente le mani di lei lo lasciarono.'Linda, Linda!' Egli sc<strong>al</strong>ciò, si divincolò; ma l'uomo lo portòattraverso la camera sino <strong>al</strong>l'uscio, che aperse, lo depose sulpavimento chiudendosi l'uscio <strong>al</strong>le sp<strong>al</strong>le. Egli si <strong>al</strong>zò e corse<strong>al</strong>l'uscio. Sollevandosi sulla punta dei piedi egli poteva giustoraggiungere il grosso p<strong>al</strong>etto di legno. Lo <strong>al</strong>zò e spinse; ma l'uscionon voleva aprirsi. 'Linda!' gridò. Essa non rispose.Si ricordava d'un vasto stanzone, piuttosto oscuro; dentro c'eranodelle grandi macchine di legno con dei fili attaccati, e schiere didonne in piedi attorno ad esse, a tessere delle coperte, diceva Linda.Linda gli ordinò di sedere in un angolo insieme con gli <strong>al</strong>tri ragazzi,mentre essa andava ad aiutare le donne. Egli giocò a lungo coi piccolicompagni. Improvvisamente la gente si mise a parlare forte, ed eccoche le donne respingevano Linda, e Linda piangeva. Essa giunse <strong>al</strong>laporta, e lui le corse appresso. Le domandò perché coloro erano montatein collera. 'So assai io del loro lurido tessuto!' diceva. 'Besti<strong>al</strong>iselvaggi.' Le domandò cosa voleva dire selvaggi. Intanto erano giuntia casa, dove trovarono Popé che aspettava sulla porta ed entrò conloro. Portava una capace zucca piena d'un liquido che somigliava<strong>al</strong>l'acqua; però non era acqua, ma qu<strong>al</strong>che cosa di puzzolente che vibruciava la bocca e vi costringeva a tossire. Linda ne bevette e Popéne bevette e <strong>al</strong>lora Linda rise parecchio e parlò ad <strong>al</strong>ta voce; e poilei e Popé se ne andarono nell'<strong>al</strong>tra stanza. Linda era a letto e cosìprofondamente addormentata che non poté svegliarla.Popé veniva spesso. Diceva che il liquido che si trovava nella zuccasi chiamava "mesc<strong>al</strong>"; ma Linda ribatteva che avrebbe dovuto chiamarsi"soma"; soltanto che, dopo, vi faceva star m<strong>al</strong>e. Egli odiava Popé. Liodiava tutti, tutti gli uomini che venivano a vedere Linda. Unpomeriggio che aveva giocato con gli <strong>al</strong>tri ragazzi - faceva freddo,rammentava, e c'era la neve sulle montagne - rientrò in casa e sentìdelle voci <strong>al</strong>terate nella camera da letto. Erano voci di donne, edicevano delle parole ch'egli non comprendeva; ma sapeva che eranoparole brutte. Poi, improvvisamente, ciach! qu<strong>al</strong>che cosa si rovesciò;sentì della gente che si muoveva rapidamente, poi ci fu un <strong>al</strong>trociach! e poi un rumore come quando si frusta un mulo, però non cosìsecco; poi Linda che urlava: 'Oh, no, no, no!'. Egli entrò. C'eranotre donne avvolte in coperte scure. Linda stava sul letto. Una delledonne le stringeva i polsi. Un'<strong>al</strong>tra era distesa attraverso le suegambe in modo che non potesse tirar c<strong>al</strong>ci. La terza la colpiva con unostaffile. Una, due, tre volte; ogni volta Linda urlava. Piangendo,egli tirò con forza la frangia della coperta della donna. 'Ve neprego, ve ne prego.' Con la mano libera quella lo tenne a distanza. Lo74


staffile scese di <strong>nuovo</strong>, e di <strong>nuovo</strong> Linda urlò. Egli afferrò e strinsenelle sue l'enorme mano bruna della donna e la morsicò con tutta lasua forza. La donna urlò a sua volta, liberò la mano con uno strattonee gli diede una t<strong>al</strong>e spinta ch'egli cadde. Mentre giaceva disteso perterra, la donna lo colpì tre volte con lo staffile. Questo gli fecepiù m<strong>al</strong>e d'ogni <strong>al</strong>tra cosa provata precedentemente, come se fossefuoco. Lo staffile sibilò di <strong>nuovo</strong>, discese. Ma questa volta fu Lindaa gridare.'Ma perché volevano farti m<strong>al</strong>e, Linda?' domandò lui quella sera.Piangeva perché i segni rossi dello staffile sulla schiena lo facevanoancora soffrire terribilmente. Ma piangeva anche perché tutti erancosì cattivi e ingiusti e perché egli era soltanto un ragazzo e nonpoteva nulla contro di loro. Anche Linda piangeva. Era adulta, lei, manon abbastanza grande per lottare contro quelle tre. Anche per lei nonera giusto. 'Perché volevano farti m<strong>al</strong>e, Linda?''Non lo so. Come potrei saperlo?' Era difficile sentire ciò che dicevaperché stava coricata bocconi con la faccia contro il cuscino. 'Diconoche quegli uomini sono i loro uomini' riprese; e non sembrava affattoche parlasse a lui; sembrava parlare a qu<strong>al</strong>cuno che fosse dentro dilei. Un lungo discorso del qu<strong>al</strong>e egli non capì nulla; e <strong>al</strong>la fine essasi mise a piangere più forte di prima.'Oh! non piangere, Linda. Non piangere.'Si avviticchiò a lei. Le passò il braccio attorno <strong>al</strong> collo. Lindagettò un grido: 'Oh! attento. La mia sp<strong>al</strong>la! Oh!' e lo respinsebrut<strong>al</strong>mente. La sua testa batté contro il muro. 'Piccolo idiota!'esclamò; e poi, improvvisamente, cominciò a percuoterlo. Pinf, panf...'Linda!' gridava lui. 'Oh! mamma, no!''Io non sono tua madre. Non voglio essere tua madre.''Ma Linda... Oh!' Lo colpì <strong>al</strong>la guancia.'Trasformata in una selvaggia' diceva ella. 'Avere dei piccoli, comeun anim<strong>al</strong>e... Se non fosse stato per te, sarei potuta andared<strong>al</strong>l'Ispettore, sarei potuta partire. Ma non con un bambino. Sarebbestata una cosa troppo vergognosa.'Capì che stava per batterlo di <strong>nuovo</strong> e <strong>al</strong>zò il braccio per proteggersila faccia. 'Oh! no, Linda, no, te ne prego.''Piccola bestia!' Gli abbassò il braccio, la sua faccia rimasescoperta.'No, Linda.' Egli chiuse gli occhi aspettando lo schiaffo. Ma ella nonlo colpì. Dopo un istante, riaprì gli occhi e vide che lei loguardava. Tentò di sorridere. Improvvisamente, Linda lo circondò conle sue braccia e si mise a baciarlo furiosamente.Qu<strong>al</strong>che volta, per parecchi giorni, Linda non si <strong>al</strong>zava neppure.Rimaneva a letto ed era triste. Oppure beveva il liquido che Popéportava, faceva delle matte risate e si buttava a dormire. T<strong>al</strong>voltaanche si sentiva m<strong>al</strong>e. Spesso si scordava di <strong>al</strong>zarsi, e non c'eranulla da mangiare <strong>al</strong>l'infuori delle tortine fredde. Egli si rammentavadella prima volta che Linda aveva trovato quei piccoli anim<strong>al</strong>etti neisuoi capelli, come gridava, come gridava!I momenti più felici erano quando lei gli parlava di quell'<strong>al</strong>tro<strong>mondo</strong>: 'E si può davvero girare volando, quando se ne ha voglia?'75


'Quando se ne ha voglia.' E lei gli parlava della musica soave cheesce da una cassetta e di tutti i giochi piacevoli ai qu<strong>al</strong>i si puògiocare, e delle cose deliziose da mangiare e da bere, e della luceche si fa quando si preme un piccolo bottone nel muro, e delleimmagini che è possibile capire, sentire e toccare così come sivedono, e d'un'<strong>al</strong>tra cassetta che produce i buoni odori, e delle caserosa, verdi, azzurre, argentee, <strong>al</strong>te come montagne; e tutti eranofelici, e nessuno era mai triste o adirato, e ciascuno apparteneva atutti gli <strong>al</strong>tri, e delle cassette in cui si poteva vedere e sentireciò che succede d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tra parte del <strong>mondo</strong>, e dei bambini chiusi ingraziosi nitidi flaconi - tutto era nitido, niente cattivi odori,niente sporcizia - e la gente non si sentiva mai sola, ma tuttivivevano insieme <strong>al</strong>legri e felici come durante le danze estive lì aM<strong>al</strong>pais, ma molto più felici, e la felicità c'era ogni giorno, ognigiorno... Egli ascoltava per delle ore. E t<strong>al</strong>volta, quando lui e gli<strong>al</strong>tri ragazzi erano stanchi d'aver giocato troppo, uno dei vecchi del"pueblo" parlava loro, con <strong>al</strong>tre parole, del grande Trasformatore delMondo, e della lunga lotta tra la Mano Destra e la Mano Sinistra, tr<strong>al</strong>'Umido e il Secco; di Awonawilona, il qu<strong>al</strong>e una notte, pensando,produsse uno spesso nebbione, e da questa nebbia creò poi il <strong>mondo</strong>;della Madre Terra e del Padre Cielo; di Ahaiyuta e Marsailema, igemelli della Guerra e del Caso; di Gesù e di Poukong; di Maria e diEtsanatlehi, la donna che ritorna giovane; della Pietra Nera di Lagunae della Grande Aquila e di Nostra Signora di Acoma. Strane storie, epiù meravigliose per lui in quanto erano raccontate con queste <strong>al</strong>treparole e pertanto non completamente comprese. Disteso nel suo letto,egli pensava <strong>al</strong> cielo e a Londra e a Nostra Signora di Acoma e <strong>al</strong>lefile e file di bambini in nitidi flaconi e a Gesù trasvolante e aLinda pure trasvolante e <strong>al</strong> grande Direttore delle IncubatriciMondi<strong>al</strong>i e ad Awonawilona.Molti uomini venivano a vedere Linda. I monelli cominciavano asegnarla a dito. Con <strong>al</strong>tre parole strane, essi dicevano che Linda eracattiva; le davano dei nomi che egli non comprendeva, ma che sapevaessere brutti nomi. Un giorno essi cantarono e ricantarono più volteuna canzone su di lei. Egli scagliò loro delle pietre. Quelli nonrimasero con le mani in mano. Una pietra appuntita gli tagliò unaguancia. <strong>Il</strong> sangue non voleva fermarsi; egli in breve ne fu tuttocoperto.Linda gli insegnò a leggere. Con un pezzo di carbone disegnava delleimmagini sul muro, un anim<strong>al</strong>e seduto, un bambino in un flacone; poiscriveva le lettere. '<strong>Il</strong> gatto è sullo stuoino. Bebé è nel vaso.' Egliimparava presto e facilmente. Quando seppe leggere tutte le parole chelei scriveva sul muro, Linda aperse il suo baule di legno e, di sottoquei bizzarri c<strong>al</strong>zoncini rossi che non portava mai, trasse uno smilzolibretto. Egli l'aveva già visto <strong>al</strong>tre volte. 'Quando sarai piùgrande' Linda aveva detto 'potrai leggerlo.' Adesso egli eraabbastanza grande. Ne fu fiero. 'Ho paura che tu non lo trovi moltoeccitante' disse Linda. 'Ma è tutto ciò che ho.' Sospirò. 'Oh! se tupotessi vedere le belle macchine da leggere che abbiamo a Londra!'Egli continuò a leggere. <strong>Il</strong> condizionamento chimico e batteriologico76


dell'embrione. Istruzioni pratiche per i lavoratori Beta dei Depositid'embrioni. Gli fu necessario un quarto d'ora soltanto per leggere iltitolo. Gettò il libro sul pavimento. 'Stupido libro' disse, e si misea piangere.I monelli cantavano sempre la loro orribile canzone su Linda.T<strong>al</strong>volta, inoltre, si burlavano di lui perché era così stracciato.Quando strappava i vestiti, Linda non sapeva rammendarli. Inquell'<strong>al</strong>tro <strong>mondo</strong>, gli diceva, la gente buttava via gli abiti logori ese ne comperava degli <strong>al</strong>tri. 'Straccione, straccione!' gli gridavano imonelli. 'Ma io so leggere' diceva a se stesso 'ed essi no. Essi nonsanno nemmeno che cosa significhi leggere.' Era abbastanza facile, perpoco ch'egli concentrasse il suo pensiero sul leggere, fingere che lacosa non lo riguardasse quando quelli si prendevano gioco di lui.Pregò Linda di dargli di <strong>nuovo</strong> il libro.Più i ragazzi lo segnavano a dito e cantavano, più egli leggeva.Presto fu in grado di leggere benissimo tutte le parole. Anche le piùlunghe. Ma cosa significavano? Ne chiese a Linda, ma quand'anche leifosse stata capace di rispondere, ciò non avrebbe reso le cose piùchiare. E gener<strong>al</strong>mente lei non era affatto capace.'Che cosa sono i prodotti chimici?' domandava lui.'Oh! delle cose come s<strong>al</strong>i di magnesio, e l'<strong>al</strong>cool per mantenere iDelta e gli Epsilon piccoli e ritardati, e il carbonato di c<strong>al</strong>cio perle ossa, e tutta questa sorta di cose.''Ma come li fabbricano i prodotti chimici, Linda? Donde provengono?''Mah! Io non lo so. Si prendono nelle bottiglie. E quando le bottigliesono vuote, si manda a cercarne delle <strong>al</strong>tre su nel Deposito chimico.Sono quelli del Deposito chimico che li fabbricano, credo. Oppure limandano a prendere <strong>al</strong>lo Stabilimento. Non lo so. Non mi sono maioccupata di chimica. <strong>Il</strong> mio lavoro è stato sempre attorno agliembrioni.'Lo stesso era di tutte le <strong>al</strong>tre cose sulle qu<strong>al</strong>i egli l'interrogava:Linda sembrava non saperne mai nulla. <strong>Il</strong> vecchio del "pueblo" avevadelle risposte assai più precise.'La semenza dell'uomo e di tutte le creature, la semenza del sole e lasemenza della terra e la semenza del cielo, Awonawilona le ha createtutte, a partire d<strong>al</strong>la Nebbia dell'Accrescimento. Ora il <strong>mondo</strong> haquattro matrici; ed egli depose le semenze nella più bassa dellequattro matrici. E gradu<strong>al</strong>mente le semenze cominciarono asvilupparsi...'Un giorno (John c<strong>al</strong>colò più tardi che doveva essere poco tempo dopo ilsuo dodicesimo compleanno) egli rientrò in casa e trovò giacente sulpavimento in camera da letto un libro che non aveva mai visto prima.Era un grosso libro che sembrava molto antico. La rilegatura era statadivorata dai sorci, t<strong>al</strong>une pagine staccate e m<strong>al</strong>ridotte. Egli loraccolse, guardò il frontespizio; il libro era intitolato "Operecomplete di William Shakespeare".Linda s'era buttata sul letto e sorseggiava da una ciotolaquell'orribile e puzzolente "mesc<strong>al</strong>".'Popé l'ha portato' disse. La sua voce era spessa e rauca come la vocedi qu<strong>al</strong>cun <strong>al</strong>tro. 'Era in uno stipo della camera sotterranea di77


iunione della Kiva degli Indii Antilopi. Si crede che ci sia da<strong>al</strong>cune centinaia d'anni. Dev'essere vero, perché io l'ho guardato e misembra pieno di stupidaggini. Privo di civiltà. Ad ogni modo, saràsempre abbastanza buono per esercitarsi a leggere.' Ingollò un'<strong>al</strong>trasorsata, pose la ciotola sul pavimento accanto <strong>al</strong> letto, si voltòd<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tra parte, fece un paio di rutti e s'addormentò.Egli aperse il libro a caso."No, ma viverenei piaceri impudichi d'un letto insozzato,crogiolandosi nella corruzione, prodigando dolci amorosi bacisopra una bocca impura..."Le strane parole gli rimb<strong>al</strong>zarono attraverso lo spirito, vi rombaronocome un tuono parlante; come i tamburi delle danze estive, se itamburi avessero potuto parlare; come gli uomini che cantano laCanzone del Grano, bella, bella da farvi piangere; come il vecchioMitsima quando pronuncia le formule magiche sulle sue piume e i suoibastoni intagliati e i suoi frammenti d'osso e di pietra - "Kiathlatsilu silokwe silokwe silokwe. Kiai silu silu, tsithl" - ma megliodelle formule magiche di Mitsima, perché erano più significative,perché parlavano a lui; parlavano meravigliosamente e solo a metàcomprensibili, in formule terribilmente belle, di Linda; di Lindacoricata e ronfante, con la ciotola vuota sul pavimento accanto <strong>al</strong>letto; di Linda e di Popé, di Linda e di Popé.Egli odiava Popé sempre più. Un uomo può sorridere e risorridere edessere uno scellerato. Senza rimorsi, traditore, svergognato,scellerato, detestabile. Cosa significavano esattamente queste parole?Lo sapeva soltanto a metà. Ma la loro suggestione era potente econtinuava a rumoreggiare nella sua testa, e fu, senza che sapesse inqu<strong>al</strong> modo, come se re<strong>al</strong>mente non avesse già prima odiato, perché nonaveva mai potuto dire sino a qu<strong>al</strong> punto lo odiava. Ma ora aveva questeparole, queste parole ch'erano simili a tamburi, a canti e a formulemagiche. Queste parole, e la strana, strana storia d<strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e eranostate tratte (essa non aveva per lui né coda né testa, ma era tuttaviameravigliosa, meravigliosa), gli offrivano una ragione per odiarePopé; esse rendevano il suo odio più re<strong>al</strong>e; rendevano Popé medesimopiù re<strong>al</strong>e.Un giorno, mentre rientrava dopo aver giocato, la porta della cameradi fondo era aperta, ed egli li vide tutti e due coricati sul letto,addormentati: Linda bianca e Popé quasi nero accanto a lei, con unbraccio passato sotto le sue sp<strong>al</strong>le e l'<strong>al</strong>tra mano bruna posata sulsuo seno, e una treccia dei lunghi capelli dell'uomo, distesaattraverso il petto di lei come un serpente nero che tentasse distrangolarla. La zucca di Popé giaceva come una tazza sul pavimentovicino <strong>al</strong> letto. Linda russava.Fu come se il suo cuore fosse sparito e avesse lasciato una voragine.Egli era vuoto. Vuoto e freddo e quasi m<strong>al</strong>ato e stordito. S'appoggiò<strong>al</strong> muro per non cadere. Senza rimorsi, traditore, svergognato... Comei tamburi, come gli uomini che cantavano <strong>al</strong>la Festa del Grano, come leformule magiche, le parole si ripetevano nella sua testa. Dopo la78


sensazione di freddo, ebbe improvvisamente c<strong>al</strong>do. Le sue guancebruciavano sotto l'afflusso del sangue, la camera girava e si oscuravadavanti ai suoi occhi. Strinse i denti. 'Lo ucciderò, lo ucciderò, loucciderò' egli ripeteva. E di colpo <strong>al</strong>tre parole ancora vennero."Quando egli dormirà ubriaco, o nella sua rabbia,o nel piacere incestuoso del suo letto..."Le formule magiche erano d<strong>al</strong>la sua parte, le formule magichespiegavano e davano degli ordini. Uscì e tornò nella prima stanza.'Quando egli dormirà ubriaco...' <strong>Il</strong> coltello della carne era lì sulpavimento accanto <strong>al</strong> focolare. Lo raccolse e sulla punta dei piedi siavvicinò <strong>al</strong>l'uscio. 'Quando egli dormirà ubriaco...' Di corsaattraversò la stanza e colpì - oh! il sangue - colpì di <strong>nuovo</strong> mentrePopé si scuoteva di dosso il sonno, <strong>al</strong>zò la mano per colpire ancora,ma si sentì afferrare e - oh, oh! - torcere il pugno.Non poteva più muoversi, era preso in trappola, e c'erano i piccoliocchi neri di Popé, vicinissimi, fissi nei suoi. Distolse lo sguardo.Due tagli si vedevano nella sp<strong>al</strong>la sinistra di Popé. 'Oh! guarda ilsangue!' gridava Linda. 'Guarda il sangue!' Essa non aveva mai potutosopportare la vista del sangue. Popé <strong>al</strong>zò l'<strong>al</strong>tra mano: per colpirlo,pensava John. Si irrigidì per ricevere il colpo. Ma la mano lo presesoltanto sotto il mento e gli voltò la faccia, così che egli fu di<strong>nuovo</strong> costretto a fissare negli occhi Popé. Per lungo tempo per ore eore. E improvvisamente - egli non poté impedirselo - si mise apiangere. Popé invece scoppiò in una risata. 'Va'' disse conquell'<strong>al</strong>tre parole indiane. 'Va' mio bravo Ahaiyuta.' Egli corse vianell'<strong>al</strong>tra stanza per nascondere le lacrime.'Tu hai quindici anni' disse il vecchio Mitsima in indiano. 'Ormaiposso insegnarti a lavorare l'argilla.'Accosciati presso il fiume, lavorarono insieme.'Per prima cosa' disse Mitsima prendendo con le mani un bloccod'argilla umettata 'facciamo una piccola luna.'<strong>Il</strong> vecchio schiacciò il blocco e ne fece un disco, poi ne curvò ibordi; la luna divenne un vaso concavo.Lento e m<strong>al</strong>destro egli imitava i gesti delicati del vecchio.'Una luna, un vaso e adesso un serpente.' Mitsima arrotolò un <strong>al</strong>troframmento d'argilla facendone un lungo cilindro flessibile, lo curvòin un cerchio e l'appoggiò sul bordo della ciotola. Poi ancora unserpente. Ancora uno. Ancora uno. Cerchio su cerchio Mitsima lavorò aifianchi del vaso; questo era stretto, poi si gonfiò, e si restrinse di<strong>nuovo</strong> verso il collo. Mitsima schiacciò e batté, lisciò e raschiò efin<strong>al</strong>mente la cosa si definì in forma d'un recipiente d'acquafamiliare di M<strong>al</strong>pais, ma d'un bianco cremoso invece che nero e ancoramolle a toccarlo. Parodia deforme di quello di Mitsima, il suo siergeva lì presso. Guardando i due recipienti, egli fu costretto aridere.'Ma il prossimo sarà migliore' disse: e si mise a umettare un <strong>al</strong>troblocco d'argilla.Modellare, dare la forma, sentire le proprie dita acquisire agilità epotere: ciò gli dava un piacere straordinario. 'A, B, C, Vitamina D'79


egli cantarellava tra sé lavorando. 'Lo iodio è nel fegato, ilmerluzzo è nel mare.' E anche Mitsima cantava: una canzonesull'uccisione di un orso.Lavorarono tutto il giorno, e per tutto il giorno egli fu pieno d'unaintensa, assorbente felicità.'Quest'inverno' disse il vecchio Mitsima 'ti insegnerò a maneggiarel'arco.'Rimase a lungo ritto davanti <strong>al</strong>la casa; e fin<strong>al</strong>mente le cerimonie<strong>al</strong>l'interno finirono. La porta si aperse; essi uscirono. Kothlu venivaper primo, con la mano destra rivoltata e ben chiusa come se dentro vifosse qu<strong>al</strong>che prezioso gioiello. Con la mano tesa e ugu<strong>al</strong>menteserrata, Kiakimé lo seguiva. Camminavano in silenzio, e in silenzio,dietro di loro, venivano i fratelli, le sorelle, i cugini e tutta laturba dei vecchi.Uscirono d<strong>al</strong> "pueblo", attraverso la mesa. Al bordo dello strapiombosi fermarono, di fronte <strong>al</strong> giovane sole levante. Kothlu aperse lamano. Una manciata di farina di frumento si stendeva bianca sulla suap<strong>al</strong>ma; egli vi soffiò sopra, mormorò poche parole poi la lanciò, pugnodi polvere bianca, verso il sole. Kiakimé fece lo stesso. Allora ilpadre di Kiakimé s'avanzò e, brandendo un bastone ritu<strong>al</strong>e ornato dipiume, pronunciò una lunga preghiera, e poi lanciò il bastone dietrola farina di frumento.'E' fatto' disse il vecchio Mitsima ad <strong>al</strong>ta voce. 'Sono maritati.''Bene' disse Linda mentre ritornavano 'tutto ciò che posso dire è chesembra facciano un gran can-can per assai poca cosa. Nei paesi civili,quando un giovanotto vuol avere una ragazza, egli appunto... Ma dovevai, John?'Egli non prestò attenzione <strong>al</strong> suo richiamo, ma corse via, via, via,non importa dove, pur di esser solo.Era fatto. Le parole del vecchio Mitsima si ripetevano nel suospirito. Fatto, fatto.In silenzio, e da molto lontano, ma violentemente, disperatamente,senza speranza, egli aveva amato Kiakimé. Ed ora era finito. Egliaveva sedici anni.Quando fu la luna piena, nella Kiva degli Indii Antilopi, dei segretistavano per esser detti, dei segreti stavano per essere compiuti esostenuti. Sarebbero discesi nella Kiva ancora ragazzi e ne sarebberousciti uomini. I ragazzi erano pieni di timore e nello stesso tempoimpazienti... Fin<strong>al</strong>mente il gran giorno giunse. <strong>Il</strong> sole si coricò, l<strong>al</strong>una sorse. Egli si recò con gli <strong>al</strong>tri. Degli uomini si tenevanoritti, con aria misteriosa, presso l'ingresso della Kiva; la sc<strong>al</strong>as'ingolfava nelle profondità dai rossi riflessi. Già i ragazzicapofila avevano cominciato a discendere. Improvvisamente uno degliuomini si fece avanti, l'afferrò per un braccio e lo trasse fuoridella fila. Egli gli sfuggì e scivolò <strong>al</strong> suo posto, tra gli <strong>al</strong>tri.Stavolta l'uomo lo batté, gli tirò i capelli: 'Non per te, pelobianco!'. 'Non per il figlio della cagna' disse un <strong>al</strong>tro uomo. Iragazzi risero. 'Vattene!' gridarono di <strong>nuovo</strong> gli uomini. Uno di essisi chinò, raccattò una pietra e la scagliò. 'Vattene, vattene,vattene!' Ci fu una grandine di pietre. Sanguinando egli fuggì nelle80


tenebre. D<strong>al</strong>la Kiva illuminata di rosso veniva un clamore di canti.L'ultimo ragazzo era arrivato in fondo <strong>al</strong>la sc<strong>al</strong>a. John eracompletamente solo.Completamente solo, fuori d<strong>al</strong> "pueblo", sul nudo pianoro della mesa.La roccia era simile a ossame c<strong>al</strong>cinato sotto la luce lunare. Giùnella v<strong>al</strong>le i lupi delle praterie latravano <strong>al</strong>la luna. Le contusionigli dolevano, le ferite sanguinavano ancora; non era tuttavia per ildolore ch'egli singhiozzava, ma perché era completamente solo, perchéera stato cacciato, tutto solo, in questo <strong>mondo</strong> sepolcr<strong>al</strong>e di rocce edi luce lunare. All'orlo dell'abisso sedette. La luna stava dietro <strong>al</strong>ui; egli guardò nell'ombra nera della mesa, nell'ombra nera dellamorte. Aveva soltanto da fare un passo, un piccolo s<strong>al</strong>to... Stese lamano destra verso il chiaro di luna. D<strong>al</strong>la ferita <strong>al</strong> polso il sanguestillava ancora. A interv<strong>al</strong>li di qu<strong>al</strong>che secondo una goccia cadeva,scura, quasi senza colore nella morta luce. Una goccia, una goccia,una goccia. Domani e domani e domani...Egli aveva scoperto il Tempo, la Morte e Dio.«Solo, sempre solo» diceva il giovane. Queste parole risvegliaronoun'eco dolorosa nello spirito di Bernardo. Solo, solo...«Anch'io» disse in uno slancio di confidenza. «Terribilmente solo.»«Anche voi?» John lo guardava sorpreso. «Io credevo che nel vostro<strong>mondo</strong>... Voglio dire, Linda afferma sempre che laggiù nessuno era maisolo.»Bernardo arrossì imbarazzato:«Vedete» disse imbrogliandosi e voltando via gli occhi «io sono un po'diverso d<strong>al</strong>la maggioranza, se non erro. Se uno si trova ad esser statotravasato differentemente...»«Già, ecco» il giovane fece un cenno di approvazione. «Se uno èdiverso, è fat<strong>al</strong>e che sia solo. Si è trattati in modo besti<strong>al</strong>e. Sapeteche mi hanno sempre assolutamente escluso da ogni cosa? Quando gli<strong>al</strong>tri ragazzi andavano a passare la notte sulle montagne - sapete,quando si deve sognare qu<strong>al</strong> è il vostro anim<strong>al</strong>e sacro - non hanno maivoluto concedermi d'andare con loro; non hanno mai voluto dirmi nessunsegreto. Tuttavia io l'ho fatto da solo» soggiunse. «Sono rimastosenza mangiare per cinque giorni, e poi una notte me ne sono andato dasolo sulle montagne, lassù.» Indicò con un dito.Bernardo sorrise con indulgenza. «E avete sognato qu<strong>al</strong>che cosa?»domandò.L'<strong>al</strong>tro fece cenno di sì. «Ma non posso dirvelo.» Rimase silenzioso unpoco; poi riprese a bassa voce: «Una volta ho fatto una cosa che gli<strong>al</strong>tri non avevano mai fatta, sono rimasto in piedi ritto contro unaroccia, nel bel mezzo del giorno d'estate, con le braccia distese,come Gesù sulla croce».«Perché, diamine?»«Volevo sapere ciò che vuol dire essere crocefisso. Sospeso là sottoil sole...»«Ma perché?»«Perché? Eh...» Esitava. «Perché sentivo di doverlo fare. Se Gesù hapotuto sopportarlo... E poi, se uno ha fatto qu<strong>al</strong>che cosa di m<strong>al</strong>e... Epoi, ero infelice; questa era un'<strong>al</strong>tra ragione.»«Mi sembra una strana maniera di guarire la vostra infelicità» disse81


Bernardo. Ma una successiva riflessione lo persuase che, dopo tutto,ciò poteva avere anche un senso. Più che prendere del "soma"...«Sono svenuto dopo un certo tempo» continuò il giovane. «Sono cadutobocconi. Vedete il segno dove mi sono ferito?» Sollevò lo spessociuffo gi<strong>al</strong>lo sulla fronte. La cicatrice era visibile, p<strong>al</strong>lida eincrespata, sulla tempia destra.Bernardo guardò, poi bruscamente, con un piccolo brivido, distolse gliocchi. <strong>Il</strong> suo condizionamento lo aveva reso non tanto disposto <strong>al</strong>lapietà quanto esageratamente delicato. La semplice <strong>al</strong>lusione <strong>al</strong>lem<strong>al</strong>attie o <strong>al</strong>le ferite era per lui non soltanto orripilante, ma ancheripugnante e piuttosto disgustosa. Come la sporcizia o la deformità ola vecchiaia. Si affrettò a cambiar discorso.«Vorrei sapere se vi piacerebbe ritornare a Londra con noi» domandòeffettuando la prima mossa di una campagna della qu<strong>al</strong>e avevacominciato a elaborare in segreto il piano strategico d<strong>al</strong> momento incui, nella piccola casa, aveva intuito chi doveva essere il 'padre'del giovane selvaggio. «Vi piacerebbe?»<strong>Il</strong> volto del giovane s'illuminò: «Parlate sul serio?».«Certo; se posso ottenere il permesso, natur<strong>al</strong>mente.»«Anche Linda?»«Già...» Esitò incerto. Quella creatura ripugnante! No, eraimpossibile. A meno che, a meno che... Venne in mente d'improvviso aBernardo che il fatto stesso che colei fosse sì ripugnante, costituivauna carta formidabile. «Ma certo!» gridò, compensando le esitazioni diprima con un eccesso di cordi<strong>al</strong>ità rumorosa.<strong>Il</strong> giovane sospirò profondamente. «Pensare che ciò si re<strong>al</strong>izza... ciòdi cui ho sognato tutta la mia vita. Vi ricordate ciò che disseMiranda?»«Chi è Miranda?»Ma il giovane non aveva evidentemente intesa la domanda: «Omeraviglia!» diceva; e i suoi occhi brillavano, il suo viso era tuttoilluminato. «Quante soavi creature ci sono qui! Come l'umanità èbella!» <strong>Il</strong> suo rossore s'accentuò improvvisamente, pensando a Lenina,a quell'angelo in viscosa verde-bottiglia, splendente di giovinezza edi vit<strong>al</strong>ità, grassottella, sorridente con gentilezza. Gli tremò lavoce. «O <strong>nuovo</strong> <strong>mondo</strong> ammirevole!» cominciò; poi improvvisamentes'interruppe; il sangue aveva abbandonato le sue gote, era p<strong>al</strong>lidocome un foglio di carta. «Siete sposato con lei?» domandò.«Sono cosa?»«Sposato. Sapete, per sempre. Si dice 'per sempre', nel linguaggiodegli Indii, una cosa che non si può rompere.»«Ford, no!» Bernardo non poté trattenere una risata.Anche John rise, ma per un'<strong>al</strong>tra ragione: rise di pura gioia.«O <strong>nuovo</strong> <strong>mondo</strong> ammirevole!» ripeté. «O <strong>nuovo</strong> <strong>mondo</strong> ammirevole checontieni simile gente! Partiamo subito.»«Avete un modo ben curioso di parlare, t<strong>al</strong>volta» disse Bernardosquadrando il giovane con stupore perplesso. «E intanto, non farestemeglio ad aspettare d'averlo veduto, il <strong>nuovo</strong> <strong>mondo</strong>?»9.82


Lenina opinava d'aver diritto, dopo questa giornata di stranezze ed'orrore, a una vacanza completa e assoluta. Appena furono tornati<strong>al</strong>la locanda, ella ingoiò sei compresse di mezzo grammo di "soma", sibuttò sul letto, e dopo dieci minuti era imbarcata per una eternitàlunare. Le sarebbero occorse <strong>al</strong>meno diciotto ore prima d'essere di<strong>nuovo</strong> nel tempo.Bernardo invece rimase a pensare a occhi aperti nell'oscurità. Fusoltanto dopo mezzanotte ch'egli si addormentò. Molto dopo mezzanotte;ma la sua insonnia non era stata sterile; egli aveva un piano.Puntu<strong>al</strong>mente, l'indomani mattina <strong>al</strong>le dieci, il sanguemisto inuniforme verde discese d<strong>al</strong> suo elicottero. Bernardo lo aspettava tr<strong>al</strong>e agavi.«Miss Crowne è andata in vacanza col "soma"» spiegò. «Non potràritornare prima delle cinque. Ciò ci concede sette ore.»Poteva volare sino a Santa Fe, sbrigarvi tutti gli affari che vidoveva sbrigare ed essere a M<strong>al</strong>pais assai prima che essa sisvegliasse.«Sarà sicura qui da sola?»«Sicura come in elicottero» gli rispose il meticcio.S<strong>al</strong>irono nell'apparecchio e presero quota immediatamente.Alle dieci e trentaquattro scendevano sul tetto dell'ufficio post<strong>al</strong>edi Santa Fe; <strong>al</strong>le dieci e trentasette Bernardo era in comunicazionecoll'ufficio del Governatore Mondi<strong>al</strong>e a Whiteh<strong>al</strong>l; <strong>al</strong>le dieci etrentanove parlava col quarto segretario particolare del magnate; <strong>al</strong>ledieci e quarantaquattro ripeteva la sua storia <strong>al</strong> primo segretario, e<strong>al</strong>le dieci e quarantasette e mezzo fu la voce profonda e rimbombantedi Mustafà Mond in persona che gli risuonò <strong>al</strong>l'orecchio.«Mi sono permesso di pensare» b<strong>al</strong>bettò Bernardo «che Vostra Forderiapotrebbe trovare la cosa d'un interesse scientifico sufficiente...»«Sì, la trovo d'un interesse scientifico sufficiente» disse la voceprofonda. «Riconducete questi due individui a Londra con voi.»«Vostra Forderia sa certo che mi occorrerà un permesso speci<strong>al</strong>e...»«Gli ordini necessari» disse Mustafà Mond «sono inviati in questostesso momento <strong>al</strong> Custode della Riserva. Presentatevi subito<strong>al</strong>l'Ufficio del Custode. Buone cose, signor Marx.»Vi fu un silenzio. Bernardo riappese il ricevitore e si affrettò as<strong>al</strong>ire sul tetto.«Ufficio del Custode» disse <strong>al</strong> sangue-misto in uniforme verde.Alle dieci e cinquantaquattro Bernardo stringeva la mano <strong>al</strong> Custode.«Sono felice, signor Marx, felice.» La sua voce tonante era piena dideferenza. «Abbiamo appunto ricevuto degli ordini speci<strong>al</strong>i...»«So» disse Bernardo interrompendo. «Ho parlato <strong>al</strong> telefono con SuaForderia proprio un momento fa.» <strong>Il</strong> tono di superiorità da lui usatosottintendeva che egli aveva l'abitudine di conversare con SuaForderia tutti i giorni della settimana. Si lasciò cadere su unasedia. «Se volete provvedere <strong>al</strong> necessario il più presto possibile...<strong>Il</strong> più presto possibile» ripeté accentuando. Egli si divertiva un<strong>mondo</strong>.Alle undici e tre egli aveva in tasca tutti i documenti necessari. «Apresto» disse con tono protettore <strong>al</strong> Custode che lo aveva accompagnatosino <strong>al</strong>la porta dell'ascensore. «A presto.»Si recò a piedi <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>bergo, fece un bagno, fece un vibro-massaggio,83


si rase con l'elettrolitico, ascoltò le notizie della mattina, guardòper una mezz'ora nel televisore, gustò con tutta c<strong>al</strong>ma la colazione e<strong>al</strong>le due e mezzo s'<strong>al</strong>zò a volo col sangue-misto per ritornare aM<strong>al</strong>pais.<strong>Il</strong> giovane era davanti <strong>al</strong>la locanda.«Bernardo!» chiamò «Bernardo!» Non ebbe risposta.Senza far rumore coi suoi mocassini di pelle di daino, s<strong>al</strong>ì di cors<strong>al</strong>e sc<strong>al</strong>e e provò ad aprire la porta.Erano partiti! Partiti! Era la cosa più terribile che gli fosse maicapitata. Lei gli aveva detto di venirli a trovare, ed ecco, eranopartiti. Si sedette sugli sc<strong>al</strong>ini e pianse.Una mezz'ora più tardi gli venne in mente di guardare attraverso lafinestra. La prima cosa che vide fu una v<strong>al</strong>igia verde con le inizi<strong>al</strong>iL.C. dipinte sul coperchio. La gioia si accese in lui come una fiamma.Raccolse una pietra. <strong>Il</strong> vetro spezzato tintinnò sul pavimento. Unmomento dopo egli era nella stanza. Aprì la v<strong>al</strong>igia verde e ad untratto si trovò a respirare il profumo di Lenina, riempiendosi ipolmoni del suo essere essenzi<strong>al</strong>e. <strong>Il</strong> cuore gli batteva perdutamente;per un momento restò quasi senza sensi. Poi, chino sulla preziosav<strong>al</strong>igia, toccò, sollevò <strong>al</strong>la luce, esaminò. La chiusura automatica neic<strong>al</strong>zoncini di ricambio di Lenina, in velluto di viscosa, gli riuscì atutta prima un enigma, poi, avendolo risolto, una delizia. Zip, e poizip; zip, e ancora zip; egli era ai sette cieli. Le pantofole verdi dilei erano la cosa più bella ch'egli avesse mai visto. Spiegò un paiodi c<strong>al</strong>zoncini-combinazione a chiusura automatica, arrossì e li rimiserapidamente a posto; ma baciò un fazzoletto profumato <strong>al</strong>l'acetato e sipassò una sciarpa attorno <strong>al</strong> collo. Aprendo una scatola, sparse unanube di polvere odorosa. Le sue mani rimasero infarinate di quellaroba. Se le pulì sul petto, sulle sp<strong>al</strong>le, sulle braccia nude.Delizioso profumo! Chiuse gli occhi, soffregò le guance contro ilbraccio infarinato. Contatto d'una pelle liscia contro il suo viso,odore di polvere muschiata nelle sue narici, la presenza re<strong>al</strong>e di lei!'Lenina!' sussurrò 'Lenina!'Un rumore lo fece sussultare, lo fece voltare come un colpevole.Cacciò nella v<strong>al</strong>igia il suo bottino e abbassò il coperchio, poiascoltò di <strong>nuovo</strong>, guardò. Nessun segno di vita, nessun rumore. Etuttavia egli aveva senza dubbio sentito qu<strong>al</strong>che cosa, qu<strong>al</strong>che cosacome un sospiro, qu<strong>al</strong>che cosa come il crepitio di una tavola. In puntadi piedi si avvicinò <strong>al</strong>la porta, e, apert<strong>al</strong>a con precauzione, si trovòin presenza di un pianerottolo di legno. Nella parete opposta delpianerottolo c'era un'<strong>al</strong>tra porta, socchiusa. Uscì, spinse, spiò.Lì dentro, su di un letto basso, col lenzuolo gettato indietro,vestita d'un pigiama d'un sol pezzo, a chiusura automatica, stavaLenina profondamente addormentata, e così bella in mezzo ai suoiriccioli, così commoventemente infantile con le rosee dita dei piedi eil viso grave nel sonno, così fiduciosa nell'abbandono delle manimolli e delle membra distese, che le lacrime gli riempirono gli occhi.Con un'infinità di precauzioni assolutamente superflue - perchésoltanto il fragore d'un colpo di pistola avrebbe potuto richiamareLenina d<strong>al</strong>la vacanza del "soma" prima del momento fissato - egli entrònella stanza, si inginocchiò sul pavimento accanto <strong>al</strong> letto.84


Contemplò, congiunse le mani, mosse le labbra. «I suoi occhi» mormorò:«I suoi occhi, i suoi capelli, la sua guancia, il suo portamento, lasua voce:li maneggi nel tuo discorso. Oh! questa sua mano,a paragone della qu<strong>al</strong>e tutti i bianchi sono inchiostriche scrivono il loro proprio rimprovero, <strong>al</strong> contatto della qu<strong>al</strong>ela piuma del giovane cigno è ruvida...» (1).Una mosca ronzò attorno a lei. Egli la mise in fuga. «Le mosche»rammentò:«Sulla bianca meraviglia ch'è la mano di Giulietta, possono coglieree gustare la grazia immort<strong>al</strong>e delle sue labbrache, nel casto pudore di vest<strong>al</strong>e,arrossiscono tuttavia, come se giudicassero colpevoli i loro baci»(2).Lentissimamente, col gesto esitante d'uno che si china per accarezzareun uccello timido e fors'anche un po' pericoloso, egli avanzò la mano:e la mano rimase lì, tremante, a un pelo da quelle dita mollementependenti, sull'orlo del contatto. Oserebbe? Oserebbe profanare, con lasua indegnissima mano, questa... No, egli non osò. L'uccello eratroppo pericoloso. La sua mano ricadde. Com'era bella, Lenina! Comebella!Egli si trovò improvvisamente a pensare che avrebbe avuto solo daafferrare il capo della chiusura automatica presso il collo, estrapparla con un colpo lungo e vigoroso...Chiuse gli occhi, scrollò rapidamente la testa col gesto di un caneche scuote le orecchie appena esce d<strong>al</strong>l'acqua. Detestabile pensiero!Provò vergogna di se stesso. Casto pudore di vest<strong>al</strong>e...C'era nell'aria un ronzio. Un'<strong>al</strong>tra mosca che tentava di assaporare legrazie immort<strong>al</strong>i? Una vespa? Guardò, non vide nulla. <strong>Il</strong> ronzio si fecesempre più forte, si loc<strong>al</strong>izzò proprio fuori d<strong>al</strong>le finestre chiuse.L'aeroplano! Preso d<strong>al</strong> panico, egli si rimise tosto in piedi e corsenell'<strong>al</strong>tra stanza, scav<strong>al</strong>cò d'un b<strong>al</strong>zo la finestra aperta e,affrettandosi lungo il sentiero tra le <strong>al</strong>te agavi, giunse in tempo perricevere Bernardo Marx mentre scendeva d<strong>al</strong>l'elicottero.10.Le lancette di tutti i quattromila orologi elettrici in tutte lequattromila stanze del Centro di Bloomsbury segnavano le due eventisette minuti. 'Questo <strong>al</strong>veare industrioso' come il Direttore sicompiaceva chiamarlo, era in pieno fervore di lavoro. Sotto imicroscopi, con le loro code che battevano furiosamente, glispermatozoi penetravano con la testa avanti nelle uova; e, fecondate,le uova si dilatavano, si dividevano, o, se erano bokanovskizzate,germogliavano ed esplodevano in intere generazioni di embrionidistinti.D<strong>al</strong>la S<strong>al</strong>a di Predestinazione Soci<strong>al</strong>e, gli ascensori discendevano85


ombando nel sottosuolo, dove, nella rossa oscurità, maturando <strong>al</strong>c<strong>al</strong>do sul loro materasso di peritoneo e rimpinzati di pseudo-sangue ed'ormoni, i feti crescevano, crescevano, oppure, avvelenati,intisichivano, m<strong>al</strong> cresciuti <strong>al</strong>lo stato d'Epsilon. Con un sottileronzio e un lieve rumore, i portabottiglie mobili percorrevanoimpercettibilmente le settimane e le età del passato in sintesi, finlà dove, nella S<strong>al</strong>a di Travasamento, i bambini levati di fresco daiflaconi emettevano il loro primo vagito di orrore e di spavento.Le dinamo ronfavano nel sotterraneo, gli ascensori s<strong>al</strong>ivano ediscendevano. A ciascuno degli undici piani delle Stanze dei bambiniera l'ora del nutrimento. Da milleottocento poppatoi milleottocentocreaturine etichettate con cura succhiavano simultaneamente il lorolitro di secrezione esterna pastorizzata.Sopra di loro, in dieci piani successivi di dormitori, i bambini e lebambine che erano ancora in età d'aver bisogno d'una siestapomeridiana erano occupati come tutti gli <strong>al</strong>tri, quantunque non nesapessero nulla, ad ascoltare incoscientemente delle lezioniipnopediche sull'igiene e la soci<strong>al</strong>ità, sul sentimento di classe e lavita amorosa del marmocchio che cammina appena. Ancora <strong>al</strong> di soprac'erano i loc<strong>al</strong>i di ricreazione dove, essendosi il tempo messo <strong>al</strong>lapioggia, novecento ragazzi più <strong>al</strong>ti si divertivano a modellare conmattonelle e terra plastica, e a nascondersi e a fare dei giuochierotici.Bzz! Bzz! L'<strong>al</strong>veare ronzava, attivamente, lietamente. Giocondo era ilcanto delle ragazze chine sui loro tubi di prova, i Predestinatorizufolavano lavorando, e nella S<strong>al</strong>a di Travasamento qu<strong>al</strong>i <strong>al</strong>legrefacezie si intrecciavano sopra le bottiglie vuote! Ma il viso delDirettore, mentre egli entrava nella S<strong>al</strong>a di Fecondazione con EnricoFoster, era grave, irrigidito in un'espressione di severità.«Un esempio pubblico in questa s<strong>al</strong>a» diceva «perché essa contiene piùlavoratrici di casta superiore di tutte le <strong>al</strong>tre s<strong>al</strong>e del Centro. Gliho detto di raggiungermi qui <strong>al</strong>le due e mezzo.»«Egli fa il suo lavoro molto bene» s'intromise Enrico con ipocritagenerosità.«Lo so. Ma questa è una maggior ragione di severità. La sua preminenzaintellettu<strong>al</strong>e porta con sé delle corrispondenti responsabilità mor<strong>al</strong>i.Più le qu<strong>al</strong>ità di un uomo sono notevoli, più grande è il suo potere ditraviare gli <strong>al</strong>tri. Meglio il sacrificio di uno solo che la corruzionedi molti. Considerate il caso spassionatamente, Foster, e vedrete chenon c'è colpa più odiosa della mancanza d'ortodossia nella condotta.L'assassino uccide soltanto l'individuo... e dopo tutto cos'è unindividuo?» Con un largo gesto indicò la fila dei microscopi, i tubidi prova, le incubatrici. «Noi possiamo farne uno <strong>nuovo</strong> con la maggiorfacilità, tanti quanti ne vogliamo. La mancanza d'ortodossia minacciaben <strong>al</strong>tro che la vita d'un solo individuo; colpisce la Societàmedesima. Sì, la Società medesima» ripeté. «Ah! Eccolo che arriva.»Bernardo era entrato nel loc<strong>al</strong>e e si dirigeva <strong>al</strong>la loro voltaattraverso le schiere di fecondatori. Una leggera parvenza disicurezza pretenziosa celava appena il suo nervosismo. La voce con cuidisse: «Buongiorno, Direttore» era forte oltre ogni necessità; equella con cui, rettificando il suo errore, aggiunse: «Mi avetepregato di venire a parlarvi qui» fu sottile in modo ridicolo, uno86


squittio.«Sì, signor Marx» rispose il Direttore severamente «vi ho pregato divenire a raggiungermi qui. Siete rientrato d<strong>al</strong> vostro congedo ierisera, se non erro.»«Sì» Bernardo confermò.«Sii...» ripeté il Direttore strisciando come un serpente sulmonosillabo. Poi <strong>al</strong>zando d'un subito la voce tuonò: «Signore esignori, signore e signori».<strong>Il</strong> canto delle ragazze chine su tubi di prova, le fischiatinepreoccupate dei microscopisti cessarono di colpo. Si fece un profondosilenzio; tutti si voltarono.«Signore e signori» ripeté ancora il Direttore «scusatemi seinterrompo così i vostri lavori. Un penoso dovere mi costringe. Lasicurezza e la stabilità della Società sono in pericolo. Sì, inpericolo, signore e signori. Quest'uomo» indicò Bernardo in attod'accusa «quest'uomo che sta qui davanti a voi, questo Alfa-Plus, <strong>al</strong>qu<strong>al</strong>e sono state date tante cose, e d<strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e in conseguenza abbiamoil diritto di attenderne <strong>al</strong>trettante, questo vostro collega - o nonsarebbe meglio che anticipassi e dicessi questo vostro ex collega? -ha grossolanamente tradito la fiducia riposta in lui. Per le sue ideeeretiche sullo sport e sul "soma", per la scand<strong>al</strong>osa eterodossia dellasua vita sessu<strong>al</strong>e, per il suo rifiuto di obbedire agli insegnamentidel Nostro Ford e di comportarsi fuori delle ore d'ufficio 'come unbambino in un flacone'» qui il Direttore fece il segno del T. «Egli siè dimostrato un nemico della Società, un sovvertitore, signore esignori, di ogni Ordine e di ogni Stabilità, un cospiratore contro laCiviltà medesima. Per questi motivi ho l'intenzione di destituirlo conignominia d<strong>al</strong> posto ch'egli ha occupato in questo Centro; hol'intenzione di chiedere immediatamente il suo trasferimento a unSottocentro della categoria più bassa, e, affinché la sua punizionepossa meglio servire gli interessi della Società, il più lontanopossibile da ogni Centro importante di popolazione. In Islanda egliavrà poche occasioni di fuorviare gli <strong>al</strong>tri col suo esempioantifordiano.» <strong>Il</strong> Direttore fece una pausa; poi, incrociando lebraccia, si voltò teatr<strong>al</strong>mente verso Bernardo. «Marx» disse «potetefar presente qu<strong>al</strong>che vostra ragione perché io non metta subito inesecuzione la sentenza che è stata emessa contro di voi?»«Sì, lo posso» rispose Bernardo a voce <strong>al</strong>tissima.Un po' sconcertato, ma sempre maestosamente, il Direttore disse:«Allora esponetela».«Certo. Ma essa è nel corridoio. Un momento.» Bernardo corse <strong>al</strong>laporta e la sp<strong>al</strong>ancò. «Entra» comandò; e la 'ragione' entrò e sipresentò.Ci fu un ansito convulso, un mormorio di stupore e d'orrore; unaragazza gridava: montando su di una sedia per veder meglio, qu<strong>al</strong>cunorovesciò due provette piene di spermatozoi.Gonfia, curva, e, tra quei corpi giovani e sodi, tra quei voltiregolari, mostro strano e terrificante di matura età, Linda avanzònella stanza, distribuendo sorrisi civettuoli, quei suoi sorrisiscoloriti e rotti, e facendo ondeggiare, mentre camminava, con unmovimento ondulatorio che credeva voluttuoso, le sue anche enormi.Bernardo le camminava vicino.87


«Eccolo» disse designando il Direttore.«Credevate che non l'avrei riconosciuto?» domandò Linda conindignazione. Poi, volgendosi <strong>al</strong> Direttore: «Sicuro che t'horiconosciuto, Tomakin, t'avrei riconosciuto in qu<strong>al</strong>unque luogo, inmezzo a mille. Ma forse tu m'hai dimenticata. Non ti ricordi? Non tiricordi, Tomakin? la tua Linda!».Rimase a guardarlo, con la testa reclinata, sempre sorridendo, ma unsorriso che, davanti <strong>al</strong>l'espressione di disgusto pietrificato delDirettore, perdeva progressivamente la sua sicurezza, oscillava e finìper spegnersi.«Non ti ricordi, Tomakin?» ripeteva con voce tremante. I suoi occhipieni d'ansia, angosciati. La sua faccia pustolosa e gonfia sicontrasse grottescamente in una smorfia di grande sofferenza.«Tomakin!» Ella tese le braccia. Qu<strong>al</strong>cuno iniziò a ridere sotto ibaffi.«Che cosa significa» cominciò il Direttore «questo mostruoso...»«Tomakin!» Lei si slanciò innanzi trascinandosi dietro la coperta, gligettò le braccia <strong>al</strong> collo, nascose la testa sul suo petto.Uno scoppio di risa si diffuse irreprimibile.«.... questo mostruoso scherzo?» b<strong>al</strong>bettò il Direttore.Rosso in faccia, egli tentò di liberarsi della stretta di Linda. Leilo avvinse disperatamente. «Ma sono Linda, sono Linda!» Le risacoprirono la sua voce. «Tu mi hai fatto avere un bambino» urlavadominando il tumulto.Vi fu un subitaneo, pauroso silenzio; gli occhi vagavano imbarazzati,non sapendo dove guardare. <strong>Il</strong> Direttore si fece improvvisamentep<strong>al</strong>lido, cessò di dibattersi e rimase lì, con le mani sui polsi dilei, con gli occhi sbarrati sulla sua persona, inorridito. «Sì, unbambino, e sono io sua madre.»Lanciò questa oscenità come una sfida nell'atroce silenzio, poi,staccandosi di colpo da lui, vergognosa vergognosa, si coperse gliocchi con le mani, singhiozzando: «Non è stata colpa mia, Tomakin.Perché io ho sempre fatto le mie pratiche m<strong>al</strong>thusiane, non è vero? Nonè vero? Sempre... Io non so come... Se tu sapessi com'è terribile,Tomakin... Ma egli mi è stato di grande conforto, dopo tutto».Voltandosi verso la porta si mise a gridare: «John! John!».Egli entrò subito, si fermò un istante sulla soglia, si guardòattorno, poi, coi piedi c<strong>al</strong>zati di mocassini, attraversò rapidamente esilenziosamente la stanza, cadde in ginocchio davanti <strong>al</strong> Direttore edisse con voce chiara: «Padre mio!».La parola 'padre' (non essendo tanto oscena - in ragione delladistanza che il termine implicava in rapporto ai segreti ripugnanti eimmor<strong>al</strong>i del parto - quanto semplicemente grossolana, una sconvenienzascatologica piuttosto che pornografica) <strong>al</strong>lentò quella ch'era divenutauna tensione assolutamente intollerabile. Delle risa scoppiarono,enormi, quasi isteriche, raffica dopo raffica, come se non dovesseropiù fermarsi. 'Padre mio!' ed era il Direttore! 'Padre mio!' Oh Ford,oh Ford! Era veramente troppo straordinario. I clamori e le raffichedi risa si rinnovarono, le facce sembravano sul punto di scoppiare, lelacrime scorrevano. Sei <strong>al</strong>tre provette di spermatozoi furonorovesciate. 'Padre mio!'.P<strong>al</strong>lido, gli occhi iniettati, il Direttore guardava attorno con aria88


smarrita, in una crisi di umiliazione sb<strong>al</strong>ordita.'Padre mio!' Le risa, che sembravano volessero attenuarsi scoppiaronodi <strong>nuovo</strong> più fragorose di prima. Egli si chiuse le orecchie con lemani e si precipitò fuori della stanza.11.Dopo la scena della S<strong>al</strong>a di Fecondazione, tutta Londra di castasuperiore era smaniosa di vedere la deliziosa creatura ch'era cadutain ginocchio davanti <strong>al</strong> Direttore delle Incubatrici e delCondizionamento - o piuttosto l'ex Direttore, perché il povero diavoloaveva rassegnate immediatamente le sue dimissioni e non aveva piùrimesso piede nel Centro - che si era afflosciata e lo aveva chiamato(lo scherzo era quasi troppo bello per esser vero!) 'padre mio'.Linda, <strong>al</strong> contrario, non provocò entusiasmo di sorta; nessuno aveva ilminimo desiderio di veder Linda. Dire che una è madre, questo non erapiù uno scherzo: era un'oscenità. Inoltre essa non era una veraselvaggia, era stata tirata fuori da un flacone e condizionata cometutti gli <strong>al</strong>tri; di conseguenza essa non poteva avere delle ideeveramente bizzarre. Infine - e questa era di gran lunga la ragione piùforte perché nessuno desiderasse vedere la povera Linda - c'era il suoaspetto. Obesa, non più giovane, coi denti guasti, la carnagionepustolosa, e quella faccia (Ford!), era semplicemente impossibileguardarla senza avere la nausea. Così la gente più in auge erafermamente decisa a non vedere Linda. E Linda, da parte sua, non avevanessun desiderio di vederla. <strong>Il</strong> ritorno <strong>al</strong>la civiltà era per lei ilritorno <strong>al</strong> "soma", era la possibilità di restare a letto e diprendersi vacanza su vacanza, senza doverne mai ritornare conl'emicrania o con una crisi di vomito, senza mai più provare ciò cheprovava dopo il "peyotl", come la sensazione di aver fatto qu<strong>al</strong>cosa dicosì vergognosamente antisoci<strong>al</strong>e da non poter più portare la testa<strong>al</strong>ta. <strong>Il</strong> "soma" non giocava t<strong>al</strong>i tiri birboni. La vacanza ch'essoprocurava era perfetta, e, se la mattina seguente si presentavasgradevole, lo era non intrinsecamente, ma soltanto in paragone dellegioie della vacanza. <strong>Il</strong> rimedio consisteva nel rendere la vacanzacontinua. Avidamente essa reclamava delle dosi sempre più forti,sempre più frequenti. <strong>Il</strong> dottor Shaw sulle prime esitò, poi le permisedi prenderne quanto voleva. Ed essa ne prese sino a venti grammi <strong>al</strong>giorno.«Questo la ammazzerà in un mese o due» confidò il dottore a Bernardo.«Un giorno il centro respiratorio resterà par<strong>al</strong>izzato. Niente piùrespirazione. Finito. E sarà tanto meglio. Se potessimo ringiovanire,<strong>al</strong>lora la cosa certo sarebbe differente. Ma non lo possiamo.»Inaspettatamente, secondo il pensiero di tutti (perché durante lavacanza del "soma" Linda si trovava molto convenientemente fuori daipiedi) John sollevò delle obiezioni: «Ma non le accorciate la vita,dandogliene in t<strong>al</strong>e quantità?»«In un certo senso sì» ammise il dottor Shaw. «Ma in un <strong>al</strong>tro noigliela <strong>al</strong>lunghiamo positivamente.»<strong>Il</strong> giovane lo guardava fisso senza comprendere.«Certo il "soma" fa perdere qu<strong>al</strong>che anno nel tempo» riprese il89


dottore. «Ma pensate <strong>al</strong>le durate enormi, immense, ch'esso può darvifuori del tempo. Ogni vacanza del "soma" è un frammento di ciò che inostri antichi usavano chiamare l''eternità'.»John cominciava a capire. «'L'eternità era nelle nostre labbra e neinostri occhi' (3)» mormorò.«Eh?»«Nulla.»«Certo» continuò il dottor Shaw «non si può permettere <strong>al</strong>la gente diandarsene nell'eternità, se ha un lavoro serio da fare. Ma essa non hanessun lavoro serio...»«Nonostante tutto» insistette John «non mi pare giusto.»<strong>Il</strong> dottore <strong>al</strong>zò le sp<strong>al</strong>le. «Già, sicuro, se preferite averla <strong>al</strong>lecostole, sempre urlante come una pazza...»Alla fin fine John fu costretto a cedere. Linda ebbe il suo "soma". Da<strong>al</strong>lora rimase nella sua stanzetta <strong>al</strong> trentasettesimo piano della casad'affitto di Bernardo, a letto, con la radio e la televisione semprein moto, il rubinetto del pasciulì gocciolante in misura giusta e lecompresse di "soma" a portata di mano; lì rimase, e tuttavia eraassente, sempre <strong>al</strong>trove, infinitamente lontano, sempre in vacanza, inqu<strong>al</strong>che <strong>al</strong>tro <strong>mondo</strong> dove la musica della radio era un labirinto dicolori sonori mutevole e p<strong>al</strong>pitante, che conduceva (per qu<strong>al</strong>i curvemeravigliosamente inevitabili!) a un centro brillante di certezzaassoluta; dove le immagini danzanti nell'apparecchio televisivo eranoi personaggi di qu<strong>al</strong>che film profumato e cantato, indescrivibilmentedelizioso; dove il gocciante pasciulì era più che un profumo, era ilsole, era un milione di sessofoni, era Popé che faceva <strong>al</strong>l'amore, mamolto più intensamente, incomparabilmente più forte, e senza fine.«No, noi non possiamo ringiovanire. Ma io sono molto contento» avevaconcluso il dottor Shaw «d'aver avuto occasione d'osservare un esempiodi senilità in un essere umano. Vi ringrazio molto di avermichiamato.» E strinse vigorosamente la mano a Bernardo.Era a John, dunque, che tutti tenevano. E come era unicamente permezzo di Bernardo, suo guardiano accreditato, che John poteva essereveduto, Bernardo, per la prima volta nella sua vita, si trovòtrattato, non semplicemente <strong>al</strong>la maniera comune, ma come unpersonaggio di grande importanza.Non si pettegolava più dell'<strong>al</strong>cool nel suo pseudo-sangue, non siceliava più sul suo aspetto person<strong>al</strong>e. Enrico si scomodò per provarglid'essere amico; Benito Hoover gli reg<strong>al</strong>ò sei pacchetti di gommamasticabile a base di ormone sessu<strong>al</strong>e; l'Assistente Predestinatore sirecò a mendicare quasi con bassezza un invito <strong>al</strong>le serate di Bernardo.Quanto <strong>al</strong>le donne, Bernardo aveva solo da far <strong>al</strong>lusione <strong>al</strong>lapossibilità d'un invito e poteva avere quella fra loro che più glipiacesse.«Bernardo mi ha invitata a visitare il Selvaggio mercoledì prossimo»annunciò trionf<strong>al</strong>mente Fanny.«Sono molto contenta» disse Lenina. «E adesso puoi anche ammettere cheti eri ingannata sul conto di Bernardo. Non ti sembra ch'egli siapiuttosto gentile?»Fanny ne convenne. «E devo confessare» disse «che sono rimastagradevolmente sorpresa.»<strong>Il</strong> Capo degli Imbottigliatori, il Direttore della Predestinazione, tre90


Assistenti del Fecondatore Gener<strong>al</strong>e, il professore di Cinema Odoroso<strong>al</strong> Collegio degli Ingegneri Emozion<strong>al</strong>i, il Decano della Comunità deiCantori di Westminster, il Controllore della Bokanovskificazione: l<strong>al</strong>ista delle notabilità di Bernardo era interminabile.«Ho avuto sei ragazze la settimana scorsa» confidò a Helmholtz Watson.«Una lunedì, due martedì, ancora due venerdì e una sabato. E se neavessi avuto il tempo o il desiderio, ce n'erano ancora <strong>al</strong>meno unadozzina che non avrebbero chiesto di meglio...»Helmholtz ascoltò le sue vanterie con un silenzio così profondamentedisapprovatore che Bernardo ne rimase offeso.«Tu sei invidioso» disse.Helmholtz scosse la testa. «Sono un po' triste, ecco tutto» rispose.Bernardo se ne partì in collera. 'Mai più' diceva a se stesso 'mai piùvoglio parlare a Helmholtz.'I giorni passarono. <strong>Il</strong> successo s<strong>al</strong>ì come vino spumante <strong>al</strong>la testa diBernardo, e in progresso di tempo lo riconciliò completamente (comedeve fare ogni buon prodotto inebriante) con un <strong>mondo</strong> che, sino<strong>al</strong>lora, aveva trovato assai poco soddisfacente. In quanto riconoscevain lui un uomo importante, l'ordine delle cose era buono. Ma, purriconciliato d<strong>al</strong> proprio successo, egli tuttavia ricusò di rinunciare<strong>al</strong> privilegio di criticare quest'ordine. Perché il fatto di criticareri<strong>al</strong>zava in lui il senso della propria importanza, gli dav<strong>al</strong>'impressione d'essere più grande. Inoltre pensava sinceramente chec'erano delle cose da criticare. (Nello stesso tempo gli piacevasinceramente di essere un uomo 'di successo' e di avere tutte leragazze che desiderava.)Davanti a quelli che ora a causa del Selvaggio gli facevano la corte,Bernardo faceva pompa di un'eterodossia capziosa. Lo ascoltavanocortesemente. Ma, dietro le sue sp<strong>al</strong>le, la gente scuoteva la testa.'Questo giovanotto finirà m<strong>al</strong>e' dicevano, vaticinando tanto piùsicuramente in quanto essi medesimi si sarebbero person<strong>al</strong>menteadoperati, <strong>al</strong> momento buono, a far sì che la fine fosse cattiva. 'Nontroverà un <strong>al</strong>tro Selvaggio che lo s<strong>al</strong>vi per la seconda volta'dicevano. Frattanto, è vero, c'era il primo Selvaggio; ed essi eranogentili. Bernardo aveva la sensazione d'essere sul serio gigantesco:gigantesco e nello stesso tempo leggerissimo, più leggero dell'aria.«Più leggero dell'aria» disse Bernardo puntando in <strong>al</strong>to il dito.Simile a una perla nel cielo, <strong>al</strong>to sopra di essi, il p<strong>al</strong>lone frenatodel Servizio Meteorologico brillava roseo <strong>al</strong> sole.«... <strong>al</strong> detto Selvaggio» t<strong>al</strong>i erano le istruzioni di Bernardo «saràmostrata la vita civilizzata in tutti i suoi aspetti...»Gli si mostrava in quel momento una veduta a volo d'uccello d<strong>al</strong>lapiattaforma della Torre di Charing-T. <strong>Il</strong> Capostazione e ilMeteorologista Residente gli facevano da guida. Ma era soprattuttoBernardo che parlava. Inebriato, egli si comportava come se fosse,come minimo, un Governatore Mondi<strong>al</strong>e in visita. «Più leggerodell'aria.»<strong>Il</strong> Razzo Verde di Bombay precipitò d<strong>al</strong> cielo. I passeggeri discesero.Otto gemelli Dravidiani identici vestiti di kaki si sporsero dagliotto sportelli della cabina: i camerieri.«Milleduecentocinquanta chilometri <strong>al</strong>l'ora» disse il Capostazionesolennemente. «Cosa ne pensate, signor Selvaggio?»91


John trovò ch'era magnifico. «Tuttavia» disse «Ariel era capace dimettere una cintura intorno <strong>al</strong>la terra in quaranta minuti.»'<strong>Il</strong> Selvaggio' scrisse Bernardo nel suo rapporto a Mustafà Mond'manifesta stranamente scarsa sorpresa o spavento davanti <strong>al</strong>leinvenzioni della civiltà. Ciò è dovuto in parte, senza dubbio, <strong>al</strong>fatto che egli ne ha sentito parlare d<strong>al</strong>la nominata Linda, sua m...'(Mustafà Mond corrugò la fronte. 'S'immagina forse l'idiota che io siatroppo pusillanime per vedere la parola scritta per disteso?')'In parte <strong>al</strong> fatto che il suo interesse è concentrato su ciò ch'eglichiama l'anima, che persiste a considerare come una entitàindipendente d<strong>al</strong> complesso fisico; mentre che, come ho cercato didimostrargli...'<strong>Il</strong> Governatore s<strong>al</strong>tò le frasi seguenti e stava proprio per voltare ilfoglio <strong>al</strong>la ricerca di qu<strong>al</strong>che cosa di più interessante e concreto,quando il suo sguardo fu attirato da una serie di frasi assolutamentestraordinarie 'quantunque debba riconoscere' lesse 'che sono d'accordocol Selvaggio nel trovare troppo facile ciò che la civiltà had'infantile, o, com'egli dice, di troppo poco costoso; e mi permettodi cogliere questa occasione per richiamare l'attenzione di VostraForderia su...'La collera di Mustafà Mond lasciò quasi subito il posto <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>legria.<strong>Il</strong> pensiero di quel tipo che gli propinava - a lui - un corsosull'ordine soci<strong>al</strong>e, era veramente troppo grottesco. Quell'uomo dovevaessere diventato pazzo. 'Bisognerebbe dargli una lezione' disse trasé; poi riversò indietro la testa e scoppiò a ridere. Per il momento,<strong>al</strong>meno, la lezione non sarebbe stata data.Era una piccola officina d'accessori per illuminazione d'elicotteri,una succurs<strong>al</strong>e della Compagnia d'Attrezzature Elettriche. Essi furonoricevuti sul tetto stesso (perché la lettera di raccomandazione delGovernatore era magica nei suoi effetti) d<strong>al</strong> Capotecnico e d<strong>al</strong>Direttore dell'Elemento Umano. Discesero nell'officina.«Ogni operazione» spiegò il Direttore dell'Elemento Umano «è eseguita,per quanto possibile, da un solo gruppo di Bokanovsky.»E, in effetti, ottantatré Delta brachicef<strong>al</strong>i neri quasi senza nasoerano addetti <strong>al</strong>la pressa a freddo. I cinquantasei torni giranti aquattro fusi erano manovrati da cinquantasei Gamma aquilini e colorzenzero. Cento e sette Seneg<strong>al</strong>esi Epsilon condizionati <strong>al</strong> c<strong>al</strong>orelavoravano nella fonderia. Trentatré donne Delta, d<strong>al</strong>la testa<strong>al</strong>lungata, color della sabbia, strette di bacino e tutte, ventimillimetri più o meno, <strong>al</strong>te un metro e sessantanove, tagliavano delleviti. Nella s<strong>al</strong>a di montaggio, le dinamo erano messe insieme da duesquadre di nani Gamma-Plus. I due bassi banconi di lavoro erano l'unodi fronte <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tro; in mezzo ad essi avanzava lentamente iltrasportatore col suo carico di pezzi separati; quarantasette testebionde stavano di fronte a quarantasette teste brune, quarantasettenasi camusi a quarantasette nasi uncinati, quarantasette mentisfuggenti a quarantasette menti prognati. I meccanismi montativenivano ispezionati da diciotto ragazze identiche dai capelli ricci ecastani in uniforme verde-gamma; poi imb<strong>al</strong>lati in casse datrentaquattro uomini Delta-Minus bassi di gambe e mancini, e caricatisulle piattaforme e sugli autocarri in attesa da sessantatré Epsilon92


semi-aborti dai capelli color del lino e lentigginosi.'O <strong>nuovo</strong> <strong>mondo</strong> mirabile...' Per qu<strong>al</strong>che fantasia della sua memoria, ilSelvaggio si provò a ripetere le parole di Miranda: «'O <strong>nuovo</strong> <strong>mondo</strong>mirabile che contieni simile gente!' (4)».«E vi assicuro» concluse il Direttore dell'Elemento Umano, mentrelasciavano l'officina «che non abbiamo quasi mai conflitti coi nostrioperai. Noi troviamo sempre...»Ma il Selvaggio s'era improvvisamente <strong>al</strong>lontanato dai suoi compagni edera ass<strong>al</strong>ito da violenti conati di vomito, dietro un gruppo di lauri,come se la terra ferma fosse un elicottero preso in una sacca d'aria.'<strong>Il</strong> Selvaggio' scriveva Bernardo 'rifiuta di prendere il "soma", esembra molto contrariato per il fatto che la nominata Linda, sua m...,resta permanentemente in vacanza. E' degno di nota che, nonostante lasenilità di sua m... e la grande repulsività del suo aspetto, ilSelvaggio si reca spesso a vederla e sembra fortemente attaccato <strong>al</strong>ei, esempio interessante del modo con cui il condizionamento dell'etàgiovanile può essere diretto a modificare, e persino a contrariare gliimpulsi natur<strong>al</strong>i (in questo caso l'impulso a retrocedere davanti a unoggetto ripugnante).'A Eton discesero sul tetto della Scuola Superiore. Sul lato oppostodel cortile della Scuola i cinquantadue piani della Torre di Luptonbrillavano candidi <strong>al</strong> sole. <strong>Il</strong> Collegio <strong>al</strong>la loro sinistra, e, adestra, la Comunità dei Cantori della Scuola, <strong>al</strong>zavano le lorovenerabili moli di cemento armato e di vita-vetro. Nel centro delquadrilatero stava la vecchia e curiosa statua d'acciaio cromata delNostro Ford.<strong>Il</strong> Dottor Gaffney, il Cancelliere, e Miss Keate, la direttrice, liricevettero quando scesero d<strong>al</strong>l'apparecchio.«Avete molti gemelli, qui?» chiese il Selvaggio con una certaapprensione, mentre essi si mettevano in moto per il giro d'ispezione.«Oh! No» rispose il Cancelliere. «Eton è riservato esclusivamente airagazzi e <strong>al</strong>le ragazze delle caste superiori. Un uovo, un adulto. Ciòrende l'educazione più difficile, si capisce. Ma siccome essi sonochiamati ad assumere delle responsabilità e a trovarsi di fronte acasi imprevisti, questo non si può evitare.» Sospirò. Bernardo,frattanto, aveva trovato che Miss Keate non era da buttar via.«Se siete libera un lunedì, un mercoledì o un venerdì sera...» diceva.Accennando col pollice <strong>al</strong> Selvaggio, Bernardo diceva: «E' curioso,sapete, bizzarro.»Miss Keate sorrise (e il suo sorriso era veramente delizioso, eglipensò); ringraziò: disse che sarebbe stata lieta di assistere a unadelle sue serate.<strong>Il</strong> Cancelliere aprì una porta.Cinque minuti in questa classe d'Alfa-doppio Plus lasciarono John<strong>al</strong>quanto sb<strong>al</strong>ordito.«Che cos'è la relatività elementare?» sussurrò a Bernardo. Bernardocercò di spiegarglielo, poi mutò pensiero e propose d'andare avisitare qu<strong>al</strong>che <strong>al</strong>tra classe.Dietro un uscio nel corridoio che conduceva <strong>al</strong>la classe di geografiadei Beta-Minus, una voce acuta di soprano gridava: «Uno, due, tre,quattro» e poi, con impazienza annoiata: «Attenzione».93


«Gli esercizi m<strong>al</strong>thusiani» spiegò la Direttrice. «La maggior partedelle nostre ragazze è neutra, beninteso. Io stessa sono una neutra.»Sorrise a Bernardo. «Ma ne abbiamo circa un ottocento non sterilizzate<strong>al</strong>le qu<strong>al</strong>i bisogna costantemente far fare gli esercizi.»Nella classe di geografia dei Beta-Minus John apprese che 'una Riservadi selvaggi è un posto che, date le condizioni climatiche e geologichesfavorevoli, non v<strong>al</strong>eva la pena di civilizzare'. Uno scatto; la stanzasi fece buia; e improvvisamente, sullo schermo sopra la testa delprofessore, apparvero i 'Penitenti' di Acoma prosternati davanti aNostra Signora e gementi come John li aveva sentiti gemere,confessando i loro peccati davanti a Gesù crocefisso, davanti<strong>al</strong>l'immagine di Poukong in forma d'aquila. I giovani etoniani sisbellicavano d<strong>al</strong>le risate. Sempre gemendo, i 'Penitenti' sispogliarono fino <strong>al</strong>la cintola, e, con degli staffili a nodi,cominciarono a flagellarsi, colpo dietro colpo. Le risa raddoppiaronoe si <strong>al</strong>largarono sino <strong>al</strong>la riproduzione amplificata di quei gemiti.«Ma perché ridono?» domandò il Selvaggio in uno stordimento penoso.«Perché?» <strong>Il</strong> Cancelliere gli si rivolse con una faccia ancor contrattad<strong>al</strong> ridere. Ma Perché? Ma perché ciò è straordinariamente comico.»Nella penombra cinematografica, Bernardo azzardò un gesto che, inpassato, anche nell'oscurità tot<strong>al</strong>e non avrebbe avuto il coraggio difare. Forte della sua nuova importanza, passò il braccio attorno <strong>al</strong>lavita della Direttrice. Essa cedette come un s<strong>al</strong>ice piangente. Egli erasul punto di cogliere un bacio o due e fors'anche di collocare unamabile pizzicotto, quando gli interruttori scattarono di <strong>nuovo</strong>.«Forse sarà meglio continuare il giro» disse Miss Keate, e si diresseverso la porta.«E questa» avvertì il Cancelliere un momento dopo «è la S<strong>al</strong>a delControllo Ipnopedico.»Centinaia di scatole di musica sintetica, una per ogni dormitorio,erano distribuite su p<strong>al</strong>chetti lungo tre pareti della stanza; nellaquarta, classificati in caselle, stavano i rulli a iscrizione sonorasui qu<strong>al</strong>i erano impresse le diverse lezioni ipnopediche.«Si introduce il rullo qui» spiegò Bernardo interrompendo il dottorGaffney «si preme questo bottone...»«No, quest'<strong>al</strong>tro» rettificò il Cancelliere seccato.«Quest'<strong>al</strong>tro, <strong>al</strong>lora. <strong>Il</strong> rullo si divide. Le cellule <strong>al</strong> seleniotrasformano gli impulsi luminosi in vibrazioni sonore, e...»«E questo è quanto» disse il dottor Gaffney a mo' di conclusione.«Leggono Shakespeare?» chiese il Selvaggio mentre, diretti aiLaboratori Biochimici, passavano davanti <strong>al</strong>la Biblioteca scolastica.«Certamente no» rispose la Direttrice arrossendo.«La nostra biblioteca» spiegò il dottor Gaffney «contiene soltantolibri di referenza. Se i nostri giovani hanno bisogno di distrazione,possono procurarsela <strong>al</strong> cinema odoroso. Noi non li abbiamoincoraggiati ad indulgere ai divertimenti solitari qu<strong>al</strong>i che siano.»Cinque omnibus stracarichi di ragazzi e di ragazze che cantavano o chestavano abbracciati in silenzio passarono davanti a loro, sulla stradavetrificata.«Ritornano ora» spiegò il dottor Gaffney, mentre Bernardo sottovoceprendeva appuntamento con la Direttrice per quella sera medesima «d<strong>al</strong>Crematorio di Slough. <strong>Il</strong> condizionamento per la morte comincia a94


diciotto mesi. Ogni marmocchio passa due mattine <strong>al</strong>la settimana in unosped<strong>al</strong>e per moribondi. Vi sono raccolti tutti i giocattoli piùperfezionati ed essi ricevono della crema di cioccolata i giorni incui muore qu<strong>al</strong>cuno. Imparano a considerare la morte come una cosanatur<strong>al</strong>e.»«Come ogni <strong>al</strong>tro processo psicologico» aggiunse la Direttrice conprofession<strong>al</strong>e prosopopea.«Alle otto, <strong>al</strong> Savoia. Benissimo, intesi.»Tornando a Londra si fermarono <strong>al</strong>l'officina della Compagnia diTelevisione a Brentford.«Volete attendermi un momento mentre vado a telefonare?» chieseBernardo.<strong>Il</strong> Selvaggio attese e osservò. Era appunto il cambio della squadraprincip<strong>al</strong>e di giorno. Una folla di operai delle caste inferiori facev<strong>al</strong>a coda davanti <strong>al</strong>la stazione della ferrovia ad una rotaia: sette odottocento uomini e donne Gamma, Delta ed Epsilon con non più di unadozzina di facce e di stature fra tutti. A ciascuno d'essi o d'esse,col biglietto, l'impiegato consegnava una scatoletta di cartone pienadi pillole. <strong>Il</strong> lungo nastro d'uomini e di donne s'avanzava lentamente.«Che cosa c'è (ricordava il "Mercante di Venezia") in queste scatole?»volle sapere il Selvaggio quando Bernardo l'ebbe raggiunto.«La razione giorn<strong>al</strong>iera di "soma"» rispose Bernardo abbastanzaindistintamente perché stava masticando un pezzo della gomma di BenitoHoover. «Gliela danno quando il lavoro è terminato. Quattro compressedi mezzo grammo. Sei il sabato.»Prese affettuosamente il braccio di John e ritornarono insieme versol'elicottero.Lenina entrò cantando nello spogliatoio.«Sembri molto contenta di te stessa» disse Fanny.«Sono proprio contenta» rispose. Zip! «Bernardo mi ha telefonatomezz'ora fa.» Zip, zip! Si tolse i c<strong>al</strong>zoncini. «C'è un impedimentoinatteso.» Zip! «Mi ha pregata di condurre il Selvaggio <strong>al</strong> cinemaodoroso stasera. Bisogna che m'involi.»Si precipitò verso il gabinetto da bagno.'E' una ragazza fortunata' si disse Fanny guardando Lenina ches'<strong>al</strong>lontanava.Non c'era invidia in questo commento. La natur<strong>al</strong>e bontà di Fannyconstatava semplicemente un fatto. Lenina era fortunata; fortunatad'aver ricevuto unitamente a Bernardo una generosa porzionedell'immensa celebrità del Selvaggio, fortunata nel riflettere con lasua persona insignificante la gloria supremamente <strong>al</strong>la moda in quelmomento. La Segretaria dell'Associazione Fordiana delle giovani nonl'aveva forse pregata di tenere una conferenza sulle sue avventure?Non era stata invitata <strong>al</strong> pranzo annu<strong>al</strong>e del Club Afroditaeum? Non eragià comparsa su una pellicola del Giorn<strong>al</strong>e odoroso - percettibile <strong>al</strong>lavista, <strong>al</strong>l'udito e <strong>al</strong> tatto - davanti a innumerevoli milioni dispettatori sparsi sul pianeta?Ugu<strong>al</strong>mente lusinghiere erano state le attenzioni di cui l'avevan fattasegno <strong>al</strong>cune person<strong>al</strong>ità in vista. <strong>Il</strong> secondo Segretario delGovernatore Mondi<strong>al</strong>e Residente l'aveva invitata a pranzo e a95


colazione. Essa aveva passato una festa con sua Forderia il Capo dellaGiustizia e un'<strong>al</strong>tra con l'Arcimaestro della Comunità dei Cantori diCanterbury. <strong>Il</strong> Presidente della Compagnia di Secrezioni Interne edEsterne era continuamente in comunicazione per telefono con lei, edessa era stata a Deauville col vice Governatore della Banca d'Europa.«E' straordinario, certo. E tuttavia da un punto di vista» avevaconfessato a Fanny «provo l'impressione d'ottenere qu<strong>al</strong>che cosa perabuso di fiducia. Perché, natur<strong>al</strong>mente, la prima cosa che tuttivogliono sapere è ciò che si prova a far l'amore con un Selvaggio. Edio devo dire che non ne so nulla.» Scosse la testa. «La maggior partedegli uomini non mi crede, beninteso. Ma è vero. Vorrei che non lofosse» aggiunse tristemente, e sospirò. «E' terribilmente bello, nonti pare?»«Ma lui non ti trova di suo gusto?» chiese Fanny.«Qu<strong>al</strong>che volta mi sembra di sì e qu<strong>al</strong>che volta di no. Egli fa sempreciò che può per evitarmi: esce d<strong>al</strong>la stanza quando io entro; non vuoltoccarmi; non vuol neppure guardarmi. Ma t<strong>al</strong>volta se mi voltod'improvviso, lo sorprendo che mi divora con gli occhi; e poi... eh,ti sai come guardano gli uomini quando ti desiderano.» Sì, Fanny losapeva.«Io non ci capisco nulla» disse Lenina.Non ci capiva nulla; e non era soltanto stupita, ma anche un pocoaddolorata.Lui le piaceva sempre di più. Ed ecco che si presentava davveroun'occasione, pensò mentre si profumava dopo il bagno. Tap, tap,tap... una vera occasione. La sua speranza esuberante straripò incanto:«Stringimi fino a farmi m<strong>al</strong>e, accarezzami,baciami fino a che io cada in coma:stringimi, accarezzami, avvinghiami;l'amore è buono come il "soma".»L'organo odoroso eseguiva un Capriccio d'Erbe deliziosamente fresco.Arpeggi gorgoglianti di timo e lavanda, di rosmarino, basilico, mirto,artemisia; una serie di audaci modulazioni attraverso tutti i tonidelle spezie sino <strong>al</strong>l'ambra grigia, e una lenta marcia inversa sino <strong>al</strong>legno di sand<strong>al</strong>o, la canfora, il cedro e il fieno tagliato di fresco(con tocchi sottili qua e là di note discordanti: un'ondata dipasticcio di rognone, il più leggero accenno di concime di porco) perritornare agli aromi semplici coi qu<strong>al</strong>i il pezzo aveva cominciato. Leultime note del timo si spensero; seguì un fragore di applausi; leluci si riaccesero. Nella macchina della musica sintetica il rullo aimpressioni sonore cominciò a dipanarsi. Un trio per iperviolino,supervioloncello e pseudo-oboe, riempì l'aria col suo gradevolelanguore. Trenta o quaranta battute, e poi, su questo fondostrument<strong>al</strong>e, una voce assai più che umana cominciò a vibrare; ora digola, ora di testa, ora sorda come un flauto, ora carica di spasimantiarmonie, passava senza sforzo d<strong>al</strong> registro basso di Gaspare Foster, ailimiti stessi dei suoni music<strong>al</strong>i, sino <strong>al</strong> trillo acuto come il gridodi un pipistrello, molto sopra il do sopracuto che (nel 1770,<strong>al</strong>l'Opera Duc<strong>al</strong>e di Parma, con meraviglia di Mozart, Lucrezia Ajugari,96


sola fra tutte le cantanti menzionate d<strong>al</strong>la storia, emise una volta.Sprofondati nelle loro poltrone pneumatiche, Lenina e il Selvaggioansimavano e ascoltavano. Allora fu la volta degli occhi e dellapelle.Le luci della s<strong>al</strong>a si spensero, lettere di fuoco si staccarono inrilievo come se si sostenessero da sole nell'oscurità: 'Tre settimanein elicottero. Superfilm cantato, parlato sinteticamente, a colori,stereoscopico e odoroso. Con accompagnamento sincronizzato d'organo aprofumi».«Premete i bottoni di met<strong>al</strong>lo sui braccioli della vostra poltrona»sussurrò Lenina. «Altrimenti non avrete nessun effetto del cinemaodoroso.»<strong>Il</strong> Selvaggio fece ciò che gli veniva suggerito. Le lettere di fuocofrattanto erano scomparse; ci furono dei secondi d'oscurità completa;poi, improvvisamente, abbaglianti e in apparenza incomparabilmente piùsolidi di quanto avrebbero potuto sembrare se fossero stati veramentein carne ed ossa, molto più re<strong>al</strong>i della re<strong>al</strong>tà, ecco apparvero leimmagini stereoscopiche, stretti nelle braccia l'uno dell'<strong>al</strong>tra, d'unnegro gigantesco e d'una donna Beta-Plus brachicef<strong>al</strong>a dai capellid'oro.<strong>Il</strong> Selvaggio sussultò. Quella sensazione sulle labbra! Alzò una manoverso la bocca; il titillamento cessò; lasciò ricadere la mano sulbottone met<strong>al</strong>lico e quello riprese. L'organo a profumi, intanto,es<strong>al</strong>ava del muschio puro. In un soffio, una supercolomba d<strong>al</strong> rullosonoro tubò: 'Uuh!'; e, vibrando soltanto trentadue volte in unsecondo, una profonda voce di basso più che africana rispose: 'Aaaah'.'Uh-ah! Uh-ah!', le labbra stereoscopiche si congiunsero di <strong>nuovo</strong>, edi <strong>nuovo</strong> le zone erogene facci<strong>al</strong>i di seimila spettatori dell'Alhambrafremettero con un piacere g<strong>al</strong>vanico quasi intollerabile. 'Uh...'<strong>Il</strong> soggetto del film era straordinariamente semplice. Qu<strong>al</strong>che minutodopo i primi Uh e Ah (un duetto era stato cantato e <strong>al</strong>cuni attiamorosi su quella famosa pelle d'orso, ogni pelo della qu<strong>al</strong>e, l'AiutoPredestinatore aveva proprio ragione, si lasciava sentireseparatamente e distintamente), il negro aveva un accidente dielicottero e precipitava a capofitto. Tumb! Che spasimo attraverso lafronte! Un coro di Ohi e di Ahi si <strong>al</strong>zò dagli spettatori.<strong>Il</strong> colpo mandò a carte quarantotto tutto il condizionamento del negro.Gli si sviluppò per la Beta bionda una passione esclusiva e maniaca.Lei protestò, lui insistette. Ci furono lotte, inseguimenti, vie difatto contro un riv<strong>al</strong>e e infine un ratto sensazion<strong>al</strong>e. La Beta biondafu rapita in pieno cielo e vi fu trattenuta, volteggiando per tresettimane in un "tête-à-tête" ferocemente antisoci<strong>al</strong>e col negroimpazzito. Fin<strong>al</strong>mente, dopo tutta una serie di avventure e molteacrobazie aeree, tre Alfa giovani e leggiadri riuscirono a liberarla.<strong>Il</strong> negro fu inviato a un Centro di ricondizionamento per adulti e ilfilm si conchiuse felicemente e convenientemente, con la Beta biondadiventata l'amante di tutti e tre i suoi s<strong>al</strong>vatori. Essis'interruppero un momento per cantare un quartetto sintetico congrande accompagnamento superorchestr<strong>al</strong>e e gardenie nell'organo aprofumi. Poi la pelle d'orso fece un'ultima apparizione e, in unfragore di sessofoni, l'ultimo bacio stereoscopico svanì nelletenebre, l'ultimo titillamento elettrico si smorzò sulle labbra simile97


a una f<strong>al</strong>ena spirante che p<strong>al</strong>pita, p<strong>al</strong>pita, sempre più debolmente,sempre più impercettibilmente, e infine resta immobile, immobile deltutto.Ma per Lenina la f<strong>al</strong>ena non morì completamente. Anche dopo che le lucifurono riaccese, mentre essi si dirigevano lentamente con la follaverso gli ascensori, il fantasma p<strong>al</strong>pitava ancora contro le suelabbra, tracciava ancora sulla sua pelle dei fini arabeschi frementid'angoscia e di piacere. Le sue guance erano rosse, i suoi occhi goccedi rugiada, il suo respiro profondo. Afferrò il braccio del Selvaggioe se lo strinse, inerte, contro il petto. Egli abbassò un istante losguardo su di lei, p<strong>al</strong>lido, angosciato, cupido, e pur vergognoso delsuo desiderio. Non era degno, non... I loro occhi s'incontrarono perun attimo. Che tesori promettevano quelli di lei! Un grandissimotemperamento. Egli si affrettò a guardare <strong>al</strong>trove, liberò il suobraccio prigioniero. Provava l'oscuro terrore che ella cessassed'essere qu<strong>al</strong>cosa di cui egli poteva sentirsi indegno.«Penso che non si dovrebbero vedere cose simili» disse sforzandosi dipassare da Lenina in persona <strong>al</strong>le circostanze relative <strong>al</strong> biasimo peruna qu<strong>al</strong>siasi imperfezione trascorsa o possibile nel futuro.«Simili a cosa, John?»«A questo orribile film.»«Orribile?» Lenina era sinceramente stupita. «Ma io l'ho trovatomagnifico!»«Era basso» disse lui indignato «era ignobile.Lenina scosse la testa.«Non so che cosa volete dire.» Perché era così bizzarro? Perché nonfaceva <strong>al</strong>tro che guastare le cose?Nel tassicoptero egli osò appena guardarla. Legato da voti potenti chenon erano mai stati pronunciati, obbediente a leggi che avevanocessato d'aver corso da lungo tempo, egli sedette voltandole le sp<strong>al</strong>lein silenzio. Di tanto in tanto, come se un dito toccasse qu<strong>al</strong>che cordatesa, pronta a spezzarsi, tutto il suo corpo era scosso da un bruscosoprass<strong>al</strong>to nervoso.<strong>Il</strong> tassicoptero si posò sul tetto della casa d'affitto di Lenina.'Fin<strong>al</strong>mente!' pensò lei trionfante, come discese d<strong>al</strong>l'apparecchio.Fin<strong>al</strong>mente, benché egli si fosse mostrato molto bizzarro testé. Inpiedi sotto una lampada, lei si guardò nello specchio a mano.Fin<strong>al</strong>mente. Sì, il suo naso era un tantino lucido. Scosse la cipriache si distaccò d<strong>al</strong> piumino. Mentre egli pagava il tassì, c'era giustoil tempo. Si incipriò la zona lucida, pensando: 'E' terribilmentebello. Non ha nessuna ragione d'essere timido come Bernardo... Etuttavia... Un <strong>al</strong>tro uomo l'avrebbe fatto già da tanto tempo. Ma orafin<strong>al</strong>mente...'. <strong>Il</strong> frammento di viso nel piccolo specchio rotondo lesorrise improvvisamente.«Buonanotte» disse una voce roca dietro di lei. Lenina si voltò dicolpo. Egli stava ritto presso lo sportello aperto del tassì, con gliocchi fissi, sp<strong>al</strong>ancati; li aveva evidentemente tenuti sp<strong>al</strong>ancatidurante tutto il tempo ch'essa si era incipriata il naso, aspettando -ma che cosa mai? - oppure esitando, cercando di decidersi, e pensandotutto il tempo, pensando... essa era incapace d'immaginare qu<strong>al</strong>istraordinari pensieri.«Buonanotte, Lenina» ripeté lui ed abbozzò una strana smorfia che98


voleva essere un sorriso.«Ma John... Io credevo che voi voleste... Voglio dire, non volete...»Egli chiuse lo sportello e si chinò in avanti per dire qu<strong>al</strong>che cosa <strong>al</strong>conducente. L'apparecchio b<strong>al</strong>zò in aria.Guardando in giù d<strong>al</strong> finestrino del pavimento, il Selvaggio potévedere la faccia <strong>al</strong>zata di Lenina, livida sotto la luce bluastra dellelampade. La sua bocca era aperta, chiamava. La sua figura inprospettiva di scorcio s'<strong>al</strong>lontanava velocemente da lui; il terrazzodel tetto, restringendosi, pareva precipitare nelle tenebre.Cinque minuti dopo egli rientrava nella sua camera. Trasse d<strong>al</strong>nascondiglio il suo volume rosicchiato dai topi, voltò con religiosaattenzione le pagine macchiate e sgu<strong>al</strong>cite, e cominciò a leggere"Otello". Otello, si ricordò, era simile <strong>al</strong>l'eroe negro di "Tresettimane in elicottero".Asciugandosi gli occhi, Lenina attraversò il tetto sino <strong>al</strong>l'ascensore.Mentre discendeva <strong>al</strong> ventisettesimo piano, estrasse il flacone di"soma". Un grammo, decise, non sarebbe bastato; il suo dolore v<strong>al</strong>evapiù d'un grammo. Se ne prendeva due grammi, tuttavia, correva ilrischio di non svegliarsi in tempo l'indomani mattina. Adottò <strong>al</strong>loraun compromesso e, nella p<strong>al</strong>ma della sinistra, a mo' di coppa, fececadere tre compresse di mezzo grammo.12.Bernardo dovette gridare attraverso la porta chiusa; il Selvaggio nonvoleva aprire. «Ma tutti sono là che vi aspettano.»«Che aspettino» giunse di ritorno la voce velata attraverso la porta.«Ma voi sapete bene, John» (com'è difficile assumere un tonopersuasivo quando si grida a piena voce!) «che io li ho invitatiapposta per vedervi.»«Avreste dovuto domandare prima a me se desideravo vederla "quella"gente.»«Ma voi siete sempre venuto le <strong>al</strong>tre volte, John.»«E' appunto per questo che non voglio più venire.»«Soltanto per farmi piacere» implorò Bernardo a voce spiegata. «Nonvolete venire per farmi piacere?»«No.»«Lo dite proprio sul serio?»«Sì.»Disperato, Bernardo gemeva: «Ma che devo fare?».«Andate <strong>al</strong>l'inferno» imprecò d<strong>al</strong>l'interno la voce.«Ma c'è l'Arcicantore della Comunità di Canterbury stasera.»Bernardo era quasi in lagrime.«Ai yaa takwa!» Era soltanto in linguaggio Zuñi che il Selvaggiopoteva esprimere adeguatamente ciò che sentiva per l'Arcicantore.«Hàni!» aggiunse dopo un momento di riflessione; e poi (con qu<strong>al</strong>eferoce derisione!) «Sons éso tse-na!». E sputò per terra, come avrebbepotuto fare Popé.Alla fine Bernardo fu costretto a ritirarsi, umiliato, nelle suestanze, e ad annunciare <strong>al</strong>l'impaziente assemblea che il Selvaggioquella sera non si sarebbe fatto vedere. La notizia fu accolta con99


indignazione. Gli uomini erano furiosi d'essere stati giocati <strong>al</strong> puntodi condursi cortesemente verso quell'individuo insignificante d<strong>al</strong>lareputazione dubbia e d<strong>al</strong>le opinioni eretiche. Più era <strong>al</strong>ta la loroposizione nella gerarchia, più era profondo il loro sdegno.«Farmi un tiro simile» continuava a ripetere l'Arcicantore «a me!»Quanto <strong>al</strong>le donne, erano indignate di capire che erano state posseduteper abuso di fiducia - possedute da un miserabile piccolo uomo nel cuiflacone era stato versato per errore dell'<strong>al</strong>cool - un essere d<strong>al</strong>fisico d'un Gamma-Minus. Era un'offesa ed esse lo dissero, a vocesempre più <strong>al</strong>ta. La Direttrice di Eton fu particolarmente dura.Soltanto Lenina non disse nulla. P<strong>al</strong>lida, gli occhi azzurri velati duna inconsueta melanconia, rimase seduta in un angolo, separata dacoloro che le stavano attorno da un'emozione <strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e essi nonpartecipavano. Si era recata <strong>al</strong> ricevimento con una strana sensazionedi trionfo inquieto. 'Tra qu<strong>al</strong>che minuto' s'era detta entrando nellas<strong>al</strong>a 'lo vedrò, gli parlerò, gli dirò' poiché era venuta con questaferma risoluzione 'che mi piace più di qu<strong>al</strong>unque <strong>al</strong>tro uomo che hoconosciuto. E <strong>al</strong>lora forse egli dirà...'Che direbbe? <strong>Il</strong> sangue le era affluito <strong>al</strong>le guance.'Perché si è mostrato così bizzarro, l'<strong>al</strong>tra notte, dopo il cinemaodoroso? E' strano. E tuttavia sono assolutamente certa di piacerglidavvero un poco. Sono sicura...'Fu in questo momento che Bernardo fece la sua comunicazione; ilSelvaggio non sarebbe intervenuto <strong>al</strong>la seduta.Lenina provò di colpo tutte le sensazioni che norm<strong>al</strong>mente siesperimentano <strong>al</strong> termine d'un trattamento di Surrogato di PassioneViolenta: un senso di vuoto spaventoso, una apprensione ansimante, lanausea. <strong>Il</strong> suo cuore pareva aver cessato di battere.'Forse è perché non gli piaccio' disse fra sé. E subito questa ipotesidiventò una certezza stabilita. John aveva ricusato di venire perchélei non gli piaceva. Lei non gli piaceva...«E' davvero un po' eccessivo» diceva la Direttrice di Eton <strong>al</strong>Direttore dei Crematori e del Ricupero del Fosforo «quando penso cheio, proprio...»«Sì» fece la voce di Fanny Crowne «è assolutamente vera la storiadell'<strong>al</strong>cool. Ho conosciuto un t<strong>al</strong>e che conosceva un t<strong>al</strong>e che lavorava<strong>al</strong> Deposito degli Embrioni a quell'epoca. Esso ha detto <strong>al</strong>la miaamica, e la mia amica mi ha riferito...»«E' davvero desolante» disse Enrico Foster per simpatia conl'Arcicantore. «Vi interesserà forse sapere che il nostro ex Direttoreè stato sul punto di trasferirlo in Islanda.»Trafitto da ciascuna delle parole che erano pronunciate, il p<strong>al</strong>lonegonfiato della festosa autoes<strong>al</strong>tazione di Bernardo si venivasgonfiando per mille strappi. P<strong>al</strong>lido, desolato, umiliato e agitato,egli si muoveva in mezzo ai suoi invitati, b<strong>al</strong>bettando delle scuseincoerenti, assicurandoli che la prossima volta il Selvaggio cisarebbe stato certamente, supplicandoli di accomodarsi, di gradire unpanino <strong>al</strong>la carota, una fetta di pasticcio <strong>al</strong>la vitamina A, una coppadi pseudo-spumante. Essi mangiavano secondo le forme, ma fingevano dinon vederlo, bevevano e si mostravano grossolani nei suoi riguardioppure parlavano di lui fra loro, a voce <strong>al</strong>ta e in modo offensivo comese egli non ci fosse.100


«E adesso, amici miei» disse l'Arcicantore di Canterbury con quellamagnifica voce risuonante con cui guidava le fasi delle cerimonie delGiorno di Ford «adesso, amici miei, mi sembra venuto il momento...»Si <strong>al</strong>zò, depose la coppa, fece cadere d<strong>al</strong> panciotto di viscosa ross<strong>al</strong>e briciole d'un considerevole spuntino, e si avviò verso la porta.Bernardo si precipitò innanzi per fermarlo.«Dovete proprio, signor Arcicantore?... E' ancora molto presto. Avevosperato che voi avreste...»Sì, che cosa non aveva sperato, quando Lenina in confidenza gli avevadetto che l'Arcicantore avrebbe accettato un invito se gli fosse statorivolto! 'Egli è davvero molto gentile, sapete.' E aveva mostrato aBernardo la piccola chiusura automatica d'oro in forma di T chel'Arcicantore le aveva donato per ricordo del giorno di vacanzach'essa aveva passato <strong>al</strong>la Cantoria diocesana.'Saranno presenti l'Arcicantore di Canterbury e il signor Selvaggio.'Bernardo aveva proclamato il proprio trionfo su ciascuno dei bigliettid invito. Ma il Selvaggio aveva scelta quella sera, fra tutte le sere,per chiudersi nella sua camera, per gridare "Hàni!" e anche (fortunache Bernardo non comprendeva lo Zuñi) "Sons éso tse-na!". Quello chedoveva essere il momento culminante di tutta la carriera di Bernardoaveva finito per essere il momento della sua maggiore umiliazione.«Avevo tanto sperato...» ripeteva b<strong>al</strong>bettando e guardando il grandedignitario con occhi imploranti e smarriti.«Mio giovane amico» disse l'Arcicantore con un tono di grave e solenneseverità; ci fu un silenzio gener<strong>al</strong>e. «Permettete che vi dia unconsiglio» agitò il dito verso Bernardo «prima che sia troppo tardi.Una parola di saggio consiglio» la sua voce divenne sepolcr<strong>al</strong>e.«Correggetevi, mio giovane amico, correggetevi.» Gli fece il segno delT e gli voltò le sp<strong>al</strong>le. «Lenina mia cara» disse con <strong>al</strong>tro tono«venite con me.»Obbediente, ma senza sorriso e (completamente insensibile <strong>al</strong>l'onoreche le era fatto) senza gioia, Lenina uscì d<strong>al</strong>la stanza dietro lui.Gli <strong>al</strong>tri invitati lo seguirono dopo un rispettoso interv<strong>al</strong>lo.L'ultimo sbatté la porta. Bernardo restò solo.Trafitto, completamente sgonfiato, si lasciò cadere su una sedia e,coprendosi il volto con le mani, si mise a piangere. Dopo qu<strong>al</strong>cheminuto, tuttavia, si riprese e inghiottì quattro compresse di "soma".Su in <strong>al</strong>to, nella sua camera, il Selvaggio leggeva "Romeo eGiulietta".Lenina e l'Arcicantore discesero sul tetto della Cantoria.«Su, presto, mio giovane amico, voglio dire Lenina» gridò impazientel'Arcicantore presso la porta dell'ascensore. Lenina, che si eraattardata un momento per guardare la luna, abbassò gli occhi e siaffrettò ad attraversare il tetto per raggiungerlo."Una nuova teoria della biologia" era il titolo della memoria cheMustafà Mond aveva finito <strong>al</strong>lora di leggere. Rimase per qu<strong>al</strong>che temposeduto, corrugando la fronte con aria meditabonda, poi afferrò lapenna e scrisse attraverso la pagina del titolo: '<strong>Il</strong> modo con cuil'autore tratta matematicamente la concezione di fine è <strong>nuovo</strong> e<strong>al</strong>tamente ingegnoso, ma eretico, e, per ciò che concerne il presenteordine soci<strong>al</strong>e, dannoso e sovversivo in potenza. "Non è da101


pubblicare"'. Sottolineò queste parole. 'L'autore sarà tenuto sottosorveglianza speci<strong>al</strong>e. <strong>Il</strong> suo trasferimento <strong>al</strong>la stazione BiologicaMarina di Sant'Elena potrà rendersi necessario'.'Peccato' pensò, mentre firmava. Era un lavoro da maestro. Ma unavolta che si comincia ad ammettere delle spiegazioni d'ordinefin<strong>al</strong>ista, non si sa qu<strong>al</strong>e possa essere il risultato. E' questo genered'idee che può facilmente far discondizionare gli spiriti più debolitra le caste superiori, che può far loro perdere la fede nellafelicità come Bene Sovrano e far loro credere, viceversa, che la metaè comunque <strong>al</strong>trove, in qu<strong>al</strong>che punto <strong>al</strong> di fuori della presente sferaumana; che il fine della vita non è il mantenimento del benessere, maqu<strong>al</strong>che intensificazione e raffinamento della coscienza, qu<strong>al</strong>cheaccrescimento del sapere. Ciò che, si disse il Governatore, puòbenissimo essere vero, ma non ammissibile nelle presenti circostanze.Riprese la penna, e sotto le parole "Non è da pubblicare" tracciò unaseconda riga, più grossa e più nera della prima; poi sospirò.'Come sarebbe bello' rifletté 'se non si dovesse pensare <strong>al</strong>lafelicità!'Con gli occhi chiusi, il volto luminoso ed estasiato, John declamavadolcemente nel vuoto:«Oh! essa insegna <strong>al</strong>le torce a risplendere!Si direbbe ch'è sospesa <strong>al</strong>la guancia della notteCome un meraviglioso gioiello <strong>al</strong>l'orecchio d'un Etiope:Bellezza troppo ricca per l'uso; per la terra troppo cara...» (5).<strong>Il</strong> T d'oro brillava sul petto di Lenina. Energicamente l'Arcicantorelo afferrò, energicamente tirò, tirò.«Penso» disse Lenina improvvisamente rompendo un lungo silenzio «chefarei meglio a prendere due grammi di "soma".»Bernardo, frattanto, s'era profondamente addormentato e sorrideva <strong>al</strong>paradiso particolare dei suoi sogni. Sorrideva, sorrideva. Mainesorabilmente, ogni trenta secondi, la lancetta dei minuti dellapendola elettrica appesa sopra la sua testa b<strong>al</strong>zava avanti con unpiccolo clik quasi impercettibile. Clik, clik, clik... E fu ilmattino. Bernardo si ritrovò tra le miserie dello spazio e del tempo.In uno stato d'animo di profonda depressione egli si recò in tassì <strong>al</strong>lavoro, <strong>al</strong> Centro di Condizionamento. L'ebbrezza del successo erasvaporata; egli era, passati i fumi, il suo antico se stesso; e percontrasto con la gonfiatura temporanea di quelle ultime settimane,l'antico se stesso sembrava essere, come non mai prima, più pesantedell'atmosfera circostante.Al Bernardo sgonfiato, il Selvaggio dimostrò una simpatia inaspettata.«Ora somigliate di più a colui ch'eravate a M<strong>al</strong>pais» disse quandoBernardo gli ebbe raccontato la sua dolorosa storia. «Vi ricordatequando abbiamo cominciato a parlare noi due, davanti <strong>al</strong>la piccolacasa? Somigliate a colui ch'eravate <strong>al</strong>lora.»«Perché sono di <strong>nuovo</strong> infelice; ecco perché.»«Ebbene, io preferirei essere infelice piuttosto che avere questaspecie di f<strong>al</strong>sa, menzognera felicità che avete qui.»«Ma bravo!» disse Bernardo amaramente. «E dire che siete proprio voi102


la causa di tutto, rifiutando di intervenire <strong>al</strong> mio ricevimento e pert<strong>al</strong> modo volgendomeli tutti contro!» Egli sapeva che ciò che stavadicendo era assurdamente ingiusto; ammise nel suo intimo, e infineanche a viva voce, la verità di tutto quello che il Selvaggio ora glidiceva intorno <strong>al</strong>lo scarso v<strong>al</strong>ore di amici che potevano trasformarsi,dopo un affronto così lieve, in avversari accaniti. Ma ad onta che losapesse e che lo ammettesse, ad onta del fatto che il sostegno e lasimpatia del suo amico fossero ormai il suo solo conforto, Bernardocontinuò perversamente a nutrire, accanto <strong>al</strong> suo affetto perfettamentesincero, un segreto rancore contro il Selvaggio, e a meditare un pianodi piccole vendette da esercitare contro di lui. Nutrire un rancorecontro l'Arcicantore era inutile; non c'era nessuna possibilità diessere vendicato del Capo Travasatore o dell'Assistente <strong>al</strong>laPredestinazione. In quanto vittima, il Selvaggio possedeva, perBernardo, questa enorme superiorità sugli <strong>al</strong>tri; che era accessibile.Una delle funzioni princip<strong>al</strong>i d'un amico consiste nel subire (in unaforma più dolce e simbolica) i castighi che desidereremmo infliggere,ma non possiamo, ai nostri nemici.L'<strong>al</strong>tro amico-vittima di Bernardo era Helmholtz. Quando, sconfitto,venne di <strong>nuovo</strong> a cercare questa amicizia che nella prosperità nonaveva giudicato utile conservare, Helmholtz gliela restituì, e glielarestituì senza un rimprovero, senza un commento, come se avessedimenticato che c'era stato un contrasto.Colpito, Bernardo si trovò nello stesso tempo umiliato da quellamagnanimità: una magnanimità tanto più straordinaria in quanto nondoveva nulla <strong>al</strong> "soma" e tutto <strong>al</strong> carattere di Helmholtz.Era l'Helmholtz della vita quotidiana che dimenticava e perdonava, nonl'Helmholtz d'una vacanza di mezzo grammo. Bernardo si dimostròriconoscente (era un conforto enorme aver ritrovato l'amico), ma anchepieno di risentimento (gli avrebbe fatto piacere vendicarsi diHelmholtz per la sua generosità).Al loro primo incontro dopo la separazione, Bernardo diede liberocorso <strong>al</strong>la storia delle sue miserie e accettò la consolazione. Fusoltanto qu<strong>al</strong>che giorno più tardi che apprese, con suo stupore e conuna punta di vergogna, che non era solo a trovarsi in difficoltà.Anche Helmholtz si era messo in conflitto con le autorità.«E' a proposito di qu<strong>al</strong>che verso» spiegò. «Tenevo il mio corsoordinario di Tecnica Emotiva Superiore per gli studenti del terzoanno. Dodici lezioni, la settima delle qu<strong>al</strong>i è sul tema: 'Dell'uso deiversi nella propaganda mor<strong>al</strong>e e nella pubblicità' per essere preciso.Io illustro sempre la mia lezione con un buon numero di esempitecnici. Quella volta pensai d'offrirne loro uno che avevo appenascritto. Pura demenza, d'accordo, ma non potei resistere.» Si mise aridere. «Ero curioso di vedere qu<strong>al</strong>i sarebbero state le loro reazioni.D'<strong>al</strong>tra parte,» aggiunse più gravemente «volevo fare un briciolo dipropaganda; tentai di condurli a risentire ciò che io avevo provatoscrivendo quei versi. Ford!» rise di <strong>nuovo</strong>. «Successe un putiferio. <strong>Il</strong>Direttore mi chiamò e mi minacciò di imminente licenziamento. Sono unuomo sorvegliato.»«Ma com'erano questi versi?» chiese Bernardo.«Trattavano dell'essere soli.»Bernardo inarcò le sopracciglia.103


«Te li recito, se vuoi.» E Helmholtz cominciò:«Comitato di ierironza, ma un'eco spezzata,mezzanotte nella città,fluttua nel vuoto;labbra contratte, visi addormentati,vere macchine in riposo,i luoghi muti e in disordinedove la folla è stata,tutti i silenzi lieti,tristi, sonori e profondiparlano, ma con la vocedi chi, io non so.L'assenza, dico, di Susanna,l'assenza di Egeriadelle loro braccia e rispettivi seni,labbra e, ah, deretani,finisce per formare una presenza;di chi? e, io domando, di qu<strong>al</strong>e,per quanto assurda essenza,questa, ove non è che il niente,che la notte fonda popola assai megliodi ciò con cui noi copuliamoche mi sembra essere così triste?«Bene, io ho dato loro questo come esempio, ed essi mi hannodenunciato <strong>al</strong> Direttore.»«Non ne sono sorpreso» disse Bernardo. «E' completamente contrario<strong>al</strong>le loro nozioni durante il sonno. Ricordati che hanno sorbito <strong>al</strong>menoun quarto di milione di avvertimenti contro la solitudine.»«Lo so. Ma pensavo che mi sarebbe piaciuto vedere qu<strong>al</strong>e effetto nesarebbe risultato.»«Bene, adesso l'hai visto.»Helmholtz si contentò di ridere. «Credo» disse «di cominciare ad avereun soggetto chiaro su cui scrivere, di cominciare ad essere capace diusare di questo potere che sento di avere dentro di me. Mi pare quasiche venga a me.»'Ad onta di tutte le sue noie, egli pare' pensò Bernardo'profondamente felice.'Helmholtz e il Selvaggio simpatizzarono subito l'uno con l'<strong>al</strong>tro. Cosìcordi<strong>al</strong>mente anzi, che Bernardo ne provò un acuto morso di gelosia.In tutte quelle settimane egli non era giunto, col Selvaggio, a unaintimità così stretta come quella che Helmholtz aveva d'un subitoraggiunta.Guardandoli, ascoltando i loro discorsi, egli arrivava t<strong>al</strong>volta arimpiangere con risentimento di averli condotti a conoscersirispettivamente. Si vergognava della sua gelosia e <strong>al</strong>ternativamentefaceva degli sforzi di volontà e prendeva del "soma" per vietarsi diprovarla. Ma i suoi sforzi rimasero inefficaci; e tra le vacanze del"soma" c'erano, necessariamente, degli interv<strong>al</strong>li. <strong>Il</strong> sentimentoodioso si ostinò a ritornare.104


Al suo terzo incontro col Selvaggio, Helmholtz recitò i suoi versisulla Solitudine.«Cosa ne pensate?» domandò quand'ebbe terminato. <strong>Il</strong> Selvaggio crollòla testa. «Ascoltate questi» fu la sua risposta e, dischiuso con lachiave il cassetto nel qu<strong>al</strong>e custodiva il suo libro rosicchiato daitopi, lo aperse e lesse:«Che l'uccello d<strong>al</strong> canto più forte,sull'unico <strong>al</strong>bero d'Arabia,stia, ar<strong>al</strong>do triste, e trombetti...»Helmholtz ascoltava con crescente emozione. All''unico <strong>al</strong>berod'Arabia' sussultò; a 'te, messaggero squillante', sorrised'improvviso piacere; a 'ogni uccello d'<strong>al</strong>a tirannica' il sangue gliaffluì <strong>al</strong> viso; ma <strong>al</strong>la 'musica funebre' imp<strong>al</strong>lidì e tremòd'un'emozione senza precedenti. <strong>Il</strong> Selvaggio lesse ancora:«La proprietà fu così atterritache il mio io non era più lo stessonatura unica e doppio nomeche né due né uno si chiamava.La ragione in se stessa confusavide la divisione crescere insieme...»«'Orgy-porgy!'» disse Bernardo interrompendo la lettura con una risat<strong>al</strong>unga ed antipatica. «E' proprio un canto da Servizio di Solidarietà.»Si vendicava così dei due amici ch'erano affezionati l'uno <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tropiù di quanto non lo fossero a lui.Nel corso di due o tre <strong>al</strong>tri incontri egli ripeté frequentementequesto piccolo atto di vendetta. Era semplice, poiché entrambi,Helmholtz e il Selvaggio, erano vivamente addolorati d<strong>al</strong>la rottura ed<strong>al</strong>la contaminazione di un caro crist<strong>al</strong>lo poetico, anchestraordinariamente efficace. Alla fine Helmholtz minacciò di cacciarloa c<strong>al</strong>ci fuori della stanza se osava interrompere di <strong>nuovo</strong>. E tuttavia,cosa strana, la nuova interruzione, la più disgustosa di tutte, venned<strong>al</strong>lo stesso Helmholtz.<strong>Il</strong> Selvaggio leggeva ad <strong>al</strong>ta voce "Romeo e Giulietta"; leggeva (poichéper tutto il tempo vedeva se stesso come Romeo e Lenina comeGiulietta) con intensa e vibrante passione. Helmholtz aveva ascoltatola scena dell'incontro dei due amanti con un interesse imbarazzato. Lascena del giardino l'aveva rapito con la sua poesia, ma i sentimentiespressi l'avevano fatto sorridere. Mettersi in uno stato simile peravere una donna gli sembrava piuttosto ridicolo. Ma a prendereparticolare per particolare, che superbo lavoro di genio emotivo!«Questo vecchione» disse «fa sembrare assolutamente idioti i nostritecnici della propaganda.»<strong>Il</strong> Selvaggio sorrise trionfante e riprese la lettura. Tutto andòpassabilmente bene sino a quando, nell'ultima scena del terzo atto,Capuleti e Lady Capuleti cominciano a voler persuadere per forzaGiulietta a sposare Paride. Helmholtz si era mostrato agitato durantetutta la scena; ma quando, pateticamente mimata d<strong>al</strong> Selvaggio,105


Giulietta gridò:«Non esiste pietà nelle nubi,che veda nel profondo del mio dolore?Oh, mia dolce madre, non respingermi!Ritarda queste nozze d'un mese, d'una settimana;o, se non vuoi, fa il letto nuzi<strong>al</strong>ein questa oscura cappella dove Tib<strong>al</strong>do riposa...»Quando Giulietta ebbe detto ciò, Helmholtz sbottò in uno scrosciogrossolano di riso incontenibile.La madre e il padre (oscenità grottesca) che forzano la figlia aprendere qu<strong>al</strong>cuno di cui lei non vuol sapere! E questa stupida figliache non proclama di prenderne un <strong>al</strong>tro che (per il momento <strong>al</strong>meno)essa preferisce! Nella sua disgustosa assurdità, la situazione erairresistibilmente comica. Egli era riuscito, con uno sforzo eroico, acontenere la pressione crescente della sua ilarità: ma la 'dolcemadre' (col tono tremante d'angoscia del Selvaggio) e l'<strong>al</strong>lusione aTib<strong>al</strong>do che giace lì morto, ma evidentemente non cremato e dilapidanteil suo fosforo in una oscura cappella, fu troppo forte per lui. Eglirise, senza ritegno, sino a che le lacrime gli scesero sulla faccia,rise d'un riso inestinguibile, mentre, p<strong>al</strong>lido per la coscienzadell'offesa, il Selvaggio lo guardava <strong>al</strong> di sopra dell'orlo del libroe poi, come il riso continuava, lo chiuse indignato, si <strong>al</strong>zò e, colgesto di chi leva la perla davanti ai porci, lo rimise nel cassettoche richiuse a chiave.«E tuttavia» disse Helmholtz, quando, avendo ripreso sufficiente fiatoper scusarsi, poté addolcire il Selvaggio e persuaderlo ad ascoltarele sue spiegazioni «so benissimo che c'è bisogno di situazioniridicole e folli come questa; non si può re<strong>al</strong>mente scrivere bene sunessun <strong>al</strong>tro soggetto. Perché questo vecchio era un tecnico cosìportentoso della propaganda? Perché aveva tante cose insensate,crudelmente dolorose, sulle qu<strong>al</strong>i poteva sovreccitarsi. Bisogna esserecolpiti, turbati; senza di che non si trovano le espressioni veramentebuone, penetranti, le frasi a Raggi X. Ma i padri e le madri!» Crollòla testa. «Non potete attendervi ch'io conservi la faccia seriadavanti ai padri e <strong>al</strong>le madri. E chi va dunque a eccitarsi per saperese un uomo avrà una ragazza o non l'avrà?» <strong>Il</strong> Selvaggio fremette, maHelmholtz, il qu<strong>al</strong>e fissava cogitabondo il pavimento, non vide nulla.«No» concluse con un sospiro «così non va. Ci è necessaria qu<strong>al</strong>che<strong>al</strong>tra specie di follia o di violenza. Ma qu<strong>al</strong>e? qu<strong>al</strong>e? Dove possiamotrovarla?» Tacque; poi, crollando la testa, concluse: «Non ne sonulla, non ne so nulla».13.Enrico Foster apparve nella penombra del Deposito degli Embrioni.«Volete venire <strong>al</strong> cinematografo odoroso stasera?» Lenina fece un cennonegativo senza parlare.«Uscite con qu<strong>al</strong>cun <strong>al</strong>tro?» Lo interessava sapere con qu<strong>al</strong>e dei suoiamici era insieme. «E' Benito?» domandò.106


Lenina scosse di <strong>nuovo</strong> la testa.Enrico scoprì la stanchezza in quegli occhi rossi, il p<strong>al</strong>lore sottoquello sguardo di "lupus", la tristezza agli angoli della bocca rossae senza sorriso.«Non siete m<strong>al</strong>ata, per caso?» domandò un po' inquieto, temendo ch'ellasoffrisse di una di quelle m<strong>al</strong>attie contagiose che sussistevanoancora.Lenina scosse un'<strong>al</strong>tra volta la testa.«Comunque, dovreste recarvi a vedere il medico» disse Enrico. «Unmedico <strong>al</strong> giorno e il m<strong>al</strong>e lontano» aggiunse cordi<strong>al</strong>mente facendopenetrare ben a fondo la sua massima ipnopedica con un colpo sullasp<strong>al</strong>la. «Forse avete bisogno d'un Succedaneo di Gravidanza» suggerì.«Oppure d'un trattamento di Succedaneo di Violenta Passionefortissimo. T<strong>al</strong>volta, sapete, il Succedaneo di Passione Norm<strong>al</strong>e non èproprio...»«Oh! per amor di Ford» disse Lenina rompendo il suo ostinato silenzio«tacete!» E si voltò verso i suoi embrioni negletti.Un trattamento di surrogato di P.V., davvero! Ne avrebbe riso se nonfosse stata sul punto di piangere. Come se non avesse abbastanza P.V.per suo conto! Sospirò profondamente mentre riempiva la siringa.'John' mormorò tra sé 'John...' Poi 'Ford mio' si chiese 'ho dato acostui la sua iniezione di m<strong>al</strong>attia del sonno, o non gliel'ho data?'Non poté assolutamente rammentarsene. Infine, decise di non correre ilrischio di dargliene una seconda dose, e si avanzò lungo la fila versoil flacone seguente.A ventidue anni, otto mesi e quattro giorni da quel momento, unpromettente giovane Alfa-Minus, amministratore a Mwanza-Mwanza,sarebbe morto di tripanosomia, il primo caso dopo più di mezzo secolo.Sospirando, Lenina riprese il lavoro.Un'ora più tardi, nello spogliatoio, Fanny protestava energicamente.«Ma è assurdo ridursi in uno stato simile. Semplicemente assurdo»ripeté. «E per chi? Per un uomo, un uomo!»«Ma è colui ch'io voglio.»«Come se non ci fossero milioni d'<strong>al</strong>tri uomini <strong>al</strong> <strong>mondo</strong>!»«Ma io non li voglio.»«Come puoi saperlo se non hai provato?»«Ho provato.»«Ma quante volte?» chiese Fanny <strong>al</strong>zando nervosamente le sp<strong>al</strong>le. «Una,due?»«Dozzine di volte. Ma» aggiunse scuotendo la testa «non mi è servito anulla.»«Ebbene, devi perseverare» disse Fanny sentenziosamente. Ma eraevidente che la sua fiducia nella prescrizione data era stata scossa.«Non si può portare a termine nulla, senza la perseveranza.»«Ma, intanto...»«Non pensare a lui.»«Non posso farne a meno.»«Prendi del "soma", <strong>al</strong>lora.»«E' ciò che faccio.»«Bene, continua.»«Ma intanto egli mi piace. Mi piacerà sempre.»«Allora, se le cose stanno così» disse Fanny decisa «perché non vai107


senza complimenti a prendertelo? Piaccia o non piaccia a lui?»«Se tu sapessi com'è terribilmente bizzarro!»«Ragione di più per una linea di condotta ferma.»«Si fa presto a dirlo.»«Non sopportare sciocchezze. Fatti ci vogliono.» La voce di Fanny erauna trombetta. Avrebbe potuto sembrare una conferenziera della Y.W.F.A. mentre tiene una conversazione ser<strong>al</strong>e ai Beta-Minus adolescenti.«Sì, fatti, e subito. Adesso.»«Ho paura» disse Lenina.«Ebbene, hai solo da prendere prima un mezzo grammo di "soma". E oravado a fare il bagno.» Partì decisa, trascinandosi dietro las<strong>al</strong>vietta.<strong>Il</strong> campanello squillò e il Selvaggio, il qu<strong>al</strong>e sperava con impazienzache Helmholtz si facesse vedere quel pomeriggio (perché essendosifin<strong>al</strong>mente deciso a parlare a Helmholtz di Lenina, non potevatollerare di ritardare d'un momento le sue confidenze), b<strong>al</strong>zò in piedie corse <strong>al</strong>la porta.«Ho avuto il presentimento ch'eravate voi, Helmholtz» gridò mentreapriva.Sulla soglia, in costume <strong>al</strong>la marinara di raso <strong>al</strong>l'acetato, con unberretto bianco inclinato <strong>al</strong>la sbarazzina sull'orecchio sinistro,stava Lenina.«Oh!» esclamò il Selvaggio come se qu<strong>al</strong>cuno gli avesse menato un colpovigoroso.Un mezzo grammo era bastato per far scordare a Lenina i suoi timori ele sue incertezze.«Allò, John» disse sorridendo; e passandogli davanti entrò nellastanza. Automaticamente egli chiuse la porta e la seguì. Leninasedette. Ci fu un lungo silenzio.«Non sembrate molto contento di vedermi, John» disse lei fin<strong>al</strong>mente.«Non contento?» <strong>Il</strong> Selvaggio la guardò con aria di rimprovero; poiimprovvisamente le cadde in ginocchio davanti, e, presa una mano diLenina, la baciò con rispetto. «Non contento? Oh! Se sapeste!» mormoròe, arrischiandosi ad <strong>al</strong>zarle gli occhi in faccia, aggiunse «AdorataLenina, apice medesimo dell'adorazione, degna di ciò che vi ha di piùcaro <strong>al</strong> <strong>mondo</strong>».Lei gli sorrise con deliziosa tenerezza.«Oh! voi siete così perfetta» (ella si chinava verso di lui con lelabbra semiaperte) «così perfetta e senza egu<strong>al</strong>i siete stata creata»(sempre più presso) «colla parte migliore di tutte le creature.»Ancora più vicino. <strong>Il</strong> Selvaggio si rimise d'un colpo in piedi.«E' perché» disse parlando senza guardarla «volevo prima fare qu<strong>al</strong>checosa... Voglio dire, provare che ero degno di voi. Non che io possadavvero mai riuscirvi. Ma volevo <strong>al</strong>meno provare che non sono del tutto"indegno". Volevo fare qu<strong>al</strong>che cosa.»«Perché credete che sia necessario...» cominciò Lenina, ma non finì lafrase. C'era una nota d'irritazione nella sua voce. Quand'una si chinain avanti, sempre più presso, con le labbra semiaperte, soltanto perpoi trovarsi, tutt'a un tratto, mentre un imbecille si ri<strong>al</strong>za, piegatasopra un bel niente, evvia, c'è una ragione, sia pure un mezzo grammodi "soma" circolante nella corrente sanguigna, una buona ragione108


d'essere irritati.«A M<strong>al</strong>pais» b<strong>al</strong>bettava incoerentemente il Selvaggio «bisognava portarela pelle d'un leone delle montagne... voglio dire, quando sidesiderava sposare qu<strong>al</strong>cuna.»«Non ci sono leoni in Inghilterra» disse Lenina quasi con violenza.«E anche se ce ne fossero» aggiunse il Selvaggio con risentimentoimprovviso e sprezzante «li ucciderebbero in elicottero, penso, coigas tossici o qu<strong>al</strong>che cosa di simile. Io non farò questo, Lenina!»Inarcò indietro le sp<strong>al</strong>le, si arrischiò a sbirciarla e si incontrò conuno sguardo di incomprensione irritata. Riprese confuso e sempre piùincoerente: «Farei qu<strong>al</strong>siasi cosa. Qu<strong>al</strong>siasi cosa che voi miordinaste. Ci sono delle occupazioni penose, lo sapete. Ma la lorodifficoltà le rende più deliziose. Ecco ciò che provo. Voglio dire chespazzerei il pavimento se lo desideraste».«Ma noi abbiamo degli aspiratori qui» disse Lenina sb<strong>al</strong>ordita «non ènecessario.»«No certo, non è necessario. Ma vi sono certe specie di bassezze chesi subiscono nobilmente. Io vorrei subire qu<strong>al</strong>che cosa nobilmente, nonvedete?»«Ma poiché ci sono gli aspiratori...»«Non è questo il punto.»«... e gli Epsilon semiaborti per farli funzionare» continuò lei«<strong>al</strong>lora, proprio, "perché?"»«Perché? Ma per voi, per voi. Appunto per provarvi che io vi...»«E questa faccenda degli aspiratori che cosa c'entra coi leoni?...»«Per provarvi quanto...»«... o i leoni col fatto che siete contento di vedermi?» Essa siandava sempre più esasperando.«... quanto io vi amo, Lenina» egli riuscì a dire quasidisperatamente.Come un simbolo d'interna corrente di gioia improvvisa, il sangueaffluì <strong>al</strong>le guance di Lenina. «Che dite, John?»«Ma io non avevo l'intenzione di dir questo» gridò il Selvaggiogiungendo le mani in una crisi di dolore. «Non prima che... Ascoltate,Lenina, a M<strong>al</strong>pais ci si sposa.»«Cosa?» L'irritazione aveva ripreso a dominare la sua voce. Di checosa stava ora parlando?«Per sempre, ci si scambia la promessa di vivere insieme per sempre.»«Che orribile idea!» Lenina era sinceramente scand<strong>al</strong>izzata.«'Sopravvivendo <strong>al</strong>la forma esteriore della bellezza, con uno spiritoche si rinnova più in fretta di quanto il sangue non perisca.' (6)»«Cosa?»«E' proprio come in Shakespeare. 'Se tu rompi il nodo vergin<strong>al</strong>e primache tutte le sante cerimonie possano col loro rito completo esacro...' (7)»«Per amor di Ford, John, parlate sensato. Io non riesco a comprendereuna parola di ciò che dite. Prima erano gli aspiratori, poi i nodi.Voi mi rendete pazza.»S<strong>al</strong>tò in piedi e, quasi temesse ch'egli potesse fuggire davanti a leifisicamente come faceva in ispirito, lo afferrò per il polso.«Rispondete a questa domanda: vi piaccio veramente o no?»Ci fu un momento di silenzio, poi con voce bassissima egli rispose:109


«Io v'amo più d'ogni cosa <strong>al</strong> <strong>mondo</strong>».«Allora, perché non me lo dicevate?» esclamò lei; e la suaesasperazione era così intensa che gli conficcò le unghie affilatenella pelle del polso. «Invece di continuare a vaneggiare di nodi, diaspiratori e di leoni, e di rendermi infelice per settimane esettimane!»Lasciò andare la sua mano e la respinse con collera.«Se non mi piaceste tanto» disse «sarei furibonda con voi.»E improvvisamente le sue braccia gli circondarono il collo; egli sentìle labbra di lei umide sulle sue. Così deliziosamente umide, cosìtiepide ed elettriche ch'egli si trovò fat<strong>al</strong>mente a pensare agliabbracci di "Tre settimane in elicottero".Uh! Uh! la bionda stereoscopica, e aah! il negro più che re<strong>al</strong>e.Orrore, orrore, orrore... Tentò di liberarsi, ma Lenina intensificò lasua stretta.«Perché non lo dicevate?» mormorò <strong>al</strong>lontanando il viso per guardarlo.I suoi occhi erano pieni di tenero rimprovero.«'L'<strong>al</strong>tro più oscuro, il posto più opportuno»» la voce della coscienzatuonava poeticamente ««la più forte suggestione che il nostro piùcattivo genio può offrirvi, non potrà mai precipitare il mio onore inconcupiscenza.' (8)»«Mai, mai!» decise.«Stupido ragazzo!» lei disse. «Io vi desideravo così ardentemente. Ese voi pure mi desideravate, perché non avete...»«Ma Lenina...» cominciò lui a protestare, e come ella <strong>al</strong>lentòimmediatamente le braccia e si ritrasse davanti a lui, credette per unattimo che ella mettesse in pratica il suo tacito consiglio. Ma comeLenina si sbottonò la cintura di cuoio bianco verniciato e l'appesecon cura <strong>al</strong> dorso di una sedia, cominciò a sospettare d'essersiingannato.«Lenina!» ripeté <strong>al</strong>larmato.Lei si portò la mano <strong>al</strong> collo e diede un lungo strattone vertic<strong>al</strong>e; lasua blusa bianca <strong>al</strong>la marinara si aprì fino <strong>al</strong>l'orlo; il sospetto sicondensò in troppo, troppo solida certezza:«Lenina che fate?»Zip, zip! La sua risposta fu senza parole. Si liberò dei pant<strong>al</strong>oni acampana. La sua combinazione a chiusura automatica, una conchigliarosa p<strong>al</strong>lido. <strong>Il</strong> T d'oro dell'Arcicantore le pendeva sul petto.'Perché queste lattee mammelle che attraverso sbarre di finestracolpiscono gli occhi degli uomini...' (9) Le parole cantanti, sonanti,magiche, la facevano sembrare doppiamente pericolosa, doppiamentetentante. Dolci, dolci, ma come penetranti! Penetranti e affondantisinella ragione, perforanti la risoluzione.'I giuramenti più s<strong>al</strong>di sono paglia per il fuoco che è nel sangue...Essere più continenti, se no...' (10).Zip! La conchiglia rosa si aperse come una mela nettamente divisa. Uncontorcimento delle braccia, il sollevamento, prima del piede destro,poi del sinistro; la combinazione a chiusura automatica giaceva senzavita e come sgonfiata sul pavimento.Indossando ancora le c<strong>al</strong>ze e le scarpette, e col berretto biancopiantato <strong>al</strong>la sbarazzina sulla testa, lei avanzò verso di lui.«Caro! Caro! Se tu l'avessi detto prima!» Tese le braccia.110


Ma invece di dire anche lui 'Cara!' e di tendere le braccia, ilSelvaggio retrocedette pieno di terrore, agitando le mani verso di leicome se tentasse di scacciare qu<strong>al</strong>che anim<strong>al</strong>e importuno e pericoloso.Quattro passi indietro, e si trovò addossato <strong>al</strong> muro.«Amore!» disse Lenina e, posandogli le mani sulle sp<strong>al</strong>le, si strinse <strong>al</strong>ui. «Circondami con le tue braccia» comandò. «Stringimi fino a farmim<strong>al</strong>e, carezzami.» Anche lei aveva della poesia <strong>al</strong> suo servizio,conosceva le parole che cantano e affascinano e risuonano cometamburi. «Baciami» chiuse gli occhi e smorzò la sua voce in unmormorio trasognato «baciami sino a che io sia in coma. Stringimi,fammi m<strong>al</strong>e, carezzami...»<strong>Il</strong> Selvaggio l'afferrò per i polsi, si strappò d<strong>al</strong>le sp<strong>al</strong>le le suemani, la respinse brut<strong>al</strong>mente <strong>al</strong>la distanza d'un braccio.«Ahi, mi fai m<strong>al</strong>e, mi fai... oh!» Tacque improvvisamente. <strong>Il</strong> terrorele fece scordare lo spasimo. Aprendo gli occhi aveva visto la facciadi John... no, non la sua faccia, ma quella di un <strong>al</strong>tro, di unostraniero feroce, p<strong>al</strong>lido, convulso, contratto da qu<strong>al</strong>che insano,inesplicabile furore. Sussurrò spaventata: «Ma che cosa c'è, John?».Egli non rispose, ma soltanto la fissò in volto con quei suoi occhidementi. Le mani che le stringevano i polsi tremavano. Egli respiravaprofondamente e irregolarmente. Lieve, quasi un rumore impercettibile,ma tuttavia spaventoso, essa sentì improvviso lo scricchiolio dei suoidenti.«Che cosa c'è?» urlò, quasi.E come se fosse stato risvegliato d<strong>al</strong> suo grido, egli la prese per lesp<strong>al</strong>le e la scosse:«Prostituta!» imprecò. «Prostituta! Impudente cortigiana!»«Oh! no, no» protestò lei con una voce grottescamente tremolante perle scosse.«Prostituta!»«Te ne supplico...»«'M<strong>al</strong>edetta prostituta!' (11)»«Un gram... mo è me... eglio...» cominciò.<strong>Il</strong> Selvaggio la respinse con t<strong>al</strong>e violenza che essa barcollò e cadde.«Vattene» gridò lui standole sopra minaccioso. «Via d<strong>al</strong> mio sguardo ot'ammazzo.» E strinse i pugni.Lenina <strong>al</strong>zò il braccio per coprirsi la faccia. «No, te ne supplico,John...»«Spicciati. Presto!»Col braccio sempre <strong>al</strong>zato e seguendo ogni movimento di lui con occhiterrorizzati, lei si rimise in piedi a metà, accovacciandosi ecoprendosi sempre la testa, fece un s<strong>al</strong>to verso la stanza da bagno.<strong>Il</strong> rumore della percossa prodigiosa d<strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e la sua mossa fuaccelerata fu simile a un colpo di pistola.«Ahi!» Lenina b<strong>al</strong>zò innanzi.Chiusa <strong>al</strong> sicuro nella stanza da bagno, ebbe agio di passare inrassegna i suoi lividi. In piedi, con la schiena verso lo specchio,rivolse indietro la testa. Guardando <strong>al</strong> di sopra della sp<strong>al</strong>la destrapoté vedere l'impronta di una mano aperta spiccare distinta e roventesulla sua carne di madre perla. Delicatamente si stropicciò la partecolpita.Fuori, nell'<strong>al</strong>tra stanza, il Selvaggio andava avanti e indietro,111


camminava in su e in giù, <strong>al</strong> suono dei tamburi e della musica delleparole magiche. 'L'uccelletto vi si getta, e la piccola mosca doratasi abbandona <strong>al</strong>la lussuria sotto il mio sguardo.' (12) Esse glirombavano follemente nelle orecchie. 'La puzzola e il cav<strong>al</strong>loimpazzito non vi si gettano con più sfrenato appetito. D<strong>al</strong>la cintolain su sono Centauri, benché sotto siano donne. Gli Dei ne prendonopossesso solo sino <strong>al</strong>la cintola. Sotto, tutto è dei dèmoni. C'èl'inferno, ci sono le tenebre, c'è l'abisso di zolfo che brucia, cheribolle; la puzza, la distruzione; puah, puah! Datemi un'oncia dizibetto, buon spezi<strong>al</strong>e, per addolcirmi l'immaginazione.' (13)«John!» azzardò d<strong>al</strong>la stanza da bagno una vocetta insinuante. «John!»'Oh cattiva erba che sei sì deliziosa e il cui profumo è così dolceche il senso ne soffre! Questo libro così bello era dunque fatto perscriverci "prostituta"? <strong>Il</strong> cielo si tura il naso <strong>al</strong> suoavvicinarsi...' (14).Ma il profumo di Lenina fluttuava ancora attorno a lui, il suo vestitoera bianco della polvere che aveva profumato il corpo di leivellutato. 'Impudente cortigiana, impudente cortigiana, impudentecortigiana.' <strong>Il</strong> ritmo inesorabile continuava a martellarlo.'Impudente...'«John, credete che potrei riprendere i miei vestiti?»Egli raccolse i c<strong>al</strong>zoni a campana, la blusa, la combinazione achiusura automatica.«Aprite!» ordinò sparando un c<strong>al</strong>cio <strong>al</strong>l'uscio.«No, non posso!» La sua voce era pur spaventata e sfrontata.«Allora come volete che io ve li dia?»«Passateli attraverso il finestrino sopra l'uscio.»Egli fece ciò che lei gli suggeriva e riprese a percorrere inquieto lastanza. 'Impudente cortigiana, impudente cortigiana. <strong>Il</strong> demonioLussuria, con le sue grosse natiche e il suo dito a forma dipatata...' (15).«John!»Egli non volle rispondere. '... grosse natiche e dito a forma dipatata...'«Che cosa c'è?» domandò brut<strong>al</strong>mente.«Vorrei sapere se non mi dareste la mia cintura m<strong>al</strong>thusiana.»Lenina rimase seduta ascoltando il rumore dei passi nell'<strong>al</strong>tra stanza,chiedendosi, mentre ascoltava, quanto tempo egli avrebbe continuato acamminare su e giù a quel modo, se avrebbe dovuto aspettare ch'egliabbandonasse l'appartamento; oppure se sarebbe prudente, dopo averaccordato <strong>al</strong>la sua follia un lasso di tempo ragionevole per c<strong>al</strong>marsi,aprire l'uscio della stanza da bagno e precipitarsi fuori a s<strong>al</strong>ti.Fu interrotta nel mezzo di queste inquiete speculazioni d<strong>al</strong>la suoneriadel telefono che squillò nell'<strong>al</strong>tra stanza. <strong>Il</strong> trepestio cessòd'incanto. Intese la voce del Selvaggio che parlamentava col silenzio:«Pronto.»«...»«Sì.»«...»«Se non mi prendo per un <strong>al</strong>tro, sono io.»«...»«Sì, non avete sentito quando l'ho detto? Parla il Selvaggio.»112


«...»«Cosa? Chi è m<strong>al</strong>ato? Certo che m'interessa.»«...»«E' una cosa seria? Sta veramente m<strong>al</strong>e? Vengo subito...»«...»«Non è più nel suo appartamento? Dove l'hanno portata?»«...»«O mio Dio! qu<strong>al</strong> è l'indirizzo?»«...»«3, Park Lane... è così? Tre? Grazie.»Lenina sentì il rumore met<strong>al</strong>lico del ricevitore riappeso, poi deipassi precipitati. Una porta sbatté. Poi fu silenzio. Se n'eraveramente andato?Con un'infinità di precauzioni socchiuse l'uscio d'un mezzocentimetro, sbirciò attraverso la fessura, fu incoraggiata d<strong>al</strong>la vistadella solitudine, aprì un po' di più, spinse innanzi tutta la testa;fin<strong>al</strong>mente entrò in punta di piedi nella stanza, rimase qu<strong>al</strong>chesecondo, col cuore che le batteva forte, ad ascoltare, ad ascoltare;poi corse <strong>al</strong>la porta d'ingresso, l'aperse, scivolò fuori, la chiuse dicolpo, e via. Fu solamente quando si trovò nell'ascensore e vi siabbandonò letter<strong>al</strong>mente che cominciò a sentirsi davvero <strong>al</strong> sicuro.14.L'osped<strong>al</strong>e di Park Lane per moribondi era una torre di sessanta piani,in mattonelle d'un gi<strong>al</strong>lo primaverile. Mentre il Selvaggio discendevad<strong>al</strong> suo tassicoptero, un convoglio di feretri aerei dai colori <strong>al</strong>legrisi <strong>al</strong>zò rombando d<strong>al</strong> tetto e filò <strong>al</strong> di sopra del parco, versooccidente, a destinazione del Forno Crematorio di Slough.All'ingresso dell'ascensore, il capo portiere gli diede leinformazioni richieste, ed egli discese nella corsia 81 (una corsiaper Senilità G<strong>al</strong>oppante, spiegò il portiere) <strong>al</strong> diciassettesimo piano.Era un vasto ambiente chiaro sotto il sole e la pittura gi<strong>al</strong>la, econteneva venti letti, tutti occupati. Linda moriva in compagnia, incompagnia e con tutte le comodità moderne. L'aria era continuamentevivificata con melodie <strong>al</strong>legre sintetiche. Ai piedi di ogni letto, infaccia <strong>al</strong>l'ospite moribondo, c'era un televisore.Si lasciava funzionare la televisione, come un rubinetto aperto, d<strong>al</strong>lamattina <strong>al</strong>la sera. Ogni quarto d'ora, il profumo vivificante dellacorsia veniva cambiato automaticamente. «Cerchiamo» spiegòl'infermiera che aveva preso in consegna il Selvaggio <strong>al</strong>l'entrata«cerchiamo di creare un'atmosfera pienamente gradevole, qu<strong>al</strong>che cosatra un <strong>al</strong>bergo di prim'ordine e un cinema odoroso, se capite ciò chevoglio dire.»«Dov'è?» domandò il Selvaggio senza prestare attenzione a quellespiegazioni cortesi.L'infermiera fu urtata. «Come siete impaziente!» disse.«C'è qu<strong>al</strong>che speranza?» inc<strong>al</strong>zò lui.«Intendete dire, che non muoia?» Egli fece cenno di sì. «No, certo,nessuna. Quando qu<strong>al</strong>cuno viene mandato qui, non c'è più...» Spaventatad<strong>al</strong>l'espressione di angoscia del viso smorto di lui, s'interruppe di113


colpo. «Cosa c'è, che avete?» domandò. Non era abituata amanifestazioni di t<strong>al</strong> genere nei visitatori. (Non che, beninteso, ivisitatori fossero molti; e del resto non c'era ragione che ci fosseromolti visitatori.) «Non vi sentite m<strong>al</strong>e, no?»Egli scosse la testa. «E' mia madre» disse con voce appenapercettibile.L'infermiera lo guardò con tanto d'occhi, pieni d'orrore, poi si voltòd<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tra parte. D<strong>al</strong>la gola <strong>al</strong>le tempie il suo viso fu tutta unafiamma.«Conducetemi da lei» disse il Selvaggio sforzandosi di parlare in tonoordinario.Sempre accesa, lei lo guidò attraverso la corsia. Dei volti ancorafreschi e non sciupati (perché la senilità g<strong>al</strong>oppava così in frettache non aveva il tempo di far invecchiare le guance, ma soltanto ilcuore e il cervello) si voltarono mentre essi passarono. <strong>Il</strong> loropassaggio era seguito dagli occhi vaganti e senza curiosità dellaseconda infanzia. <strong>Il</strong> Selvaggio fremeva guardando.Linda era coricata nell'ultimo della lunga fila di letti, contro ilmuro. Sostenuta dai cuscini, guardava le semifin<strong>al</strong>i del campionatosudamericano di tennis sul campo di Riemann, che si svolgevano inriproduzione silenziosa e ridotta sullo schermo del televisore aipiedi del letto. Le piccole figurine si precipitavano di qua e di làsul loro rettangolo di vetro illuminato, come dei pesci in unacquario, abitanti silenziosi, ma agitati, d'un <strong>al</strong>tro <strong>mondo</strong>.Linda guardava, sorridendo vagamente e senza comprendere. <strong>Il</strong> suo visop<strong>al</strong>lido e gonfio aveva un'espressione di felicità idiota. Ad ogniistante le sue p<strong>al</strong>pebre si chiudevano, e per qu<strong>al</strong>che minuto sembravache essa sonnecchiasse. Poi con un lieve sobb<strong>al</strong>zo si risvegliava - sirisvegliava ai giochi d'acquario dei campioni di tennis, <strong>al</strong>laesecuzione per supervoce Wurlitzeriana di 'stringimi sino a farmim<strong>al</strong>e, carezzami', <strong>al</strong>l'ondata tiepida di verbena soffiata daiventilatori sopra la testa - si risvegliava a tutte queste cose, opiuttosto a un sogno di cui tutte queste cose, trasformate edabbellite d<strong>al</strong> "soma" nel suo sangue, erano i meravigliosi componenti,e sorrideva di <strong>nuovo</strong> col suo sorriso debole e smorto di gioiainfantile.«Ecco, io me ne devo andare» disse l'infermiera. «Ho la mia infornatadi ragazzi che arrivano. E poi c'è il numero 3» segnò col dito infondo <strong>al</strong>la corsia «pronto ormai ad andarsene da un minuto <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tro.Su, mettetevi a vostro agio.» Si <strong>al</strong>lontanò svelta.<strong>Il</strong> Selvaggio sedette accanto <strong>al</strong> letto.«Linda!» mormorò prendendole una mano.Al suono del suo nome, lei si voltò. I suoi occhi vaganti ebbero unlampo di conoscenza. Gli strinse la mano, sorrise, mosse le labbra, epoi, di colpo, la sua testa ricadde <strong>al</strong>l'indietro.Si era addormentata. Egli rimase a guardarla, a cercare, in quellacarne stanca, a cercare e a ritrovare il volto giovane e vivo ches'era chinato sulla sua infanzia a M<strong>al</strong>pais, a rammentarsi (e chiusegli occhi) della sua voce, dei suoi gesti, di tutti gli avvenimentidella loro vita in comune. 'Correte sul mio streptococco a Banbury-T...' Com'erano stati belli i suoi canti. E quei versi infantili114


com'erano magnificamente strani e misteriosi!«A.B.C., vitamina D.''L'olio è nel fegato, il merluzzo è nel mare.'Avvertì le lacrime c<strong>al</strong>de sotto le p<strong>al</strong>pebre mentre richiamava le parolee la voce di Linda che le ripeteva. E poi le lezioni di lettura:'l'arrosto è <strong>al</strong> suo posto, il gatto è sul piatto'; e le istruzionielementari per gli operai Beta-Minus del Deposito d'embrioni. E lelunghe serate accanto <strong>al</strong> fuoco o, nella stagione estiva, sul tettodella piccola casa, quando lei gli raccontava le storie di quell'<strong>al</strong>tro<strong>mondo</strong>, fuori della Riserva: quell'<strong>al</strong>tro Empireo. Mondo meraviglioso dicui egli si ricordava come d'un paradiso di bontà e di bellezza,sempre rimasto completo e intatto, puro d'ogni contatto con la re<strong>al</strong>tàdi questa Londra re<strong>al</strong>e, di questi uomini e di queste donne re<strong>al</strong>mentecivilizzati.Un improvviso clamore di voci acute lo costrinse ad aprire gli occhie, dopo essersi asciugato in fretta le lacrime, a voltarsi. Pareva cheun interminabile flusso di gemelli maschi, identici, d'otto anni, sirovesciasse nel loc<strong>al</strong>e. Un gemello dopo l'<strong>al</strong>tro, un gemello dopol'<strong>al</strong>tro, un gemello dopo l'<strong>al</strong>tro, essi arrivavano: un incubo. I lorovolti, il loro volto ripetuto - perché c'era un unico viso per tutt<strong>al</strong>a banda - si appiattiva, camuso, tutto narici e p<strong>al</strong>lidi occhiprominenti. La loro uniforme era kaki. Tutte le bocche erano aperte ele labbra pendenti.Entrarono squittendo e ciarlando. In un momento sembrò che la corsiane formicolasse. Sciamavano attraverso i letti, vi si arrampicavanosopra, strisciavano sotto, guardavano nei televisori, facevano leboccacce agli amm<strong>al</strong>ati.Linda li stupì e un poco li <strong>al</strong>larmò. Un gruppo restò raccolto ai piedidel suo letto, guardandola con la curiosità paurosa e stupida deglianim<strong>al</strong>i che si trovano <strong>al</strong>l'improvviso di fronte <strong>al</strong>l'ignoto.«Oh! Guardate, guardate!» parlavano a voce bassa e sgomenta. «Checos'ha mai? Perché è così grossa?»Non avevano mai visto prima d'<strong>al</strong>lora una faccia come la sua, nonavevano mai visto una faccia che non fosse giovane e con la pelle bentesa, un corpo che avesse cessato d'essere agile e diritto.Tutte quelle sessagenarie moribonde avevano l'aspetto di ragazzine. Aquarantotto anni, Linda sembrava, per contrasto, un mostro di senilitàflaccida e deforme.«Non è spaventosa?» sussurravano. «Guarda i suoi denti!»Improvvisamente, di sotto il letto, un gemello d<strong>al</strong>la faccia camusa sisporse tra la sedia di John e il muro, e si mise a osservare il voltoaddormentato di Linda.«Ehi, dico...» cominciò; ma la sua frase finì prematuramente in unguaito. <strong>Il</strong> Selvaggio lo aveva afferrato per il collo, lo avevasollevato agevolmente sopra la sedia, e poi, con un ceffone in viso,lo aveva spedito lontano fra pianti e lamenti.Le sue grida richiamarono l'Infermiera in Capo che si precipitò <strong>al</strong>soccorso.«Cosa gli avete fatto?» domandò furibonda. «Non voglio che picchiate iragazzi.».«Ebbene, <strong>al</strong>lora <strong>al</strong>lontanateli da questo letto.» La voce del Selvaggioera tremante d'indignazione. «D'<strong>al</strong>tra parte, che cosa fanno qui,115


questi mocciosi luridi? E' una vergogna!»«Una vergogna? Ma che cosa intendete dire? Li condizioniamo <strong>al</strong>lamorte. E vi dichiaro» lo avvertì con truculenza «che se vi trovoancora a intervenire nel loro condizionamento, mando a chiamare iportatori e vi faccio sbatter fuori.»<strong>Il</strong> Selvaggio s<strong>al</strong>tò in piedi e fece due passi verso di lei. I suoimovimenti e l'espressione del suo viso erano così minacciosi chel'infermiera indietreggiò terrorizzata. Con grande sforzo egli sicontenne e, senza parlare, si voltò e sedette di <strong>nuovo</strong> accanto <strong>al</strong>letto.Rassicurata, ma con una dignità che era un tantino forzata e incerta,l'infermiera disse: «Io vi ho avvertito, badate». Tuttavia <strong>al</strong>lontanò igemelli troppo curiosi e li condusse a prender parte <strong>al</strong> rimpiattinoch'era stato organizzato da una delle sue colleghe <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tra estremitàdella corsia.«Adesso andate a prendere la vostra tazza di soluzione di caffeina,cara» disse <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tra infermiera. L'esercizio dell'autorità ristabilìla sua sicurezza, le fece del bene. «Su bambini!» gridò.Linda s'era agitata, inquieta, aveva aperto gli occhi un momento,aveva guardato vagamente attorno, e poi era di <strong>nuovo</strong> caduta nel suoassopimento.Seduto <strong>al</strong> suo fianco, il Selvaggio faceva dei violenti sforzi perritrovare lo stato d'animo di <strong>al</strong>cuni minuti prima.'A. B. C., vitamina D.' ripeteva tra sé, come se le parole fossero unsortilegio capace di richiamare in vita il passato defunto. Ma ilsortilegio restò senza effetto. Ostinatamente i ricordi meravigliosirifiutarono di risorgere; non ci fu che una resurrezione paurosa digelosie, di brutture e di miserie. Popé col sangue che gli colava giùd<strong>al</strong>la sp<strong>al</strong>la ferita; Linda oscenamente addormentata, e le mosche cheronzavano attorno <strong>al</strong> "mesc<strong>al</strong>" sparso sul pavimento accanto <strong>al</strong> letto; ei monelli che gridavano tutti quegli insulti passando... Ah, no, no!Chiuse gli occhi, scosse la testa in una negazione recisa di quellememorie. 'A. B. C., vitamina D...' Tentò di pensare ai momenti quandoera seduto sulle ginocchia di lei e lei lo circondava con le braccia ecantava e ricantava, cullandolo, cullandolo per addormentarlo. 'A. B.C., vitamina D., vitamina D...'La supervoce Wurlitzeriana s'era levata in un crescendo singultante; eimprovvisamente la verbena lasciò il posto, nell'apparecchiocircolatorio del profumo, a un intenso pasciulì.Linda si agitò, si svegliò, guardò sb<strong>al</strong>ordita per qu<strong>al</strong>che momento isemifin<strong>al</strong>isti, poi, <strong>al</strong>zando il viso, annusò un paio di volte l'arianuovamente profumata, e subito sorrise, d'un sorriso d'estasiinfantile.«Popé» mormorò, e chiuse gli occhi. «Oh, come mi piace questo, comemi...» Sospirò e si lasciò ricadere sui cuscini.«Ma Linda!» implorò il Selvaggio «non mi riconosci?» Egli s'erasforzato con ogni mezzo, aveva fatto del suo meglio; perché lei nongli permetteva di dimenticare? Le strinse la mano molliccia, quasi conviolenza come se volesse obbligarla ad abbandonare quel sognod'ignobili piaceri, quei ricordi detestabili, per rientrare nelpresente, nella re<strong>al</strong>tà; il presente tremendo, la re<strong>al</strong>tà spaventosa, masublimi, significativi, disperatamente importanti proprio a causa116


dell'imminenza di ciò che li rendeva tanto terribili. «Non miriconosci, Linda?»Sentì rispondergli la leggera pressione della sua mano. Gli siriempirono gli occhi di lacrime. Si chinò su di lei e la baciò.Le labbra di Linda si mossero. «Popé!» mormorò di <strong>nuovo</strong>, e fu come selei gli avesse gettato in faccia un secchio d'immondizie.Un'improvvisa collera gli ribollì dentro. Contrariata per la secondavolta, la passione del suo dolore aveva trovato un <strong>al</strong>tro sfogo, s'eratrasformata in una passione di collera parossistica.«Ma io sono John!» gridò. «Sono John.» E nel suo dolore furentel'afferrò senza complimenti per la sp<strong>al</strong>la e la scosse.Gli occhi di Linda sbatterono aprendosi; lo vide, lo riconobbe.«John!» ma collocò il volto re<strong>al</strong>e, le mani re<strong>al</strong>i e violente, in un<strong>mondo</strong> immaginario, tra gli equiv<strong>al</strong>enti interiori e particolari delpasciulì e del super-Wurlitzer, tra i ricordi trasfigurati e lesensazioni stranamente trasportate che costituivano l'universo del suosogno. Lo riconosceva come John, suo figlio, ma se lo rappresentavacome un intruso in quel paradisiaco M<strong>al</strong>pais dove lei trascorreva lasua vacanza di "soma" con Popé. Egli era in collera perché lei amavaPopé, la scuoteva perché Popé era lì, nel suo letto, come se ci fossequ<strong>al</strong>che cosa di m<strong>al</strong>e, come se tutta la gente civilizzata non facesselo stesso.«Ciascuno appartiene a...» La voce di Linda improvvisamente sitrasformò in un gracidamento affannoso quasi impercettibile, la suabocca si aperse; lei fece uno sforzo disperato per rifornire d'aria ipolmoni. Ma fu come se non sapesse più respirare. Tentò di gridare, manon uscì nessun suono; soltanto il terrore dei suoi occhi sp<strong>al</strong>ancatirivelava quanto doveva soffrire. Le sue mani corsero <strong>al</strong>la gola, poibatterono l'aria, l'aria ch'essa non poteva più respirare, l'aria che,per lei, aveva cessato di esistere.<strong>Il</strong> Selvaggio stava in piedi, chino su di lei.«Che c'è, Linda? Che c'è?» La sua voce era implorante; si sarebbedetto che egli implorasse di essere rassicurato.Lo sguardo ch'essa gli gettò era carico d'un terrore indicibile: diterrore e, gli parve, di rimprovero. Ella tentò di sollevarsi sulletto, ma ricadde sui cuscini. La sua faccia era orribilmentedeformata, le sue labbra livide.<strong>Il</strong> Selvaggio si voltò e si mise a correre per la corsia.«Presto, presto!» gridava. «Presto!»Ritta in mezzo a un cerchio di gemelli che giocavano a girotondo,l'Infermiera in Capo si guardò attorno. <strong>Il</strong> primo istante di stuporelasciò il posto quasi subito <strong>al</strong>la disapprovazione. «Non gridate!Pensate ai piccoli» disse accigliata. «Rischiate didiscondizionarli... Ma cosa fate?» Egli aveva fatto irruzioneattraverso il circolo.«Attento!» Uno dei bambini si mise a urlare.«Presto, presto!» John afferrò l'infermiera per la manica, se latrascinò dietro. «Presto! E' accaduto qu<strong>al</strong>che cosa. Io l'ho uccisa.»Quando giunsero <strong>al</strong>l'estremità della corsia, Linda era morta.<strong>Il</strong> Selvaggio rimase per un momento in piedi, in un cupo silenzio, poicadde in ginocchio accanto <strong>al</strong> letto e, coprendosi il viso con le mani,singhiozzò disperatamente.117


L'infermiera se ne stava lì indecisa, guardando ora la formainginocchiata presso il letto (che scand<strong>al</strong>osa esibizione!) ora (poveripiccoli!) i gemelli che avevano interrotto la loro partita digirotondo e guardavano sb<strong>al</strong>orditi in fondo <strong>al</strong>la corsia, con tantod'occhi e le narici p<strong>al</strong>pitanti, la scena scand<strong>al</strong>osa che si svolgevaattorno <strong>al</strong> letto numero 20. Era necessario parlargli? Tentare diricondurlo <strong>al</strong> senso della convenienza? Ricordargli dove si trovava?Fargli capire quanto m<strong>al</strong>e rischiava di fare a quei poveri innocenti?Distruggere così tutto il loro buon condizionamento <strong>al</strong>la morte, conquella disgustosa scenata, come se la morte fosse qu<strong>al</strong>che cosa diterribile, come se uno di noi v<strong>al</strong>esse più di tutti gli <strong>al</strong>tri! Ciòavrebbe potuto suggerir loro le idee più disgustose sulla questione,turbarli e avviarli a una forma di reazione tot<strong>al</strong>mente errata, in unadirezione completamente antisoci<strong>al</strong>e.Fece un passo innanzi e lo toccò sulla sp<strong>al</strong>la.«Non potete contenervi?» disse con voce bassa e irritata. Ma, voltandola testa, vide che una mezza dozzina di gemelli erano già in piedi evenivano avanti lungo la corsia. <strong>Il</strong> circolo si disgregava. Ancora unmomento e... No, il rischio era troppo grave; l'intero gruppo stavaper essere messo in ritardo di sei o sette mesi sul suocondizionamento. Ritornò correndo verso i suoi minacciati pupilli.«Su, chi vuole del cioccolato liquido?» domandò con voce forte e<strong>al</strong>legra.«Io» urlò in coro l'intero gruppo Bokanovsky.<strong>Il</strong> letto numero 20 era completamente dimenticato.«Oh! Dio, Dio, Dio...» continuava a ripetere tra sé il Selvaggio. Nelcaos di dolore e di rimorso che gli riempiva l'anima, questa era lasola parola da lui articolata. «Dio!» invocò apertamente. «Dio...»«Che cosa dice?» esclamò una voce vicinissima, distinta e acuta inmezzo <strong>al</strong>la sonorità del super-Wurlitzer.<strong>Il</strong> Selvaggio sussultò violentemente e, scoprendosi il viso, si guardòattorno. Cinque gemelli in kaki, ciascuno con l'estremità d'un lungodolce <strong>al</strong>la cioccolata nella mano destra, con le facce identichediversamente pitturate di cioccolata liquida, si tenevano <strong>al</strong>lineatipiantandogli addosso i loro occhi prominenti.Incrociarono il suo sguardo e sogghignarono tutti insieme. Uno di essipuntò l'estremità del suo dolce.«E' morta?» domandò.<strong>Il</strong> Selvaggio li fissò un istante in silenzio.Poi, in silenzio si rimise in piedi, in silenzio si diresse lentamenteverso la porta.«E' morta?» ripeté il gemello curioso trottandogli <strong>al</strong> fianco.<strong>Il</strong> Selvaggio abbassò il suo sguardo su di lui e sempre senza parlarelo respinse. <strong>Il</strong> gemello cadde per terra e si mise immediatamente aurlare. <strong>Il</strong> Selvaggio non si voltò neppure.15.<strong>Il</strong> person<strong>al</strong>e interno dell'osped<strong>al</strong>e di Park Lane per moribondi sicomponeva di centosessantadue Delta divisi in due gruppi diBokanovsky, rispettivamente di ottantaquattro gemelle rosse e118


settantotto gemelli dolicocef<strong>al</strong>i bruni. Alle sei, quando la lorogiornata di lavoro era terminata, i due gruppi si raccoglievano nelvestibolo dell'osped<strong>al</strong>e e d<strong>al</strong> Subeconomo erano riforniti della lororazione di "soma".Uscendo d<strong>al</strong>l'ascensore il Selvaggio irruppe in mezzo ad essi. Ma ilsuo spirito era <strong>al</strong>trove: con la morte, col suo dolore, col suorimorso; macchin<strong>al</strong>mente, senza coscienza di ciò che faceva, si mise adaprirsi a sp<strong>al</strong>late un passaggio attraverso la c<strong>al</strong>ca.«Chi è che spinge? Dove credete di andare?»Acute, basse, da una moltitudine di gole distinte, soltanto due vocisquittirono o brontolarono. Ripetute <strong>al</strong>l'infinito, come in unasuccessione di specchi, due facce, la prima a forma di luna glabra elentigginosa <strong>al</strong>onata d'arancio, e l'<strong>al</strong>tra in maschera d'uccellopiccolo e fornito di becco, irsuto d'una barba di due giorni, sivoltarono irate verso di lui. Le loro parole, e nei fianchi dei colpivigorosi di gomiti, ruppero la sua incoscienza. Egli si risvegliò di<strong>nuovo</strong> <strong>al</strong>la re<strong>al</strong>tà esterna, si guardò intorno, riconobbe ciò che vide,lo riconobbe con la sensazione d'orrore e di disgusto di chiprecipita, per il delirio rinnovantesi dei suoi giorni e delle suenotti, per l'incubo della sciamante indistinguibile identità.Gemelli, gemelli... come delle larve essi erano accorsi a insudiciareil mistero della morte di Linda. Larve ancora, ma più grosse,completamente adulte, ora si arrampicavano sul suo dolore e sul suopentimento. Egli si fermò, e con gli occhi stupefatti e inorriditiguardò in giro la folla in kaki in mezzo <strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e, dominandola ditutta la testa, egli stava. 'Quante belle creature ci sono qui.' Leparole cantate lo derisero, schernitrici. 'Come è bella l'umanità! Omirabile <strong>nuovo</strong> <strong>mondo</strong>...'«Distribuzione di "soma"» gridò una voce forte. «In buon ordine, perfavore. Spicciatevi laggiù.»Una porta era stata aperta, una tavola e una sedia erano state portatenel vestibolo. La voce era quella di un giovane Alfa vivace, il qu<strong>al</strong>eera entrato portando una cassetta nera, di met<strong>al</strong>lo. Un mormorio disoddisfazione si <strong>al</strong>zò tra i gemelli che attendevano. Essidimenticarono completamente il Selvaggio. La loro attenzione eraadesso concentrata sulla cassetta nera che il giovane aveva depostasulla tavola e che stava aprendo. <strong>Il</strong> coperchio fu <strong>al</strong>zato.«U-uh!» gridarono i centosessantadue simultaneamente, come se avesserovisto uno spettacolo pirotecnico.<strong>Il</strong> giovane ne tolse un pugno di minuscole scatolette di pillole. «Eora» disse con tono perentorio «fate il piacere di venire avanti. Uno<strong>al</strong>la volta senza spingere.»Uno <strong>al</strong>la volta e senza spingere, i gemelli si mossero. Prima duemaschi, poi una femmina, poi un <strong>al</strong>tro maschio, poi tre femmine, poi...<strong>Il</strong> Selvaggio stava a guardare. 'O mirabile <strong>nuovo</strong> <strong>mondo</strong>, o mirabile<strong>nuovo</strong> <strong>mondo</strong>...' Nel suo spirito le parole music<strong>al</strong>i parvero cambiaretono. Avevano irriso il suo dolore e il suo rimorso, lo avevano offesocon quella nota odiosa di cinica derisione! Diaboliche e canzonatorie,avevano insistito sul vile squ<strong>al</strong>lore, sulla nauseante repulsione diquell'incubo. Ora, improvvisamente esse suonavano come un appello <strong>al</strong>learmi: 'O mirabile <strong>nuovo</strong> <strong>mondo</strong>!'. Miranda proclamava la possibilitàdello splendore, la possibilità di trasformare financo un incubo in119


qu<strong>al</strong>che cosa di bello e di nobile. 'O mirabile <strong>nuovo</strong> <strong>mondo</strong>!' Era unasfida, un comandamento.«Non spingete, ehi!» gridava infuriato il Facente Funzione diSubeconomo. Chiuse di colpo il coperchio della cassetta. «Interrompola distribuzione finché non ottengo un comportamento conveniente.»I Delta mormorarono, si sospinsero un poco l'un l'<strong>al</strong>tro e infinetacquero. La minaccia era stata efficace. Le privazioni del "soma":idea terribile!«Così va bene» disse il giovane; e riaprì la cassetta.Linda era stata una schiava, Linda era morta; <strong>al</strong>tri <strong>al</strong>meno vivevano inlibertà e il <strong>mondo</strong> sarebbe stato bello. Una riparazione, un dovere. Dicolpo fu luminosamente chiaro <strong>al</strong> Selvaggio ciò che doveva fare; fucome se un'imposta fosse stata aperta, una tenda tirata.«Svelti» disse il Subeconomo.Un'<strong>al</strong>tra femmina kaki si fece avanti.«Fermi» gridò il Selvaggio con voce forte e rimbombante. «Fermi!»Si aprì il passaggio sino <strong>al</strong>la tavola; i Delta lo guardarono stupiti.«Ford!» disse il Facente Funzione di Subeconomo più lieve che unsoffio. «E' il Selvaggio!» E si sentì mancare.«Ascoltatemi, vi prego» gridò il Selvaggio con trasporto. «Prestatemiattenzione...» Non aveva mai parlato in pubblico e provava una veradifficoltà a esprimere ciò che voleva dire. «Non prendete questaorribile droga. E' veleno, è veleno!»«Dico, signor Selvaggio» intervenne il Facente Funzione di Subeconomosorridendo per propiziarselo «vorreste lasciare che io...»«Veleno per l'anima come per il corpo...»«Sì, ma lasciatemi continuare la mia distribuzione, volete? Non fatemiavere storie.» Con la prudenza di uno che accarezza una bestianotoriamente cattiva, diede un colpetto <strong>al</strong> braccio del Selvaggio.«Lasciate che io...»«Mai!» gridò il Selvaggio.«Ma vediamo, vecchio mio...»«Buttate via quell'orribile veleno.»Le parole 'buttare via' giunsero a penetrare gli strati sovrappostid'incomprensione e a penetrare nella coscienza dei Delta. Un mormorioostile si <strong>al</strong>zò d<strong>al</strong>la folla.«Io vengo a portarvi la libertà» disse il Selvaggio voltandosi verso igemelli «io vengo...»<strong>Il</strong> Facente Funzione di Subeconomo non ascoltò <strong>al</strong>tro; era sgusciatofuori d<strong>al</strong> vestibolo e cercava un numero nell'elenco telefonico.«Non nelle sue stanze» concluse Bernardo «non nelle mie, non nellevostre. Non <strong>al</strong>l'Afroditaeum; non <strong>al</strong> Centro né <strong>al</strong> Collegio. Dove puòessere andato?»Helmholtz <strong>al</strong>zò le sp<strong>al</strong>le. Erano rientrati d<strong>al</strong> loro lavoro contando ditrovare il Selvaggio che li attendesse nell'uno o nell'<strong>al</strong>tro dei loroposti abitu<strong>al</strong>i, e invece non c'era traccia di lui in nessun luogo. Eraseccante perché essi avevano pensato di fare una scappata a Biarritznello sporticoptero a quattro posti di Helmholtz. Sarebbero stati inritardo per il pranzo se egli non arrivava presto.«Concedigli ancora cinque minuti» disse Helmholtz. «S'egli non s'èfatto vedere entro cinque minuti, <strong>al</strong>lora...»120


Lo interruppe la suoneria del telefono. Egli afferrò il ricevitore.«Pronto. Chi parla.» Poi, dopo un lungo interv<strong>al</strong>lo, passato adascoltare, imprecò: «Ford della m<strong>al</strong>ora! Vengo subito».«Che cosa c'è?»«Un t<strong>al</strong>e che conosco <strong>al</strong>l'Osped<strong>al</strong>e di Park Lane» disse Helmholtz. «<strong>Il</strong>Selvaggio è là. Sembra che sia impazzito. Comunque, è urgente. Vuoivenire con me?»Si precipitarono entrambi lungo il corridoio verso gli ascensori.«Ma vi piace essere schiavi?» stava dicendo il Selvaggio quando essientrarono nell'Osped<strong>al</strong>e. Era rosso in faccia, i suoi occhi mandavanolampi d'ardore e di indignazione. «Vi piace essere dei bambocci? Sì,dei bambocci che vagiscono, che sbavano» aggiunse, esasperato d<strong>al</strong>l<strong>al</strong>oro besti<strong>al</strong>e idiozia <strong>al</strong> punto di lanciare degli insulti a coloro cheera venuto a s<strong>al</strong>vare. Le ingiurie rimb<strong>al</strong>zarono sulla spessa corazzadella loro stupidità; essi lo guardarono con una vuota espressione dirisentimento ebete e fosco negli occhi.«Sì, bavosi!» gridò apertamente. <strong>Il</strong> dolore e il rimorso, la pietà e ildovere, tutto era dimenticato adesso, e, per così dire, assorbito inun odio intenso verso quei mostri meno che umani. «Non volete dunqueesser liberi e uomini? Non comprendete neppure che cosa sia lo statod'uomo e la libertà?» L'ira lo rendeva eloquente; le parole arrivavanofacilmente, fluenti. «Non comprendete?» ripeté, ma non ricevetterisposta <strong>al</strong>la domanda. «Ebbene, <strong>al</strong>lora» riprese torvo «ve lo insegneròio, vi costringerò a essere liberi, lo vogliate o no.» E, aprendo unafinestra che guardava sul cortile interno dell'osped<strong>al</strong>e, cominciò ascagliar giù, sul selciato, manate di scatolette contenenti lecompresse di "soma".Per un istante la turba in kaki rimase silenziosa, pietrificata disb<strong>al</strong>ordimento e d'orrore davanti <strong>al</strong>lo spettacolo del folle sacrilegio.«E' pazzo!» mormorò Bernardo sp<strong>al</strong>ancando gli occhi. «Essi louccideranno. Essi...» Un gran grido sorse improvvisamente d<strong>al</strong>la turba;un'ondata di movimento la sospinse minacciosa verso il Selvaggio.«Ford lo aiuti!» disse Bernardo, e distolse lo sguardo.«Ford aiuta coloro che s'aiutano da sé.» E con un riso, un vero risodi trionfo, Helmholtz Watson si aperse la strada in mezzo <strong>al</strong>la c<strong>al</strong>ca.«Libertà, libertà!» gridava il Selvaggio; e con una mano continuava agettare il "soma" nel cortile, mentre, con l'<strong>al</strong>tra percuoteva le facceindistinguibili dei suoi ass<strong>al</strong>itori.«Libertà!» E improvvisamente ecco che Helmholtz gli fu a fianco.«Bravo, vecchio Helmholtz!» che picchiava anche lui. «Degli uomini,fin<strong>al</strong>mente!» e, nelle pause, gettava a manate il veleno d<strong>al</strong>la finestraaperta. «Sì, degli uomini! degli uomini!» finché non rimase piùveleno. Allora sollevò la cassetta vuota e ne mostrò ad essi l'internooscuro e vuoto. «L'avete, ora, la libertà!»Urlando, i Delta caricarono con raddoppiato furore. Bernardo,esitante, in disparte: 'Sono perduti' pensò e, mosso da un impulsoimprovviso, si precipitò avanti per aiutarli; poi si trattenne e sifermò; vergognandosi, avanzò di <strong>nuovo</strong> e di <strong>nuovo</strong> si pentì e si arrestòin una tormentosa indecisione che l'umiliava pensando che essicorrevano il rischio d'essere massacrati se non li aiutava e cheavrebbe corso il rischio d'essere ucciso anche lui se li aiutava,121


quando (Ford sia lodato!) con gli occhi rotondi e i musi suini dellemaschere antigas, la polizia irruppe.Bernardo le mosse incontro. Agitò le braccia; e ciò era azione; eglifaceva qu<strong>al</strong>che cosa. Gridò: «Aiuto!» parecchie volte, sempre piùforte, come per crearsi l'illusione di dare una mano anche lui.«Aiuto! Aiuto! Aiuto!»I poliziotti lo spinsero da parte e continuarono la loro opera. Treuomini con dei polverizzatori attaccati <strong>al</strong>le sp<strong>al</strong>le per mezzo dicinghie pomparono nell'aria spesse nuvole di vapore di "soma". Due<strong>al</strong>tri erano occupati intorno a un apparecchio portatile di musicasintetica. Muniti di pistole ad acqua cariche di un potenteanestetico, quattro <strong>al</strong>tri s'erano aperti un passaggio nella c<strong>al</strong>ca emettevano metodicamente fuori combattimento, getto dopo getto, i piùaccaniti fra i combattenti.«Presto, presto!» gridava Bernardo. «Saranno uccisi se non viaffrettate. Essi... Oh!»Seccato d<strong>al</strong>le sue chiacchiere, un poliziotto lo aveva colpito con ungetto della pistola ad acqua. Bernardo restò in piedi per un secondo odue, barcollando incerto sulle gambe che sembrava avessero perduto leossa, i tendini, i muscoli, fossero diventate semplici bastoncini digelatina, anzi neppure di gelatina, acqua: e poi si afflosciò sulpavimento.Improvvisamente d<strong>al</strong>l'apparecchio di musica sintetica una voce prese aparlare. La Voce della Ragione, la Voce del Buon Senso. <strong>Il</strong> rullod'impressioni sonore si dipanava per trasmettere il Discorso Sinteticonumero Due contro le Sommosse (forza media). Sgorgando d<strong>al</strong> fondo di uncuore non esistente 'Miei cari, miei cari!' disse la voce tantopateticamente, con una nota di rimprovero così infinitamente tenera,che, dietro le loro maschere antigas, persino gli occhi dei poliziottifurono momentaneamente pieni di lacrime 'cosa vuol dire questo? Perqu<strong>al</strong> ragione non siete tutti insieme felici e buoni? Felici e buoni'ripeté la voce 'in pace, in pace?' Tremò, si affievolì in un sospiro,disparve un attimo. 'Oh, come desidero che siate felici!' riprese conc<strong>al</strong>ore di convinzione. 'Come desidero che siate buoni! Vi prego, viprego di essere buoni...'In due minuti la voce e i vapori di "soma" avevano prodotto il loroeffetto. In lacrime, i Delta si baciavano e si accarezzavano l'unl'<strong>al</strong>tro, mezze dozzine di gemelli per volta in un abbracciocollettivo. Persino Helmholtz e il Selvaggio erano sul punto dipiangere. Un <strong>nuovo</strong> approvvigionamento di scatolette fu portatod<strong>al</strong>l'Economato; ne fu fatta in fretta una nuova distribuzione e <strong>al</strong>suono delle benedizioni d'addio, baritonate con abbondanza d'affettod<strong>al</strong>la voce, i gemelli si dispersero singhiozzando in modo da strappareil cuore. 'Addio, carissimi, carissimi amici, Ford vi protegga! Addio,miei carissimi, carissimi amici, Ford vi protegga! Arrivederci, mieicarissimi, carissimi...'Quando l'ultimo Delta se ne fu andato, il poliziotto tolse lacorrente. La voce angelica tacque.«Siete disposti a rientrare voi?» chiese il Sergente «o bisognaanestetizzarvi?» E puntò minaccioso la pistola.«Oh, siamo pronti a cedere» rispose il Selvaggio, asciugandosi<strong>al</strong>ternativamente un labbro ferito, il collo graffiato, la mano122


sinistra morsicata.Sempre tenendo il fazzoletto <strong>al</strong> naso che sanguinava, Helmholtz fece unsegno di conferma.Rianimato, e avendo riacquistato l'uso delle gambe, Bernardo avevascelto questo momento per muoversi senza farsi scorgere e perdirigersi verso la porta.«Ehi, voi laggiù» chiamò il Sergente e un poliziotto d<strong>al</strong>la mascherasuina si precipitò attraverso la corsia e mise una mano sulla sp<strong>al</strong>ladel giovane.Bernardo si voltò con un'espressione d'innocenza indignata. Scappare?Non ci aveva pensato neppure per sogno!«Tuttavia perché mai abbiate bisogno di me» disse <strong>al</strong> Sergente «non melo immagino proprio.»«Siete un amico dei prigionieri, è vero?»«Ecco...» disse Bernardo, ed esitò. No, egli non poteva in coscienzanegarlo. «Perché non dovrei esserlo?» chiese.«Allora, venite» disse il Sergente e aprì la marcia verso la porta ela vettura della polizia che li attendeva.16.La stanza nella qu<strong>al</strong>e furono introdotti tutti e tre era l'ufficio delGovernatore.«Sua Forderia scenderà tra un minuto.» <strong>Il</strong> maggiordomo Gamma liabbandonò a sé stessi.Helmholtz scoppiò in una risata.«Tutto questo somiglia più a una riunione per prendere una tazza disoluzione di caffeina che a un giudizio» disse e si lasciò caderenella più accogliente delle poltrone pneumatiche. «In <strong>al</strong>to i cuori,Bernardo!» aggiunse come il suo sguardo si posò sul viso verdastro etriste del suo amico.Ma Bernardo non voleva essere rassicurato; senza rispondere, senzaneppure guardare Helmholtz, si mise a sedere nell'oscura speranza discongiurare in qu<strong>al</strong>che modo la collera delle potenze superiori.Intanto il Selvaggio si aggirava per la camera eccitatissimo,guardando con vaga curiosità superfici<strong>al</strong>e i libri degli scaff<strong>al</strong>i, irulli a iscrizioni sonore e le bobine delle macchine per leggere,nelle loro caselle numerate. Sulla tavola, sotto la finestra, c'era ungrosso volume rilegato in surrogato di cuoio nero flessibile e marcatocon larghe T dorate. Lo prese e l'aprì."La mia vita e le mie opere" del Nostro Ford. <strong>Il</strong> libro era statopubblicato a Detroit a cura della Società per la Propagazione dellaConoscenza Fordiana. Negligentemente egli voltò le pagine, lesse quauna frase, là un periodo e stava per giungere <strong>al</strong>la conclusione che illibro non l'interessava, quando l'uscio si sp<strong>al</strong>ancò, e il GovernatoreMondi<strong>al</strong>e Residente per l'Europa occident<strong>al</strong>e entrò vivacemente nellastanza.Mustafà Mond strinse la mano a tutti e tre; ma fu <strong>al</strong> Selvaggio che sirivolse: «Dunque, voi non amate troppo la civiltà, signor Selvaggio»disse.<strong>Il</strong> Selvaggio lo guardò. Era venuto disposto a mentire, a fare il123


avaccio, a chiudersi in un cupo silenzio; ma, rassicuratod<strong>al</strong>l'intelligenza benevola del viso del Governatore, decise di dire laverità, francamente. «No!» e scosse la testa.Bernardo sobb<strong>al</strong>zò e lo guardò terrificato.Che cosa penserebbe il Governatore? Essere cat<strong>al</strong>ogato come l'amico diun uomo che afferma di non amare la civiltà, e lo confessaapertamente, e per giunta <strong>al</strong> Governatore, era terribile.«Ma John!» azzardò. Uno sguardo di Mustafà Mond lo ridusse umilmente<strong>al</strong> silenzio.«Certo,» volle ammettere il Selvaggio «ci sono delle cose veramentegradevoli. Tutta questa musica aerea, per esempio...»«'Certe volte mille sonanti strumenti cantano <strong>al</strong>le mie orecchie, ecerte volte delle voci.' (16)»La faccia del Selvaggio si illuminò d'improvviso piacere.«L'ha letto anche lei?» chiese. «Credevo che nessuno conoscesse questolibro in Inghilterra.»«Quasi nessuno. Io sono uno dei pochissimi. E' proibito, sapete. Masiccome io faccio le leggi, qui, posso anche violarle. Con impunità,signor Marx» aggiunse volgendosi a Bernardo. «Mentre temo che voi nonlo possiate.»Bernardo piombò in una infelicità ancor più disperata.«Ma perché è proibito?» domandò il Selvaggio. Nella sua emozione ditrovarsi con un uomo che aveva letto Shakespeare, avevamomentaneamente dimenticato ogni <strong>al</strong>tra cosa.<strong>Il</strong> Governatore <strong>al</strong>zò le sp<strong>al</strong>le.«Perché è vecchio; questa è la ragione princip<strong>al</strong>e. Qui non ci èpermesso l'uso delle vecchie cose.»«Anche quando sono belle?»«Soprattutto quando sono belle. La bellezza attira, e noi non vogliamoche la gente sia attirata d<strong>al</strong>le vecchie cose. Noi vogliamo che ami lenuove.»«Ma le nuove sono tanto stupide e orribili! Questi spettacoli dove nonc'è nulla <strong>al</strong>l'infuori di elicotteri che volano dappertutto e dove sisente la gente che si bacia.» Fece una smorfia. «'Caproni e scimmie.'»Soltanto con le parole d'Otello egli poté dare un corso conveniente <strong>al</strong>suo disprezzo e <strong>al</strong> suo odio.«Dei buoni anim<strong>al</strong>i domestici, dopo tutto» mormorò il Governatore a mo'di parentesi.«Perché non fate leggere loro "Otello", piuttosto?»«Ve l'ho detto, è vecchio. D'<strong>al</strong>tra parte non lo capirebbero.»Sì, era vero. Si ricordò come Helmholtz avesse riso di "Romeo eGiulietta".«Ebbene, <strong>al</strong>lora» disse dopo una pausa «qu<strong>al</strong>che cosa che somigli a"Otello" e che essi possano capire.»«E' quello che tutti noi abbiamo desiderato di scrivere» disseHelmholtz rompendo un lungo silenzio.«Ed è quello che tutti voi non scriverete mai» ribatté il Governatore.«Perché, se somigliasse veramente a "Otello", nessuno lo capirebbe,per quanto <strong>nuovo</strong> potesse essere. E se fosse <strong>nuovo</strong>, non sarebbepossibile che somigliasse a "Otello".»«Perché no?»«Sì, perché no?» ripeté Helmholtz. Anche lui dimenticava la penosa124


e<strong>al</strong>tà della situazione. Soltanto Bernardo, verde d'inquietudine ed'ansia, se ne ricordava; gli <strong>al</strong>tri non gli badavano. «Perché no?»«Perché il nostro <strong>mondo</strong> non è il <strong>mondo</strong> di "Otello". Non si possonofare delle macchine senza acciaio, e non si possono fare delletragedie senza instabilità soci<strong>al</strong>e. Adesso il <strong>mondo</strong> è stabile. Lagente è felice; ottiene ciò che vuole, e non vuole mai ciò che non puòottenere. Sta bene; è <strong>al</strong> sicuro; non è mai m<strong>al</strong>ata; non ha paura dellamorte; è serenamente ignorante della passione e della vecchiaia; non èingombrata né da padri né da madri; non ha spose, figli o amanti cheprocurino loro emozioni violente; è condizionata in t<strong>al</strong> modo chepraticamente non può fare a meno di condursi come si deve. E se percaso qu<strong>al</strong>che cosa non va, c'è il "soma"... che voi gettate via, fuorid<strong>al</strong>le finestre, in nome della libertà, signor Selvaggio. "Libertà"!»si mise a ridere. «V'aspettate che i Delta sappiano che cos'è l<strong>al</strong>ibertà! Ed ora vi aspettate che capiscano "Otello"! Poveroragazzone!»<strong>Il</strong> Selvaggio restò un momento in silenzio. «Nonostante tutto»insistette ostinato «"Otello" è una bella cosa, "Otello" v<strong>al</strong>e più deifilm odorosi».«Certo,» ammise il Governatore «ma questo è il prezzo con cui dobbiamopagare la stabilità. Bisogna scegliere tra la felicità e ciò che unavolta si chiamava la grande arte. Abbiamo sacrificato la grande arte.Ora abbiamo i film odorosi e l'organo profumato.»«Ma non significano nulla.»«Hanno un senso loro proprio. Rappresentano una quantità di sensazionigradevoli per il pubblico.»«Ma sono... 'sono raccontati da un idiota' (17).»<strong>Il</strong> Governatore rise. «Non siete molto gentile verso il vostro amicoWatson. Uno dei nostri più distinti Ingegneri Emotivi...»«Ha ragione lui» disse Helmholtz, triste. «Infatti è idiota. Scriverequando non si ha nulla da dire...»«Precisamente. Ma ciò richiede la massima abilità. Si fabbricano lemacchine col minimo assoluto di acciaio, e le opere d'artepraticamente con nient'<strong>al</strong>tro che la sensazione pura.»<strong>Il</strong> Selvaggio scosse la testa. «Tutto questo mi sembra assolutamenteorribile.»«Si capisce. La felicità effettiva sembra sempre molto squ<strong>al</strong>lida inconfronto ai grandi compensi che la miseria trova. E si capisce ancheche la stabilità non è neppure emozionante come l'instabilità. El'essere contenti non ha nulla d'affascinante <strong>al</strong> paragone di una buon<strong>al</strong>otta contro la sfortuna, nulla del pittoresco d'una lotta contro latentazione, o di una fat<strong>al</strong>e sconfitta a causa della passione o deldubbio. La felicità non è mai grandiosa.»«Sono d'accordo» disse il Selvaggio dopo una pausa. «Ma èindispensabile che sia repulsiva come quei gemelli?» Si passò una manosugli occhi come se volesse cancellare il ricordo dell'immagine diquelle lunghe file di nani identici sui banchi di prova, di queigreggi di gemelli facenti la coda <strong>al</strong>l'ingresso della stazione <strong>al</strong> trenomonorotabile a Brendfort, di quelle larve umane che invadevano illetto di morte di Linda, delle facce dei suoi ass<strong>al</strong>itori ripetute<strong>al</strong>l'infinito. Si guardò la mano sinistra bendata e fremette.«Orribile!»125


«Ma quanto mai utile! Vedo che voi non amate i nostri gruppiBokanovsky, ma, vi assicuro, essi sono il fondamento sul qu<strong>al</strong>e ècostruito tutto il resto. Sono il giroscopio che stabilizz<strong>al</strong>'aeroplano-razzo dello Stato nella sua corsa inflessibile.» La voceprofonda vibrava intensamente; la mano gesticolante indicava tutto lospazio e lo slancio della irresistibile macchina. L'oratoria diMustafà Mond era quasi a livello dei modelli sintetici.«Mi domandavo» disse il Selvaggio «perché voi li tollerate dopo tutto,visto che potete produrre ciò che volete in quei flaconi. Perché nonfate di ciascuno un Alfa-Doppio Plus, già che ci siete?»Mustafà Mond rise. «Perché non abbiamo nessun desiderio di farcisgozzare» disse. «Noi crediamo nella felicità e nella stabilità. Unasocietà di Alfa non potrebbe non essere instabile e miserabile.Immaginate un'officina gestita da Alfa, v<strong>al</strong>e a dire da individuidistinti e non apparentati, di buona eredità e condizionati così daessere capaci, limitatamente, di fare una libera scelta e di assumeredelle responsabilità. Immaginate ciò!» ripeté.<strong>Il</strong> Selvaggio cercò di immaginarselo, senza grande successo.«E' un'assurdità. Un uomo travasato in Alfa, condizionato in Alfa,diventerebbe pazzo se dovesse fare il lavoro di un Epsilonsemiabortito; diventerebbe pazzo o si metterebbe a demolire ogni cosa.Gli Alfa possono essere completamente soci<strong>al</strong>izzati, ma soltanto acondizione che si faccia far loro del lavoro da Alfa. Soltanto da unEpsilon ci si può attendere che faccia dei sacrifici da Epsilon, perla buona ragione che per lui non ci sono sacrifici: sono la linea diminor resistenza. <strong>Il</strong> suo condizionamento ha posato dei binari lungo iqu<strong>al</strong>i deve marciare. Non può impedirselo; vi è fat<strong>al</strong>mentepredestinato. Anche dopo il travasamento egli continua a trovarsinell'interno di una bottiglia, un'invisibile bottiglia di fissazioniinfantili ed embrionarie. Ciascuno di noi, beninteso» proseguì ilGovernatore pensoso «passa attraverso la vita nell'interno d'unabottiglia. Ma se noi ci troviamo a essere Alfa, le nostre bottigliesono, relativamente parlando, enormi. Soffriremmo enormemente sefossimo in uno spazio più angusto. Non si può versare del surrogato dispumante per caste superiori in bottiglie di caste inferiori. E'teoricamente evidente. Ma è anche stato dimostrato nella praticare<strong>al</strong>e. <strong>Il</strong> risultato dell'esperimento di Cipro è convincente.»«Di che cosa si tratta?» chiese il Selvaggio:Mustafà Mond sorrise. «Ecco, potete chiamarlo, se volete, unesperimento di rimbottigliamento. Cominciò nell'anno 473 del NostroFord. I Governatori fecero sgombrare l'isola di Cipro da tutti gliabitanti esistenti e la ricolonizzarono con una spedizioneappositamente preparata di ventiduemila Alfa. Tutto l'equipaggiamentoagricolo e industri<strong>al</strong>e venne loro affidato ed essi furono lasciatiliberi di dirigere i loro affari. <strong>Il</strong> risultato fu esattamente conforme<strong>al</strong>le previsioni tecniche. La terra non fu convenientemente lavorata;si ebbero scioperi in tutte le fabbriche; le leggi non eranorispettate, gli ordini venivano trasgrediti; tutti gli individuidistaccati per attendere a qu<strong>al</strong>che lavoro d'ordine inferiore,intrigavano di continuo per ottenere incarichi migliori, e tuttiquelli di grado superiore controintrigavano per restare a ogni costodove erano. In meno di sei anni divampò tra loro una guerra civile di126


prima classe. Quando diciannovemila dei ventiduemila furono tolti dimezzo, i superstiti unanimemente rivolsero una petizione aiGovernatori Mondi<strong>al</strong>i perché riassumessero il controllo dell'isola. Ciòche essi fecero. E questa fu la fine della sola società di Alfa che il<strong>mondo</strong> abbia mai visto.»<strong>Il</strong> Selvaggio sospirò profondamente.«La popolazione ottima» disse ancora Mustafà Mond «è modellata come un"iceberg"; otto noni <strong>al</strong> di sotto della linea d'acqua, un nono sopra.»«E sono felici sotto la linea d'acqua?»«Più felici che sopra. Più felici di questi vostri amici, peresempio.» E li accennò.«Nonostante il loro lavoro ingrato?»«Ingrato? Essi non lo trovano t<strong>al</strong>e. Al contrario, lo amano. E'leggero, è infantilmente semplice. Niente sforzo della mente o deimuscoli. Sette ore e mezzo di lavoro leggero e non estenuante, e poila razione di "soma" e le copulazioni senza restrizione e il cinemaodoroso. Che cosa potrebbero chiedere di più? Natur<strong>al</strong>mente» aggiunse«potrebbero chiedere qu<strong>al</strong>che ora di meno. E natur<strong>al</strong>mente noi potremmoconcedere loro qu<strong>al</strong>che ora di meno. Tecnicamente sarebbe la cosa piùsemplice del <strong>mondo</strong> ridurre tutte le caste inferiori a lavorare tre oquattro ore <strong>al</strong> giorno. Ma sarebbero più felici per questo? No, non losarebbero. L'esperimento è stato tentato più di centocinquant'anni fa.Tutta l'Irlanda fu messa <strong>al</strong>la giornata di quattro ore. Qu<strong>al</strong>e fu ilrisultato? Dei torbidi e un largo incremento nel consumo del "soma":ecco tutto. Quelle tre ore e mezzo di riposo extra furono così lontaned<strong>al</strong>l'esser fonte di felicità, che la gente si vide costretta adandarsene in vacanza per sfuggirle. L'Ufficio Invenzioni rigurgita diprogetti per risparmiare la mano d'opera. Ce n'è migliaia.» MustafàMond fece un largo gesto: «E perché non li mettiamo in esecuzione? Peril bene dei lavoratori; sarebbe pura crudeltà infliggere loro unriposo eccessivo. E' lo stesso con l'agricoltura. Noi potremmofabbricare sinteticamente anche la minima particella dei nostri<strong>al</strong>imenti, se volessimo. Ma non lo facciamo; preferiamo lasciare unterzo della popolazione <strong>al</strong>la terra. Per il suo stesso bene, perché sirichiede maggior tempo per ottenere degli <strong>al</strong>imenti d<strong>al</strong>la terra che daun'officina. D'<strong>al</strong>tra parte dobbiamo pensare <strong>al</strong>la nostra stabilità. Noinon vogliamo cambiare. Ogni cambiamento è una minaccia per lastabilità. Questa è un'<strong>al</strong>tra ragione per cui noi siamo poco disposti autilizzare le nuove invenzioni. Ogni scoperta nel campo della scienzapura è sovversiva in potenza; anche la scienza deve t<strong>al</strong>volta essertrattata come un possibile nemico. Sì, anche la scienza».La scienza? <strong>Il</strong> Selvaggio si accigliò. Egli conosceva questa parola. Mache cosa significasse esattamente, egli non lo avrebbe saputo dire.Shakespeare e i vecchi del "pueblo" non avevano mai menzionato lascienza, e da Linda egli aveva ricevuto soltanto le più vagheindicazioni: la scienza era qu<strong>al</strong>che cosa con cui si fabbricano glielicotteri; qu<strong>al</strong>che cosa che fa sì che ci si prenda gioco delle Danzedel Grano, qu<strong>al</strong>che cosa che impedisce di avere le rughe e di perdere identi. Egli fece uno sforzo disperato per capire il pensiero delGovernatore.«Sì», diceva Mustafà Mond «questo è un <strong>al</strong>tro articolo <strong>al</strong> passivo dellastabilità. Non è solo l'arte a essere incompatibile con la stabilità;127


c'è anche la scienza. La scienza è pericolosa; noi dobbiamo tenerlacon la massima cura incatenata e con tanto di museruola.»«Cosa?» fece Helmholtz <strong>al</strong> colmo dello stupore. «Ma noi diciamocontinuamente che la scienza è di tutti. E' una sentenza ipnopedica.»«Tre volte <strong>al</strong>la settimana da tredici a diciassette anni» intervenneBernardo.«E tutta la propaganda scientifica che svolgiamo <strong>al</strong> Collegio...»«Sì, ma qu<strong>al</strong>e specie di scienza?» domandò sarcasticamente MustafàMond. «Voi non avete ricevuto cultura scientifica, e di conseguenzanon potete giudicare. Io ero un ottimo fisico, ai miei tempi. Troppobravo, bravo quanto basta per rendermi conto che tutta la nostrascienza è una specie di 're dei cuochi', con una teoria ortodossadella culinaria che nessuno ha il diritto di mettere in dubbio, e un<strong>al</strong>ista di ricette <strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e non si deve aggiungere nulla eccetto chedietro permesso speci<strong>al</strong>e del capocuoco. Adesso il capocuoco sono io.Ma una volta io ero un giovane sguattero curioso. Mi misi a fare unpo' di cucina a modo mio. Cucina eterodossa, cucina illecita. Un po'di scienza re<strong>al</strong>e, insomma.» Ci fu una pausa.«Che cosa accadde?» domandò Helmholtz Watson.<strong>Il</strong> Governatore sorrise. «Press'a poco ciò che sta per accadere avoi<strong>al</strong>tri giovinotti. Sono stato sul punto di essere spedito inun'isola.»Queste parole g<strong>al</strong>vanizzarono Bernardo in una forma violenta eindecorosa. «Spedire me in un'isola?» B<strong>al</strong>zò in piedi, attraversò dicorsa la stanza e si fermò gesticolando di fronte <strong>al</strong> Governatore. «Voinon potete spedirmi. Io non ho fatto nulla. Sono stati gli <strong>al</strong>tri.Giuro che sono stati gli <strong>al</strong>tri.» Designò in atto d'accusa Helmholtz eil Selvaggio. «Oh! vi supplico, non mandatemi in Islanda. Prometto chefarò ciò che devo fare. Accordatemi un'<strong>al</strong>tra probabilità.» Le lacrimecominciarono a scorrere. «Ve lo ripeto, è colpa loro» singhiozzava.«No in Islanda. Oh, scongiuro Vostra Forderia, scongiuro...» E in unparossismo di umiliazione si gettò in ginocchio davanti <strong>al</strong>Governatore. Mustafà Mond tentò di ri<strong>al</strong>zarlo, ma Bernardo persistettenel suo atteggiamento: il flusso delle parole continuava a riversarsiinesauribile. Fin<strong>al</strong>mente il Governatore dovette suonare per il quartosegretario.«Conducetemi tre uomini» ordinò «e portate il signor Marx in unacamera da letto. Somministrategli una buona vaporizzazione di "soma",poi mettetelo a letto e lasciatelo solo.»<strong>Il</strong> quarto segretario uscì e tornò con tre inservienti gemelli inuniforme verde. Sempre smaniante e singhiozzante, Bernardo fu portatovia.«Si direbbe che sta per essere sgozzato» disse il Governatore mentrela porta si richiudeva. «Invece, se avesse il minimo buon senso,capirebbe che la sua punizione è in re<strong>al</strong>tà una ricompensa. Lo si mandain un'isola. E' come dire che lo si manda in un posto dove incontreràla più interessante società di uomini e di donne che si possa maitrovare <strong>al</strong> <strong>mondo</strong>. Tutta gente che, per una ragione o per l'<strong>al</strong>tra, hapreso troppo coscienza del proprio io individu<strong>al</strong>e per adattarsi <strong>al</strong>lavita in comune. Tutta gente che non è soddisfatta dell'ortodossia, cheha delle idee indipendenti, sue proprie. Tutti coloro, in una parola,che sono qu<strong>al</strong>cuno. Quasi quasi vi invidio, signor Watson.»128


Helmholtz si mise a ridere. «Allora perché non siete in un'isola anchevoi?»«Perché, in fin dei conti, io ho preferito questo» rispose ilGovernatore. «Avevo facoltà di scelta; essere spedito in un'isola oveavrei potuto continuare a farmela con la scienza pura, ovvero essereammesso <strong>al</strong> Consiglio dei Governatori con la prospettiva di esserepromosso in tempo utile a un posto di Governatore Gener<strong>al</strong>e. Ho sceltoquesto ed ho abbandonato la scienza.» Dopo una breve pausa aggiunse:«T<strong>al</strong>volta mi avviene di rimpiangere la scienza. La felicità è unpadrone esigente, speci<strong>al</strong>mente la felicità degli <strong>al</strong>tri. Un padronemolto più esigente, se non si è condizionati per accettarla senzadiscutere, della verità.» Sospirò, tacque ancora, poi riprese con tonopiù vivace: «Insomma, il dovere è il dovere. Non si può consultare leproprie preferenze. Io m'interesso <strong>al</strong>la verità, io amo la scienza. M<strong>al</strong>a verità è una minaccia, la scienza è un pericolo pubblico. E'<strong>al</strong>trettanto pericolosa quanto è stata benefica. Ci ha dato il piùstabile equilibrio della storia. Quello della Cina era disperatamentemeno sicuro in confronto; anche i primitivi matriarcati non erano piùstabili di quanto lo siamo noi. Grazie, ripeto, <strong>al</strong>la scienza. Ma noinon possiamo permettere <strong>al</strong>la scienza di disfare il suo buon lavoro.Ecco perché limitiamo con tanta cura il campo delle sue ricerche, eccoperché quasi mi mandavano in un'isola. Noi non le permettiamo che dioccuparsi dei problemi più immediati del momento. Tutte le <strong>al</strong>treimprese vengono col massimo impegno scoraggiate. E' curioso» ripresedopo una breve pausa «leggere ciò che si scriveva <strong>al</strong>l'epoca del NostroFord sul progresso della scienza. Sembrava ci si immaginasse che sipotesse permetterle lo sviluppo indefinito, senza riguardo per le<strong>al</strong>tre cose. <strong>Il</strong> sapere era il Dio più <strong>al</strong>to, la verità il v<strong>al</strong>oresupremo; tutto il resto era secondario e subordinato. E' vero che leidee cominciavano a modificarsi, in quel tempo. <strong>Il</strong> Nostro Fordperson<strong>al</strong>mente fece un grande sforzo per trasferire l'importanza dellaverità e della bellezza ai comodi e <strong>al</strong>la felicità. La produzione inmassa esigeva questo trasferimento. La felicità univers<strong>al</strong>e mantiene inordine gli ingranaggi; la verità e la bellezza non lo possono. E,beninteso, ogni volta che le masse si impadronivano del poterepolitico, era la felicità piuttosto che la verità e la bellezza cheimportava. Tuttavia, nonostante tutto, le ricerche scientifiche senzarestrizione erano ancora permesse. Si continuava a parlare dellaverità e della bellezza come se fossero dei beni sovrani. Fino<strong>al</strong>l'epoca della Guerra dei Nove Anni. Questa li obbligò a cambiare illoro tono, ve lo dico io. Qu<strong>al</strong> è il senso della verità o dellabellezza o del sapere quando le bombe ad antrace scoppiano intorno avoi? Fu <strong>al</strong>lora che la scienza cominciò ad essere controllata, dopo laGuerra dei Nove Anni. La gente <strong>al</strong>lora era disposta a lasciarcontrollare anche i suoi appetiti. Tutto, pur di vivere tranquilli.Questo non è stato un bene per la verità, d'accordo, ma è statoeccellente per la felicità. Non si può avere nulla per nulla. Lafelicità bisogna pagarla. Voi la pagate, signor Watson; pagate perchévi state interessando troppo <strong>al</strong>la bellezza. Io m'interessavo troppo<strong>al</strong>la verità, e ho pagato anch'io.»«Ma non siete andato in un'isola, voi» disse il Selvaggio rompendo unlungo silenzio.129


<strong>Il</strong> Governatore sorrise. «E' così ch'io ho pagato. Scegliendo diservire la felicità. Quella degli <strong>al</strong>tri, non la mia. E' una fortuna»aggiunse dopo una pausa «che ci siano tante isole <strong>al</strong> <strong>mondo</strong>. Non so checosa potremmo fare senza di esse. Vi ficcheremmo tutti nella cameraasfissiante, suppongo. A proposito, signor Watson, vi piacerebbe unclima tropic<strong>al</strong>e? Le Marchesi, per esempio, o Samoa? Oppure qu<strong>al</strong>checosa di più fresco?»Helmholtz si <strong>al</strong>zò d<strong>al</strong>la sedia pneumatica.«Mi piacerebbe un clima completamente cattivo» rispose. «Mi pare chesi possa scriver meglio se il clima è cattivo. Se ci fosse molto ventoe degli uragani, per esempio...»<strong>Il</strong> Governatore fece un segno di approvazione.«Apprezzo il vostro coraggio, signor Watson. Lo apprezzo enormemente.Così come, uffici<strong>al</strong>mente, lo disapprovo.» Sorrise. «Che ne dite, delleisole F<strong>al</strong>kland?»«Sì, credo che vadano bene» rispose Helmholtz. «E adesso, sepermettete, vorrei andar a vedere che cosa è avvenuto <strong>al</strong> poveroBernardo.»17.«Arte, scienza... mi sembra che abbiate pagato un prezzo considerevoleper la vostra felicità» disse il Selvaggio quando furono soli. «Nonc'è <strong>al</strong>tro?»«Ma sì, certo, c'è la religione» rispose il Governatore. «C'era unavolta anche qu<strong>al</strong>che cosa chiamata Dio, prima della Guerra dei NoveAnni. Ma dimenticavo; voi sapete bene cos'è Dio, suppongo.»«Diamine...» <strong>Il</strong> Selvaggio esitò. Avrebbe voluto dire qu<strong>al</strong>che cosadella solitudine, della notte, dell'<strong>al</strong>tipiano che si stende p<strong>al</strong>lidosotto la luna, del precipizio, della caduta nelle tenebre fonde, dellamorte. Avrebbe voluto parlare, ma non c'erano parole. Neppure inShakespeare. <strong>Il</strong> Governatore, intanto, aveva attraversato da un angolo<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tro la stanza e stava aprendo una massiccia cassaforteincastrata nel muro tra gli scaff<strong>al</strong>i dei libri. <strong>Il</strong> pesante portello siaperse. Frugando nell'oscurità disse: «E' un soggetto che ha sempreavuto un grande interesse per me». Ne trasse un grosso volume nero.«Voi non l'avete mai letto, per esempio.»<strong>Il</strong> Selvaggio lo prese. «"La sacra Bibbia contenente l'Antico ed ilNuovo Testamento"» lesse ad <strong>al</strong>ta voce sul frontespizio.«E neppure questo»; era un piccolo libro senza copertina:"L'Imitazione di Cristo".«Né questo.» Tese un <strong>al</strong>tro volume: "Le varietà dell'esperienzareligiosa di William James".«Ne ho ancora molti» continuò Mustafà Mond rimettendosi a sedere.«Un'intera collezione di vecchi libri pornografici. Dio in cassafortee Ford negli scaff<strong>al</strong>i!» Designò ridendo la sua biblioteca confessata,i p<strong>al</strong>chetti di libri, le caselle piene di bobine per macchine dilettura e di rulli a impressione sonora.«Ma se voi sapete bene chi è Dio, perché non ne parlate loro?» domandòil Selvaggio indignato. «Perché non date loro questi libri su Dio?»«Per la stessa ragione per la qu<strong>al</strong>e non diamo loro "Otello": sono130


vecchi, rispetto a Dio sono indietro cento anni. Non è il Diod'adesso.»«Ma Dio non muta.»«Gli uomini sì, però.»«Che differenza c'è?»«Tutta la differenza possibile <strong>al</strong> <strong>mondo</strong>» rispose Mustafà Mond. Si <strong>al</strong>zòdi <strong>nuovo</strong> e si avvicinò <strong>al</strong>la cassaforte. «C'era una volta un uomochiamato il cardin<strong>al</strong>e Newman» disse. «Un cardin<strong>al</strong>e» esclamò «era unaspecie di Arcicantore.»«'Io, Pandolfo, cardin<strong>al</strong>e della bella Milano...' (18) Ho letto qu<strong>al</strong>checosa sul loro conto in Shakespeare.»«Sicuro. Ebbene, come stavo dicendo, c'era un uomo chiamato ilcardin<strong>al</strong>e Newman. Ah, ecco il libro» lo tirò fuori. «E già che cisono, prendo anche questo. E' di un uomo chiamato Maine de Biran. Eraun filosofo, se sapete cos'è.»«'Un uomo che sogna meno cose di quante ne esistano sulla terra e incielo' (19)» rispose prontamente il Selvaggio.«Benissimo. Tra un istante vi leggerò una di quelle cose di cui eglisognò veramente. Intanto sentite che cos'ha detto il vecchioArcicantore.» Aperse il libro a un punto segnato con un pezzetto dicarta, e cominciò a leggere. «'Noi non apparteniamo a noi stessi piùdi quanto ci appartenga ciò che possediamo. Non ci siamo fatti da noie non possiamo avere la supremazia sopra noi stessi. Non siamo padronidi noi. Siamo proprietà di Dio. Non è la nostra felicità diconsiderare così le cose? E' forse una felicità o una consolazioneconsiderare che noi apparteniamo a noi stessi? Può essere così percoloro che sono giovani e felici. Essi possono credere ch'è una grandecosa poter tutto ordinare secondo la loro idea, così <strong>al</strong>menosuppongono: non dipendere da nessuno, non dover pensare a nulla chesia <strong>al</strong> di fuori della loro vista, non doversi preoccupare dellacontinua riconoscenza, della continua preghiera, dell'obbligo continuodi riferire <strong>al</strong>la volontà di un <strong>al</strong>tro ciò che fanno. Ma come il tempopassa, essi, come tutti gli uomini, si accorgeranno che l'indipendenzanon è fatta per l'uomo, che è uno stato contro natura, che può bastareper un momento ma che non ci mette <strong>al</strong> sicuro definitivamente...'»Mustafà Mond si fermò. Depose il primo libro, e, preso l'<strong>al</strong>tro, nesfogliò le pagine.«Prendete questo esempio» disse e con la sua voce forte si rimise <strong>al</strong>eggere.«'Un uomo invecchia, egli ha in sé il sentimento radic<strong>al</strong>e delladebolezza, dell'atonia, del m<strong>al</strong>essere che accompagna il progrediredell'età e, provandolo, immagina di essere amm<strong>al</strong>ato, c<strong>al</strong>ma i propritimori con l'idea che la sua condizione penosa sia dovuta a qu<strong>al</strong>checausa particolare, d<strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e, come da una m<strong>al</strong>attia, spera diguarire. Vane immaginazioni! La m<strong>al</strong>attia è la vecchiaia ed èun'orribile m<strong>al</strong>attia. Dicono che è la paura della morte e di ciò chesegue <strong>al</strong>la morte che fa volgere gli uomini <strong>al</strong>la religione quandoavanzano gli anni. Ma la mia propria esperienza mi ha dato laconvinzione che, senza <strong>al</strong>cun terrore o effetto d'immaginazione, ilsentimento religioso tende a svilupparsi a misura che noi invecchiamo;a svilupparsi perché le passioni essendosi c<strong>al</strong>mate, l'immaginazione ela sensibilità essendo diventate meno eccitate o eccitabili, la nostra131


agione è meno turbata nel suo esercizio, meno offuscata d<strong>al</strong>leimmagini dei desideri e d<strong>al</strong>le distrazioni che solevano assorbirla;<strong>al</strong>lora Dio emerge come da una nuvola; la nostra anima lo sente, lovede, si volge versò di lui, sorgente d'ogni luce; si volgenatur<strong>al</strong>mente e inevitabilmente; e poiché tutto si dissolve nel <strong>mondo</strong>delle sensazioni, la vita e la gioia hanno cominciato ad abbandonarci,l'esistenza fenomenica non è più sostenuta d<strong>al</strong>le impressioni esterneed interne, noi sentiamo il bisogno di appoggiarci a qu<strong>al</strong>che cosa cheresta, a qu<strong>al</strong>che cosa che non ci ingannerà, una re<strong>al</strong>tà assoluta edeterna. Sì, noi ci volgiamo inevitabilmente a Dio; perché ilsentimento religioso è così puro, così dolce <strong>al</strong> cuore questaesperienza, che ci compensa di tutte le <strong>al</strong>tre perdite.'»Mustafà Mond chiuse il libro e si addossò <strong>al</strong>la poltrona. «Una dellenumerose cose del cielo e della terra di cui questi numerosi filosofinon hanno sognato è questa» (agitò la mano) «noi, il <strong>mondo</strong> moderno.'Potete essere indipendenti da Dio soltanto mentre avete la giovinezzae la prosperità; l'indipendenza non può accompagnarvi sicuramente fino<strong>al</strong>la morte.' Ebbene, ecco che noi abbiamo la giovinezza e laprosperità sino <strong>al</strong>la fine. Che ne risulta? Evidentemente, che possiamoessere indipendenti da Dio. '<strong>Il</strong> sentimento religioso ci compenserà ditutte le nostre perdite.' Ma non ci sono per noi perdite dacompensare; il sentimento religioso è superfluo. Perché dovremmoandare <strong>al</strong>la ricerca di un surrogato dei desideri giovanili, d<strong>al</strong>momento che i desideri giovanili non ci fanno mai difetto? di unsurrogato delle distrazioni, d<strong>al</strong> momento che continuiamo a divertircidi tutte le vecchie pazzie sino <strong>al</strong>la fine? Che bisogno abbiamo diriposo se i nostri spiriti ed i nostri corpi continuano a gioirenell'attività? o di consolazione se abbiamo il "soma"? o di qu<strong>al</strong>checosa d'immutabile se c'è l'ordine soci<strong>al</strong>e?»«Allora voi credete che Dio non ci sia?»«No, io credo che molto probabilmente ce n'è uno.»«Allora perché...»Mustafà Mond lo fermò. «Ma egli si manifesta in modi differenti aidiversi uomini. Nei tempi premoderni si manifestava come l'essere cheè descritto in questi libri. Adesso...»«Come si manifesta adesso?» domandò il Selvaggio.«Ecco, si manifesta come un'assenza; come se non esistesse del tutto.»«Questa è colpa vostra.»«Dite che è colpa della civiltà. Dio non è compatibile con lemacchine, con la medicina scientifica e con la felicità univers<strong>al</strong>e.Bisogna fare la propria scelta. La nostra civiltà deve tener questilibri chiusi nella cassaforte. Sono osceni. La gente sarebbescand<strong>al</strong>izzata se...»<strong>Il</strong> Selvaggio l'interruppe. «Ma non è natur<strong>al</strong>e sentire che c'è Dio?»«Potreste ugu<strong>al</strong>mente domandare se è natur<strong>al</strong>e chiudere i pant<strong>al</strong>oni conla cintura automatica» disse il Governatore sarcasticamente. «Voi mirammentate un <strong>al</strong>tro di quei vecchi compari chiamato Bradley. Costuidefiniva la filosofia come l'arte di trovare una cattiva ragione a ciòche si crede d'istinto. Come se si credesse qu<strong>al</strong>che cosa d'istinto! Sicredono le cose perché si è stati condizionati a crederle. <strong>Il</strong> trovaredelle cattive ragioni a ciò che si crede per effetto d'<strong>al</strong>tre cattiveragioni, questa è la filosofia. La gente crede in Dio perché è stata132


condizionata a credere in Dio.»«Nonostante tutto questo,» insistette il Selvaggio «è natur<strong>al</strong>e crederein Dio quando si è soli, completamente soli di notte, e si pensa <strong>al</strong>lamorte...»«Ma la gente non è mai sola <strong>al</strong> giorno d'oggi» disse Mustafà Mond. «Noifacciamo sì che gli uomini detestino la solitudine e disponiamo l<strong>al</strong>oro vita in t<strong>al</strong> modo che sia loro quasi impossibile conoscerla mai.»<strong>Il</strong> Selvaggio assentì tristemente. A M<strong>al</strong>pais aveva sofferto perché loavevano escluso d<strong>al</strong>le attività comuni del "pueblo", nella civileLondra soffriva perché non poteva mai evadere da queste attivitàcomuni né mai essere tranquillamente solo.«Vi ricordate quel passo del "Re Lear"?» disse fin<strong>al</strong>mente ilSelvaggio. «'Gli Dei sono giusti, e dei nostri amabili vizi fannodegli strumenti per torturarci... il posto oscuro e corrotto dove ticoncepì gli costò gli occhi' ed Ed<strong>mondo</strong> risponde (ricordate? è ferito,è morente): 'Tu hai detto bene, è la verità. La ruota ha fatto il suogiro completo; eccomi'. Cosa ne dite voi? Non sembra che ci sia un Dioche dirige le cose, punisce e ricompensa?»«Sembra?» interrogò a sua volta il Governatore. «Voi poteteabbandonarvi a un buon numero di amabili vizi con una neutra senzacorrere il rischio di farvi strappare gli occhi d<strong>al</strong>l'amante di vostrofiglio. 'La ruota ha fatto il suo giro completo, eccomi.' Ma dovesarebbe Ed<strong>mondo</strong> ai giorni nostri? Seduto in una poltrona pneumatica,colle braccia attorno <strong>al</strong>la vita di una ragazza, masticando letavolette di gomma di ormoni sessu<strong>al</strong>i e guardando un film odoroso. GliDei sono giusti, non c'è dubbio. Ma il loro codice di leggi è dettato,in ultima an<strong>al</strong>isi, d<strong>al</strong>la gente che organizza la società; laProvvidenza riceve la sua parola d'ordine dagli uomini.»«Ne siete sicuro?» domandò il Selvaggio. «Siete proprio sicuro cheEd<strong>mondo</strong>, in questa poltrona pneumatica, non è stato punito cosìseveramente come l'Ed<strong>mondo</strong> ferito e sanguinante a morte? Gli Dei sonogiusti. Non hanno usato dei suoi amabili vizi come d'uno strumento perdegradarlo?»«Degradarlo da qu<strong>al</strong>e stato? Come cittadino felice, assiduo <strong>al</strong> lavoro,consumatore di beni, egli è perfetto. Certo, se voi scegliete qu<strong>al</strong>che<strong>al</strong>tro modello diverso dai nostri <strong>al</strong>lora forse potreste dire che èstato degradato. Ma bisogna attenersi a una serie di postulati. Non sipuò giocare <strong>al</strong> Golf elettromagnetico seguendo le regole dellaMoscacieca Centrifuga.»«Ma il v<strong>al</strong>ore risiede nella volontà particolare» disse il Selvaggio.«Esso mantiene la stima e la dignità tanto là dove sono preziose in sestesse quanto in colui che le pregia.»«Via, via» protestò Mustafà Mond «questo è correre un po' troppolontano, non vi pare?»«Se vi lasciate andare a pensare a Dio, non vi lascereste degradare daamabili vizi. Avreste una ragione per sopportare pazientemente lecose, per fare le cose con coraggio. L'ho visto con gli Indiani.»«Ne sono convinto» disse Mustafà Mond. «Ma noi non siamo Indiani. Unuomo civilizzato non ha nessun bisogno di sopportare <strong>al</strong>cunché diparticolarmente sgradevole. E quanto a fare le cose, Ford lo preservid<strong>al</strong>l'avere mai simile idea in testa! Tutto l'ordine soci<strong>al</strong>e sarebbesovvertito se gli uomini si mettessero a fare le cose di loro propria133


testa.»«E la rinuncia <strong>al</strong>lora? Se credeste in Dio, avreste una ragione dirinuncia.»«Ma la civiltà industri<strong>al</strong>e è possibile soltanto quando non ci siarinuncia. Concedersi tutto sino ai limiti estremi dell'igiene e delleleggi economiche. Altrimenti le ruote cessano di girare.»«Avreste una ragione di castità!» disse il Selvaggio arrossendoleggermente mentre pronunciava queste parole.«Ma la castità vuol dire passione, vuol dire nevrastenia. E passione enevrastenia vogliono dire instabilità. E instabilità vuol dire finedella civiltà. Non si può avere una civiltà durevole senza una buonaquantità di amabili vizi.»«Ma Dio è la ragione d'essere di tutto ciò che è nobile, bello,eroico. Se voi aveste un Dio...»«Mio caro, giovane amico» disse Mustafà Mond «la civiltà non haassolutamente bisogno di nobiltà e di eroismo. Queste cose sonosintomi d'insufficienza politica. In una società convenientementeorganizzata come la nostra nessuno ha delle occasioni di essere nobileed eroico. Bisogna che le condizioni diventino profondamente instabiliprima che l'occasione possa presentarsi. Dove ci sono guerre, dove cisono giuramenti di fedeltà condivisi, dove ci sono tentazioni a cuiresistere, oggetti d'amore per i qu<strong>al</strong>i combattere o da difendere, làcerto la nobiltà e l'eroismo hanno un peso. Ma ai nostri giorni non cisono guerre. La massima cura è posta nell'impedirci di amare troppoqu<strong>al</strong>siasi cosa. Non c'è nulla che rassomigli a un giuramento difedeltà collettiva; siete condizionati in modo t<strong>al</strong>e che non poteteastenervi d<strong>al</strong> fare ciò che dovete fare. E ciò che dovete fare è,nell'insieme, così gradevole, un t<strong>al</strong> numero d'impulsi natur<strong>al</strong>i sonolasciati liberi di sfogarsi, che veramente non ci sono tentazioni <strong>al</strong>lequ<strong>al</strong>i resistere. E se mai, per m<strong>al</strong>a sorte, avvenisse in un modo onell'<strong>al</strong>tro qu<strong>al</strong>che cosa di sgradevole, ebbene, c'è sempre il "soma"che vi permette una vacanza, lontano dai fatti re<strong>al</strong>i. E c'è sempre il"soma" per c<strong>al</strong>mare la vostra collera, per riconciliarvi coi vostrinemici, per rendervi paziente e tollerante. Nel passato non sipotevano compiere queste cose che facendo grandi sforzi e dopo anni dipenoso <strong>al</strong>lenamento mor<strong>al</strong>e. Adesso si mandano giù due o tre compressedi mezzo grammo, e tutto è a posto. Tutti possono essere virtuosi,adesso. Si può portare indosso <strong>al</strong>meno la metà della propria mor<strong>al</strong>itàin bottiglia. <strong>Il</strong> Cristianesimo senza lacrime, ecco che cos'è il"soma".«Ma le lacrime sono necessarie. Non vi ricordate ciò che dice Otello?'Se dopo ogni tempesta vengono t<strong>al</strong>i bonacce, <strong>al</strong>lora che i ventisoffino sino a che abbiano risvegliato la morte!' C'è una storia cheusava raccontarci uno dei vecchi Indiani sulla Ragazza di Matsaki. Igiovanotti che desideravano sposarla dovevano passare una mattina azappare nel suo giardino. La cosa sembrava facile, ma c'erano dellemosche e delle zanzare tutte stregate. La maggior parte dei giovaninon poteva assolutamente sopportare i morsi e le punture. Ma colui checi riusciva, otteneva in premio la ragazza.»«Graziosa! Ma nei paesi civili» disse il Governatore «si possono averedelle ragazze senza zappare per loro; e non ci sono mosche o zanzareche vi pungono. Ce ne siamo sbarazzati già da secoli.»134


<strong>Il</strong> Selvaggio assentì, accigliato. «Ve ne siete sbarazzati, già è ilvostro sistema. Sbarazzarsi di tutto ciò che non è gradito, invece diimparare a sopportarlo. Resta a sapere se è spiritu<strong>al</strong>mente più nobilesubire i colpi e le frecce dell'avversa fortuna, o prendere le armicontro un oceano di m<strong>al</strong>i e opporsi ad essi sino <strong>al</strong>la fine... Ma voinon fate né l'una né l'<strong>al</strong>tra cosa. Voi né sopportate né affrontate.Abolite semplicemente i colpi e le frecce. E' troppo facile.»Tacque improvvisamente, pensando a sua madre. Nella sua camera deltrentasettesimo piano, Linda aveva g<strong>al</strong>leggiato in un mare di lucicantanti e di profumate carezze, se n'era andata g<strong>al</strong>leggiando fuoridello spazio, fuori del tempo, fuori della prigione dei suoi ricordi,delle sue abitudini, del suo corpo vecchio e pingue. E Tomakin, l'ex-Direttore delle Incubatrici e del Condizionamento, Tomakin era invacanza, in vacanza lontano d<strong>al</strong>la sua umiliazione e d<strong>al</strong> suo dolore, inun <strong>mondo</strong> dove non poteva sentire quelle parole, quel riso beffardo,dove non poteva vedere quella faccia repulsiva, sentirsi quellebraccia molli e flaccide intorno <strong>al</strong> collo, in un <strong>mondo</strong> splendido...«Ciò che vi abbisogna» riprese il Selvaggio «è qu<strong>al</strong>che cosa cheimplichi il pianto, per cambiare. Nulla costa abbastanza qui.»(«Dodici milioni e mezzo di dollari' aveva precisato Enrico Foster,quando il Selvaggio gli aveva detto ciò. 'Dodici milioni e mezzo didollari': era il costo del <strong>nuovo</strong> Centro di Condizionatura. 'Non uncentesimo di meno.')«'Esporre ciò che è mort<strong>al</strong>e e indifeso <strong>al</strong> caso, <strong>al</strong>la morte e <strong>al</strong>pericolo, fosse pure un guscio.' (20) Non è qu<strong>al</strong>che cosa questo?»domandò guardando Mustafà Mond. «Anche astraendo da Dio; e tuttaviaDio ne costituirebbe pur sempre una ragione. Non è qu<strong>al</strong>che cosa viverepericolosamente?»«E' molto» rispose il Governatore. «Gli uomini e le donne hannobisogno che si stimolino di tanto in tanto le loro capsule surren<strong>al</strong>i.»«Cosa?» fece il Selvaggio che non capiva.«E' una delle condizioni della perfetta s<strong>al</strong>ute. E' per questo cheabbiamo reso obbligatorie le cure S.P.V.»«S.P.V.?»«Surrogato di Passione Violenta. Regolarmente, una volta <strong>al</strong> mese,irrighiamo tutto l'organismo con adren<strong>al</strong>ina. E' l'equiv<strong>al</strong>entefisiologico completo della paura e della collera. Tutti gli effettitonici dell'uccisione di Desdemona e del fatto che è uccisa da Otello,senza nessuno degli inconvenienti.»«Ma io amo gli inconvenienti.»«Noi no» disse il Governatore. «Noi preferiamo fare le cose con ognicomodità.»«Ma io non ne voglio di comodità. Io voglio Dio, voglio la poesia,voglio il pericolo re<strong>al</strong>e, voglio la libertà, voglio la bontà. Voglioil peccato.»«Insomma» disse Mustafà Mond «voi reclamate il diritto di essereinfelice.»«Ebbene, sì» disse il Selvaggio in tono di sfida «io reclamo ildiritto d'essere infelice.»«Senza parlare del diritto di diventar vecchio e brutto e impotente;il diritto d'avere la sifilide e il cancro; il diritto d'avere poco damangiare; il diritto d'essere pidocchioso; il diritto di vivere135


nell'apprensione costante di ciò che potrà accadere domani; il dirittodi prendere il tifo; il diritto di essere torturato da indicibilidolori d'ogni specie.»Ci fu un lungo silenzio.«Io li reclamo tutti» disse il Selvaggio fin<strong>al</strong>mente.Mustafà Mond <strong>al</strong>zò le sp<strong>al</strong>le. «Voi siete il benvenuto» rispose.18.La porta era socchiusa; entrarono.«John!»D<strong>al</strong>la stanza da bagno giunse un rumore sgradevole e caratteristico.«C'è qu<strong>al</strong>che cosa che non va?» domandò Helmholtz.Non ricevettero risposta. <strong>Il</strong> rumore sgradevole si ripeté due volte;poi, silenzio. Infine, con uno scatto, l'uscio della stanza da bagnosi aprì e, p<strong>al</strong>lidissimo, il Selvaggio apparve.«Ehi, dico,» esclamò Helmholtz premuroso «mi sembrate sofferente,John!»«Avete mangiato qu<strong>al</strong>che cosa che v'ha fatto m<strong>al</strong>e?» indagò Bernardo.<strong>Il</strong> Selvaggio fece cenno di sì. «Ho mangiato la civiltà.»«Cosa?»«Mi ha avvelenato; ero insudiciato. E poi» aggiunse con tono più basso«ho mangiato il mio proprio peccato.»«Sì, ma, insomma, che cosa esattamente... Voglio dire, adesso voi...»«Adesso sono purificato» affermò il Selvaggio. «Ho bevuto della senapee dell'acqua c<strong>al</strong>da.»Gli <strong>al</strong>tri lo guardarono stupiti. «Volete dire che l'avete fatto diproposito?» domandò Bernardo.«E' così che gli Indiani si purificano sempre.» Sedette e, sospirando,si passò la mano sulla fronte. «Voglio riposare qu<strong>al</strong>che minuto» disse«sono un po' stanco.»«Già, non mi sorprende» fece Helmholtz. E dopo una pausa riprese in un<strong>al</strong>tro tono: «Veniamo a dirvi addio. Partiamo domattina».«Sì, partiamo domattina» disse Bernardo, nel volto del qu<strong>al</strong>e ilSelvaggio notò un'espressione nuova di ferma rassegnazione. «E aproposito, John» continuò sporgendosi innanzi sulla sedia e posandouna mano sul ginocchio del Selvaggio «vorrei dirvi quanto sonospiacente di ciò che è accaduto ieri.» Arrossì. «E come mi vergogno»riprese nonostante l'incertezza della sua voce «come in verità...»<strong>Il</strong> Selvaggio lo interruppe e, prendendogli la mano, la strinseaffettuosamente.«Helmholtz è stato molto buono con me» riprese Bernardo dopo una brevepausa. «Se non fosse stato per lui, io avrei...»«Via, via» protestò Helmholtz.Ci fu un silenzio. Nonostante la loro tristezza - a causa d'essa,anzi, perché la loro tristezza era il sintomo del loro affettoscambievole - i tre giovani erano contenti.«Sono andato a vedere il Governatore stamattina» disse il Selvaggiofin<strong>al</strong>mente.«Perché?»«Per domandargli se non potrei venire <strong>al</strong>le isole con voi.»136


«E cosa ha detto?» domandò Helmholtz avidamente.<strong>Il</strong> Selvaggio scosse la testa. «Non ha voluto permetterlo.»«Perché no?»«Ha detto che vuole continuare l'esperienza. Ma ch'io mi danni»aggiunse il Selvaggio con improvviso furore «ch'io mi danni secontinuo a prestarmi <strong>al</strong>le loro esperienze. No, per tutti i Governatoridel Mondo. Anch'io me ne andrò domani.»«Ma dove?» chiesero gli <strong>al</strong>tri insieme.<strong>Il</strong> Selvaggio <strong>al</strong>zò le sp<strong>al</strong>le. «In un posto qu<strong>al</strong>unque. Non haimportanza. Purché possa essere solo.»Da Guildford la linea discendente seguiva la v<strong>al</strong>lata della Wey fino aGod<strong>al</strong>ming, poi su Milford e Witley, proseguiva verso Haslemere e perPetersheld verso Portsmouth. Par<strong>al</strong>lela <strong>al</strong>l'ingrosso a questa, la lineaascendente passava su Worplesdon, Tongham, Puttenham, Elstead eGrayshott. Tra Hog's Back e Hindhead c'erano dei punti ove le duelinee non erano distanti più di sei o sette chilometri. Questadistanza era troppo piccola per gli aviatori negligenti, speci<strong>al</strong>mentela notte e quando avevano ingerito un mezzo grammo di troppo. C'eranostati degli incidenti, <strong>al</strong>cuni seri. Era stato deciso di deviare l<strong>al</strong>inea ascendente di qu<strong>al</strong>che chilometro verso ovest. Tra Grayshott eTongham quattro fari aerei abbandonati segnavano il tracciato dellavecchia strada da Portsmouth a Londra. I cieli <strong>al</strong> di sopra di essierano silenziosi e deserti. Era sopra Selborne, Borden e Farnham chegli elicotteri ora incessantemente rombavano e ruggivano.<strong>Il</strong> Selvaggio s'era scelto come ritiro il vecchio faro che s'inn<strong>al</strong>zavasulla cresta della collina tra Puttenham e Elstead. L'edificio era dicemento armato e in ottime condizioni: quasi troppo confortevole,aveva pensato il Selvaggio quando per la prima volta aveva esploratoil posto, quasi troppo lussuosamente civilizzato. Acquietò la suacoscienza promettendosi in compenso una disciplina person<strong>al</strong>e piùrigorosa, delle purificazioni tanto più complete e perfette. La suaprima notte nell'eremitaggio fu, deliberatamente, insonne. Egli passòle ore in ginocchio pregando ora il Cielo d<strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e il colpevoleClaudio aveva implorato il perdono, ora, in lingua Zuñi, Awonawilona,ora Gesù e Poukong, ora il proprio anim<strong>al</strong>e custode, l'aquila. Di tantoin tanto stendeva le braccia come se fosse in croce e le teneva cosìper lunghi minuti in una sofferenza che cresceva gradatamente sino adiventare tortura parossistica fremente; le teneva così, incrocifissione volontaria, mentre ripeteva tra i denti chiusi (eintanto il sudore gli scorreva lungo la faccia): «Oh, perdonatemi! Oh,purificatemi! aiutatemi a essere virtuoso!» più e più volte, finché fusul punto di svenire d<strong>al</strong> dolore.Quando giunse il mattino, egli sentì d'aver guadagnato il dirittod'abitare il faro; sì, benché ci fossero ancora i vetri <strong>al</strong>la maggiorparte delle finestre, benché la vista d<strong>al</strong>la piattaforma fosse cosìbella. Perché la ragione stessa per la qu<strong>al</strong>e egli aveva scelto il faroera diventata quasi immediatamente una ragione per andare <strong>al</strong>trove.Aveva deciso di vivere lì perché la vista era così bella, perché daquel punto dominante gli pareva di contemplare da lungi l'incarnazionedi una re<strong>al</strong>tà divina. Ma chi era egli per essere colmato con lospettacolo quotidiano della bellezza? Chi era per vivere nella137


presenza visibile di Dio? Tutt'<strong>al</strong> più egli meritava di vivere inqu<strong>al</strong>che sordida capanna, in qu<strong>al</strong>che oscura caverna sotterranea.Ancora curvo e dolorante dopo la sua lunga notte di tortura, maappunto per questa ragione internamente rassicurato, s'arrampicò sullapiattaforma della sua torre, contemplò d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>to il luminoso <strong>mondo</strong>mattutino ch'egli aveva di <strong>nuovo</strong> il diritto di abitare. A nord lavista era limitata d<strong>al</strong>la lunga cresta c<strong>al</strong>carea di Hog's Back, dietrola cui estremità orient<strong>al</strong>e si inn<strong>al</strong>zavano le torri di settegrattacieli che costituivano Guildford. Vedendole, il Selvaggio feceuna smorfia, ma doveva giungere a riconciliarsi con esse coll'andardel tempo; perché di notte scintillavano gaiamente in costellazionigeometriche, oppure, violentemente rischiarate, puntavano le loro dit<strong>al</strong>uminose (con un gesto il cui significato nessuno in Inghilterraeccetto il Selvaggio ora comprendeva) solennemente verso i misteriinsondabili del cielo.Nella v<strong>al</strong>le che separava Hog's Back d<strong>al</strong>la collina sabbiosa sulla qu<strong>al</strong>es'inn<strong>al</strong>zava il faro, Puttenham era un modesto, piccolo villaggio, <strong>al</strong>tonove piani, con dei silos, un <strong>al</strong>levamento di g<strong>al</strong>line e una piccolafabbrica di vitamina D. D<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tra parte del faro, verso sud, ilterreno discendeva in lunghi pendii di brughiera fino a unasuccessione di stagni.Al di là, sopra i boschi intermedi, si <strong>al</strong>zava la torre a quattordicipiani di Elstead. Annebbiati sul fondo brumoso dell'atmosfera inglese,Hindhead e Selborne <strong>al</strong>lettavano l'occhio verso una romantic<strong>al</strong>ontananza azzurra. Ma non era soltanto la lontananza che avevaattirato il Selvaggio <strong>al</strong> faro; i dintorni erano seducenti come l<strong>al</strong>ontananza. I boschi, le aperte distese dell'erica e della ginestragi<strong>al</strong>la, i gruppi di pini di Scozia, gli stagni lucenti, con le lorobetulle che vi si chinavano, le loro ninfee, i loro letti di canne,ciò era stupendo e, per occhio abituato <strong>al</strong>le aridità del desertoamericano, meraviglioso. E poi, la solitudine! Intere giornatetrascorsero, durante le qu<strong>al</strong>i egli non vide essere umano. <strong>Il</strong> faro erasoltanto a un quarto d'ora di volo d<strong>al</strong>la Torre di Charing-T, ma lemontagne di M<strong>al</strong>pais erano poco più deserte di questa landa del Surrey.Le folle che abbandonavano ogni giorno Londra l'abbandonavano soltantoper giocare <strong>al</strong> Golf elettromagnetico o a tennis. Puttenham nonpossedeva terreni da golf; le superfici-Riemann più vicine erano aGuildford. I fiori e il paesaggio restavano qui le sole attrattive.Così, non essendovi nessuna buona ragione di venirvi, nessuno civeniva. Durante i primi giorni il Selvaggio visse solo e indisturbato.Del denaro che, appena arrivato, John aveva ricevuto per le sue speseperson<strong>al</strong>i, la maggior parte se n'era andata per l'equipaggiamento.Prima di lasciare Londra egli aveva acquistato quattro coperte di lanaviscosa, corda e spago, chiodi, colla, qu<strong>al</strong>che utensile, fiammiferi(benché egli avesse intenzione di fabbricarsi in seguito unaccenditore automatico), qu<strong>al</strong>che pentola e tegame, due dozzine dipacchetti di semi e dieci chilogrammi di farina di frumento. 'No, nonsurrogato di farina d'amido sintetico e di cascami di cotone' avevainsistito. 'Anche se fosse più nutriente.' Ma quando si trattò deibiscotti panglandulari e di surrogato di bue vitaminizzato non avevapotuto resistere <strong>al</strong>la loquela persuasiva del bottegaio. Adesso,contemplando le scatole di latta, si rimproverava amaramente la sua138


debolezza. Odiosa robaccia civile! Aveva deciso di non mangiarne maianche se dovesse morire di fame. 'Così impareranno' pensò, desiderosodi vendetta. Ma avrebbe imparato anche lui.Contò il suo denaro. <strong>Il</strong> poco che gliene rimaneva sarebbe bastato,sperava, a permettergli di passar l'inverno. Con la prossima primaverail suo giardino avrebbe prodotto il necessario per renderloindipendente d<strong>al</strong> <strong>mondo</strong> esterno. Nel frattempo ci sarebbe pur sempre laselvaggina. Aveva visto una quantità di lepri, e c'erano degli uccelliacquatici negli stagni. Si mise <strong>al</strong>l'opera immediatamente per fare unarco e delle frecce.C'erano dei frassini presso il faro, e, per il legno delle frecce,tutto un bosco ceduo di avellani meravigliosamente diritti.Cominciò con l'abbattere un giovane frassino. Tagliò due metri ditronco senza rami, lo scorticò, e, fibra per fibra, levò tutto illegno bianco come gli aveva insegnato il vecchio Mitsima, fin che ebbeuna doga quasi della sua statura, rigida nel suo centro più spesso,nervosa e vibrante <strong>al</strong>le estremità esili. <strong>Il</strong> lavoro gli diede unintenso piacere. Dopo qu<strong>al</strong>che settimana d'ozio a Londra, con niente<strong>al</strong>tro da fare ogni volta che desiderava qu<strong>al</strong>che cosa, se non spingereun commutatore o girare una manopola, era una pura delizia trovarsi afare qu<strong>al</strong>cosa che esigeva abilità e pazienza.Aveva quasi finito di tagliare la doga nella sua forma, quandos'avvide con un sussulto che cantava: cantava! Fu come se, cadendo percaso d<strong>al</strong>l'esterno su se stesso, si fosse d'improvviso tradito, sifosse colto in errore flagrante. Arrossì come un colpevole. In fin deiconti non era per cantare e per divertirsi che era venuto lì. Era persfuggire la contaminazione invadente del sudiciume della vita civile;era per essere purificato e fatto virtuoso; era per diventare migliorecon l'attività. Si rese conto con costernazione che, assorto neltagliarsi l'arco, aveva dimenticato ciò di cui aveva giurato a sestesso di ricordarsi costantemente: la povera Linda e la sua durezzaassassina verso di lei, e quegli odiosi gemelli formicolanti comepidocchi sul mistero della sua morte, insultanti, con la loropresenza, non solo il suo dolore e il suo pentimento, ma anche glistessi Dei.Aveva giurato di ricordare, aveva giurato incessantemente di fareammenda. Ed eccolo qui, seduto a lavorare <strong>al</strong>la doga dell'arco,cantando, proprio cantando...Tornò dentro, aprì la scatola della senape e mise dell'acqua a bolliresul fuoco.Mezz'ora dopo tre lavoratori agricoli Delta Minus d'uno dei gruppiBokanovsky di Puttenham, che si recavano in autocarro ad Elstead,quando furono sulla sommità della collina rimasero di stucco nelvedere, ritto davanti <strong>al</strong> faro abbandonato, un giovanotto, ch'era nudosino <strong>al</strong>la cintola e che si flagellava con una frusta di corde a nodi.<strong>Il</strong> suo dorso era rigato orizzont<strong>al</strong>mente di rosso, e da ciascuna dellestriature <strong>al</strong>la susseguente colavano dei sottili fili di sangue. <strong>Il</strong>conducente dell'autocarro si fermò sul bordo della strada, e coi suoidue compagni contemplò con tanto d'occhi quello spettacolostraordinario. Uno, due, tre... contarono i colpi. Dopo l'ottavo ilgiovane interruppe l'autocastigo per correre <strong>al</strong> limitare del bosco evomitarvi violentemente. Quand'ebbe finito, riprese la frusta e139


icominciò a colpirsi. Nove, dieci, undici, dodici...«Ford!» mormorò il conducente. E i suoi gemelli erano della suaopinione.«Fordey!» dissero essi.Tre giorni dopo, come degli avvoltoi che si gettano sopra un cadavere,arrivarono i cronisti.Asciutto e indurito sopra un fuoco di legna verde, l'arco era pronto.<strong>Il</strong> Selvaggio era intento a preparare le frecce. Trenta asticcioled'avellano erano state tagliate e seccate, munite di chiodi aguzzi eincoccate con cura. Egli aveva fatto una spedizione notturnanell'<strong>al</strong>levamento di pollame di Puttenham ed ora disponeva di piume inquantità sufficiente per equipaggiare tutta un'armeria. Fu <strong>al</strong> lavoro,mentre ornava di piume i suoi str<strong>al</strong>i, che lo trovò il primo cronista.Senza far rumore, con le sue scarpe pneumatiche, l'individuo gligiunse <strong>al</strong>le sp<strong>al</strong>le.«Buongiorno, signor Selvaggio» disse. «Io sono l'inviato del 'Radio-Orario'.»Sobb<strong>al</strong>zando come per il morso d'un serpente, il Selvaggio s<strong>al</strong>tò inpiedi, sparpagliando frecce, piume, vasetto della colla e pennello intutte le direzioni.«Vi chiedo scusa» disse il cronista con sincera compunzione. «Nonavevo l'intenzione...» Si toccò il cappello: il tubo da stufa di<strong>al</strong>luminio nel qu<strong>al</strong>e portava il suo ricevitore trasmettitore radio.«Scusate se non me lo tolgo» disse. «E' un po' pesante. Dunque, comedicevo, io sono l'inviato del 'Radio...'».»«Che cosa volete?» domandò il Selvaggio guardandolo m<strong>al</strong>e. <strong>Il</strong>giorn<strong>al</strong>ista gli rispose col migliore dei suoi sorrisi.«Già, natur<strong>al</strong>mente, i nostri lettori si interesserebberomoltissimo...» Piegò la testa da una parte, il suo sorriso divennequasi civettuolo. «Semplicemente qu<strong>al</strong>che vostra parola, signorSelvaggio.» E rapidamente, con una serie di gesti ritu<strong>al</strong>i, svolse duefili met<strong>al</strong>lici collegati <strong>al</strong>la batteria portatile affibbiata <strong>al</strong>la suacintura; li infisse simultaneamente nelle pareti del suo cappellod'<strong>al</strong>luminio; toccò una molla sul fondo, e delle antenne si rizzarononell'aria; toccò un'<strong>al</strong>tra molla <strong>al</strong> margine della f<strong>al</strong>da e, come undiavolo da una scatola-sorpresa, ne b<strong>al</strong>zò un microfono e rimase lìsospeso, volteggiando a quindici centimetri d<strong>al</strong> suo naso; si tirò duericevitori sulle orecchie; premette un commutatore sul lato sinistrodel cappello, e d<strong>al</strong>l'interno giunse un lieve ronzio di vespa; girò unbottone a destra, e il ronzio fu interrotto da un fischio e da uncrepitio stetoscopico, con singhiozzi e improvvisi grugniti.«Allò» disse quegli <strong>al</strong> microfono «<strong>al</strong>lò, <strong>al</strong>lò...». Tosto un campanellosquillò nell'interno della tuba. «Siete voi, Edzel? Parla PrimoMellon. Sì, l'ho trovato. <strong>Il</strong> signor Selvaggio adesso prenderà ilmicrofono e dirà qu<strong>al</strong>che parola. Non è vero, signor Selvaggio?»Rivolse <strong>al</strong> Selvaggio un <strong>al</strong>tro di quei suoi melliflui sorrisi.«Vogliate dire ai nostri lettori perché siete venuto qui. Che cosa viha fatto lasciare Londra (non interrompete, Edzel!) così bruscamente.E, si capisce, parlate della frusta.» <strong>Il</strong> Selvaggio sussultò. Come maisapevano della frusta? «Siamo tutti ansiosi di sapere della frusta. Epoi dite qu<strong>al</strong>che cosa della Civiltà. Sapete bene, roba di questogenere: 'Ciò che io penso della razza civilizzata'. Proprio poche140


parole, pochissime...» <strong>Il</strong> Selvaggio obbedì <strong>al</strong>la lettera in manierasconcertante.Pronunciò cinque parole, non di più. Cinque parole, le stesse cheaveva detto a Bernardo sull'Arcicantore di Canterbury. "Hàni! Sons ésotse-na!" E, afferrato il giorn<strong>al</strong>ista per le sp<strong>al</strong>le, lo fece girare (ilgiovanotto si rivelò c<strong>al</strong>ibrato <strong>al</strong>la perfezione), mirò, e con tutta laprecisione e la forza del piede d'un campione di c<strong>al</strong>cio gli lasciòandare una pedata veramente prodigiosa.Otto minuti dopo, una nuova edizione del 'Radio-Orario' era in venditanelle vie di Londra.'Un cronista del 'Radio-Orario' riceve un c<strong>al</strong>cio nel coccige d<strong>al</strong>misterioso Selvaggio' diceva un richiamo in testa di pagina.'Sensazione nel Surrey.''Sensazione anche a Londra' pensò il cronista, quando, <strong>al</strong> suo ritorno,lesse quelle parole. 'E una sensazione veramente dolorosa, quel checonta di più.' Si sedette con cautela per far colazione.Senza arrestarsi per questa preventiva contusione <strong>al</strong> coccige del lorocollega, quattro <strong>al</strong>tri cronisti, inviati d<strong>al</strong> 'Times' di New York, d<strong>al</strong>'Continuum a quattro dimensioni' di Francoforte, d<strong>al</strong> 'Monitore dellaScienza Fordiana' e d<strong>al</strong> 'Delta Mirror', si recarono nel pomeriggio <strong>al</strong>faro e vi furono ricevuti con una violenza progressivamente crescente.Da una distanza sufficiente e stropicciandosi ancora le natiche,l'inviato del 'Monitore della Scienza Fordiana' gridò:«Imbecille, ignorante, perché non prendete del "soma"?...»«Andatevene!» <strong>Il</strong> Selvaggio gli mostrò il pugno.L'<strong>al</strong>tro indietreggiò di qu<strong>al</strong>che passo, poi si voltò di <strong>nuovo</strong>. «<strong>Il</strong> m<strong>al</strong>eè una cosa irre<strong>al</strong>e se ne prendete due grammi.»«"Kohakwa iyathokyai!"» <strong>Il</strong> tono era ironico e minaccioso.«<strong>Il</strong> dolore è una delusione.»«Oh, è così?» disse il Selvaggio e, raccogliendo una grossa verga diavellano si fece avanti.L'inviato del 'Monitore della Scienza Fordiana' b<strong>al</strong>zò senz'<strong>al</strong>tro nelsuo elicottero.Dopo di che il Selvaggio fu lasciato per qu<strong>al</strong>che tempo in pace.Qu<strong>al</strong>che elicottero venne a volteggiare curioso attorno <strong>al</strong>la torre.Egli scoccò una freccia contro l'importuno che si avvicinò di più. Lafreccia trapassò il pavimento di <strong>al</strong>luminio della cabina; ci fu un urloacuto, e l'apparecchio fece in aria un b<strong>al</strong>zo, con tutt<strong>al</strong>'accelerazione che gli permise il suo supercarico. Gli <strong>al</strong>tri, inseguito, si tennero a rispettosa distanza. Disprezzando il lorofastidioso ronzio (egli si paragonò nella sua immaginazione a unodegli spasimanti della Vergine di Matsaki, impassibile e ostinato inmezzo <strong>al</strong>la verminaia <strong>al</strong>ata), il Selvaggio zappava quel che dovevaessere il suo giardino. Dopo un certo tempo la verminaia,evidentemente stanca, se ne volava via; per ore di seguito il cielosopra la sua testa rimaneva vuoto e, se non ci fossero state le<strong>al</strong>lodole, silenzioso.L'atmosfera era c<strong>al</strong>da e pesante, il tuono brontolava nell'aria. Egliaveva zappato durante tutta la mattina e ora si riposava, disteso sulpavimento. E d'improvviso il pensiero di Lenina fu una presenza re<strong>al</strong>e,nuda e tangibile che diceva 'Amore' e 'Circondami con le tuebraccia!', solo vestita delle c<strong>al</strong>ze e delle scarpette, profumata.141


Impudente cortigiana! Ma oh! oh! le sue braccia attorno <strong>al</strong> collo,l'ansito dei suoi seni, la sua bocca! 'L'eternità era nelle nostrelabbra e nei nostri occhi, Lenina...' No, no, no, no! Fu d'un b<strong>al</strong>zo inpiedi e, mezzo nudo com'era, uscì di corsa d<strong>al</strong>la casa. Al limite dell<strong>al</strong>anda c'era una macchia di cespugli di ginepri bianchi. Egli vi sigettò, abbracciò, non il corpo levigato dei suoi desideri, ma unammasso di spini verdi. Acuti, essi lo trafissero con le loro millepunte. Egli cercò di pensare <strong>al</strong>la povera Linda, ansimante e muta, conquelle sue mani che facevano il gesto d'aggrapparsi a qu<strong>al</strong>che cosa egli occhi pieni di terrore inesprimibile. Povera Linda, della qu<strong>al</strong>eaveva giurato di ricordarsi. Ma era pur sempre la presenza di Leninache l'ossessionava. Lenina, della qu<strong>al</strong>e egli aveva promesso didimenticarsi. Anche sotto i colpi e le punture degli spini di ginepro,la sua carne fremente aveva coscienza di lei, inevitabilmente re<strong>al</strong>e.'Amore, amore... E se anche tu mi volevi, perché non...'<strong>Il</strong> frustino era appeso a un chiodo presso la porta, a portata di mano,nel caso che arrivassero dei giorn<strong>al</strong>isti. Fu una frenesia. <strong>Il</strong>Selvaggio ritornò correndo in casa, lo prese, lo fece roteare. Lecorde a nodi gli sferzarono le carni.«Cortigiana! Cortigiana!» gridava a ogni colpo come se fosse Lenina (econ qu<strong>al</strong>e delirio, senza saperlo, desiderava che fosse!), quellabianca, tiepida, profumata, infame Lenina, ch'egli flagellava così.«Cortigiana!» E poi con voce di disperazione: «O Linda, perdonami.Perdonami, Dio. Io non sono vile. Sono miserabile. Sono... No, tuCortigiana, tu Cortigiana!»D<strong>al</strong> suo nascondiglio apprestato con cura nel bosco a trecento metri didistanza, Darwin Bonaparte, il più esperto fotografo di belve dellaCompagnia dei film odorosi, aveva seguito tutti gli avvenimenti. Lapazienza e l'abilità erano state ricompensate. Egli aveva passato tregiorni raggomitolato nel tronco cavo di una quercia artifici<strong>al</strong>e, trenotti strisciando sul ventre attraverso la brughiera a nascondere deimicrofoni nei cespugli di ginestre, a seppellire dei fili nella sabbiagrigia e molle. Settantadue ore di profondo sconforto. Ma adesso ilgrande momento era giunto - il più grande, Darwin Bonaparte ebbe iltempo di riflettere, mentre si muoveva tra i suoi strumenti - il piùgrande dopo la presa del famoso Sonoro integr<strong>al</strong>e stereoscopico odorosodelle nozze dei gorilla.'Straordinario' disse tra sé mentre il Selvaggio iniziava la suamirabolante rappresentazione. 'Straordinario!' Tenne i suoi apparecchistereoscopici diretti con cura, e, per così dire, incollati sul loromobile oggetto, mise un obiettivo più potente per ottenere un fin<strong>al</strong>edel viso disperato e sconvolto (stupendo!), girò per mezzo minuto colr<strong>al</strong>lentatore (un effetto irresistibilmente comico, si ripromise), eascoltò nel frattempo, coi ricevitori, i colpi, i gemiti, le paroleferoci e pazzesche che venivano registrate sulla fascia sonora afianco del film; tentò l'effetto d'una leggera amplificazione (sì, eradavvero meglio); fu felice di sentire, in un momento simile, il trillodi un'<strong>al</strong>lodola; avrebbe voluto che il Selvaggio si rivoltasse in mododa poter ottenere un buon fin<strong>al</strong>e del sangue che gli rigava la schiena,e quasi immediatamente (che fortuna stupefacente!) quel bravo ragazzos'era proprio voltato sì che egli aveva potuto prendere un fin<strong>al</strong>eperfetto.142


'Davvero grande!» si disse quando tutto fu terminato. 'Grandissimo!'Si asciugò il viso. Dopo che <strong>al</strong>lo studio avessero introdotto glieffetti dell'odoroso, sarebbe stato un film formidabile. 'Quasiperfetto' pensò Darwin Bonaparte 'come la 'Vita amorosa della b<strong>al</strong>enamaschio'»; e questo - per Ford! - era come dire un avvenimentomemorabile.Dodici giorni più tardi '<strong>Il</strong> Selvaggio del Surrey' era proiettato e sipoteva vedere, ascoltare e odorare in tutti i cinema odorosi diprim'ordine dell'Europa occident<strong>al</strong>e.L'effetto del film di Darwin Bonaparte fu immediato ed enorme. Nelpomeriggio che seguì la serata della prima rappresentazione, lasolitudine rustica di John fu improvvisamente rotta d<strong>al</strong>l'arrivo aereodi un grande stormo di elicotteri.Egli stava vangando nel giardino, e vangava insieme nel suo spirito,riportando laboriosamente <strong>al</strong>la superficie la sostanza dei suoipensieri. La morte... e affondava la sua vanga una volta e poiun'<strong>al</strong>tra, e ancora e ancora. E tutti i nostri giorni passati hanrischiarato agli stolti il cammino polveroso della morte. Un tuonod'approvazione rombava attraverso queste parole. Sollevò ancora unap<strong>al</strong>ata di terra. Perché Linda era morta? Perché avevano permesso cheessa diventasse gradatamente meno che umana e fin<strong>al</strong>mente... Fremette.'Una carogna buona da baciare' (21). Puntò il piede sulla vanga e laconficcò fieramente nel terreno duro. 'Ciò che sono le mosche per ibambini crudeli siamo noi per gli Dei; essi ci uccidono per il lorodivertimento' (22). Un <strong>nuovo</strong> tono; parole che si proclamavano vere,più vere in un certo senso della loro stessa verità. Eppure quellostesso Gloucester aveva chiamato gli Dei sempre amabili. 'D'<strong>al</strong>traparte il meglio del suo riposo è il sonno, e tu te lo procuri spessoda te; tuttavia temi, hai una paura folle della morte, che non èniente di più' (23). Niente di più del sonno. Dormire. Sognare forse.La vanga urtò contro un sasso; egli si chinò per raccoglierlo.E poi in questo sonno della morte, qu<strong>al</strong>i sogni?...Un ronzio sopra la sua testa era diventato un rombo; e improvvisamenteci fu nell'ombra qu<strong>al</strong>che cosa tra il sole e lui. Egli guardò in <strong>al</strong>to,sobb<strong>al</strong>zò fuori d<strong>al</strong> suo vangare, fuori dai suoi pensieri; <strong>al</strong>zò gliocchi in uno sb<strong>al</strong>ordimento abbacinato, mentre il suo spirito erravaancora nell'<strong>al</strong>tro <strong>mondo</strong> più vero della verità, ancora concentratosulle immensità della morte e della divinità: <strong>al</strong>zò la testa e vide, in<strong>al</strong>to e vicino, lo sciame dei velivoli volteggianti. Arrivavano comedelle cav<strong>al</strong>lette, restavano sospesi, discendevano tutt'attorno a luinella brughiera. E dai ventri di quelle cav<strong>al</strong>lette giganti uscivanodegli uomini vestiti di flanella-viscosa bianca, delle donne (perchéla temperatura era c<strong>al</strong>da) in pigiama di seta <strong>al</strong>l'acetato o incombinazioni di velluto di cotone corte e senza maniche, con lachiusura automatica mezza aperta; una coppia da ognuno.In pochi minuti ce ne furono delle dozzine, disposte in un vastocerchio attorno <strong>al</strong> faro, con gli occhi sp<strong>al</strong>ancati, ridendo, puntandole macchine fotografiche, lanciando (come a una scimmia) pistacchi,pacchetti di gomma da masticare <strong>al</strong>l'ormone sessu<strong>al</strong>e, biscottipanglandulari. E ad ogni istante - poiché attraverso Hog's Back lacorrente del traffico ora discendeva senza posa - il loro numeroaumentava. Come in un incubo le dozzine diventavano ventine, le143


ventine centinaia.<strong>Il</strong> Selvaggio s'era ritirato verso uno scampo, e ora,nell'atteggiamento di un anim<strong>al</strong>e sulla difensiva, stava col dorsocontro il muro del faro, girando lo sguardo da un viso <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tro in unorrore muto, come un uomo fuori di senno.Da questo stupore egli era passato a una più immediata coscienza dellare<strong>al</strong>tà per l'urto contro la sua guancia di un pacchetto di gomma damasticare lanciato con precisione. Un sussulto di sorpresa e didolore, ed egli si trovò risvegliato del tutto, risvegliato eferocemente irritato.«Andatevene!» urlò.La scimmia aveva parlato; ci fu un'esplosione di risa e di applausi:«Bravo il Selvaggio! Evviva! Evviva!». E in mezzo <strong>al</strong>la babele dellevoci, grida di: «Frustino, frustino, frustino!».In obbedienza a ciò che le parole suggerivano, egli strappò ilgroviglio di corde annodate d<strong>al</strong> chiodo dietro <strong>al</strong>la porta, e lo agitòdavanti ai suoi tormentatori.Ci fu un'ondata di acclamazioni ironiche.Minaccioso egli avanzò verso di loro. Una donna si mise a gridare diterrore. La linea si piegò nel suo punto più immediatamente esposto,poi si riprese, si mantenne ferma. La coscienza d'essere in forzesoverchianti dava a quei curiosi un coraggio che il Selvaggio non sisarebbe mai aspettato. Sorpreso, egli si arrestò e si guardò attorno.«Perché non volete lasciarmi in pace?» C'era una nota quasi lagrimosanella sua collera.«Prendete qu<strong>al</strong>che mandorla s<strong>al</strong>ata <strong>al</strong> magnesio!» disse l'uomo che, seil Selvaggio si fosse ancora avanzato, sarebbe stato il primo a essereattaccato. Tese un pacchetto. «Sono veramente molto buone, sapete»soggiunse con sorriso propiziatorio un poco nervoso. «E i s<strong>al</strong>i dimagnesio contribuiranno a mantenervi giovane.»<strong>Il</strong> Selvaggio disdegnò la sua offerta. «Cosa volete da me?» domandòvoltandosi d<strong>al</strong>l'uno <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tro dei volti sogghignanti. «Che cosa voleteda me?»«<strong>Il</strong> frustino» risposero confusamente un centinaio di voci. «Vogliamoil frustino. Fateci vedere il colpo di frusta!»Poi, <strong>al</strong>l'unisono e su un ritmo lento e pesante:«Noi... vogliamo... il frustino» gridò un gruppo <strong>al</strong>l'estremità dell<strong>al</strong>inea. «Noi... vogliamo... il frustino...»Altri ripresero tosto il grido, e la frase fu ripetutapappag<strong>al</strong>lescamente molte volte, con un volume di suono senza posacrescente, così che, d<strong>al</strong>la settima o ottava ripetizione, nessun'<strong>al</strong>traparola fu più pronunciata. «Noi... vogliamo... il frustino.»Gridavano tutti insieme e, eccitati d<strong>al</strong> chiasso, d<strong>al</strong>la unanimità, d<strong>al</strong>senso di ritmico accordo, avrebbero potuto, sembrava, continuare perdelle ore, quasi indefinitamente. Ma, verso la venticinquesima volta,la manovra venne improvvisamente interrotta. Un <strong>al</strong>tro elicottero eraarrivato da Hog's Back. Restò sospeso sopra la folla e poi atterrò aqu<strong>al</strong>che metro d<strong>al</strong> luogo dove stava il Selvaggio, nello spazio liberotra la linea dei curiosi e il faro. <strong>Il</strong> fragore delle eliche coprìmomentaneamente i clamori; poi, mentre l'apparecchio toccava il suoloe i motori si fermavano, tutti ripresero con lo stesso tono insistentee monotono: «Noi... vogliamo... il frustino; noi... vogliamo... il144


frustino».Lo sportello dell'elicottero si aprì e ne uscirono prima un giovanebiondo d<strong>al</strong>la faccia rossa, e poi, in c<strong>al</strong>zoncini corti di velluto dicotone verde e camicetta bianca e berretto da fantino, una ragazza.Alla vista di costei, il Selvaggio tras<strong>al</strong>ì, indietreggiò, si fecep<strong>al</strong>lido.La ragazza rimase ferma sorridendogli: un sorriso incerto, implorante,quasi umile. I secondi passavano. Le sue labbra si mossero, lei dicevaqu<strong>al</strong>che cosa, ma il suono della voce era coperto d<strong>al</strong> pesanteritornello reiterato dei curiosi.«Noi... vogliamo... il frustino! Noi... vogliamo... il frustino!»La giovane donna con le mani si premette il fianco destro e sul suoviso lucente di pesca, bello come quello d'una bambola, apparveun'espressione strana e assurda d'angoscia e di desiderio. I suoiocchi azzurri sembravano diventare più grandi e splendenti ed'improvviso due lacrime le scesero lungo le gote. Senza riuscire afarsi sentire, parlò di <strong>nuovo</strong>; poi con un gesto vivo e appassionatotese le braccia verso il Selvaggio e gli andò incontro:«Noi... vogliamo... il frustino! Noi... vogliamo...»E di colpo essi ebbero ciò che volevano.«Cortigiana!» <strong>Il</strong> Selvaggio s'era precipitato su di lei come un pazzo.«Puzzola!» Come un pazzo s'era messo a batterla col suo frustino dicorde sottili.Terrorizzata, lei s'era voltata per fuggire, aveva inciampato ed eracaduta nella brughiera.«Enrico, Enrico!» gridò. Ma il suo compagno d<strong>al</strong>la faccia rossa s'eramesso <strong>al</strong> riparo d'ogni pericolo dietro l'elicottero.Con un urlo di sovreccitazione grandiosa, la linea si ruppe; siprodusse una corsa convergente verso quel punto d'attrazionemagnetica. <strong>Il</strong> dolore era un orrore affascinante.«'Fregola, lussuria, fregola! (32)» Frenetico, il Selvaggio la colpìdi <strong>nuovo</strong>.Avidamente essi si raccolsero attorno, fremendo e spingendosi comemai<strong>al</strong>i attorno <strong>al</strong> truogolo.«Oh! la carne!» <strong>Il</strong> Selvaggio digrignò i denti. Questa volta fu sullesue sp<strong>al</strong>le che il frustino discese. «A morte, a morte!»Attirati d<strong>al</strong> fascino del dolore e dell'orrore e, interiormente, spintid<strong>al</strong>l'abitudine della cooperazione, d<strong>al</strong> desiderio dell'unanimità edella comunione che il condizionamento aveva così indelebilmenteimpresso in loro, si misero a mimare la frenesia dei suoi gesti,battendosi gli uni gli <strong>al</strong>tri, mentre il Selvaggio flagellava ora lapropria carne ribelle, ora quella morbida incarnazione dellaturpitudine che si contorceva nella polvere ai suoi piedi.«A morte, a morte, a morte...» continuava a gridare il Selvaggio.Poi improvvisamente qu<strong>al</strong>cuno cominciò a cantare: 'Orgy-porgy' e in unmomento tutti ripresero il ritornello e, cantando, si misero adanzare. 'Orgy-porgy' girando, girando, girando, percuotendosi l'unl'<strong>al</strong>tro in sei e otto tempi. 'Orgy-porgy...Era passata la mezzanotte quando l'ultimo elicottero prese il volo.Istupidito d<strong>al</strong> "soma" ed esausto da una frenesia prolungata disensu<strong>al</strong>ità, il Selvaggio dormiva, disteso sulla brughiera. <strong>Il</strong> sole eragià <strong>al</strong>to quand'egli si svegliò. Restò disteso un momento, socchiudendo145


gli occhi infastidito d<strong>al</strong>la luce; poi, improvvisamente, si ricordò ditutto.«Oh! mio Dio, mio Dio!» Si coperse gli occhi con le mani.Quella sera lo sciame degli elicotteri che arrivavano ronzando daHog's Back formava una nuvola oscura lunga dieci chilometri. Ladescrizione dell'orgia collettiva della notte precedente era apparsain tutti i giorn<strong>al</strong>i.«Selvaggio!» chiamarono i primi arrivati, mentre discendevano dagliapparecchi. «Signor Selvaggio!»Non ricevettero risposta.La porta del faro era socchiusa. Essi l'aprirono ed entrarono, in uncrepuscolo di imposte accostate. Attraverso un arco, <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>traestremità della stanza, videro il principio della sc<strong>al</strong>a che s<strong>al</strong>iva aipiani superiori. Proprio sotto la chiave della volta penzolavano unpaio di piedi.«Signor Selvaggio!»Lentamente, molto lentamente, come due aghi di bussola che non abbianopremura, i piedi si voltarono verso destra, nord, nord-est, est, sudest,sud, sud-est; poi si fermarono, e dopo qu<strong>al</strong>che secondo,ritornarono, sempre senza fretta, verso sinistra. Sud, sud-ovest, sud,sud-est, est...NOTE.N. 1. "Troilo e Cressida" I, 1.N. 2. "Romeo e Giulietta" III, 3.N. 3. "Antonio e Cleopatra" I, 3.N. 4. "La tempesta di Shakespeare", atto V.N. 5. "Romeo e Giulietta" I, 5.N. 6. "Troilo e Cressida" III, 2.N. 7. "Tempesta" IV, 1.N. 8. Ibidem.N. 9. "Timone d'Atene" IV, 3.N. 10. "Tempesta" IV, 1.N. 11. "Otello" IV, 2.N. 12. "Re Lear" IV, 6.N. 13. Ibidem.N. 14. "Otello" IV, 2.N. 15. "Troilo e Cressida" V, 2.N. 16. "La Tempesta" III, 2.N. 17. "Macbeth" V, 9.N. 18. "King John" III, 1.N. 19. "Amleto" I, 5.N. 20. "Amleto" IV, 4.N. 21. "Amleto" II, 2.N. 22. "Re Lear" IV, 1.N. 23. "Amleto" III, 1.N. 32. "Troilo e Cressida".146


RITORNO AL MONDO NUOVO.Traduzione di Luciano Bianciardi.PREFAZIONE.Spirito arguto può diventare f<strong>al</strong>sa sostanza. La concisione, seppurebrillante e utile <strong>al</strong>la memoria, non può evidentemente renderegiustizia a tutti i fatti di una situazione complessa. In questo casoper essere breve devi o semplificare o omettere. Due atti che giovanoa farti capire meglio, ma che spesso ti fan capire quel che èsbagliato; infatti tu riuscirai a intendere solo le nozioni chepulitamente ti annuncia il riassuntore, e non la re<strong>al</strong>tà, vasta eramificata, da cui arbitrariamente si sono astratte quelle nozioni.Ma la vita è breve e la conoscenza infinita, e nessuno ha tempo pertutto. In pratica noi siamo di solito costretti a scegliere fraun'esposizione indebitamente scorciata e... il nulla. Riassumeredunque è un m<strong>al</strong>e necessario, e compito del riassuntore è fare bene,per quanto è possibile, un lavoro che, seppur intrinsecamente ècattivo, è pur sempre meglio che niente. Egli deve saper semplificare,ma senza giungere <strong>al</strong>la f<strong>al</strong>sificazione. Deve saper cogliere i puntiessenzi<strong>al</strong>i d'una situazione, ma senza ignorare troppo gli <strong>al</strong>triaspetti significativi della re<strong>al</strong>tà. In questo modo egli può riuscire aesporre, non certo tutta la verità (perché la verità intera, su tuttio quasi gli argomenti d'importanza, non è compatibile con laconcisione), ma <strong>al</strong>meno assai più delle mezze verità o dei quarti diverità che sono sempre stati moneta spicciola corrente del pensiero.<strong>Il</strong> tema della libertà e delle forze ad essa ostili è immenso, e quelche io ho scritto è sicuramente troppo breve per rendere a quel temapiena giustizia; ma se non <strong>al</strong>tro ho toccato molti aspetti delproblema. Può darsi che ciascun aspetto risulti un po' tropposemplificato nella mia esposizione, ma i singoli punti, sommandosi,formano un quadro che, spero, suggerisca la vastità e la complessitàdel tema intero.Non compaiono nel quadro (non perché non abbiano importanza, ma perragioni di convenienza, e perché ne ho già parlato in <strong>al</strong>tra sede) leforze meccaniche e militari che vanno contro la libertà: le armi e le'ferraglie' che tanto hanno rafforzato la mano dei dominatori del<strong>mondo</strong> contro i soggetti; e i preparativi, sempre più costosi erovinosi, di <strong>al</strong>tre guerre, sempre più insensate e suicide. I capitoliche seguono andrebbero letti tenendo a mente la rivolta d'Ungheria, ela successiva repressione, la bomba <strong>al</strong>l'idrogeno, il costo di quel checiascuna nazione chiama la sua 'difesa' e le interminabili colonne diragazzi in divisa, bianchi, neri, bruni, gi<strong>al</strong>li, che marcianoobbedienti verso la fossa comune.147


SOVRAPPOPOLAZIONE.Nel 1931, quando scrivevo "<strong>Il</strong> <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong>", ero convinto che ci fosseancora tempo, e parecchio. La società tot<strong>al</strong>mente organizzata, ilsistema scientifico delle caste, l'abolizione del libero arbitriomediante il condizionamento metodico, la soggezione resa accettabilegrazie <strong>al</strong>la felicità indotta chimicamente, a dosi regolari,l'ortodossia martellata in capo <strong>al</strong>la gente coi corsi notturni diinsegnamento ipnopedico: tutte cose a venire, certo, ma non nei tempimiei, e nemmeno nei tempi dei miei nipotini. Non ricordo con esattezzain che anno erano collocati i fatti del "Mondo <strong>nuovo</strong>"; nel sesto osettimo secolo d. F. (dopo Ford) <strong>al</strong>l'incirca. Noi, vivi nel secondoquarto del ventesimo secolo d.C. abitavamo, certo, in un <strong>mondo</strong>piuttosto raccapricciante; ma l'incubo di quegli anni di depressioneera radic<strong>al</strong>mente diverso d<strong>al</strong>l'incubo del futuro descritto nel "Mondo<strong>nuovo</strong>". <strong>Il</strong> nostro era l'incubo del disordine; il loro, l'incubodell'ordine eccessivo. Nella transizione d<strong>al</strong>l'uno <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tro estremodoveva esserci - immaginavo io - un lungo interv<strong>al</strong>lo, durante il qu<strong>al</strong>eun terzo, il più fortunato, del genere umano, avrebbe preso il megliod<strong>al</strong> primo e d<strong>al</strong> secondo <strong>mondo</strong>, quello disordinato del liber<strong>al</strong>ismo equello ordinatissimo della mia favola, nel qu<strong>al</strong>e l'efficienza perfettanon lasciava spazio <strong>al</strong>la libertà e <strong>al</strong>l'iniziativa person<strong>al</strong>e.Ventisette anni più tardi, nel nostro terzo quarto del ventesimosecolo, molto prima della fine del primo secolo d. F., io son moltomeno ottimista di quel che non fossi quando scrivevo "<strong>Il</strong> <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong>".Le mie profezie del 1931 si avverano assai più presto di quel chepensassi. Quel felice interv<strong>al</strong>lo fra il disordine e l'incubodell'ordine eccessivo non è cominciato, e nulla mostra che stia percominciare. Certo, in Occidente gli uomini e le donne, singolarmente,godono d'una vasta dose di libertà. Ma anche nei paesi a tradizione digoverno democratica, la libertà, e persino il desiderio di essa,paiono in declino. Nel resto del <strong>mondo</strong> la libertà individu<strong>al</strong>e è giàscomparsa, o sta per scomparire, p<strong>al</strong>esemente. L'incubodell'organizzazione tot<strong>al</strong>e, che io ponevo nel settimo secolo dopoFord, è sortito d<strong>al</strong> futuro, lontano e tranquillante, e ora ci attende,lì <strong>al</strong>l'angolo."1984", di George Orwell era un'ottima proiezione nel futuro di unpresente che conteneva lo st<strong>al</strong>inismo, e di un passato prossimo cheaveva visto il fiorire del nazismo. "<strong>Il</strong> <strong>nuovo</strong> <strong>mondo</strong>" fu scritto primache Hitler s<strong>al</strong>isse <strong>al</strong> potere in Germania, e quando il tiranno russonon si era ancora avviato sulla sua strada. Nel 1931 il terrorismosistematico non era ancora un fatto attu<strong>al</strong>e e ossessivo, come fu poinel 1948, e la dittatura del mio <strong>mondo</strong> immaginario era meno brut<strong>al</strong>e diquella che con tanta maestria rappresentava Orwell. Letto nel 1948,"1984" sonava tremendamente plausibile. Ma, dopo tutto, i tiranni sonomort<strong>al</strong>i, e le circostanze mutano. Certi avvenimenti attu<strong>al</strong>i, inRussia, gli ultimi progressi della scienza e della tecnologia, hannotolto di peso d<strong>al</strong> libro di Orwell qu<strong>al</strong>che tetra verosimiglianza. Laguerra nucleare, ovviamente, annullerebbe le profezie di chiunque. Ma,ammesso che per il momento le Grandi Potenze evitino di distruggerci,148


dobbiamo ritenere più probabile qu<strong>al</strong>cosa che somigli <strong>al</strong> "Mondo <strong>nuovo</strong>"e non qu<strong>al</strong>cosa che somigli a "1984".Alla luce delle ultime scoperte sulla condotta anim<strong>al</strong>e in genere, eumana in particolare, è chiaro che, a lunga scadenza, il controllo èmeno efficace se ricorre <strong>al</strong> castigo della condotta indesiderata,anziché indurre la condotta desiderata mediante premi; è chiaro che ungoverno del terrore funziona nel complesso meno bene del governo che,con mezzi non-violenti, manipola l'ambiente e i pensieri e isentimenti dei singoli, uomini donne e bambini. <strong>Il</strong> castigo pone untemporaneo arresto <strong>al</strong>la condotta indesiderata, ma non contienepermanentemente la tendenza della vittima a t<strong>al</strong>e condotta. Non solo: isottoprodotti psicofisici del castigo possono rivelarsi indesiderabiliquanto il comportamento indesiderato per cui l'individuo ha avuto ilcastigo. Infatti la psicoterapia affronta proprio le conseguenzedebilitanti o antisoci<strong>al</strong>i dei castighi, nel passato dell'individuo.La società descritta in "1984" è una società controllata quasiesclusivamente d<strong>al</strong> castigo e d<strong>al</strong> timore di esso. Nel <strong>mondo</strong> immaginariodella mia favola il castigo è raro e di solito mite. <strong>Il</strong> governore<strong>al</strong>izza il suo controllo, quasi perfetto, inducendo sistematicamentela condotta desiderata, e per far questo ricorre a varie forme dimanipolazione pressoché non-violenta, fisica e psicologica, e <strong>al</strong>lastandardizzazione genetica. Forse non è impossibile la gestazione "invitro", come non è impossibile il controllo centr<strong>al</strong>izzato dellariproduzione; ma è chiaro che per molti anni a venire la nostrarimarrà una specie vivipara che si riproduce a casaccio. Può darsi cheper motivi pratici si escluda la standardizzazione genetica. <strong>Il</strong>controllo sulle società continuerà a esercitarsi dopo che l'uomo èvenuto <strong>al</strong> <strong>mondo</strong>; mediante il castigo, come accadeva in passato, e inmisura sempre maggiore mediante metodi più efficienti di premio e dimanipolazione scientifica.In Russia la dittatura di St<strong>al</strong>in, modello "1984", e quindi superata,ha ceduto il posto a una forma di tirannia più aggiornata. Almeno ailivelli più <strong>al</strong>ti della società gerarchica sovietica, l'induzione dellacondotta desiderata comincia a sostituirsi ai vecchi metodi dicontrollo mediante castigo della condotta indesiderata. Tecnici,scienziati, insegnanti, funzionari di Stato sono ben retribuiti, selavorano bene, e sono tassati moderatamente: questo è un continuoincentivo a far meglio, per cavarne premi sempre maggiori. In certisettori son liberi di pensare, e di fare più o meno quello chevogliono. <strong>Il</strong> castigo li attende solo quando oltrepassano i limitiprescritti, per invadere il campo dell'ideologia e della politica.Proprio perché hanno avuto una certa misura di libertà profession<strong>al</strong>e,scienziati e tecnici hanno conseguito successi così ragguardevoli. Aquelli che stanno <strong>al</strong>la base della piramide sovietica non toccano iprivilegi concessi <strong>al</strong>la minoranza di chi ha avuto o fortuna oparticolari doti di natura. Hanno magri s<strong>al</strong>ari e, sotto forma diprezzi <strong>al</strong>ti, pagano una porzione di tasse sproporzionatamente <strong>al</strong>ta.Estremamente ristretto è il settore in cui possono fare quel chevogliono, e i governanti li controllano ricorrendo più <strong>al</strong> castigo e<strong>al</strong>la minaccia di esso, che non <strong>al</strong>la manipolazione non-violenta o<strong>al</strong>l'induzione del comportamento desiderato mediante premi. Nel sistemasovietico, a elementi modello "1984" si affiancano elementi che149


presagiscono quanto succederà, per le caste più <strong>al</strong>te, nel "Mondo<strong>nuovo</strong>".Frattanto forze imperson<strong>al</strong>i, da noi incontrollabili, paiono spingercitutti quanti nella direzione dell'incubo del "Mondo <strong>nuovo</strong>": una spintaimperson<strong>al</strong>e che i rappresentanti delle organizzazioni politiche ecommerci<strong>al</strong>i consapevolmente accelerano. Esse hanno perfezionato nuovetecniche per manipolare, nell'interesse d'una minoranza, i pensieri ei sentimenti delle masse. Nei capitoli che seguono discuteremo diqueste tecniche. Per adesso esaminiamo più da vicino queste forzeimperson<strong>al</strong>i, le qu<strong>al</strong>i trasformano il <strong>mondo</strong> in un luogo assai m<strong>al</strong>sicuroper la democrazia, disadatto <strong>al</strong>la libertà individu<strong>al</strong>e. Cosa sonoqueste forze? E perché l'incubo, che io presagivo per il settimosecolo d. F., ci viene oggi incontro così veloce? Per rispondere aqueste domande bisogna cominciare da dove comincia la vita d'ognisocietà, anche la più civile: <strong>al</strong> livello della biologia.Quando nacque Cristo la popolazione del nostro pianeta era diduecentocinquanta milioni - meno della metà della popolazione dellaCina odierna. Sedici secoli dopo, quando i Padri Pellegrini sbarcaronoa Plymouth, le creature umane superavano di poco i cinquecentomilioni. <strong>Il</strong> giorno della firma della Dichiarazione d'Indipendenza, lapopolazione mondi<strong>al</strong>e superava il livello dei settecento milioni. Nel1931, quando io scrissi "<strong>Il</strong> <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong>", sfiorava i due miliardi.Oggi - sono trascorsi appena ventisette anni - siamo due miliardi eottocento milioni. E domani? Penicillina, D.D.T., acqua pulita, sonomerci a buon mercato, e hanno sulla s<strong>al</strong>ute del prossimo effettiincommensurabili col loro costo. Anche il governo più povero è riccoquanto basta per fornire ai suoi soggetti il controllo delle morti.Altro discorso per il controllo delle nascite. Pochi tecnici <strong>al</strong> soldodi un governo patern<strong>al</strong>ista bastano a fornire a tutto il popolo ilcontrollo delle morti. Ma per il controllo delle nascite occorre lacooperazione di un popolo intero. Deve essere praticato dainnumerevoli individui, e richiede un'intelligenza e una volontà chequasi mai ritroviamo nel formicaio di an<strong>al</strong>fabeti che popolano il<strong>mondo</strong>; richiede (là dove si usano metodi antifecondativi di tipochimico e meccanico) una spesa che pochi di quei milioni e milioni diindividui possono permettersi. Non solo: mentre non esistonotradizioni religiose contrarie <strong>al</strong> controllo delle morti, assai diffusesono le tradizioni religiose e soci<strong>al</strong>i che si oppongono <strong>al</strong> controllodella riproduzione. Per tutti questi motivi si re<strong>al</strong>izza facilmente ilcontrollo delle morti; con molta difficoltà quello delle nascite.Perciò il tasso di mort<strong>al</strong>ità in questi ultimi anni è cadutoimprovvisamente, mentre il tasso di nat<strong>al</strong>ità, se non è rimasto <strong>al</strong>vecchio livello - assai <strong>al</strong>to - è sceso di pochissimo e assailentamente. Di conseguenza la storia delle specie non ha mai visto uncosì rapido accrescimento del numero degli umani.E cresce inoltre lo stesso incremento annuo; cresce regolarmente,secondo la legge dell'interesse composto: cresce irregolarmente ognivolta che una nostra società tecnicamente arretrata applica i principidella Sanità Pubblica. Oggi l'incremento annuo della popolazione umanasi aggira sui quarantatré milioni. Ciò significa che ogni quattro anni<strong>al</strong> genere umano si aggiunge una popolazione pari a quella odierna150


degli Stati Uniti; ogni otto anni e mezzo una popolazione pari aquella dell'India. Col tasso di incremento vigente fra la nascita diCristo e la morte della regina Elisabetta Prima, occorseromilleseicento anni perché la popolazione del globo raddoppiasse. Colritmo attu<strong>al</strong>e raddoppierà in meno di mezzo secolo. E questo continuo,rapido, incredibile raddoppio avverrà in un pianeta le cui zone piùfelici e produttive sono già densamente popolate; in cui lasconsiderata fatica di pessimi coltivatori, in cerca di <strong>al</strong>tro cibo, hastremato la terra; in cui le ricchezze miner<strong>al</strong>i, lì a portata di mano,si sprecano con la smaniosa stravaganza del marinaio ubriaco, quandobutta via la paga accumulata in navigazione.Nel <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong> della mia favola, era ben risolto il problema delrapporto fra popolazione umana e risorse natur<strong>al</strong>i. S'era c<strong>al</strong>colato ilnumero ide<strong>al</strong>e per la popolazione del <strong>mondo</strong> (poco meno di due miliardi,se ben ricordo) e si provvedeva a contenerla entro quel limite, unagenerazione dopo l'<strong>al</strong>tra. Ma nel <strong>mondo</strong> vero contemporaneo non si èrisolto il problema della popolazione; <strong>al</strong> contrario, d'anno in anno ilproblema si fa più grave. Su questa cupa scena biologica si svolgonotutti i drammi politici, economici e psicologici del nostro tempo. Vaavanti il ventesimo secolo, nuovi miliardi di uomini si aggiungono aquelli che già ci sono (<strong>al</strong> cinquantesimo compleanno della mianipotina, sulla terra ci saranno cinque miliardi e mezzo diindividui), e intanto si fa avanti, sempre più pressante, sempre piùminaccioso, questo fond<strong>al</strong>e biologico, a occupare il p<strong>al</strong>coscenico dellastoria. <strong>Il</strong> problema del rapporto fra rapido accrescimento dellapopolazione e risorse natur<strong>al</strong>i, stabilità soci<strong>al</strong>e e benessere deisingoli, è oggi il maggior problema per l'umanità; resterà t<strong>al</strong>e per un<strong>al</strong>tro secolo, forse per <strong>al</strong>cuni secoli a venire. Si dice che il 4ottobre 1957 è cominciata un'era nuova. Ma in re<strong>al</strong>tà, se pensiamo aquanto si è ora detto, tutti i nostri discorsi di esultanza, dopo loSputnik, suonano fatui, forse assurdi. Per ciò che riguarda le massedella umanità, quella a venire non sarà l'Era Spazi<strong>al</strong>e; sarà l'Eradella Sovrappopolazione. Potremmo dire, parodiando una vecchiacanzone:"Lo spazio di cui tanto sei riccoBasterà ad accendere il fuocoO penserà lo gnomo dello spazioA girare lo spiedo?"Evidentemente la risposta è no. Una colonia lunare può essere diqu<strong>al</strong>che vantaggio militare <strong>al</strong>la nazione che la inst<strong>al</strong>la, ma in nessunmodo contribuirà a rendere meno insopportabile l'esistenza, nel mezzosecolo che occorrerà a raddoppiare la nostra popolazione d'oggi, aimiliardi di creature che sulla terra proliferano e patiscono la fame.E anche se nel futuro sarà possibile l'emigrazione su Marte, anche sela disperazione inducesse un numero ragguardevole di uomini e di donnea scegliere un'esistenza in condizioni paragonabili solo a quelle cheesisterebbero su un'ipotetica montagna <strong>al</strong>ta il doppio dell'Everest,anche in questo caso, cosa cambierebbe? Nel corso degli ultimi quattrosecoli un numero ragguardevole di individui lasciarono il Vecchio peril Nuovo Mondo. Ma a risolvere i problemi del Vecchio Mondo non bastò151


né quella dipartita, né il conseguente riflusso di materie prime e di<strong>al</strong>imentari. Allo stesso modo, non si risolverebbe il problema dellacrescente pressione demografica sul nostro pianeta imbarcando perMarte una limitata eccedenza di uomini (<strong>al</strong> costo, per trasporto eimpianto, di diversi milioni di dollari a testa). Non risolto, quelproblema impedirà la soluzione di tutti gli <strong>al</strong>tri. Peggio ancora,determinerà condizioni t<strong>al</strong>i per cui la libertà individu<strong>al</strong>e e ilrispetto fra gli uomini, e la vita in democrazia saranno impossibili,quasi impensabili. Non tutte le democrazie nascono <strong>al</strong>lo stesso modo.Molte son le strade che portano <strong>al</strong> <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong>; ma forse la piùdiretta, la più larga, è quella che noi stiamo percorrendo adesso, lastrada della popolazione che cresce a ritmo accelerato. Vediamo inbreve i motivi di questo stretto rapporto fra i vari elementi: troppiindividui, che si moltiplicano troppo rapidamente, formulazione difilosofie autoritarie, nascita di sistemi di governo tot<strong>al</strong>itari.Quanto più cresce la popolazione e preme sulle risorse disponibili,tanto più si fa precaria la situazione economica d'una società chesubisca t<strong>al</strong>e prova. Ciò v<strong>al</strong>e soprattutto per quelle zonesottosviluppate dove a un improvviso crollo del tasso di mort<strong>al</strong>ità(grazie <strong>al</strong> D.D.T., <strong>al</strong>la penicillina, e <strong>al</strong>l'acqua pulita) non si èaccompagnato un crollo corrispondente del tasso di nat<strong>al</strong>ità. In certezone dell'Asia, in quasi tutta l'America centr<strong>al</strong>e e meridion<strong>al</strong>e,l'incremento della popolazione è così rapido che in poco più divent'anni si sarà raddoppiata. Se la produzione di <strong>al</strong>imenti e dimanufatti, di case, scuole e maestri, crescesse a un ritmo superiore aquello della popolazione, noi potremmo migliorar la sorte di chi vivein t<strong>al</strong>i zone sottosviluppate e sovrappopolate. Purtroppo quei paesinon hanno né le macchine agricole, né gli impianti industri<strong>al</strong>i perprodurle, né i capit<strong>al</strong>i occorrenti per far sorgere questi impianti.Per capit<strong>al</strong>e si intende ciò che resta dopo che siano soddisfatti ibisogni primari d'una popolazione. Ma quasi mai si riesce a soddisfarein pieno i bisogni primari della popolazione in un paesesottosviluppato. Così a fine d'anno non avanza quasi nulla, e non cisono capit<strong>al</strong>i disponibili per creare gli impianti agricoli eindustri<strong>al</strong>i che consentirebbero di soddisfare i bisogni dellapopolazione. Non solo: in queste zone sottosviluppate manca la manod'opera speci<strong>al</strong>izzata, senza la qu<strong>al</strong>e non funzionano impianti agricolie industri<strong>al</strong>i moderni. I mezzi disponibili per l'istruzione nonbastano; le risorse finanziarie e cultur<strong>al</strong>i per portarli <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tezzadella situazione sono inadeguate. Intanto la popolazione di <strong>al</strong>cuni fraquesti paesi sottosviluppati cresce <strong>al</strong> ritmo del 3 per cento ognianno.Su questa tragica situazione è uscito nel 1957 un libro notevole, "TheNext Hundred Years", dei professori Harrison Brown, James Bonner eJohn Weir, dell'Istituto di Tecnologia della C<strong>al</strong>ifornia. Come puòl'umanità far fronte <strong>al</strong> problema del rapido incremento demografico?Non molto bene. 'I fatti dimostrano che in quasi tutti i paesisottosviluppati la sorte dell'individuo medio è considerevolmentepeggiorata nell'ultimo mezzo secolo. La gente si nutre peggio. E'diminuita la quantità dei beni disponibili "pro capite". E in praticaogni tentativo di migliorare la situazione è andato a vuoto, per lapressione continua dell'incremento demografico.'152


Ogni qu<strong>al</strong> volta si fa precaria la vita economica d'una nazione, ilgoverno centr<strong>al</strong>e è costretto ad assumersi nuove responsabilità, per ilbenessere gener<strong>al</strong>e. Deve elaborare nuovi programmi per far fronte <strong>al</strong>lasituazione critica; deve imporre nuove restrizioni <strong>al</strong>le attività deisoggetti; e se, come è probabile, d<strong>al</strong> peggioramento delle condizionieconomiche consegue agitazione politica, o ribellione aperta, ilgoverno centr<strong>al</strong>e deve intervenire, a tutela dell'ordine pubblico edella propria autorità. In t<strong>al</strong> modo una quantità sempre maggiore dipotere si concentra nelle mani dei dirigenti e dell'apparato stat<strong>al</strong>e.Ma t<strong>al</strong>e è la natura del potere che anche coloro i qu<strong>al</strong>i, pur noncercandolo, vi sono stati costretti, tendono ad acquisirne il gusto, adesiderarne di più. 'Non c'indurre in tentazione' dice la nostrapreghiera, e a buon motivo, perché quando la tentazione stuzzicatroppo e troppo a lungo, le creature umane in genere cedono. Lacostituzione democratica è un mezzo per impedire che singoligovernanti cedano <strong>al</strong>le tentazioni, oltremodo pericolose, che nasconoquando troppo potere si concentra in troppe poche mani. Unacostituzione siffatta funziona abbastanza bene là dove, come in GranBretagna o negli Stati Uniti, c'è tradizion<strong>al</strong>e rispetto per laprocedura costituzion<strong>al</strong>e. Ma dove la repubblica o la monarchiacostituzion<strong>al</strong>e sono deboli non servirebbe nemmeno l'ottima fra lecostituzioni a impedire che politici ambiziosi cedano, e con gusto,<strong>al</strong>le tentazioni del potere. E nei paesi dove l'accrescersi dellapopolazione più preme sulle risorse disponibili, immancabilmentesorgeranno di queste tentazioni. L'eccesso di popolazione porta <strong>al</strong>disagio economico e soci<strong>al</strong>e. <strong>Il</strong> disagio a sua volta chiede maggiorcontrollo da parte dei governi centr<strong>al</strong>i, maggior potere nelle loromani. Mancando una tradizione costituzion<strong>al</strong>e, è assai probabile chequesto maggior potere si eserciti in forme dittatori<strong>al</strong>i. Questosuccederebbe anche se il comunismo non l'avessero mai inventato. Einvece il comunismo è stato inventato. Stando così le cose, in praticadiventa certezza la probabilità che l'eccesso della popolazioneconduca <strong>al</strong> disagio e quindi <strong>al</strong>la dittatura. Possiamo senz'<strong>al</strong>troscommettere che, di qui a vent'anni, tutti i paesi sovrappopolati esottosviluppati cadranno sotto un dominio di tipo tot<strong>al</strong>itario,probabilmente comunista.In che modo questa tendenza agirà sui paesi europei, sovrappopolati maindustri<strong>al</strong>izzati e ancora democratici? Se le dittature di recenteformazione prendessero nei loro riguardi un atteggiamento ostile, ses'interrompesse il norm<strong>al</strong>e afflusso di materie prime dai paesisottosviluppati, le nazioni dell'Occidente si ritroverebbero incattive acque. Crollerebbe il loro sistema industri<strong>al</strong>e, e la loroevolutissima tecnologia - che ha consentito di mantenere unapopolazione assai maggiore di quanto sarebbe stato possibile con lesole risorse disponibili sul posto - la loro tecnologia non sarebbepiù un riparo <strong>al</strong>le conseguenze d'una concentrazione così elevata incosì breve territorio. Se questo accadesse, se le condizionisfavorevoli costringessero i governi centr<strong>al</strong>i ad assumersi un potereenorme, questo potere si eserciterebbe, <strong>al</strong>la fine, secondo lo spiritotot<strong>al</strong>itario della dittatura.Per adesso gli Stati Uniti non sono un paese sovrappopolato. Ma se lapopolazione continua a crescere col ritmo attu<strong>al</strong>e (maggiore rispetto153


<strong>al</strong>l'India, ma per fortuna <strong>al</strong>quanto inferiore rispetto <strong>al</strong> Messico o <strong>al</strong>Guatem<strong>al</strong>a), agli inizi del ventiduesimo secolo è assai probabile checominci ad avvertirsi il problema del rapporto fra popolazione erisorse disponibili. Per adesso la sovrappopolazione non è unaminaccia diretta <strong>al</strong>la libertà person<strong>al</strong>e degli americani. Ma è pursempre una minaccia indiretta. Se l'eccessiva popolazione spingesse ipaesi sottosviluppati verso il tot<strong>al</strong>itarismo, e se le nuove dittaturesi <strong>al</strong>leassero con la Russia, <strong>al</strong>lora assai meno stabile diverrebbe laposizione militare degli Stati Uniti, e bisognerebbe intensificare ipreparativi <strong>al</strong>la difesa e <strong>al</strong>la rappresaglia. Ma la libertà, come tuttisappiamo, non fiorisce in un paese che sta sempre sul piede di guerra,o che si prepara a combattere. Una crisi permanente giustifica ilcontrollo su tutto e su tutti, da parte del governo centr<strong>al</strong>e. Eproprio una crisi permanente noi dobbiamo attenderci in questo <strong>mondo</strong>,dove l'eccesso di popolazione provoca uno stato di cose t<strong>al</strong>i per cuiquasi diventa indispensabile la dittatura sotto auspici comunisti.QUANTITA', QUALITA', MORALITA'.Nel <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong> della mia favola si praticavano norm<strong>al</strong>mentel'eugenetica e il suo contrario, la disgenetica. In una serie dibottiglie, ovuli biologicamente superiori, fertilizzati da spermatozoibiologicamente superiori, ricevevano le migliori cure prenat<strong>al</strong>i, efin<strong>al</strong>mente si decantavano nelle categorie Alfa, Beta, e persino AlfaPiù. In un'<strong>al</strong>tra serie di bottiglie, assai più numerosa, ovulibiologicamente inferiori, fertilizzati da spermatozoi biologicamenteinferiori, subivano il Processo Bokanovsky (novantasei gemelliidentici da un ovulo solo) e il trattamento prenat<strong>al</strong>e con l'<strong>al</strong>cool econ <strong>al</strong>tri veleni proteinici. Se ne decantavano creature quasisubumane, ma pur sempre capaci di lavoro non speci<strong>al</strong>izzato; anzi,opportunamente condizionate, e detensionate d<strong>al</strong> libero e frequenteaccesso <strong>al</strong> sesso opposto, sistematicamente distratte dai divertimentigratuiti, reindotte ai moduli della buona condotta mediante dosiquotidiane di "soma", davano la garanzia di non infastidire mai i lorosuperiori.Nella seconda metà del ventesimo secolo noi non organizziamosistematicamente la riproduzione; e il nostro sregolato capriccio nonsolo tende a sovrappopolare il pianeta, ma anche, sicuramente, a darciuna maggioranza di umani di qu<strong>al</strong>ità biologicamente inferiore. Aibrutti tempi andati di rado sopravviveva un bambino che avesse qu<strong>al</strong>chespiccato, o anche lieve, difetto ereditario. Oggi invece, grazie<strong>al</strong>l'igiene, <strong>al</strong>la farmacologia moderna e <strong>al</strong>la coscienza soci<strong>al</strong>e, quasitutti i bambini venuti <strong>al</strong> <strong>mondo</strong> con difetti ereditari giungono amaturità, e si moltiplicano. Date le condizioni oggi dominanti, ogniprogresso della medicina sarà frustrato da un corrispondente aumentodel tasso di sopravvivenza degli individui che d<strong>al</strong>la nascita portanocon sé una qu<strong>al</strong>che insufficienza genetica. Nonostante i nuovi farmacimeravigliosi, nonostante le cure migliori (anzi, in certi casi,proprio per via di queste cose), la s<strong>al</strong>ute fisica della popolazione154


media non migliorerà, anzi andrà peggiorando. Alcuni autorevolistudiosi affermano che il declino è già cominciato, e continua. «Incondizioni a un tempo facili e sregolate» scrive il dottor W. H.Sheldon, «<strong>al</strong> nostro ceppo migliore tende a soppiantarsi un <strong>al</strong>troceppo, inferiore sotto ogni aspetto... C'è la moda, in certi ambientiaccademici, di assicurare gli studenti che sono infondati gli <strong>al</strong>larmirelativi <strong>al</strong> differenziarsi del tasso di nat<strong>al</strong>ità; che t<strong>al</strong>i problemisono soltanto economici, o soltanto educativi, o soltanto religiosi, osoltanto cultur<strong>al</strong>i, e così via. E' un ottimismo da struzzi. Ladelinquenza riproduttiva è un fatto biologico, basilare.» E prosegue:«Nessuno sa in che misura è diminuito il quoziente d'intelligenzamedio nel nostro paese [gli Stati Uniti] d<strong>al</strong> 1916, da quando cioèTerman cercò di standardizzarne il significato».In un paese sovrappopolato e sottosviluppato, dove quattro quintidella popolazione hanno meno di duemila c<strong>al</strong>orie <strong>al</strong> giorno, e solol'<strong>al</strong>tro quinto si nutre a sufficienza, possono nascere spontaneamenteistituti democratici? E possono sopravvivere, una volta impostid<strong>al</strong>l'esterno o d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>to?E consideriamo adesso il caso della società ricca, industri<strong>al</strong>izzata,democratica, nella qu<strong>al</strong>e, praticandosi - a caso, ma non menoefficacemente - la disgenetica, decrescono vigore fisico e quoziented'intelligenza. Una società siffatta, fino a quando potrà conservarele sue tradizioni di libertà individu<strong>al</strong>e e di governo democratico? Fracinquanta o cent'anni i nostri bambini daranno la risposta a questadomanda.Intanto noi ci troviamo di fronte un fastidiosissimo problema mor<strong>al</strong>e.Noi sappiamo che la bontà dei fini non giustifica l'uso di mezzicattivi. Ma che dire delle situazioni - così frequenti oggi - in cuimezzi buoni danno risultati fin<strong>al</strong>i che si rivelano cattivi?Per esempio: andiamo in un'isola tropic<strong>al</strong>e, con l'aiuto del D.D.T.sterminiamo la m<strong>al</strong>aria e, nello spazio di due o tre anni, s<strong>al</strong>viamocentinaia di migliaia di vite. E' ovviamente un bene. Ma le centinaiadi migliaia di esseri umani così s<strong>al</strong>vati, e i milioni che da lorovengono <strong>al</strong> <strong>mondo</strong>, noi non possiamo vestirli, <strong>al</strong>loggiarli, istruirli,nemmeno nutrirli a sufficienza, con le risorse disponibili nell'isola.Non c'è più la morte rapida della m<strong>al</strong>aria; ma la fame rende la vitainsopportabile, il sovraffollamento diviene regola, la morte lenta perinedia minaccia tante vite di più.E che dire degli organismi insufficienti per condizione congenite, chela medicina e i servizi soci<strong>al</strong>i oggi s<strong>al</strong>vano e lasciano proliferare?Aiutare gli infelici è bene, indubbiamente. Ma non meno indubbiamenteè m<strong>al</strong>e trasmettere interi ai nostri posteri i risultati di mutazioninegative; come è un m<strong>al</strong>e la progressiva contaminazione del fondogenetico a cui dovranno attingere i membri della nostra specie. Siamopresi fra le corna di un dilemma mor<strong>al</strong>e: per trovare la soluzioneoccorrerà tutta la nostra intelligenza, tutta la nostra buona volontà.SUPERORGANIZZAZIONE.155


La via più breve e più larga che conduce <strong>al</strong> <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong> passa, comegià accennato, per una tappa fondament<strong>al</strong>e: l'eccesso di popolazione,l'accresciuto ritmo di incremento demografico: due miliardi eottocento milioni oggi, cinque miliardi e cinquecento milioni <strong>al</strong>volgere del secolo, sì che <strong>al</strong>l'umanità si pone la scelta fr<strong>al</strong>'anarchia e il controllo tot<strong>al</strong>itario. Ma la crescente pressione delnumero sulle risorse disponibili non è la sola forza che ci spingeverso il tot<strong>al</strong>itarismo. Questo cieco nemico biologico della libertà si<strong>al</strong>lea ad <strong>al</strong>tre forze potentissime, generate dai progressi tecnologicidi cui più andiamo orgogliosi. Orgogliosi a buon diritto, potremmoaggiungere; infatti t<strong>al</strong>i progressi sono frutto di intelligenza, dilavoro continuo e difficile, di logica, di fantasia, di sacrificio: inuna parola derivano d<strong>al</strong>le virtù, mor<strong>al</strong>i e intellettu<strong>al</strong>i, che noi nonpossiamo non ammirare. Ma la Natura delle Cose è t<strong>al</strong>e che a questo<strong>mondo</strong> nessuno ottiene mai nulla per nulla. Questi progressiammirevoli, stupendi, si scontano. Anzi, già li stiamo scontando, comela lavatrice elettrica comprata l'anno scorso, e le rate sono semprepiù gravose. Storici, sociologi, psicologi hanno scritto molto, e conmolto impegno, sul prezzo che l'uomo d'Occidente ha pagato e stapagando per il progresso tecnologico. Affermano, per esempio, chedifficilmente può sperarsi che fiorisca la democrazia nelle società incui il potere economico si concentra e si centr<strong>al</strong>izza sempre di più.Ma il progresso della tecnologia ha portato, e sta portando, proprio aquesta centr<strong>al</strong>izzazione del potere. L'apparato della produzione dimassa, migliorando la sua efficienza, tende a farsi sempre piùcomplesso e costoso, meno accessibile quindi <strong>al</strong>l'imprenditore cheabbia mezzi limitati. Non solo: la produzione di massa non sta inpiedi senza distribuzione di massa, e la distribuzione di massa creaproblemi che soltanto i grossi produttori possono risolvereadeguatamente. Dove la produzione e la distribuzione divengonofenomeni di massa, grave è lo svantaggio dell'Uomo Piccolo, che nonpossiede una sufficiente riserva di capit<strong>al</strong>e operante. Se entra inconcorrenza con l'Uomo Grosso, perde prima i quattrini, e poi anche laqu<strong>al</strong>ità sua medesima di produttore indipendente; l'Uomo Grosso lo haingoiato. E scomparendo l'Uomo Piccolo, una quantità sempre maggioredi potere economico si riduce nelle mani di un numero sempre minore diindividui. Sotto la dittatura la Grande Impresa, resa possibile d<strong>al</strong>progresso tecnologico e d<strong>al</strong>la conseguente rovina della PiccolaImpresa, cade sotto il controllo dello Stato; cioè, di un piccologruppo di dirigenti politici e militari, di poliziotti, di funzionariche eseguono certi ordini. In una democrazia capit<strong>al</strong>ista, come gliStati Uniti, la Grande Impresa cade sotto il controllo di quella cheil professor C. Wright Mills definisce 'élite <strong>al</strong> potere'. Questa éliteimpiega direttamente la forza lavorativa di milioni di cittadini nellesue fabbriche, nei suoi uffici, nei suoi negozi, <strong>al</strong>tri milionicontrolla, e anche meglio, prestando loro i soldi perché comprino isuoi prodotti; ed essendo proprietaria dei mezzi della comunicazionedi massa, influenza pensieri, sentimenti e azioni di tutti, inpratica. Parodiando una frase di Churchill potremmo dire che mai èaccaduto che tanti uomini si lasciassero manipolare da un cosìristretto gruppo. Siamo assai lontani d<strong>al</strong>l'ide<strong>al</strong>e jeffersoniano di unasocietà veramente libera, composta da una gerarchia di unità capaci di156


autogovernarsi, «l'embrion<strong>al</strong>e repubblica del quartiere, la repubblicadella contea, la repubblica dello Stato e la repubblica dell'Unione,che formano una gradazione di autorità». Noi vediamo dunque che latecnologia moderna ha portato <strong>al</strong>la concentrazione del potere economicoe politico, e <strong>al</strong>la formazione di una società controllata(spietatamente negli stati tot<strong>al</strong>itari, pulitamente, nascostamentenelle democrazie) d<strong>al</strong>la Grande Impresa e d<strong>al</strong> Gran Governo. Ma lesocietà sono composte di individui e sono buone solo nella misura incui aiutano gli individui a re<strong>al</strong>izzare le proprie possibilità, e acondurre vita felice e creativa. Ebbene, i progressi tecnologici diquesti ultimi anni in che senso hanno agito sull'individuo? Ecco larisposta del filosofo e psichiatra dottor Erich Fromm:"La nostra società occident<strong>al</strong>e contemporanea, nonostante il progressomateri<strong>al</strong>e, intellettu<strong>al</strong>e e politico, è sempre meno capace di condurre<strong>al</strong>la sanità ment<strong>al</strong>e, e tende a minare invece la sicurezza interiore,la felicità, la ragione, la capacità d'amore nell'individuo; tende atrasformarlo in un automa che paga il suo insuccesso di uomo con unasempre più grave infermità ment<strong>al</strong>e, con la disperazione che si celasotto la frenetica corsa <strong>al</strong> lavoro e <strong>al</strong> cosiddetto piacere".La nostra «sempre più grave infermità ment<strong>al</strong>e» può esprimersi insintomi nevrotici, p<strong>al</strong>esi, quanto mai desolanti. Ma «attenti» continuail dottor Fromm «a non ridurre l'igiene ment<strong>al</strong>e <strong>al</strong>la sempliceprevenzione dei sintomi. I sintomi, in quanto t<strong>al</strong>i, sono per noi nonnemici, ma amici; dov'è un sintomo, là è conflitto, e conflittosignifica sempre che forze vit<strong>al</strong>i lottano ancora per l'integrazione eper la felicità.» Le vittime veramente disperate dell'infermitàment<strong>al</strong>e si trovano proprio fra gli individui che paiono norm<strong>al</strong>issimi.«Molti di essi sono norm<strong>al</strong>i solo perché si sono adattati <strong>al</strong> nostromodo d'esistenza, perché la loro voce di uomini è stata messa <strong>al</strong>silenzio in età così giovane che essi nemmeno lottano, né soffrono, néhanno i sintomi del nevrotico.» Non sono norm<strong>al</strong>i, diciamo così, nelsenso assoluto della parola; sono norm<strong>al</strong>i solamente in rapporto a unasocietà profondamente anorm<strong>al</strong>e. <strong>Il</strong> loro perfetto adattamento a quellasocietà anorm<strong>al</strong>e è la misura della loro infermità ment<strong>al</strong>e. Questimilioni di individui abnormemente norm<strong>al</strong>i, che vivono senza gioia inuna società a cui, se fossero pienamente uomini, non dovrebberoadattarsi, ancora carezzano «l'illusione della individu<strong>al</strong>ità» ma difatto sono stati in larga misura disindividu<strong>al</strong>izzati. <strong>Il</strong> loroconformismo dà luogo a qu<strong>al</strong>cosa che somiglia <strong>al</strong>l'uniformità. Ma«uniformità e libertà sono incompatibili. Uniformità e s<strong>al</strong>ute ment<strong>al</strong>esono anch'esse incompatibili... L'uomo non è fatto per essere automa,e se lo diventa, va distrutta la base della sanità ment<strong>al</strong>e».Nel corso dell'evoluzione la natura si è adoperata in ogni modo perchéciascun individuo fosse diverso da tutti gli <strong>al</strong>tri. Noi riproduciamola nostra specie mettendo i geni del padre a contatto con quelli dellamadre. Questi fattori ereditari possono combinarsi in modi pressochéinfiniti. Da un punto di vista fisico e ment<strong>al</strong>e, ciascuno di noi èunico. Qu<strong>al</strong>siasi cultura che, nell'interesse dell'efficienza o in nomedi un dogma religioso o politico, cerca di standardizzare l'individuoumano, commette un'offesa contro la natura biologica dell'uomo.157


La scienza può definirsi riduzione della molteplicità <strong>al</strong>l'unità. Essacerca di spiegare l'infinita diversità dei fenomeni natur<strong>al</strong>i ignorandol'unicità dei singoli fatti, mettendo a fuoco quel che essi hanno incomune, e infine astraendo una 'legge' per la qu<strong>al</strong>e i fatti prendanosenso e sia quindi possibile affrontarli. Per esempio, le mele maturecadono d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>bero e la luna si muove in cielo. Da tempo immemorabilegli uomini hanno osservato l'uno e l'<strong>al</strong>tro fatto. Come Gertrude Stein,erano convinti che una mela è una mela è una mela, mentre la luna è l<strong>al</strong>una è la luna. Toccava a Isaac Newton scoprire che cosa questi duediversissimi fenomeni avevano in comune, e formulare una teoria dellagravitazione, grazie <strong>al</strong>la qu<strong>al</strong>e t<strong>al</strong>uni aspetti del comportamento dellemele, dei corpi celesti, e anzi d'ogni <strong>al</strong>tro oggetto dell'universofisico, si potessero spiegare e affrontare nel contesto di un unicosistema di idee. Con lo stesso spirito l'artista prende leinnumerevoli diversità e unicità del <strong>mondo</strong> esterno e la propriafantasia, e dà a tutto un significato entro un sistema ordinato dimoduli plastici, letterari o music<strong>al</strong>i. <strong>Il</strong> desiderio di imporre ordine<strong>al</strong> caos, di trarre armonia d<strong>al</strong>la dissonanza, unità d<strong>al</strong>la molteplicità,è una sorta di istinto intellettu<strong>al</strong>e, di slancio primario efondament<strong>al</strong>e della nostra mente. L'opera di questa che io definirei'volontà d'ordine' è quasi sempre benefica, nel campo della scienza,dell'arte, della filosofia. Certo, la 'volontà d'ordine' ha condotto amolte sintesi premature, fondate su prove insufficienti, a moltisistemi metafisici e teologici assurdi, a molti errori pedanteschi,che fanno scambiare una idea per una re<strong>al</strong>tà, un simbolo eun'astrazione per dati d'esperienza immediata. Ma questi errori,seppur incresciosi, non fanno mai gran m<strong>al</strong>e, <strong>al</strong>meno direttamente,anche se indirettamente può succedere che un cattivo sistemafilosofico faccia del m<strong>al</strong>e, quando giova a giustificare azioniinsensate e disumane. Ma nella sfera soci<strong>al</strong>e, nel dominio dellapolitica e dell'economia, la 'volontà d'ordine' diventa veramentepericolosa.Qui la riduzione teoretica della molteplicità a unità comprensibile simuta in pratica in riduzione della diversità umana a uniformitàsubumana, della libertà a servitù. L'equiv<strong>al</strong>ente politico di unateoria scientifica o di un sistema filosofico compiuto è la dittaturatot<strong>al</strong>itaria. L'equiv<strong>al</strong>ente economico di una ben composta opera d'arteè la fabbrica che va avanti sempre liscia, con gli operaiperfettamente adattati <strong>al</strong>le macchine. La 'volontà d'ordine' puòtrasformare in tiranno chi voleva solamente spazzar via la confusione.La bellezza dell'ordine serve di giustificazione <strong>al</strong> dispotismo.L'organizzazione è indispensabile, perché la libertà sorge e acquistasenso solo entro una comunità che sappia regolarsi da sé, composta diindividui liberi e cooperanti. Ma l'organizzazione, seppurindispensabile, può anche essere let<strong>al</strong>e. L'eccessiva organizzazionetrasforma gli uomini in automi, soffoca lo spirito creativo, toglieogni possibilità di liberazione. Come sempre, la via di mezzo è quellasicura: fra l'estremo del "laissez-faire" da una parte e il controllotot<strong>al</strong>e d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tra.Nel secolo scorso ai successivi progressi tecnologici si sonoaccompagnati an<strong>al</strong>oghi progressi organizzativi. Alla complessità dellemacchine doveva accompagnarsi la complessità degli accorgimenti158


soci<strong>al</strong>i, intesi a funzionare in modo liscio e perfetto, come i nuovistrumenti di produzione. Per adattarsi a queste nuove organizzazioni,gli individui dovevano disindividu<strong>al</strong>izzarsi, negare la propriaoriginaria diversità, conformarsi a un modulo medio, insomma fare ilpossibile per mutarsi in automi.Gli effetti disumanizzanti della superorganizzazione si aggravano,sommandosi agli effetti disumanizzanti della sovrappopolazione.L'industria, ampliandosi, attrae nelle grandi metropoli una porzionesempre più grande dell'umanità, che cresce. Ma la vita nelle grandicittà non dà luogo <strong>al</strong>la s<strong>al</strong>ute ment<strong>al</strong>e (ecco infatti che la più <strong>al</strong>taincidenza della schizofrenia si ha proprio nei formicai dei quartieriurbani poveri); né sollecita quel tipo di libertà responsabile entroun gruppo capace di autogovernarsi, che è la condizione prima dellademocrazia effettiva. La vita di città è anonima e, per così dire,astratta. Gli individui entrano in rapporto l'uno con l'<strong>al</strong>tro, noncome person<strong>al</strong>ità tot<strong>al</strong>i, ma come incarnazioni di <strong>al</strong>trettante funzionieconomiche; o, quando son fuori del lavoro, come cacciatoriirresponsabili di divertimento. Soggetto a una vita simile,l'individuo si sente sempre più solo e insignificante. La suaesistenza cessa d'avere un qu<strong>al</strong>che scopo, un qu<strong>al</strong>che senso.Biologicamente parlando l'uomo è un anim<strong>al</strong>e di gruppo solo in misuraridotta, e mai completamente è anim<strong>al</strong>e soci<strong>al</strong>e; somiglia, diciamo, più<strong>al</strong> lupo o <strong>al</strong>l'elefante che <strong>al</strong>l'ape o <strong>al</strong>la formica. Nella loro formaoriginaria le società umane non somigliavano affatto <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>veare o <strong>al</strong>formicaio, erano puri e semplici branchi. Per civiltà s'intende, fr<strong>al</strong>e <strong>al</strong>tre cose, il processo grazie <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e i branchi primitivi sitrasformarono in un equiv<strong>al</strong>ente rozzo e meccanico delle comunitàorganiche degli insetti soci<strong>al</strong>i. Oggi la pressione del mutamentotecnologico e dell'incremento demografico accelera t<strong>al</strong>e processo. <strong>Il</strong>termitaio ormai sembra un ide<strong>al</strong>e re<strong>al</strong>izzabile e, ad <strong>al</strong>cuniauspicabile. C'è un abisso fra l'insetto soci<strong>al</strong>e e il mammifero dicervello grosso, poco disposto ad associarsi; e anche se il mammiferofacesse del suo meglio per imitare l'insetto, l'abisso resterebbe. Perquanto si sforzino, gli uomini non possono creare un organismosoci<strong>al</strong>e. Possono creare solamente un'organizzazione. Se tentano dicreare un organismo, finiranno per mettere in piedi un dispotismotot<strong>al</strong>itario e basta."<strong>Il</strong> <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong>" voleva essere un quadro fantasioso, a trattiirrispettoso, di una società nella qu<strong>al</strong>e il tentativo di ricreare gliesseri umani a simiglianza delle termiti si è spinto fino ai limitidel possibile. Mi pare ovvio che noi ci stiamo spingendo nelladirezione del <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong>. E mi pare <strong>al</strong>trettanto ovvio che, volendo,noi possiamo rifiutare di cooperare con le forze cieche che ci dannola spinta. Per adesso tuttavia la volontà di resistere non mi pare némolto forte né molto diffusa. Ha giustamente osservato William Whyte,nel suo notevolissimo libro, The "Organization Man", che <strong>al</strong> nostrosistema etico tradizion<strong>al</strong>e (in esso l'individuo ha importanzaprimaria) si va sostituendo un'Etica Soci<strong>al</strong>e. Le parole chiave diquesta etica sono: 'adattamento', 'condotta soci<strong>al</strong>mente orientata','appartenenza', 'acquisizione di capacità soci<strong>al</strong>i', 'lavoro disquadra', 'vita di gruppo', 'le<strong>al</strong>tà di gruppo', 'dinamica di gruppo','pensiero di gruppo', 'creatività di gruppo'. Presupposto fondament<strong>al</strong>e159


è questo: il complesso soci<strong>al</strong>e ha maggiore importanza e significatodelle parti individu<strong>al</strong>i; le differenze biologiche innate debbonosacrificarsi <strong>al</strong>l'uniformità cultur<strong>al</strong>e, i diritti della collettivitàvengono prima di quelli che nel diciottesimo secolo si chiamaronoDiritti dell'Uomo. Secondo l'Etica Soci<strong>al</strong>e aveva assolutamente tortoGesù, quando affermava che il Sabato è fatto per l'uomo. Al contrario,l'uomo è fatto per il Sabato; egli deve sacrificare le proprieidiosincrasie ereditarie, e finger d'essere quel buon ingredientestandardizzato che gli organizzatori dell'attività di gruppo stimanoperfetto pei loro fini. Quest'uomo ide<strong>al</strong>e è colui che mostra'conformismo dinamico' (espressione stupenda!), intensa le<strong>al</strong>tà versoil gruppo, e desiderio indomabile di subordinarsi, di appartenere.L'uomo ide<strong>al</strong>e avrà una moglie ide<strong>al</strong>e, ansiosa d'entrare nel gruppo,adattabile <strong>al</strong>l'infinito, e non soltanto rassegnata <strong>al</strong> fatto che ilmarito è, prima d'ogni <strong>al</strong>tra cosa, devoto <strong>al</strong>la Ditta, ma devota essastessa, e in senso attivo. «Egli per Dio soltanto» diceva Milton diAdamo ed Eva, «ella per Dio in lui.» E sotto un certo importanteaspetto, la moglie dell'ide<strong>al</strong>e uomo organizzato è <strong>al</strong>quanto peggioredella nostra progenitrice. Eva e Adamo ebbero d<strong>al</strong> Signore il permessodi non soggiacere a inibizione <strong>al</strong>cuna, in fatto di 'giovanili vezzi'."E non si distolse io credoAdamo d<strong>al</strong>la bella sposa, né Eva i ritimisteriosi del connubio amoroso rifiutò".Oggi lo leggo sullo «Harvard Business Review», la moglie dell'uomo checerchi di adeguarsi agli ide<strong>al</strong>i dell'Etica Soci<strong>al</strong>e, «non deve esigeretroppo tempo e troppo interesse d<strong>al</strong> marito. Giacché egli univocamentesi concentra sul suo lavoro, anche l'attività sessu<strong>al</strong>e deve relegarsiin secondo piano». <strong>Il</strong> monaco fa voto di povertà, castità, obbedienza.L'uomo organizzato ha il permesso d'arricchirsi, ma prometteobbedienza («egli accetta l'autorità senza risentimenti, prende amodello i suoi superiori» - "Mussolini ha sempre ragione") e deveessere pronto, per la maggior gloria dell'organizzazione che loimpegna, ad abiurare anche l'amor coniug<strong>al</strong>e.Si ricordi che in "1984" i membri del partito son tenuti ad osservareun'etica sessu<strong>al</strong>e d'una severità più che puritana. Nel mio "Mondo<strong>nuovo</strong>", d'<strong>al</strong>tro canto, tutti possono abbandonarsi ai propri impulsisessu<strong>al</strong>i, senza remore. La società descritta nella favola di Orwell èin guerra permanente, e i governanti hanno due scopi: primo,natur<strong>al</strong>mente, esercitare il potere per amore del potere; secondo,tenere i soggetti in tensione costante, come lo stato di guerracostante esige da quelli che la devono combattere. La crociata controla sessu<strong>al</strong>ità permette ai capi di mantenere la tensione occorrente neiloro seguaci, e <strong>al</strong> tempo stesso di soddisfare nel migliore dei modi lapropria brama di potere. La società descritta nel "Mondo <strong>nuovo</strong>" è unostato mondi<strong>al</strong>e, da cui è scomparsa la guerra: primo scopo deigovernanti è impedire a ogni costo che i soggetti diano fastidio. Perfar questo essi, fra le <strong>al</strong>tre cose, leg<strong>al</strong>izzano una certa misura dilibertà sessu<strong>al</strong>e (possibile dopo l'abolizione della famiglia) che inpratica s<strong>al</strong>vaguardi tutti i cittadini del <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong> da ogni forma ditensione emotiva distruttiva (o creativa). In "1984" la brama di160


potere si soddisfa infliggendo dolore agli <strong>al</strong>tri; nel "Mondo <strong>nuovo</strong>"infliggendo una forma di piacere, forse non meno umiliante.Evidentemente l'odierna Etica Soci<strong>al</strong>e <strong>al</strong>tro non è se non unagiustificazione "a posteriori" di <strong>al</strong>cuni effetti indesiderabili dellasuperorganizzazione. E' un pietoso tentativo di fare di necessitàvirtù, di trarre un v<strong>al</strong>ore positivo da un dato di fatto quanto mainegativo. E' un sistema etico assai poco re<strong>al</strong>istico, e quindi assaipericoloso. <strong>Il</strong> complesso soci<strong>al</strong>e, a cui si attribuisce un v<strong>al</strong>ore piùgrande che <strong>al</strong>le parti componenti, non è un organismo, nel senso che hail termine se riferito a un <strong>al</strong>veare o a un termitaio. E' soltanto unaorganizzazione, un pezzo dell'apparato soci<strong>al</strong>e. Non può esserci v<strong>al</strong>orese non riferito <strong>al</strong>la vita e <strong>al</strong>la consapevolezza. L'organizzazione nonè né conscia né viva. Essa ha v<strong>al</strong>ore strument<strong>al</strong>e, derivato. Non è unbene in sé; è un bene solamente nella misura in cui promuove il benedegli individui che fan parte del collettivo. Mettere l'organizzazionedavanti <strong>al</strong>la persona significa subordinare il fine <strong>al</strong> mezzo. E cosasuccede quando il fine si subordina <strong>al</strong> mezzo, lo dimostraronochiaramente Hitler e St<strong>al</strong>in. Sotto il loro spietato dominio person<strong>al</strong>ei fini furono subordinati ai mezzi organizzativi, mediante unmiscuglio di violenza e di propaganda, di terrore sistematico e disistematica manipolazione dei cervelli. Sotto le ben più efficientidittature di domani ci sarà probabilmente meno violenza che sottoHitler e St<strong>al</strong>in. I soggetti di quelle dittature sarannoirreggimentati, senza dolore, da squadre di addestratissimi ingegnerisoci<strong>al</strong>i. «L'impegno dell'ingegneria soci<strong>al</strong>e del tempo nostro», scriveun entusiastico sostenitore della scienza nuova, «è simile <strong>al</strong>l'impegnodell'ingegneria tecnica di cinquant'anni or sono. Se la prima metà delventesimo secolo fu l'era degli ingegneri tecnici, la seconda può benessere l'era degli ingegneri soci<strong>al</strong>i»; e il ventunesimo secolo,immagino, sarà l'era dei Controllori Mondi<strong>al</strong>i, del sistema scientificodelle caste e del <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong>. Alla domanda "Quis custodietcustodes?", cioè chi farà la guardia ai guardiani, chi regoleràl'ingegno agli ingegneri?, si risponde, con un blando sorriso, che nonoccorrono supervisori. Commovente la convinzione che pare diffusa frai professori di sociologia: cioè che i professori di sociologia non silasceranno mai corrompere d<strong>al</strong> potere. Come accadeva a Sir G<strong>al</strong>ahad, l<strong>al</strong>oro forza è la forza di dieci, perché è puro il loro cuore; e il lorocuore è puro perché sono scienziati, e ben seimila ore han dedicatoagli studi di sociologia.Ahimè, l'istruzione superiore non è necessariamente garanzia disuperiore virtù, di superiore saggezza politica. E a questi errori nelcampo etico e psicologico bisogna aggiungerne <strong>al</strong>tri, di caratterepuramente scientifico. Possiamo accettare noi le teorie sulle qu<strong>al</strong>igli ingegneri soci<strong>al</strong>i basano la loro pratica, e con le qu<strong>al</strong>i essigiustificano la manipolazione degli esseri umani? Per esempio ilprofessor Elton Mayo afferma categoricamente che il «desideriodell'uomo, d'accompagnarsi sempre nel lavoro ai suoi simili, è unaforte, se non la più forte, caratteristica umana». Questo a me parechiaramente f<strong>al</strong>so. Alcuni avranno desideri del tipo di quello che ciracconta Mayo; <strong>al</strong>tri no. E' questione di temperamento e dicostituzione ereditaria. Una organizzazione soci<strong>al</strong>e basata sulpresupposto che 'l'uomo' (qu<strong>al</strong>unque uomo egli sia) desidera161


accompagnarsi sempre nel lavoro ai suoi simili, per molti individui,uomini e donne, diventerebbe un letto di Procuste. A quellaorganizzazione gli individui potrebbero adattarsi solo dopo che liavremo amputati, o stirati <strong>al</strong>la ruota.E ancora: quanto è romantico e ingannevole il quadro lirico del MedioEvo di cui molti teorici moderni dei rapporti soci<strong>al</strong>i adornano ilproprio lavoro! «L'appartenenza <strong>al</strong>la corporazione, lo stato feud<strong>al</strong>e,il villaggio proteggevano l'uomo mediev<strong>al</strong>e per tutta la vita e glidavano pace e serenità.» Ma da cosa lo proteggevano? chiederemmo noi.Di certo non d<strong>al</strong> padrone, che senza rammarico lo tormentava. E insiemea quella 'pace e serenità' ci fu, per tutto il Medio Evo, una doseenorme di delusione cronica, di acuta infelicità, di animosorisentimento contro il sistema rigido e gerarchico che non permetteva<strong>al</strong>cun movimento vertic<strong>al</strong>e su per la sc<strong>al</strong>a soci<strong>al</strong>e, e ben scarsomovimento orizzont<strong>al</strong>e, a quanti fossero legati <strong>al</strong>la terra. Le forzeimperson<strong>al</strong>i della sovrappopolazione e della superorganizzazione, gliingegneri soci<strong>al</strong>i che quelle forze cercano di dirigere, ci stannospingendo verso un rinnovato sistema mediev<strong>al</strong>e. Faranno in modo chegli uomini accettino il ritorno <strong>al</strong> Medio Evo meglio di quanto nonaccettassero l'età loro gli uomini che vissero nel Medio Evo; perquesto ricorreranno a t<strong>al</strong>une lepidezze come quelle che si descrivononel "Mondo <strong>nuovo</strong>": condizionamento dell'infanzia, ipnopedia, euforiachimica; ma la maggioranza degli uomini e delle donne stimeranno tuttoquesto una condizione di servitù.LA PROPAGANDAIN UNA SOCIETA' DEMOCRATICA.«Secondo le dottrine d'Europa», scriveva Jefferson «gli uomini inassociazioni numerose possono contenersi entro i limiti dell'ordine edella giustizia solo mediante la forza fisica e mor<strong>al</strong>e imposta daun'autorità indipendente d<strong>al</strong> loro volere... Noi [i fondatori dellanuova democrazia americana] crediamo che l'uomo sia anim<strong>al</strong>e razion<strong>al</strong>e,dotato per natura di diritti, e con innato il senso della giustizia, eche si possa distoglierlo d<strong>al</strong> torto, e proteggerlo nel diritto,mediante poteri moderati, affidati a persone di sua scelta e tenute <strong>al</strong>proprio dovere d<strong>al</strong>la dipendenza <strong>al</strong>la sua volontà.» A orecchie postfreudianeun linguaggio simile suona bizzarro, ingenuo, in modocommovente. Gli esseri umani sono molto meno razion<strong>al</strong>i e natur<strong>al</strong>mentegiusti di quanto supponevano gli ottimisti del Settecento. Ma non sononeppure mor<strong>al</strong>mente ciechi o disperatamente irragionevoli comevorrebbero farci credere i pessimisti del secolo nostro. Nonostantel'Id e l'Inconscio, nonostante le nevrosi endemiche e il prev<strong>al</strong>ere diun basso quoziente d'intelligenza, gli uomini e le donne sono, amaggioranza, persone assennate e ammodo, <strong>al</strong>meno quanto basta peraffidare a ciascuno la direzione del proprio destino.Le istituzioni democratiche sono mezzi per conciliare l'ordine soci<strong>al</strong>econ la libertà e con l'iniziativa individu<strong>al</strong>e, e per mettere il potereimmediato dei governanti sotto il potere fin<strong>al</strong>e dei governati. <strong>Il</strong>162


fatto che in Europa occident<strong>al</strong>e e in America questi mezzi hannofunzionato, a conti fatti, non troppo m<strong>al</strong>e, dimostra che gli ottimistidel Settecento non sbagliavano del tutto. In condizioni favorevoli gliesseri umani sanno governarsi da sé, e si governano meglio, anche semagari con minore efficienza meccanica, che se fossero sottoposti auna «autorità indipendente d<strong>al</strong> loro volere». In condizioni favorevoli,ripeto: questo è un presupposto indispensabile. Un popolo che d<strong>al</strong>laservitù sotto il dominio d'un tiranno passi <strong>al</strong>l'improvviso a unostato, per lui assolutamente ignoto, di indipendenza politica, quelpopolo non ha, diciamolo, le condizioni per le qu<strong>al</strong>i possanofunzionare gli istituti democratici. Ancora: un popolo che viva inprecarie condizioni economiche poco probabilmente riuscirà agovernarsi secondo democrazia. <strong>Il</strong> liber<strong>al</strong>ismo fiorisce in atmosfera diprosperità, declina col venire meno della prosperità, quando ènecessario che il governo intervenga in modo sempre più frequente edrastico negli affari dei soggetti. Sovrappopolazione esuperorganizzazione, come già ho accennato, sono due elementi cheprivano il corpo soci<strong>al</strong>e della possibilità di far funzionareefficacemente gli istituti democratici. Vediamo dunque che t<strong>al</strong>unecondizioni storiche, economiche, demografiche e tecnologiche rendonodifficile <strong>al</strong>l'anim<strong>al</strong>e razion<strong>al</strong>e jeffersoniano, che natura ha dotato diin<strong>al</strong>ienabili diritti e d'un innato senso della giustizia, l'eserciziodella ragione, la difesa dei diritti, l'azione giusta entro i limitidi una società organizzata democraticamente. A noi dell'Occidente ètoccata la somma fortuna d'una buona possibilità di compiere ungrandioso esperimento d'autogoverno. Purtroppo oggi, mutate lecircostanze, pare che questa preziosissima possibilità ci sia stata apoco a poco tolta. E non è tutto. Quelle cieche forze imperson<strong>al</strong>i nonsono l'unico nemico della libertà individu<strong>al</strong>e e delle istituzionidemocratiche. Vi sono anche <strong>al</strong>tre forze, di carattere meno astratto,forze a cui possono ricorrere individui a caccia deliberata delpotere, intesi a stabilire sui loro simili un controllo, parzi<strong>al</strong>e oassoluto. Cinquant'anni or sono, quando io ero ragazzo, sembrava ovvioche i vecchi brutti tempi fossero finiti, che tortura, massacri,schiavitù, persecuzione degli eretici, fossero cose del passato. Aquesti orrori nemmeno ci pensava più l'uomo che portava il cilindro,viaggiava in treno, faceva il bagno tutte le mattine. Dopo tutto,vivevamo nel ventesimo secolo. Eppure, pochi anni dopo, questi uominiche facevano il bagno ogni mattina e andavano in chiesa col cilindroin testa, dovevano commettere crudeltà mai sognate dai selvaggi d'Asiae d'Africa. Se pensiamo <strong>al</strong>la storia recente, sarebbe sciocco supporreche cose simili non possano mai più succedere. Possono succedere,succederanno senz'<strong>al</strong>tro. Ma, nel futuro immediato, c'è motivo dicredere che i metodi punitivi di "1984" cederanno <strong>al</strong>le induzioni, <strong>al</strong>lemanipolazioni del "Mondo <strong>nuovo</strong>".Vi sono due tipi di propaganda: la propaganda razion<strong>al</strong>e, stimolo<strong>al</strong>l'azione consona <strong>al</strong>l'interesse illuminato di chi la esercita e dichi la riceve; e la propaganda irrazion<strong>al</strong>e, che non è consona<strong>al</strong>l'interesse illuminato di nessuno, e viene dettata d<strong>al</strong>la passione, e<strong>al</strong>la passione fa appello. Quando è in gioco l'azione dell'individuo,ci sono motivi più elevati del semplice interesse; ma quando si trattadi intraprendere una azione collettiva nel campo della politica e163


dell'economia, l'interesse illuminato è probabilmente il massimomotivo. Se politici ed elettori agissero sempre in vistadell'interesse proprio, o di quello, in prospettiva, del loro paese,il <strong>mondo</strong> sarebbe un paradiso terrestre. E invece essi spesso agisconocontro il proprio interesse, solo per soddisfare la più incredibiledelle passioni; di conseguenza il <strong>mondo</strong> è luogo di sciagura. Lapropaganda per l'azione consona <strong>al</strong>l'interesse illuminato fa appello<strong>al</strong>la ragione, servendosi di un'argomentazione logica basata sulleprove migliori possibili, esposte in piena sincerità. Invece lapropaganda per l'azione dettata da impulsi inferiori <strong>al</strong>l'interesse,ricorre a prove f<strong>al</strong>se, mutile, incomplete, evita il rigore dell<strong>al</strong>ogica, cerca di influenzare le sue vittime ripetendo frasi vuote,attaccando furiosamente un capro espiatorio, indigeno o straniero,accomunando sc<strong>al</strong>tramente le peggiori passioni con gli ide<strong>al</strong>i più <strong>al</strong>ti,sì che la crudeltà possa commettersi nel nome di Dio, e la più cinica"Re<strong>al</strong>politik" possa trattarsi come questione di principio religioso edi dovere patriottico.Afferma John Dewey: «Una rinascita della fede nella comune naturaumana, nelle sue possibilità in gener<strong>al</strong>e, e in particolare nella suavirtù di rispondere <strong>al</strong>la ragione e <strong>al</strong>la verità, è più sicuro b<strong>al</strong>uardocontro il tot<strong>al</strong>itarismo che non la dimostrazione del successomateri<strong>al</strong>e o la venerazione delle singole forme leg<strong>al</strong>i e politiche». Lavirtù di rispondere <strong>al</strong>la ragione e <strong>al</strong>la verità esiste in tutti noi. Mapurtroppo c'è anche, in noi, la tendenza a rispondere <strong>al</strong>la f<strong>al</strong>sità e<strong>al</strong>la sragionevolezza, soprattutto nei casi in cui la f<strong>al</strong>sità evochiuna qu<strong>al</strong>che gradevole sensazione, o quando l'appello <strong>al</strong>lasragionevolezza tocchi una corda sensibile nelle profondità primitivee subumane del nostro essere. In <strong>al</strong>cuni campi di attività gli uominihanno imparato a rispondere con sufficiente coerenza <strong>al</strong>la ragione e<strong>al</strong>la verità. Chi scrive un articolo dotto non fa appello <strong>al</strong>la passionedei suoi colleghi scienziati o tecnologi. Egli espone ciò che, a suosapere, è verità circa un particolare aspetto del re<strong>al</strong>e; usa laragione per spiegare i fatti osservati e sostiene il proprio punto divista con argomenti che si rivolgono <strong>al</strong>la ragione <strong>al</strong>trui. E'abbastanza facile, nel campo della scienza fisica e della tecnologia.Molto più difficile nel campo della politica, della religione, dellamor<strong>al</strong>e. Perché qui i fatti che contano spesso ci sfuggono. In quanto<strong>al</strong> significato dei fatti, è chiaro che tutto dipende d<strong>al</strong> particolaresistema di idee, in base <strong>al</strong>le qu<strong>al</strong>i si decide di interpretarli. E nonci sono queste difficoltà soltanto, per chi cerchi verità secondoragione. Nella vita pubblica e nella privata spesso manca il tempo diraccogliere i fatti che contano o di pesarne il significato. Siamocostretti ad agire in base a prove insufficienti, servendoci di lumiassai meno sicuri che non quelli della logica. Con tutta la buonavolontà, non sempre noi possiamo essere completamente nel vero,coerentemente nella ragione. Possiamo essere veritieri e razion<strong>al</strong>inella misura che le circostanze ci permettono, e rispondere meglio chesappiamo <strong>al</strong>la parzi<strong>al</strong>e verità, <strong>al</strong> ragionamento imperfetto che gli<strong>al</strong>tri ci offrono in considerazione.«Se una nazione pretende d'essere ignorante e libera» diceva Jefferson«essa pretende ciò che mai è stato e mai sarà... Un popolo non puòessere <strong>al</strong> sicuro senza il sapere. Là dove la stampa è libera, e164


ciascuno sa leggere, tutto è <strong>al</strong> sicuro.» Sull'<strong>al</strong>tra rivadell'Atlantico, un <strong>al</strong>tro appassionato fedele della ragione, lapensava, in quegli stessi anni, pressoché <strong>al</strong>lo stesso modo. Ecco cosascriveva John Stuart Mill del padre, il filosofo utilitarista JamesMill: «Così assoluta era la sua fiducia nell'influenza della ragionesulla mente dell'uomo, quando le sia consentito di giungervi, che eglipensava sarebbe di sommo vantaggio se tutti gli uomini imparassero <strong>al</strong>eggere, se si consentisse a opinioni d'ogni genere di giungere agliuomini, mediante la parola o lo scritto, e se mediante il suffragiogli uomini potessero nominare una legislatura per tradurre in pratic<strong>al</strong>e opinioni prescelte». "Tutto è <strong>al</strong> sicuro, sarebbe di sommovantaggio!" Riascoltiamo il timbro dell'ottimismo settecentesco.Jefferson, per la verità, era un ottimista assai re<strong>al</strong>istico. Sapeva,per sua amara esperienza, che la libertà di stampa si puòvergognosamente reprimere. «Non si può credere nulla» scriveva «diquel che si legge in un giorn<strong>al</strong>e.» Eppure, insisteva (e non possiamoche dargli ragione), «nei limiti della verità la stampa è nobileistituzione, amica della scienza e della libertà civile». Lacomunicazione di massa, insomma, non è né un bene né un m<strong>al</strong>e; è solouna forza, e come ogni forza può servire <strong>al</strong> bene e <strong>al</strong> m<strong>al</strong>e. Usate incerto modo, stampa, radio e cinema sono indispensabili <strong>al</strong>lasopravvivenza della democrazia. Usate in modo opposto, divengono learmi più possenti dell'arsen<strong>al</strong>e dittatori<strong>al</strong>e. Nel campo dellacomunicazione di massa, come quasi in ogni <strong>al</strong>tro campo, il progressotecnologico ha danneggiato l'Uomo Piccolo e favorito l'Uomo Grosso.Appena cinquanta anni or sono, ogni paese democratico poteva vantaregran numero di giorn<strong>al</strong>etti, anche in provincia. Migliaia di direttori,d<strong>al</strong>la provincia, esprimevano <strong>al</strong>trettante opinioni indipendenti. C'eraper tutti in un modo o nell'<strong>al</strong>tro, la possibilità di stampare tuttoquel che si desiderasse. Ancor oggi la stampa è libera, leg<strong>al</strong>mente; maquasi tutti i piccoli giorn<strong>al</strong>i sono spariti. Costano troppo, perl'Uomo Piccolo, polpa di legno, macchine moderne, agenzie di stampa.Nei paesi tot<strong>al</strong>itari d'Oriente c'è la censura politica, e i mezzidella comunicazione di massa son controllati d<strong>al</strong>lo Stato. Nelledemocrazie d'Occidente c'è la censura economica e i mezzi dicomunicazione di massa sono controllati d<strong>al</strong>la élite <strong>al</strong> potere. Certo,la censura che si esercita <strong>al</strong>zando i costi e concentrando i mezzi dicomunicazione nelle mani di poche grosse imprese, è meno ripugnantedella proprietà stat<strong>al</strong>e e della propaganda governativa; ma è semprecosa che un democratico jeffersoniano non approverebbe.In quanto <strong>al</strong>la propaganda, gli antichi sostenitori dell'<strong>al</strong>fabetismounivers<strong>al</strong>e e della stampa libera prospettavano solo due possibilità:la propaganda è vera o è f<strong>al</strong>sa. Non previdero quel che di fatto èaccaduto, soprattutto nelle nostre democrazie capit<strong>al</strong>iste occident<strong>al</strong>i:il sorgere di una grossa industria della comunicazione di massa chenon dà <strong>al</strong> pubblico né il vero né il f<strong>al</strong>so, ma semmai l'irre<strong>al</strong>e, ciòche, più o meno, non significa nulla. Insomma, essi non tennero contod'un'<strong>al</strong>tra caratteristica dell'uomo: il suo appetito pressochéinsaziabile di distrazioni.In passato quasi a nessuno toccava la possibilità di soddisfarepienamente questo appetito. Gli uomini cercavano le distrazioni, mapoche ne trovavano disponibili. Nat<strong>al</strong>e veniva una volta l'anno, le165


feste erano 'rare e solenni', c'erano pochi lettori e poco da leggere:in quanto <strong>al</strong> cinema, c'era quello della parrocchia, con spettacolifrequenti sì, ma noiosi. Per ritrovare una situazione paragonabile, ma<strong>al</strong>la lontana, con quella d'oggi, dobbiamo ris<strong>al</strong>ire <strong>al</strong>la Romaimperi<strong>al</strong>e, quando, per tener buono e <strong>al</strong>legro il popolino, gli siconcedevano, a dosi frequenti e gratuite, divertimenti d'ogni genere:dai drammi in poesia ai combattimenti dei gladiatori, d<strong>al</strong>la recita diVirgilio <strong>al</strong>la lotta libera, dai concerti <strong>al</strong>le parate militari e <strong>al</strong>leesecuzioni capit<strong>al</strong>i in pubblico. Ma nemmeno a Roma c'era qu<strong>al</strong>cosa chesomigliasse <strong>al</strong>la inarrestabile distrazione che oggi offrono giorn<strong>al</strong>i eriviste, radio, televisione e cinema. Questo flusso inarrestabile didistrazioni, nel mio "Mondo <strong>nuovo</strong>" veniva usato deliberatamente qu<strong>al</strong>estrumento di politica, per impedire <strong>al</strong>la gente di badare troppo <strong>al</strong>lare<strong>al</strong>tà della situazione soci<strong>al</strong>e e politica. L'<strong>al</strong>tro <strong>mondo</strong> dellareligione è diverso d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tro <strong>mondo</strong> del divertimento; ma sisomigliano molto in quanto ambedue sono un '<strong>al</strong>tro' <strong>mondo</strong>, e nonquesto. Ambedue sono distrazioni e, per chi ci vive dentro con troppacontinuità, possono trasformarsi, come diceva Marx in 'oppio delpopolo' e quindi in una minaccia <strong>al</strong>la libertà. Solo chi è vigile puòserbare le proprie libertà, solo quelli che stanno sempre <strong>al</strong>l'erta,col cervello ben desto, possono sperare di governarsi con strumentidemocratici. Ma quando i membri di una società passano gran parte delloro tempo non <strong>al</strong>l'erta, col cervello ben desto, qui e ora, o nelfuturo immediato, ma <strong>al</strong>trove, nell'<strong>al</strong>tro <strong>mondo</strong> dello sport e dellacanzone, della mitologia e della fantasia metafisica, <strong>al</strong>lora sarà bendifficile resistere <strong>al</strong>l'assedio di chi vuole manipolare e controllarela società.Oggi, per la loro propaganda, i dittatori si avv<strong>al</strong>gono soprattutto ditre mezzi: iterazione, soppressione e razion<strong>al</strong>izzazione: ripetizionedi frasi fatte, che essi vogliono fare accettare per vere;soppressione di fatti, che essi vogliono ignorati; suscitamento erazion<strong>al</strong>izzazione di passioni che possono poi usarsi nell'interessedel Partito o dello Stato. Poiché si approfondiscono l'arte e lascienza della manipolazione, i dittatori di domani sapranno certamenteunire a quelle tecniche il flusso continuo delle distrazioni, unelemento che già oggi, in Occidente, minaccia di far affogare in unoceano di fatuità la propaganda razion<strong>al</strong>e, indispensabile per laconservazione della libertà individu<strong>al</strong>e e la sopravvivenza delleistituzioni democratiche.LA PROPAGANDA SOTTO LA DITTATURA.Processato dopo la fine della seconda guerra mondi<strong>al</strong>e, Albert Speer,ministro hitleriano degli armamenti, fece un discorso in cuidescriveva, con notevole acutezza, la tirannia di Hitler, e nean<strong>al</strong>izzava i metodi. «La dittatura di Hitler» disse «differiva per unaspetto sostanzi<strong>al</strong>e da ogni <strong>al</strong>tra dittatura. Fu la prima nel nostroperiodo di moderna evoluzione tecnica, e quindi si servì di tutti imezzi tecnici disponibili, per la dominazione del paese. Strumenti166


tecnici qu<strong>al</strong>i la radio e l'<strong>al</strong>toparlante, servirono a togliere ilpensiero indipendente a ottanta milioni di individui. Fu cosìpossibile assoggettarli <strong>al</strong>la volontà di un uomo solo... I dittatoridel passato avevano bisogno di collaboratori qu<strong>al</strong>ificatissimi anche <strong>al</strong>ivello minimo: uomini capaci di pensare e di agire in modoindipendente. Ma nel nostro periodo di evoluzione tecnica moderna sipuò anche fare a meno di questi uomini; grazie ai metodi dicomunicazione moderni, è possibile meccanizzare la direzione a bassolivello. In questo modo si è potuto formare un dirigente di tipo<strong>nuovo</strong>; quello che riceve acriticamente gli ordini.»Nel <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong> della mia favola la tecnologia era andata ben oltre illivello raggiunto sotto Hitler; di conseguenza i ricevitori di ordinierano assai più acritici dei loro colleghi nazisti, assai piùobbedienti <strong>al</strong>la élite che impartiva gli ordini. Non solo: mediante lastandardizzazione genetica e il condizionamento postnat<strong>al</strong>e, essiadempivano <strong>al</strong>le loro funzioni e si comportavano con la prevedibilitàdelle macchine. Come vedremo in un capitolo successivo, questocondizionamento della 'direzione a basso livello' già avviene nelledittature comuniste. Cinesi e russi non si avv<strong>al</strong>gono solamente deivantaggi indiretti del progresso tecnologico; essi operanodirettamente sugli organismi psicofisici dei loro dirigenti minori,sottoponendo cervelli e corpi a un sistema di condizionamento spietatoe, a quanto ci risulta, efficientissimo. Dice Speer: «Molti hannoavuto l'incubo che un giorno le nazioni possono essere dominate conmezzi meccanici. Un incubo quasi re<strong>al</strong>izzato sotto il sistematot<strong>al</strong>itario di Hitler». Quasi, ma non del tutto. I nazisti non ebberoil tempo, e forse nemmeno l'intelligenza e le nozioni necessarie, perre<strong>al</strong>izzare il lavaggio dei cervelli e il condizionamento dei lorodirigenti inferiori. Forse è questo uno dei motivi per cui andarono afinir m<strong>al</strong>e.Dai tempi di Hitler l'arsen<strong>al</strong>e degli strumenti tecnici a disposizionedi un ipotetico dittatore si è notevolmente ampliato. Oltre che laradio, l'<strong>al</strong>toparlante, la cinepresa e la rotativa, i propagandistid'oggi possono usare la televisione per trasmettere immagini e vocedel loro cliente, registrare immagine e voce su rocchetti di nastromagnetico. Grazie <strong>al</strong> progresso tecnologico, il Grande Fratello, oggi,può diventare pressoché onnipresente, come Dio. E il pugno d'unipotetico dittatore si è rafforzato non soltanto sul fronte tecnico.Dai tempi di Hitler gran mole di lavoro si è svolto in quei campidella psicologia e della neurologia applicata, che sono settorespecifico del propagandista. In passato gli speci<strong>al</strong>isti nell'arte dicambiare il cervello del prossimo erano degli empirici. Provando eriprovando essi elaborarono una serie di nuove tecniche, di nuoveprocedure, e le impiegarono, con ottimi risultati, senza per<strong>al</strong>trosapere il perché della loro efficacia. Oggi l'arte del controllo deicervelli sta diventando una scienza. E chi pratica t<strong>al</strong>e scienza saquel che sta facendo e perché; ha per guida teorie e ipotesi benfondate su massicce prove speriment<strong>al</strong>i. Grazie <strong>al</strong>le nuove teorie e<strong>al</strong>le nuove tecniche che le teorie rendono possibili, quell'incubo nonre<strong>al</strong>izzato sotto Hitler può diventare re<strong>al</strong>izzabilissimo.Ma prima di parlare di queste nuove teorie e tecniche, diamoun'occhiata <strong>al</strong>l'incubo che stava per avverarsi nella Germania nazista.167


Che metodi usarono Hitler e Goebbels per «togliere il pensieroindipendente a ottanta milioni di individui e assoggettarli <strong>al</strong>lavolontà di un uomo solo?» E su qu<strong>al</strong>e teoria della natura umana sibasarono quei metodi paurosi ed efficienti? A queste domande possiamorispondere, in larga misura, con le parole di Hitler medesimo. E cheastuzia, che chiarezza nelle sue parole! Quando Hitler scrive digeneriche astrattezze - Razza, Storia, Provvidenza - è veramenteilleggibile. Ma quando scrive delle masse tedesche e dei metodi cheegli usò per dominarle e dirigerle, lo stile muta. All'assurdosubentra la logica, <strong>al</strong>la millanteria una lucidità cinica e dura. Nellesue elucubrazioni filosofiche Hitler fu un obnubilato sognatore,quando non ripeté idee <strong>al</strong>trui m<strong>al</strong>digerite. Ma quando parla di folla,di propaganda, <strong>al</strong>lora racconta cose che gli eran note di prima mano.Come afferma Alan Bullock, il più abile dei suoi biografi, «Hitler fuil più grande demagogo di tutta la storia». E chi aggiunge 'undemagogo soltanto' mostra di non intendere la natura del poterepolitico in un'era di politica di massa. Come dice Hitler medesimo«essere un capo significa saper muovere le masse». Fine di Hitler eraanzitutto muovere le masse e quindi, dopo aver tolto loro ogni legamecon l'etica tradizion<strong>al</strong>e, imporre su di esse (con il consensoipnotizzato della maggioranza) un <strong>nuovo</strong> ordine autoritario di suainvenzione. «Hitler» scriveva Herman Rauschning nel 1939 «ha profondorispetto per la Chiesa cattolica e per l'ordine dei Gesuiti; non perla dottrina cattolica, ma per l'apparato che essi sono riusciti acreare e a controllare, per il loro sistema gerarchico, per la lorotattica abilissima, per la loro conoscenza della natura umana, perl'uso accorto che fanno delle debolezze umane <strong>al</strong> fine di dominare icredenti». Sistema chiesastico senza cristianesimo, disciplina di unaregola monastica, non per amor di Dio o per la s<strong>al</strong>vezza dell'uomo, maper amor dello Stato e per maggior gloria e potenza del demagogomutato in Capo: questa la meta a cui mirava la sua sistematicacommozione delle masse.Vediamo che cosa pensava Hitler delle masse che riuscì a muovere ecome seppe muoverle. <strong>Il</strong> principio primo da cui Hitler partì era ungiudizio di v<strong>al</strong>ore: le masse sono estremamente spregevoli, incapaci dipensiero astratto, disinteressate a ogni evento che stia oltrel'esperienza immediata. <strong>Il</strong> loro comportamento è determinato non d<strong>al</strong>laconoscenza e d<strong>al</strong>la ragione, ma da sentimenti e da impulsi inconsci.Proprio in questi sentimenti, in questi impulsi, «si devono piantarele radici dei loro atteggiamenti, positivi e negativi». Per giungere<strong>al</strong> successo il propagandista deve saper manipolare istinti esentimenti. «La forza motrice che ha mosso le più coloss<strong>al</strong>irivoluzioni della terra non è mai stata un corpo di nozioniscientifiche che abbia acquisito potere sulle masse, ma sempre unadevozione che le masse ha ispirato, e spesso una sorta di isteria chele ha stimolate <strong>al</strong>l'azione. Chi vuol conquistare le masse deveconoscere la chiave che aprirà la porta dei loro cuori.»... Per dirlain gergo post freudiano, del loro inconscio.Hitler trovò particolare udienza fra i piccolo borghesi rovinatid<strong>al</strong>l'inflazione del 1923, e poi ancora d<strong>al</strong>la depressione del 1929 edegli anni seguenti. 'Le masse' di cui egli parla erano questi milionidi poveri uomini avviliti, delusi, in stato cronico di ansietà. Per168


trasformarli in massa, per dar loro omogeneità a livello subumano,egli li adunò, a migliaia, a decine di migliaia, in enormi s<strong>al</strong>oni, o<strong>al</strong>l'aperto, dove l'individuo perdesse l'identità person<strong>al</strong>e, anchel'umanità più elementare, e affogasse nella folla. Un uomo, o unadonna, entra in contatto con la società in due modi: o come membro diun gruppo, familiare, profession<strong>al</strong>e, religioso, o come membro di unafolla. Un gruppo può avere la mor<strong>al</strong>ità e l'intelligenza dei singoliche lo formano; ma la folla è caotica, non ha un suo proposito, ed ècapace di tutto, tranne che di azione intelligente e di pensierore<strong>al</strong>istico. Adunata in folla, la gente perde la capacità di ragionare,di compiere una scelta mor<strong>al</strong>e. Diventa suggestionabile <strong>al</strong> punto di nonavere più giudizio o volontà propria. Facilmente si eccita, perde ilsenso della responsabilità, collettiva e individu<strong>al</strong>e, si lasciaprendere da improvvisi accessi d'ira, d'entusiasmo, di panico. Insomm<strong>al</strong>'uomo nella folla si conduce come se avesse ingerito una forte dosed'un potente veleno. E' vittima di quel che io chiamo 'avvelenamentoda gregge'. Come l'<strong>al</strong>cool, anche questo è una droga attiva,estroversa. L'individuo avvelenato d<strong>al</strong>la folla sfugge <strong>al</strong>laresponsabilità, <strong>al</strong>l'intelligenza, <strong>al</strong>la mor<strong>al</strong>ità, per entrare in unostato di amenzia frenetica, anim<strong>al</strong>esca.Nella sua lunga carriera di agitatore politico, Hitler aveva studiatogli effetti di quel veleno e aveva imparato a sfruttarlo ai suoi fini.Aveva scoperto che un oratore può fare appello a quelle 'forzenascoste' che motivano l'azione umana, in modo assai più efficace diquanto sia concesso <strong>al</strong>lo scrittore. Infatti il leggere è attivitàprivata, non collettiva. Lo scrittore parla solo a singoli individui,seduti in casa loro e perfettamente lucidi. L'oratore parla <strong>al</strong>lemasse, già ben trattate col veleno del gregge. Sono <strong>al</strong>la mercé di chiparla; se l'oratore sa il fatto suo, può far di loro quello che vuole.E come oratore Hitler sapeva benissimo il fatto suo. Riusciva, ce loracconta proprio lui, «a seguire la guida della grande massa, in modot<strong>al</strong>e che d<strong>al</strong> sentimento vivo degli ascoltatori veniva il suggerimentodella parola giusta, necessaria, che a sua volta tornava diritta <strong>al</strong>cuore degli ascoltatori». Otto Strasser lo definì «un <strong>al</strong>toparlante,che proclama a gran voce i desideri più segreti, gli istinti che menovolentieri si ammettono, le sofferenze e le ribellioni person<strong>al</strong>i ditutta una nazione». Venti anni prima che Madison Avenue siavventurasse nella 'ricerca motivazion<strong>al</strong>e', già Hitler,sistematicamente, studiava e sfruttava i timori e le speranze segrete,i desideri, le ansie, le delusioni delle masse tedesche. Propriomanipolando le 'forze nascoste', gli esperti di pubblicità ci induconoa comprare le loro merci: un dentifricio, una marca di sigarette, uncandidato politico. E appellandosi a quelle medesime forze nascoste, ead <strong>al</strong>tre, ma troppo pericolose perché se ne occupi Madison Avenue,Hitler indusse le masse tedesche a comprarsi un Führer, una filosofiapazza e una seconda guerra mondi<strong>al</strong>e.A differenza delle masse, gli intellettu<strong>al</strong>i hanno il gusto delrazion<strong>al</strong>e, e si interessano dei fatti. Grazie <strong>al</strong> loro abito ment<strong>al</strong>ecritico, resistono a quel tipo di propaganda che funziona tanto benecon la maggioranza degli uomini. Fra le masse «l'istinto è supremo, ed<strong>al</strong>l'istinto viene la fede... Mentre il sano popolo ordinariod'istinto serra le file a formare una comunità di popolo» (sotto un169


Capo, inutile dirlo) «gli intellettu<strong>al</strong>i si sbandano a destra e amanca, come g<strong>al</strong>line su un'aia. Con loro non si può far storia; nonpossono servire come componenti d'una comunità». Gli intellettu<strong>al</strong>isono proprio gli uomini che vogliono prove, e reagiscono negativamentea un errore, a una incongruenza logica. Per loro il semplicismo èpeccato origin<strong>al</strong>e della mente umana; con loro non giovano le paroled'ordine, le affermazioni generiche, le facili gener<strong>al</strong>izzazioni di cuisi servono i propagandisti. «La propaganda efficace» scriveva Hitler«deve limitarsi a poche semplici necessità, e quindi esprimerle inpoche formule stereotipate.» Queste formule stereotipate vannoripetute continuamente, perché «solo la ripetizione costante riuscirà<strong>al</strong>la fine a imprimere un concetto nella memoria di una folla». Lafilosofia ci insegna a non essere mai sicuri delle cose che paiono diper sé evidenti. La propaganda, <strong>al</strong>l'opposto, ci insegna ad accettarecome assiomatiche certe cose su cui ragione vorrebbe che sisospendesse il giudizio, e intervenisse il dubbio. Scopo del demagogoè creare una coerenza soci<strong>al</strong>e sotto la sua direzione. Ma, come haaccennato Bertrand Russell, «i sistemi dogmatici senza fondamentoempirico, come la scolastica, il marxismo, il fascismo, offrono ilvantaggio di produrre maggior coerenza soci<strong>al</strong>e fra i discepoli». <strong>Il</strong>propagandista demagogico deve quindi essere sempre un dogmatico. Ognisua affermazione sarà priva di sfumature. Nel suo quadro del <strong>mondo</strong> nonci sarà posto per il grigio. Secondo Hitler il propagandista deve faresuo «un atteggiamento sistematicamente unilater<strong>al</strong>e, rispetto ad ogniproblema che affronti». Non deve ammettere di potersi sbagliare, o chepossa avere in parte ragione chi non la pensa come lui. Con gliavversari non si discute; si grida, si aggredisce, e se danno troppofastidio, si liquidano. L'intellettu<strong>al</strong>e, che mor<strong>al</strong>mente è schizzinoso,si turberà a sentire queste cose. Ma le masse son perfettamenteconvinte che «il diritto sta d<strong>al</strong>la parte dell'aggressore».Questa opinione dunque aveva Hitler delle masse. Opinione molto bassa.Ma era poi un'opinione giusta? L'<strong>al</strong>bero si conosce dai frutti; e unateoria della natura umana capace di dar luogo a tecniche di cosìorribile efficienza, deve contenere <strong>al</strong>meno qu<strong>al</strong>che elemento di verità.Virtù e intelligenza compaiono negli esseri umani che, in quantoindividui, si associano liberamente con <strong>al</strong>tri individui, a formarepiccoli gruppi. Lo stesso può dirsi del peccato e della stupidità. M<strong>al</strong>'amenzia subumana a cui si appella il demagogo, l'imbecillità mor<strong>al</strong>esu cui conta quando spinge le sue vittime <strong>al</strong>l'azione, sonocaratteristiche non degli uomini e delle donne in quanto individui, madegli uomini e delle donne in quanto massa. L'amenzia, l'idioziamor<strong>al</strong>e, non sono attributi tipicamente umani; sono sintomid'avvelenamento da gregge. In tutte le religioni superiori di questo<strong>mondo</strong>, s<strong>al</strong>vezza e illuminazione toccano <strong>al</strong>l'individuo. <strong>Il</strong> regno deicieli sta nella mente della persona, non nell'amenzia collettiva dellafolla. Cristo promise d'essere presente là dove si adunassero due otre persone. Non parlò mai d'una sua presenza là dove le migliaia siintossicano reciprocamente col veleno del gregge. Sotto il nazismo sicostringevano folle enormi a sprecare quantità enormi di tempomarciando inquadrate d<strong>al</strong> punto A <strong>al</strong> punto B, e poi di <strong>nuovo</strong> <strong>al</strong> puntoA. «Questo tenere la popolazione in marcia pareva un insensato sprecodi tempo e d'energia. Solo più tardi» aggiunge Herman Rauschning «si170


scoprì in tutto questo una sottile intenzione, fondata su di un benc<strong>al</strong>colato adattamento dei mezzi ai fini. La marcia distrae i pensieridell'uomo. La marcia uccide il pensiero. La marcia pone fine<strong>al</strong>l'individu<strong>al</strong>ità. La marcia è un colpo magico, che serve ad avvezzareil popolo a una attività meccanica, quasi ritu<strong>al</strong>e, che a un certopunto diviene la sua seconda natura.»D<strong>al</strong> suo punto di vista, e sul piano da lui prescelto per compierequest'opera tremenda, Hitler era assolutamente nel giusto, v<strong>al</strong>utandola natura dell'uomo. Ma quelli fra noi che considerano l'uomo e ladonna come individui, e non come membri della folla, o di unacollettività irreggimentata, diranno che Hitler aveva torto,orrendamente torto. Ebbene, in un'epoca in cui si accelera lasovrappopolazione, si accelera la superorganizzazione, si perfezionanoi mezzi di comunicazione di massa, come possiamo noi s<strong>al</strong>varel'interezza e riaffermare il v<strong>al</strong>ore dell'individu<strong>al</strong>ità umana? E' unadomanda che ancora si può porre e a cui forse si può ancora risponderev<strong>al</strong>idamente. Può darsi che fra una generazione sarà già troppo tardiper trovare la risposta. Può darsi addirittura che sarà impossibileporsela, nel soffocante clima collettivo di quel futuro.L'ARTE DI VENDERE.La democrazia potrà s<strong>al</strong>varsi solo se molti individui saprannoscegliere re<strong>al</strong>isticamente, <strong>al</strong>la luce di bastevoli cognizioni. Ladittatura, <strong>al</strong>l'opposto, si tiene in piedi con la censura o con ladistorsione dei fatti, con l'appello non <strong>al</strong>la ragione, non<strong>al</strong>l'interesse illuminato, ma <strong>al</strong>la passione e <strong>al</strong> pregiudizio, <strong>al</strong>lepossenti 'forze nascoste', come diceva Hitler, che sono nelleprofondità inconsce di ogni mente umana.In Occidente si proclamano i principi della democrazia, e moltipubblicisti capaci e coscienziosi si sforzano di dare <strong>al</strong>l'elettore lenozioni che occorrono, di convincerlo razion<strong>al</strong>mente a fare una sceltare<strong>al</strong>istica, <strong>al</strong>la luce di quelle cognizioni. Ottima cosa. Purtroppo lapropaganda, nelle democrazie occident<strong>al</strong>i, e in America soprattutto, hadue facce, una doppia person<strong>al</strong>ità. A dirigere la stampa spesso c'è undottor Jekyll democratico, un propagandista che sarebbe felicissimo dipoter dimostrare la giustezza di quanto affermava John Dewey, circa lacapacità della natura umana di rispondere a verità e a ragione. Maquesta degna persona controlla solo una parte dell'apparato dellacomunicazione di massa. A dirigere la pubblicità troviamo unantidemocratico, in quanto antirazion<strong>al</strong>e, signor Hyde, anzi dottorHyde, perché oggi Hyde è professore di psicologia, e ha anche la suabrava laurea in scienze soci<strong>al</strong>i. Questo dottor Hyde sarebbe infelicese gli uomini dimostrassero ben fondata la fede di John Dewey nellanatura umana. Verità e ragione riguardano il dottor Jekyll, non lui.Hyde si occupa di an<strong>al</strong>isi motivazion<strong>al</strong>i; suo compito è studiaredebolezze e difetti dell'uomo, investigare i desideri e le paureinconsce che in così larga misura determinano il pensiero e l'azioneconsapevole dell'uomo. Ed egli fa questo non con lo spirito del171


mor<strong>al</strong>ista che amerebbe migliorare i suoi simili, o del medico chevorrebbe guarirli; lo fa solo per scoprire come meglio si possaprofittare della sua ignoranza, sfruttare la sua irrazion<strong>al</strong>ità, abeneficio finanziario di chi gli dà lavoro. Ma dopo tutto, diràqu<strong>al</strong>cuno, la filosofia del capit<strong>al</strong>ismo è morta, oggi impera lafilosofia del consumo, e occorrono perciò i servigi di venditoriversati in tutte le arti (anche le più insidiose) della persuasione.In un sistema di libera iniziativa la propaganda commerci<strong>al</strong>e, con ognie qu<strong>al</strong>siasi mezzo, è assolutamente indispensabile. Ma indispensabilenon significa necessariamente auspicabile. Quel che appare buono nellasfera dell'economia, può essere ben lungi d<strong>al</strong> bene, applicato agliuomini e <strong>al</strong>le donne in quanto elettori, e anche solo in quanto esseriumani. L'<strong>al</strong>tra generazione, più di questa impegnata in senso mor<strong>al</strong>e,avrebbe accolto con raccapriccio il blando cinismo del nostro dottorHyde. Oggi noi leggiamo un libro come "I persuasori occulti", di VancePackard, e la nostra reazione è più di sollazzo che di orrore, più dirassegnazione che di sdegno. Dopo Freud, dopo il behaviorismo,considerato che il produttore di massa ha bisogno cronico e disperatodi un consumo di massa, che <strong>al</strong>tro dovremmo attenderci? Ma in futuro,mi chiedo io, cos'<strong>al</strong>tro dobbiamo attenderci? A lunga scadenza, leattività di Hyde si accordano con quelle di Jekyll? Può aver successouna campagna a favore della razion<strong>al</strong>ità, quando si scontri conun'<strong>al</strong>tra, e più vigorosa, campagna a favore dell'irrazion<strong>al</strong>ità? Sonodomande a cui per adesso non tenterò di rispondere; le lascio insospeso, come appigli, diciamo così, per discutere i metodi dipersuasione di massa in una società democratica tecnologicamenteprogredita.<strong>Il</strong> compito di un propagandista commerci<strong>al</strong>e, in un paese democratico, èper certi aspetti più facile, per <strong>al</strong>tri più difficile del compito delpropagandista politico <strong>al</strong> servizio di un dittatore già pervenuto <strong>al</strong>potere, o sulla strada di giungervi. E' più facile nella misura in cuitutti noi, o quasi, partiamo da un pregiudizio di favore verso labirra, le sigarette, i frigoriferi, mentre nessuno, o quasi, parte daun pregiudizio in favore dei tiranni. E' più difficile nella misura incui il propagandista non può, per le regole del suo gioco, fareappello agli istinti più selvaggi del suo pubblico. Chi fa lapubblicità dei latticini amerebbe, magari, raccontare ai suoi lettori,e ai suoi ascoltatori, che ogni guaio dipende d<strong>al</strong>le macchinazioni diuna banda di fabbricanti internazion<strong>al</strong>i di margarina, gente senza Dio,e che quindi è dovere d'ogni buon patriota levarsi, correre, dar fuoco<strong>al</strong>le fabbriche degli oppressori. Ma è un sistema vietato d<strong>al</strong>le leggi,e quindi il nostro pubblicitario deve contentarsi di un sistema piùblando. Più blando, ma anche meno eccitante dell'<strong>al</strong>tro, del ricorso<strong>al</strong>la violenza verb<strong>al</strong>e o fisica. Alle lunghe ira e odio sono sentimenticontroproducenti; ma intanto rendono bene, in quanto a soddisfazionepsicologica e anche fisiologica (infatti giovano <strong>al</strong>l'emissione diadren<strong>al</strong>ina e di noradren<strong>al</strong>ina abbondante). Gli uomini hanno unpregiudizio inizi<strong>al</strong>e contro i tiranni; ma quando i tiranni o gliaspiranti t<strong>al</strong>i propinano loro propaganda adren<strong>al</strong>inica circa lam<strong>al</strong>vagità del nemico, speci<strong>al</strong>mente quando il nemico è debole e quindifacile è dargli addosso, <strong>al</strong>lora sono pronti a seguire, e conentusiasmo. Nei suoi discorsi Hitler ripeteva di continuo parole come172


'odio', 'forza', 'spietato', 'schiacciare', 'colpire'; e accompagnavaqueste parole violente con gesti anche più violenti. Urlava,strillava, si faceva gonfiare le vene, imporporare il viso.Un'emozione forte (lo sanno benissimo attori e drammaturghi) ècontagiosissima. Infettato d<strong>al</strong>la frenesia purulenta dell'oratore, ilpubblico geme, singhiozza e strilla, in un'orgia di passionescatenata. E queste orge sono così gradite che molti dopo averleprovate ritornano ansiosi a chiederne ancora. Quasi tutti noidesideriamo la pace e la libertà, ma pochissimi mostriamo entusiasmopei pensieri e per le azioni che portano <strong>al</strong>la pace e <strong>al</strong>la libertà. Ecosì <strong>al</strong>l'inverso: quasi nessuno vuole la guerra e la tirannia, mamoltissimi provano immenso piacere nei pensieri, nei sentimenti enelle azioni che portano <strong>al</strong>la guerra. Pensieri, sentimenti, azionitroppo pericolose per sfruttarle a fini commerci<strong>al</strong>i. Così l'uomo dellapubblicità, riconosciuto questo suo svantaggio, deve fare del suomeglio con emozioni meno inebrianti, con forme più tranquille diirrazion<strong>al</strong>ità.La propaganda razion<strong>al</strong>e diventa possibile ed efficiente quando tuttihanno chiaramente inteso la natura dei simboli e i loro rapporti conle cose e con gli eventi che simboleggiano. La propaganda irrazion<strong>al</strong>eè tanto più efficace quanto più non si intende la natura dei simboli.L'uomo semplice tende a stabilire l'eguaglianza fra simbolo e cosa, adattribuire agli oggetti e agli eventi <strong>al</strong>cune delle qu<strong>al</strong>ità espressecon le parole in base <strong>al</strong>le qu<strong>al</strong>i il propagandista ha deciso diparlare, ai suoi fini. Vediamo un esempio assai semplice. Quasi tuttii cosmetici sono fatti di lanolina, che è un miscuglio emulsionato digrasso di lana e d'acqua. T<strong>al</strong>e emulsione ha molte qu<strong>al</strong>ità positive:penetra nella pelle, non irrancidisce, è lievemente antisettica e cosìvia. Ma i propagandisti commerci<strong>al</strong>i non parlano delle virtù re<strong>al</strong>idella lanolina. Le danno un nome pittoresco, voluttuoso, parlano intermini estatici e ingannevoli di bellezza femminile e ostentanofotografie di formosissime bionde che nutrono i loro tessuti conquesto <strong>al</strong>imento della pelle. «I fabbricanti di cosmetici» ha scrittouno di costoro «non vendono lanolina, vendono speranza.» Per questasperanza, per questa truff<strong>al</strong>dina implicita promessa di un volto <strong>nuovo</strong>,le donne sono pronte a pagare dieci o venti volte il v<strong>al</strong>oredell'emulsione. E questo perché i propagandisti l'hanno abilmentemessa in rapporto, mediante simboli ingannevoli, con un profondo equasi univers<strong>al</strong>e desiderio femminile, il desiderio di apparire piùattraenti ai membri del sesso opposto. Questo tipo di propaganda sibasa su principi assai semplici. Si trova un qu<strong>al</strong>che desideriodiffuso, una qu<strong>al</strong>che paura o ansia inconscia e comune; si escogita ilmodo di mettere in rapporto il desiderio o il timore con il prodottoda vendere; quindi si costruisce un ponte di simboli verb<strong>al</strong>i o visivisu cui il cliente passi d<strong>al</strong> fatto <strong>al</strong> sogno appagatore, e d<strong>al</strong> sogno<strong>al</strong>l'illusione che il prodotto, una volta acquistato, faccia avverareil sogno. «Noi non compriamo arance, compriamo vit<strong>al</strong>ità. Non compriamoun'automobile, compriamo prestigio.» E così via per tutto il resto.Nel dentifricio, per esempio, noi non compriamo un detersivo, undisinfettante, ma anche la liberazione d<strong>al</strong> timore d'apparireripugnanti da un punto di vista sessu<strong>al</strong>e. Nella vodka o nel whisky noinon compriamo un veleno protoplasmatico che, a piccole dosi, può173


deprimere il sistema nervoso in misura psicologicamente positiva;compriamo anche bonomia, cameratismo, il c<strong>al</strong>ore di Dingley Dell e losplendore della Mermaid Tavern. Assieme <strong>al</strong> lassativo noi compriamo las<strong>al</strong>ute di un dio greco, il fascino d'una ninfa di Diana. Assieme <strong>al</strong>successo librario del mese noi comperiamo la cultura, l'invidia deivicini che leggono meno di noi, il rispetto dei raffinati. In ognicaso chi studia le motivazioni ha scoperto un timore o un desiderioradicato, l'energia del qu<strong>al</strong>e può servire a spingere il consumatore asborsare soldi e così, indirettamente, a far girare le ruotedell'industria. Latente nel corpo e nello spirito di innumerevoliindividui, questa energia potenzi<strong>al</strong>e si libera e si trasmette grazie auna catena di simboli accuratamente disposti, in modo da superare larazion<strong>al</strong>ità e da mettere in ombra i problemi veri.A volte i simboli acquistano efficacia per la loro sproporzionataincombenza, perché affascinano e perseguitano di per se stessi. Aquesta categoria appartengono i riti e la pompa della religione. Le'bellezze della pietà' rafforzano la fede che già esiste e, dove nonc'è fede, contribuiscono <strong>al</strong>la conversione. Giacché fanno appello solo<strong>al</strong> senso estetico, esse non garantiscono né la verità né il v<strong>al</strong>oreetico delle dottrine a cui si sono arbitrariamente associate. Lastoria ci dimostra che spesso queste bellezze della pietà sono stateeguagliate e sorpassate d<strong>al</strong> loro opposto, d<strong>al</strong>le bellezze dell'empietà.Sotto Hitler, per esempio, l'adunata annu<strong>al</strong>e di Norimberga era uncapolavoro di arte ritu<strong>al</strong>e e teatr<strong>al</strong>e. «Io ho trascorso sei anni aPietroburgo, prima della guerra, ai bei tempi del vecchio b<strong>al</strong>lettorusso» scrive Sir Neville Henderson, ambasciatore britannico a Berlino«ma non ho mai visto b<strong>al</strong>letto che per grandiosità e bellezza potessereggere il confronto con l'adunata di Norimberga.» Viene in menteKeats: «Verità è bellezza, bellezza verità». Ahimè, questa eguaglianzaè possibile solo a livello supremo, sopramondano. Al livello dellapolitica e dell'ideologia la bellezza è perfettamente compatibile conl'assurdo e con la tirannia. Ed è una fortuna: perché se la bellezzafosse incompatibile con l'assurdo e con la tirannia, ci sarebbe benpoca arte <strong>al</strong> <strong>mondo</strong>. I capolavori della pittura, della scultura edell'architettura furono creati qu<strong>al</strong>i forme di propaganda religiosa opolitica, a maggior gloria di un dio, di un governo, di un clero. Mare e preti sono sempre stati, a maggioranza, dei despoti e tutte lereligioni sono intrise di superstizione. <strong>Il</strong> genio si è asservito <strong>al</strong>latirannia e l'arte ha fatto la pubblicità di un culto religioso. <strong>Il</strong>tempo, scorrendo, separa l'arte buona d<strong>al</strong>la metafisica cattiva.Riusciremo noi a compiere la separazione, non dopo il fatto, ma mentreesso avviene? Questo il problema.Nella propaganda commerci<strong>al</strong>e si intende chiaramente il principio delsimbolo d<strong>al</strong> fascino sproporzionato. Ogni azienda pubblicitaria ha ilsuo ufficio artistico, e cerca continuamente di abbellire i cartellonidegli affissi con manifesti vistosi, le pagine pubblicitarie deigiorn<strong>al</strong>i con vivaci disegni e fotografie. Qui non ci sono capolavori,perché il capolavoro lo intende solo un pubblico limitato, e ilpubblicitario invece deve conquistare le maggioranze. <strong>Il</strong> suo ide<strong>al</strong>e èuna mediocre eccellenza. A chi piace quest'arte non mai troppo buona,ma bastevolmente vistosa, piacerà quasi di certo il prodotto che adessa si associa e di cui è simbolo.174


Altro aspetto di questo simbolismo è la pubblicità cantata. Si trattadi una invenzione recente, ma la teologia cantata e la preghieracantata - l'inno e il s<strong>al</strong>mo - sono antiche quanto la religione stessa.I canti marzi<strong>al</strong>i hanno la stessa età della guerra, e i cantipatriottici, da cui derivano i nostri inni nazion<strong>al</strong>i, senza dubbioservirono a promuovere la solidarietà di gruppo, a sottolineare ladistinzione fra 'noi' e 'loro', presso i branchi vaganti deicacciatori p<strong>al</strong>eolitici e dei raccoglitori di frutti selvatici. Sumoltissime persone la musica esercita un'attrazione intrinseca. Nonsolo: un motivo tende a inserirsi nella mente dell'ascoltatore, arestare nel ricordo per tutta una vita. Queste ultime parole, peresempio, costituiscono un'affermazione di scarso interesse, unsemplice giudizio di v<strong>al</strong>ore. Così come sono, non destano l'attenzionedi nessuno. Ma provate ad adattare queste parole a un motivo facile,che si ricordi. Diventeranno subito parole possenti. Non solo: quelleparole tenderanno a ripetersi automaticamente ogni volta che si oda osi ricordi il motivo. Orfeo ha fatto <strong>al</strong>leanza con Pavlov: la potenzadel suono si lega <strong>al</strong> riflesso condizionato. Al propagandistacommerci<strong>al</strong>e, e così pure ai suoi colleghi del campo politico ereligioso, la musica offre un ulteriore vantaggio. Un'assurdità cheuna creatura ragionevole si vergognerebbe di scrivere, di dire,persino d'ascoltare, si può invece ascoltare cantata, o cantare conpiacere, addirittura con una certa convinzione intellettu<strong>al</strong>e. Possiamonoi separare questo piacere del canto d<strong>al</strong>la umanissima tendenza acredere nella propaganda che quel canto esprime? Ancora una volta, èquesto il problema.Grazie <strong>al</strong>l'istruzione obbligatoria e <strong>al</strong>la stampa a rotativa, ilpropagandista ha potuto, e per molti anni, far giungere i suoimessaggi a ogni cittadino adulto d'ogni paese civile. Oggi, grazie<strong>al</strong>la radio e <strong>al</strong>la televisione, gli tocca la fortuna di potercomunicare anche con gli adulti che non son mai stati a scuola e coibambini che ci devono ancora andare.I bambini, ovviamente, sono molto suscettibili <strong>al</strong>la propaganda. Essiignorano il <strong>mondo</strong> e le sue vie, e quindi non sospettano mai di nulla.Non hanno facoltà critiche sviluppate. I più giovani non sono ancoragiunti <strong>al</strong>l'età della ragione, ai più adulti manca l'esperienza per farfunzionare la loro razion<strong>al</strong>ità di recentissimo acquisto. In Europa,con metafora giocosa, si chiamano 'carne da cannone' i giovani chevanno a fare il soldato. Ormai però i loro fratellini e le lorosorelline sono diventati carne da televisione. Quand'ero ragazzo ciinsegnavano a cantare le filastrocche e, nelle famiglie osservanti,gli inni religiosi. Oggi i piccoli ripetono la pubblicità cantata. Macosa è meglio: «Omo più ti dà di più», oppure «giro-girotondo, cascail <strong>mondo</strong>»?; «Maria Giulia di dove sei venuta» oppure «Signora, facci<strong>al</strong>a prova oggi stesso»? Chi può dirlo?«Non dico che i bambini debbano essere costretti a tormentare igenitori perché comprino i prodotti reclamizzati <strong>al</strong>la televisione, ma<strong>al</strong> tempo stesso non posso ignorare il fatto che proprio questosuccede, ogni giorno.» Così scrive un divo d'uno dei numerosiprogrammi indirizzati <strong>al</strong> pubblico dei giovani. «I bambini» aggiungecostui «sono <strong>al</strong>trettante registrazioni, vive e parlanti, di quel chediciamo loro ogni giorno.» E a tempo debito queste registrazioni vive175


e parlanti cresceranno, guadagneranno quattrini, e compreranno iprodotti dell'industria. «Pensate» scrive in tono estatico ClydeMiller «pensate che guadagno può significare per la vostra azienda lapossibilità di condizionare un milione, dieci milioni di bambini, iqu<strong>al</strong>i diventeranno adulti addestrati a comprare i vostri prodotti,come i soldati, che sono addestrati a muoversi <strong>al</strong> comando avantimarsc!»Ma sì, pensiamoci! Ma ricordiamoci anche che i dittatori e gliaspiranti t<strong>al</strong>i hanno pensato per anni a queste stesse cose e chemilioni, decine di milioni, centinaia di milioni di bambini stannocrescendo e da grandi compreranno il prodotto ideologico del despotadel loro paese e, come soldati ben addestrati, risponderannodebitamente <strong>al</strong>la parola d'ordine che i propagandisti del despota hannoinserito nel loro cervello.L'autogoverno è inversamente proporzion<strong>al</strong>e <strong>al</strong> numero. Quanto più vastol'elettorato, tanto minore il v<strong>al</strong>ore del voto. L'elettore si senteimpotente, quantità trascurabile, quando sta in mezzo a milioni disuoi simili. I candidati che egli ha eletto stanno lontani, in cima<strong>al</strong>la piramide del potere. In teoria essi sono i servitori del popolo;ma in pratica sono servitori che danno ordini e il popolo, giù d<strong>al</strong>labase della piramide, deve obbedire. L'aumento della popolazione e ilprogresso tecnologico hanno provocato un aumento nel numero e nellacomplessità delle organizzazioni, concentrato una maggiore quantità dipotere nelle mani dei funzionari, hanno sminuito corrispondentementeil controllo degli elettori, e intanto è venuto meno il rispetto delpubblico per i metodi democratici. Già indeboliti d<strong>al</strong>le immense forzeimperson<strong>al</strong>i che operano nel <strong>mondo</strong> moderno, gli istituti democraticisubiscono ora l'ass<strong>al</strong>to dei politici e dei loro propagandisti.Gli esseri umani agiscono in molteplici guise irrazion<strong>al</strong>i, ma tuttiquanti, messi in condizioni favorevoli, paiono capaci di compiere unascelta ragionevole, <strong>al</strong>la luce delle prove a loro disposizione. Gliistituti democratici funzionano solamente se tutti fanno del loromeglio per diffondere il sapere e incoraggiare l'uso della ragione. Maoggi, nella più potente democrazia del <strong>mondo</strong>, i politici e i loropropagandisti preferiscono buttare nell'assurdo i metodi democraticifacendo appello quasi esclusivamente <strong>al</strong>l'ignoranza e <strong>al</strong>l'irrazion<strong>al</strong>itàdegli elettori. «L'uno e l'<strong>al</strong>tro partito» scriveva nel 1956 ildirettore di un importante giorn<strong>al</strong>e economico «metteranno sul mercatocandidati e programmi con gli stessi metodi che il <strong>mondo</strong> degli affariha inventato per vendere una merce. Fra l'<strong>al</strong>tro la selezionescientifica dei motivi e l'iterazione pianificata... La radioripeterà, con tensione programmata, i suoi inserti pubblicitari. Imanifesti sosterranno parole d'ordine di cui si è studiat<strong>al</strong>'efficacia... Davanti <strong>al</strong>la macchina della televisione, ai candidatinon basterà voce c<strong>al</strong>da e buona dizione: dovranno avere anche unaspetto 'sincero'!»I mercanti della politica fanno appello solo <strong>al</strong>la debolezza deivotanti, mai <strong>al</strong>la loro forza potenzi<strong>al</strong>e. Essi non cercano di portarele masse, attraverso l'educazione, <strong>al</strong>la capacità d'autogoverno; a lorobasta manipolarle e sfruttarle. A questo scopo mobilitano e mettono<strong>al</strong>l'opera tutte le risorse della psicologia e delle scienze soci<strong>al</strong>i.Si fanno 'interviste in profondità' a campioni accuratamente sceltid<strong>al</strong>l'elettorato. Queste interviste in profondità rivelano i timori e i176


desideri inconsci che dominano in una determinata società <strong>al</strong> momentodelle elezioni. Poi gli esperti scelgono frasi e immagini intese aplacare o, se necessario, ad acuire quei timori, a soddisfare queidesideri, <strong>al</strong>meno simbolicamente; le sperimentano sul lettore osull'ascoltatore, le cambiano e le migliorano <strong>al</strong>la luce delle nozionicosì acquisite. Poi la campagna politica è pronta per la comunicazionedi massa. Ora occorrono soltanto quattrini e un candidato che impari afare la faccia 'sincera'. Con la nuova liturgia, principi politici eprogrammi concreti hanno ormai perso gran parte della loro importanza.Contano davvero solo due cose: la person<strong>al</strong>ità del candidato e lamaniera in cui la sanno proiettare gli esperti della pubblicità.<strong>Il</strong> candidato deve essere bello, in qu<strong>al</strong>che modo, o virile o paterno.Deve saper intrattenere il pubblico senza annoiarlo. <strong>Il</strong> pubblico,avvezzo <strong>al</strong>la televisione e <strong>al</strong>la radio, vuole lasciarsi distrarre, enon ama che gli si chieda di concentrarsi, di compiere una lungafatica intellettu<strong>al</strong>e. Perciò i discorsi del candidato attore devonoessere brevi e scattanti. I grandi problemi del momento debbono esserliquidati in cinque minuti <strong>al</strong> massimo; magari (perché il pubblico nonvede l'ora di passare ad argomento più vivace dell'inflazione o dellabomba H) in sessanta secondi netti. La natura dell'oratoria è t<strong>al</strong>e chefra i politici e i chierici c'è sempre stata la tendenza asemplificare le questioni complicate. D<strong>al</strong>la tribuna o d<strong>al</strong> pulpitoanche <strong>al</strong> più coscienzioso degli oratori è difficile dire tutta laverità. I metodi che si usano oggi per vendere il candidato politico,come se fosse un deodorante, danno <strong>al</strong>l'elettorato questa garanzia:egli non sentirà mai dire la verità, su niente.IL LAVAGGIO DEI CERVELLI.Nei due capitoli che precedono ho descritto le tecniche della(chiamiamola così) manipolazione ment<strong>al</strong>e integr<strong>al</strong>e, come le misero inpratica il più grande demagogo e i più abili venditori che la storiaricordi. Ma un problema umano non si può risolvere soltanto con metodiintegr<strong>al</strong>i. C'è posto per il cannone, ma anche per la siringaipodermica. Nei capitoli che seguono parleremo quindi di <strong>al</strong>cune fra letecniche più efficaci per la manipolazione non di una folla, non di unfolto pubblico, ma di singoli individui.Durante i suoi storici esperimenti sul riflesso condizionato, IvanPavlov scoprì che gli anim<strong>al</strong>i da laboratorio, soggetti a unaprolungata tensione fisica o psichica, mostrano tutti i sintomi delcollasso nervoso. Poiché non intende più far fronte a una situazioneintollerabile, il cervello di questi anim<strong>al</strong>i, per così dire, sciopera:o smette senz'<strong>al</strong>tro di lavorare (il cane perde coscienza), o ricorre<strong>al</strong> sabotaggio (il cane assume una condotta non re<strong>al</strong>istica, o mostrasintomi fisici che in un essere umano noi definiremmo isterici).Alcuni anim<strong>al</strong>i resistono più di <strong>al</strong>tri <strong>al</strong>la tensione. I cani cheabbiano una costituzione (Pavlov diceva così) 'forte eccitatoria'entrano in collasso molto prima dei cani di temperamento appena'vivace' (vivace qui sta per contrapposto a collerico o agitato). Allo177


stesso modo i cani di temperamento 'debole inibitorio', giungono <strong>al</strong>lostremo molto prima dei loro simili di tipo 'c<strong>al</strong>mo imperturbabile'. Maneanche il più stoico dei cani può resistere <strong>al</strong>l'infinito. Se latensione a cui viene esposto è bastevolmente intensa o bastevolmenteprolungata, egli entrerà in collasso, a un certo punto, in modoabietto e tot<strong>al</strong>e come il più debole della sua specie.Le due guerre mondi<strong>al</strong>i hanno dato conferma ampia e desolante <strong>al</strong>lescoperte di Pavlov. In seguito a una sola esperienza catastrofica, o auna serie di spaventi meno gravi ma ripetuti in breve tempo, ilsoldato mostra numerosi sintomi psicofisici negativi. Perditatemporanea della coscienza, agitazione estrema, letargia, cecità opar<strong>al</strong>isi funzion<strong>al</strong>e, reazioni assolutamente non re<strong>al</strong>istiche aglieventi esterni, rovesciamento di modi di condotta abitu<strong>al</strong>i; tuttiinsomma i sintomi che Pavlov aveva osservato nei cani ricomparvero fr<strong>al</strong>e vittime di ciò che nella prima guerra mondi<strong>al</strong>e si chiamò 'choc dagranata', e nella seconda 'esaurimento da battaglia'. Ogni uomo, comeogni cane, ha il suo limite person<strong>al</strong>e di sopportazione. Quasi tuttiraggiungono quel limite dopo circa trenta giorni di tensione più omeno continua nelle condizioni della guerra moderna. Gli individui piùsuscettibili della media soccombono dopo soli quindici giorni. Quelliche hanno resistenza superiore <strong>al</strong>la media possono resisterequarantacinque giorni, e anche cinquanta. Forti o deboli, a un certopunto han tutti il collasso. O meglio, tutti quelli che inizi<strong>al</strong>menteerano sani. Perché, ironia della sorte, gli unici che resistano<strong>al</strong>l'infinito <strong>al</strong>la tensione della guerra moderna sono proprio glipsicotici. L'insania individu<strong>al</strong>e va immune d<strong>al</strong>le conseguenzedell'insania collettiva.Che ciascun individuo abbia il suo punto di collasso, è un fatto notoe sfruttato, seppur in maniera rudiment<strong>al</strong>e e non scientifica, da tempoimmemorabile. In <strong>al</strong>cuni casi la spaventosa disumanità dell'uomo versoil suo simile trasse ispirazione d<strong>al</strong> desiderio, puro e semplice,orrendo e fascinoso insieme, di crudeltà. Ma più spesso a temperare ilsadismo puro intervenivano utilitarismo, teologia, ragion di stato. Igiudici infliggevano la tortura fisica o d'<strong>al</strong>tra forma per scioglierela lingua di un testimone riluttante; i chierici per castigarel'eretico e indurlo a mutar opinione; la polizia segreta per strapparela confessione <strong>al</strong> sospetto di ostilità contro il governo. Sotto ildominio di Hitler la tortura, e poi lo sterminio di massa, furonousati contro gli ebrei, eretici in senso biologico. Per un giovanenazista il periodo di servizio ai campi di sterminio era (sono paroledi Himmler) «la migliore lezione sugli esseri inferiori e sulle razzesubumane». Visto il carattere ossessivo dell'antisemitismo appreso daHitler giovane nei quartieri popolari di Vienna, era inevitabilequesta rinascita dei metodi usati d<strong>al</strong> Santo Uffizio contro gli ereticie contro le streghe. Ma <strong>al</strong>la luce delle scoperte di Pavlov e dellenozioni acquisite dagli psichiatri per la cura delle nevrosi belliche,tutto questo sembra anacronistico, grottesco nella sua crudeltà. Oggisi può indurre una tensione bastevole a provocare un completo collassocerebr<strong>al</strong>e mediante metodi che, seppure odiosi e disumani, escludono latortura fisica.Comunque siano andate le cose in passato, oggi pare certo che lapolizia comunista non fa uso estensivo della tortura. Essa si ispira178


non <strong>al</strong>l'inquisitore, non <strong>al</strong>l'uomo delle S.S., ma <strong>al</strong>lo psicologo, aisuoi anim<strong>al</strong>i di laboratorio metodicamente condizionati. Importantisono le conseguenze pratiche che il dittatore e i suoi poliziottipossono trarre d<strong>al</strong>le scoperte di Pavlov. Se si può provocare ilcollasso nel sistema nervoso dei cani, lo stesso può accadere per ilsistema nervoso centr<strong>al</strong>e dei prigionieri politici. Basta applicare latensione nella dose opportuna e per l'opportuna durata di tempo. Allafine della cura il prigioniero sarà in uno stato di nevrosi o diisteria, pronto a confessare tutto quello che vogliono fargliconfessare i suoi aguzzini.Ma la confessione non basta. L'uomo ridotto a uno stato inguaribile dinevrosi non serve a nessuno. Al dittatore accorto e pratico non serveun paziente da osped<strong>al</strong>izzare, né una vittima da fucilare, ma unconvertito che lavori per la Causa. E, ispirandosi ancora una volta aPavlov, apprende che i cani, prima del punto di collasso definitivo,diventano suggestionabili in misura superiore <strong>al</strong> norm<strong>al</strong>e. Quando ilcane è <strong>al</strong> limite della sopportazione cerebr<strong>al</strong>e, è facile inst<strong>al</strong>lare inlui nuovi moduli di comportamento, moduli che paiono radicati persempre. Dopo, non è più possibile decondizionare l'anim<strong>al</strong>e; ciò cheegli ha appreso in stato di tensione resta qu<strong>al</strong>e parte integr<strong>al</strong>e dellasua struttura.Molti sono i metodi per produrre una tensione psicologica. I cani siturbano quando lo stimolo è insolitamente forte; oppure quandol'interv<strong>al</strong>lo fra lo stimolo e la reazione abitu<strong>al</strong>e si prolungainfinitamente e l'anim<strong>al</strong>e resta in uno stato di sospensione; oppurequando il cervello è confuso da uno stimolo che contraddice ciò chel'anim<strong>al</strong>e ha imparato a prevedere; oppure quando lo stimolo non sicombina nel quadro delle associazioni abitu<strong>al</strong>i della vittima. Nonsolo; si è scoperto che una temperata induzione di paura, d'ira, diansia, acuisce notevolmente la suggestionabilità dei cani. Se t<strong>al</strong>iemozioni perdurano ad <strong>al</strong>to livello di intensità per un lasso di tempobastevole, il cervello 'sciopera'. E quando questo avviene èfacilissimo inserirvi nuovi moduli di comportamento.Fra le tensioni fisiche che aumentano la suggestionabilità del canetroviamo la stanchezza, le ferite, e tutte le forme di m<strong>al</strong>attia.Queste scoperte hanno grande importanza pratica per un potenzi<strong>al</strong>edittatore. Dimostrano, per esempio, che aveva ragione Hitler quandososteneva che le adunate di massa notturna son più efficaci di quellediurne. «Di giorno» scrive Hitler «la volontà dell'uomo si ribella consomma energia contro ogni tentativo di costrizione <strong>al</strong>la volontà o<strong>al</strong>l'opinione <strong>al</strong>trui. Di sera invece egli cede più facilmente <strong>al</strong>laforza dominatrice di una volontà più possente.»Pavlov gli avrebbe dato ragione; la stanchezza aumenta lasuggestionabilità. (Per questo, fra gli <strong>al</strong>tri motivi, le ore dellasera sono le preferite per i programmi pubblicitari <strong>al</strong>la televisione,e t<strong>al</strong>e preferenza si paga in contanti.)Ma, più della stanchezza, la m<strong>al</strong>attia intensifica lasuggestionabilità. Infatti nei secoli passati le corsie degli osped<strong>al</strong>ifurono teatro di innumerevoli conversioni religiose. <strong>Il</strong> dittatorescientifico di domani riempirà gli osped<strong>al</strong>i di <strong>al</strong>toparlanti e icuscini di microfoni. Ventiquattro ore <strong>al</strong> giorno trasmetterannopersuasione in scatola; i pazienti più importanti saranno visitati da179


tecnici speci<strong>al</strong>izzati nella s<strong>al</strong>vezza politica delle anime e nellamutazione dei cervelli, <strong>al</strong>lo stesso modo che in passato i loropredecessori ricevevano le visite dei preti, delle monache e dei laicidevoti.Già molto tempo prima di Pavlov si era osservato (e sfruttato) ilfatto che una forte emozione negativa tende ad accrescere lasuggestionabilità, e a facilitare perciò la conversione. Come osservail dottor William Sargant nel suo interessantissimo libro, "Battle forthe Mind", lo straordinario successo del predicatore John Wesley sibasava sulla conoscenza intuitiva del sistema nervoso centr<strong>al</strong>e. Wesleyiniziava il suo sermone con la descrizione lunga e particolareggiatadei tormenti a cui senza dubbio il suo uditorio sarebbe statocondannato per l'eternità se non si fosse convertito. Quindi, portatol'uditorio <strong>al</strong> limite, in qu<strong>al</strong>che caso oltre il limite, del collassocerebr<strong>al</strong>e, mediante il terrore, mediante un angoscioso senso di colpa,egli cambiava tono e prometteva la s<strong>al</strong>vezza ai presenti pentiti. Conquesto metodo di predicazione Wesley convertì migliaia di uomini,donne e bambini. La paura intensa e prolungata provocava il collasso euno stato di suggestionabilità assai intensificato. In quellacondizione l'uditorio era disposto ad accettare senza discuterle leasserzioni teologiche del predicatore. Quindi veniva reintegrato daparole consolanti e usciva da simile prova con moduli di comportamentonuovi, e in genere migliori, ben radicati nel cervello e nel sistemanervoso.L'efficacia della propaganda politica e religiosa non dipende d<strong>al</strong>ledottrine che si insegnano, ma dai metodi che si usano. Le dottrinepossono essere vere o f<strong>al</strong>se, sane o perniciose; fa poca differenza,anzi nessuna. Se la dottrina è impartita nel modo giusto e <strong>al</strong> momentogiusto dell'esaurimento nervoso, essa penetra. In condizioni opportunesi può convertire in pratica chiunque, a qu<strong>al</strong>unque dottrina si voglia.Noi conosciamo piuttosto bene i metodi che usa la polizia comunistaper trattare i prigionieri politici. D<strong>al</strong> momento dell'arresto lavittima viene sistematicamente sottoposta a tensioni fisiche epsicologiche di vario genere. M<strong>al</strong> nutrito, disagiato, non gli siconcede più di qu<strong>al</strong>che ora di sonno per notte. Resta di continuo inuno stato di sospensione, di incertezza, di apprensione acuta. Giornodopo giorno anzi, notte dopo notte, perché questi poliziottipavloviani sanno che la stanchezza intensifica la suggestionabilità,viene interrogato, spesso per ore e ore filate, da inquisitori checercano in ogni modo di impaurirlo, confonderlo, sbigottirlo. Dopoqu<strong>al</strong>che settimana o qu<strong>al</strong>che mese di questa cura, il suo cervellosciopera, ed egli confessa tutto quel che i suoi aguzzini voglionofargli confessare. Poi, se si vuole convertirlo e non fucilarlo, glisi offrono i conforti della fede. Se egli accetta la vera fede si puòancora s<strong>al</strong>vare: certo, non nell'<strong>al</strong>tra vita; in questa, perchéuffici<strong>al</strong>mente l'<strong>al</strong>tra vita non c'è.Metodi simili, ma meno drastici, furono sperimentati sui prigionieridi guerra durante la guerra di Corea. Nei campi di concentramentocinesi i giovani prigionieri occident<strong>al</strong>i furono sottoposti a tensionesistematica. Ad esempio, per la più lieve infrazione <strong>al</strong> regolamento,il prigioniero veniva convocato nell'ufficio del comandante, e lì lointerrogavano, lo minacciavano, lo umiliavano davanti agli <strong>al</strong>tri. E180


tutto questo ripetutamente, di continuo, a qu<strong>al</strong>siasi ora del giorno edella notte. T<strong>al</strong>e continua persecuzione provocava nella vittima unsenso di sbigottimento e di ansietà cronica. Per accrescere il sensodella colpa, si imponeva ai prigionieri di scrivere e riscrivere, contutti i particolari più intimi, lunghe relazioni biografiche deipropri errori. E dopo aver confessato i peccati propri, si esigeva laconfessione dei peccati dei compagni. In questo modo si intendevacreare nel campo una società da incubo, nella qu<strong>al</strong>e ciascuno spiavagli <strong>al</strong>tri, e riferiva le colpe <strong>al</strong>trui. Alla tensione ment<strong>al</strong>e siaggiungeva quella fisica, dello scarso nutrimento, del disagio, dellem<strong>al</strong>attie. La suggestionabilità, accresciuta con questi metodi, venivapoi abilmente sfruttata dai cinesi, i qu<strong>al</strong>i versavano in quei cervelliormai ricettivi in modo anorm<strong>al</strong>e, grosse dosi di propagandafilocomunista e anticapit<strong>al</strong>ista. T<strong>al</strong>i tecniche pavloviane ebberoottimo successo. Da fonte uffici<strong>al</strong>e sappiamo che un prigionieroamericano su sette si rese colpevole di collaborazione completa,grave, con le autorità comuniste; uno su tre di collaborazioneform<strong>al</strong>e.Non si creda che i comunisti riserbino questo trattamento solo ai loronemici. I contadini giovani, che nei primi anni del <strong>nuovo</strong> regimedovevano farsi missionari e organizzatori comunisti nellenumerosissime città e villaggi della Cina, ebbero un trattamento assaipiù intenso di quello toccato ai prigionieri di guerra. R. L. W<strong>al</strong>ker,nel suo libro "China under Communism" ci racconta con qu<strong>al</strong>i metodi idirigenti del partito riescono a trasformare uomini e donne qu<strong>al</strong>unquenelle migliaia di fanatici occorrenti per diffondere il vangelocomunista e per imporre la politica del comunismo. Secondo questosistema di addestramento il materi<strong>al</strong>e umano viene trasportato in campispeci<strong>al</strong>i, dove ciascuno resta completamente isolato dagli amici, d<strong>al</strong>lafamiglia, d<strong>al</strong> <strong>mondo</strong> esterno in gener<strong>al</strong>e. In questi campi gli <strong>al</strong>lievisono sottoposti a un lavoro fisico e ment<strong>al</strong>e debilitante; non vannomai soli, sempre in gruppo; si incoraggia lo spionaggio interno, siimpone a ciascuno di scrivere autobiografie di condanna; tutti vivonocon la paura cronica del destino tremendo che può capitare per via diquanto ciascuno ha confessato, o di quanto ha raccontato il compagnofattosi spia. In t<strong>al</strong>e condizione di acuita suggestionabilità, siimpartisce un corso intensivo di marxismo teorico e applicato; e <strong>al</strong>lafine del corso c'è un esame: la bocciatura può significare qu<strong>al</strong>unquecosa, d<strong>al</strong>l'espulsione ignominiosa, <strong>al</strong>la condanna ai lavori forzati,<strong>al</strong>la liquidazione. Dopo sei mesi di questa roba, la prolungatatensione ment<strong>al</strong>e e fisica produce quel che gli esperimenti di Pavlovprevedevano. Uno dopo l'<strong>al</strong>tro, o anche a gruppi, gli <strong>al</strong>lievi hanno ilcollasso. Cominciano a comparire sintomi di nevrosi e di isteria.Qu<strong>al</strong>che vittima si uccide; <strong>al</strong>tre (fino, pare, <strong>al</strong> venti per cento deltot<strong>al</strong>e) cadono vittime di gravi m<strong>al</strong>attie ment<strong>al</strong>i. Quelli chesopravvivono <strong>al</strong> rigoroso processo di conversione hanno in sé moduli dicomportamento nuovi e radicatissimi. Troncati tutti i legami colpassato: amici, famiglia, costumi e fede. Sono uomini nuovi, ricreatia immagine del loro <strong>nuovo</strong> dio e assolutamente consacrati <strong>al</strong> suoservizio.Nel <strong>mondo</strong> comunista ogni anno, da centinaia di centri dicondizionamento, escono decine di migliaia di questi giovani181


disciplinati e fedeli. Quel che fecero i Gesuiti per la ChiesaCattolica della Controriforma, oggi fanno, e senza dubbiocontinueranno a fare per i partiti comunisti di Europa, Asia e Africa,questi prodotti di un addestramento più scientifico e anche piùbrut<strong>al</strong>e.Politicamente Pavlov pare che sia stato un liber<strong>al</strong>e di vecchio stampo.Ma, per una strana ironia della sorte, le sue ricerche e le teorie sudi esse basate hanno messo <strong>al</strong> <strong>mondo</strong> un grande esercito di fanaticidedicati, anima e corpo, sistema nervoso e riflesso, <strong>al</strong>la distruzionedel liber<strong>al</strong>ismo di vecchio stampo, dovunque esso si trovi.<strong>Il</strong> lavaggio dei cervelli, come si pratica oggi, è una tecnica ibrida,che trae la sua efficacia in parte d<strong>al</strong>l'uso sistematico dellaviolenza, in parte d<strong>al</strong>l'accorta manipolazione psicologica. Rappresent<strong>al</strong>a tradizione di "1984" che sta per mutarsi nella tradizione del"Mondo <strong>nuovo</strong>". Sotto una dittatura ben s<strong>al</strong>da e ben organizzata, inostri attu<strong>al</strong>i metodi di manipolazione semiviolenta parrannocertamente assurdi e grossolani. Condizionato fin d<strong>al</strong>la primissimainfanzia (e magari anche biologicamente predestinato), l'individuocomune della classe media o di quella inferiore non avrà mai bisognod'una conversione, e nemmeno di un corso di aggiornamento sulla verafede. I membri della casta suprema dovranno essere in grado diprodurre pensieri nuovi in risposta a situazioni nuove; perciò il loroaddestramento sarà molto meno rigido di quello imposto a chi avrà ilcompito non di ragionare, ma solamente di fare, e poi di morire, dandoil minimo fastidio. Gli individui della casta superiore saranno sempreesemplari di una specie selvaggia: maestri e guardiani, solo appenacondizionati, di una razza di anim<strong>al</strong>i assolutamente addomesticati.Proprio perché selvaggi, potranno farsi eretici e ribelli. Ove questoaccada occorrerà liquidarli, oppure riportarli <strong>al</strong>l'ortodossia collavaggio dei cervelli, oppure infine (come succedeva nel "Mondo<strong>nuovo</strong>") esiliarli in un'isola, dove non possano dar fastidio, se non,natur<strong>al</strong>mente, a se stessi. Ma il condizionamento univers<strong>al</strong>edell'infanzia e le <strong>al</strong>tre tecniche di manipolazione e di controllo,sono cose dell'avvenire e dovranno attendere le prossime generazioni.Prima che siamo giunti <strong>al</strong> <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong>, i nostri governanti dovrannocontentarsi delle tecniche, transitorie e provvisorie, del lavaggiodei cervelli.LA PERSUASIONE CHIMICA.Nel <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong> della mia favola non c'era whisky, non tabacco, nontraffico illecito di eroina e di cocaina. La gente non fumava, nonbeveva, non fiutava, non si faceva iniezioni. Se uno si sentivadepresso o giù di corda, ingoiava un paio di pastiglie di un compostochimico chiamato "soma". <strong>Il</strong> "soma" originario, di cui presi il nomeper la mia droga ipotetica, era una pianta sconosciuta (forsel'"Ascletias acida") e usata dagli antichi invasori ariani dell'Indiain uno dei più solenni fra i loro riti religiosi. Preti e nobili,durante una complicata cerimonia, bevevano il succo inebriante182


spremuto dagli steli di questa pianta. Dicono gli inni vedici che aibevitori di "soma" tocca una beatitudine multiforme: il corpo sifortifica, il cuore si colma di coraggio, di gioia e di entusiasmo, lamente si illumina e, in una esperienza immediata di vita eterna, ilfortunato riceve la garanzia della propria immort<strong>al</strong>ità. Ma quel sacrosucco aveva i suoi svantaggi. <strong>Il</strong> "soma" era una droga pericolosa, cosìpericolosa che persino il grande Dio-Cielo, Indra, a volte si amm<strong>al</strong>avadopo averlo bevuto. Una dose eccessiva poteva anche uccidere l'uomoqu<strong>al</strong>unque, ma era un'esperienza così trascendent<strong>al</strong>e, beatificante eilluminante, che bere il "soma" era considerato sommo privilegio. Unprivilegio che non aveva prezzo.<strong>Il</strong> "soma" del "Mondo <strong>nuovo</strong>" non aveva <strong>al</strong>cuno degli svantaggi del suopredecessore indiano. In piccole dosi dava un senso di beatitudine, indosi maggiori provocava visioni; tre pastiglie bastavano a farsprofondare, entro pochi minuti, in un sonno rigenerante. E senzanessun danno fisiologico o ment<strong>al</strong>e. <strong>Il</strong> cittadino del <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong>poteva congedarsi d<strong>al</strong>l'umor nero o d<strong>al</strong>le seccature familiari dellavita quotidiana senza sacrificare la propria s<strong>al</strong>ute, senza ridurrepermanentemente la propria efficienza.Nel <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong> l'uso del "soma" non era un vizio person<strong>al</strong>e; eraun'istituzione politica; era l'essenza stessa della Vita, dellaLibertà e del Perseguimento della Felicità, garantiti d<strong>al</strong>la Carta deiDiritti. Ma questo preziosissimo fra i privilegi in<strong>al</strong>ienabili deisoggetti era <strong>al</strong> tempo stesso una delle armi più potenti dell'arsen<strong>al</strong>edel dittatore. <strong>Il</strong> drogaggio sistematico degli individui per il benedello Stato (e anche, natur<strong>al</strong>mente, per il piacere dei singoli) erauna piattaforma fondament<strong>al</strong>e della politica dei Controllori del Mondo.La razione quotidiana di "soma" era una garanzia contro ildisadattamento person<strong>al</strong>e, contro le agitazioni soci<strong>al</strong>i, contro ildiffondersi di idee sovversive. Diceva Karl Marx che la religione èl'oppio del popolo. Nel <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong> v<strong>al</strong>eva il contrario. Cioè l'oppio,anzi il "soma", era la religione del popolo. Come la religione, ladroga aveva il potere di consolare, di ripagare, evocava visioni di un<strong>mondo</strong> diverso, migliore, offriva la speranza, rafforzava la fede epromuoveva la carità. Ha scritto un poeta che la birra"meglio di Milton puògiustificare <strong>al</strong>l'uomo le vie del Signore".E ricordiamoci che, paragonata <strong>al</strong> "soma", la birra è una droga di tipoquanto mai grossolano e m<strong>al</strong>sicuro. Nel giustificare <strong>al</strong>l'uomo le viedel Signore, il "soma" sta <strong>al</strong>l'<strong>al</strong>cool come l'<strong>al</strong>cool sta agli argomentiteologici di Milton.Nel 1931, quando io immaginavo questo prodotto sintetico, capace didare <strong>al</strong>le future generazioni quiete e felicità, un famoso biochimicoamericano, il dottor Irvine Page, stava per lasciare la Germania, doveper tre anni aveva studiato, <strong>al</strong>l'Istituto Kaiser Wilhelm, la chimicadel cervello. «Non si riesce a capire» ha scritto il dottor Page in unsuo recente articolo «perché gli scienziati abbiano atteso tantotempo, prima di mettersi a studiare le reazioni chimiche del propriocervello. Parlo in base a una scottante esperienza person<strong>al</strong>e. Nel1931, quando tornai nel nostro paese... non riuscivo a trovar lavoro183


in questo campo (la chimica del cervello) o suscitare un rivolod'interesse sull'argomento.» Oggi, a ventisette anni di distanza, quelrivolo inesistente del 1931, si è mutato in una marea di ricerchebiochimiche e farmacologiche. Si sono studiati gli enzimi che regolanoil funzionamento del cervello. Si sono isolate nel corpo umanosostanze chimiche sinora sconosciute, come l'adrenocromo e laserotonina (il dottor Page ne è uno degli scopritori) e se ne sonostudiati gli effetti sulle nostre funzioni ment<strong>al</strong>i e fisiche. Inoltresi sono ottenute per sintesi nuove droghe: droghe che accrescono,modificano, interferiscono con l'azione delle varie sostanze chimichemediante le qu<strong>al</strong>i il sistema nervoso, controllore del corpo, strumentoe mediatore della conoscenza, compie i suoi miracoli, giorno pergiorno, ora per ora. D<strong>al</strong> nostro attu<strong>al</strong>e punto di vista ecco qu<strong>al</strong> èl'aspetto più interessante di queste nuove droghe; esse <strong>al</strong>teranotemporaneamente la chimica del cervello e lo stato ment<strong>al</strong>e che ad essasi associa, senza danneggiare permanentemente l'organismo nel suocomplesso. Sotto t<strong>al</strong>e aspetto sono simili <strong>al</strong> "soma" e profondamentediverse d<strong>al</strong>le droghe che nel passato servivano a mutare la mentedell'uomo. Per esempio l'oppio è il tranquillante tradizion<strong>al</strong>e. M<strong>al</strong>'oppio è pericoloso perché, d<strong>al</strong>l'età neolitica fino ai nostri giorni,creando il vizio ha rovinato la s<strong>al</strong>ute dell'uomo. Lo stesso può dirsidell'euforico tradizion<strong>al</strong>e, l'<strong>al</strong>cool, la droga che, dice il S<strong>al</strong>mista,'r<strong>al</strong>legra il cuore dell'uomo'. Purtroppo l'<strong>al</strong>cool non si limita ar<strong>al</strong>legrare il cuore dell'uomo; in dosi eccessive provoca m<strong>al</strong>attia evizio, e in questi ultimi otto o diecimila anni ha causato delitti,infelicità domestica, abiezione mor<strong>al</strong>e e accidenti <strong>al</strong>trimentievitabili.Tra gli stimolanti tradizion<strong>al</strong>i il tè, il caffè e il mate, grazie aDio sono assolutamente innocui. Ma sono anche assai blandi stimolanti.A differenza di queste 'coppe che rinfrancano ma non inebriano', lacocaina è una droga assai potente e pericolosa. Chi ne fa uso pagacare le estasi, il senso di illimitata potenza fisica e ment<strong>al</strong>e:attacchi di depressione angosciosa, sintomi fisici orrendi (ad esempiola sensazione di miriadi di insetti che ti strisciano sul corpo),delusioni di tipo paranoide che possono indurre <strong>al</strong>la violenza, <strong>al</strong>delitto. Altro stimolante, di nuova invenzione, è l'amfetamina, meglionota con il suo nome commerci<strong>al</strong>e, benzedrina. E' assai efficace, ma,abusandone, danneggia la s<strong>al</strong>ute, ment<strong>al</strong>e e fisica. Dicono che inGiappone vi siano oggi circa un milione di drogati da benzedrina.Fra le droghe tradizion<strong>al</strong>i che provocano visioni le più note sono ilpeyote, nel Messico e negli Stati Uniti sudoccident<strong>al</strong>i, e la "Cannabissativa", che si consuma in tutto il <strong>mondo</strong>, sotto vario nome: hascisc,bhang, kif e marijuana. Medici e antropologi affermano che il peyote èmolto meno dannoso del gin o del whisky che ingoia l'uomo bianco. Agliindiani che lo consumano nei riti religiosi permette di entrare inparadiso, di sentirsi integrati nella loro comunità; un privilegio chenon costa caro, a parte la masticazione di certa roba che ha un saporeschifoso e dà la nausea per un paio d'ore. La "Cannabis sativa" èdroga meno innocua, anche se nemmeno lontanamente dannosa comevorrebbero farci credere i cacciatori di sensazioni. La commissionemedica che nel 1944 ebbe d<strong>al</strong> sindaco di New York l'incarico distudiare il problema della marijuana, dopo attenta indagine concluse184


che la "Cannabis sativa" non rappresenta <strong>al</strong>cuna grave minaccia <strong>al</strong>lasocietà e nemmeno a quelli che la consumano. E' una seccatura, non dipiù.Da queste droghe tradizion<strong>al</strong>i passiamo ora agli ultimi prodotti dellaricerca farmacologica. Grandissima pubblicità hanno avuto tre nuovitranquillanti: la reserpina, la clorpromazina e il meprobamato.Somministrate ad <strong>al</strong>cune categorie di nevrotici, le prime due hannodimostrato notevole efficacia; non perché guariscano d<strong>al</strong>la m<strong>al</strong>attiament<strong>al</strong>e ma perché sopprimono, <strong>al</strong>meno temporaneamente, i sintomi piùpenosi. <strong>Il</strong> meprobamato (detto anche Miltown) ha effetti an<strong>al</strong>oghi suisofferenti di <strong>al</strong>cune forme nevrotiche. Nessuna di queste droghe è deltutto innocua; ma il danno <strong>al</strong>la s<strong>al</strong>ute fisica e <strong>al</strong>l'efficienza ment<strong>al</strong>eè straordinariamente lieve. In questo <strong>mondo</strong>, dove nessuno ottieneniente per niente, i tranquillanti offrono molto per poco. Miltown eclorpromazina non sono ancora il "soma"; ma <strong>al</strong>meno per un aspetto siavvicinano moltissimo a quella mitica droga. Alleviano temporaneamentela tensione nervosa senza danno organico permanente, nella maggioranzadei casi: solo, mentre la droga agisce, una lieve riduzionedell'efficienza intellettu<strong>al</strong>e e fisica. Tranne che come narcotici,sono probabilmente da preferire ai barbiturici, che ottundono il filodella mente e, in dosi eccessive, provocano numerosi sintomipsicofisici negativi, e possono dare anche assuefazione.Con il dietilamide dell'acido lisergico (L.S.D.-25) i farmacologihanno di recente ricreato un <strong>al</strong>tro aspetto del "soma": cioè una drogache aumenta la percezione e provoca visioni, senza nessuno scottofisiologico. Questa droga straordinaria, efficace in dosi minime -cinquanta, o anche solo venticinque milionesimi di grammo - ha ilpotere (come il peyote) di trasportare l'uomo in un <strong>al</strong>tro <strong>mondo</strong>. Nellamaggior parte dei casi, l'<strong>al</strong>tro <strong>mondo</strong> a cui l'L.S.D.-25 dà accesso èun <strong>mondo</strong> celesti<strong>al</strong>e; ma a volte può anche essere purgatori<strong>al</strong>e oaddirittura infern<strong>al</strong>e. In ogni modo, per chi la compie, l'esperienzadell'acido lisergico, positiva o negativa che sia, risulta profonda eilluminante. E in ogni modo è già sb<strong>al</strong>orditivo il fatto che si possamutare così radic<strong>al</strong>mente il cervello dell'uomo, con uno scotto cosìlieve.Ma il "soma" non solamente provocava visioni e tranquillava ilpaziente; <strong>al</strong> tempo stesso (e questo è senz'<strong>al</strong>tro impossibile)stimolava la mente e il corpo, creava una euforia attiva, accanto aquella negativa che segue <strong>al</strong> venir meno dell'ansia e della tensione.Lo stimolante ide<strong>al</strong>e, possente e insieme innocuo, non è ancora statoscoperto. L'amfetamina, come già si è visto, era ben lontana d<strong>al</strong>laperfezione: esigeva troppo per quel che dava. Più degno candidato <strong>al</strong>ruolo di "soma", sotto questo terzo aspetto, è l'iproniazide, che oggisi somministra ai pazienti depressi, per sollevarli d<strong>al</strong>laprostrazione, agli apatici per ravvivarli, in genere per accrescere laquantità di energia fisica disponibile. Ancor più promettente - me logarantisce un illustre farmacologo di mia conoscenza - è un <strong>nuovo</strong>composto, oggi in fase speriment<strong>al</strong>e, che si chiamerà Deaner. <strong>Il</strong> Deanerè un amino<strong>al</strong>cole, che pare aumenti nel corpo umano la produzione diacetilcolina e quindi accresca attività ed efficienza del sistemanervoso. Chi prende questa nuova pillola avrà minor bisogno di sonno,si sentirà più desto e più franco, penserà meglio e più in fretta; e185


quasi senza nessun danno organico, <strong>al</strong>meno a breve scadenza. Sembratroppo bello per essere vero.E' chiaro dunque che, seppure il "soma" non esiste ancora (eprobabilmente non esisterà mai) già abbiamo scoperto buoni sostitutidei suoi singoli aspetti. Noi disponiamo di droghe che tranquillano,che producono visioni, che stimolano, senza <strong>al</strong>cuna gravepen<strong>al</strong>izzazione fisiologica.E' ovvio che il dittatore, volendo, potrebbe far uso di queste droghea scopo politico. Così si cautelerebbe contro l'agitazione politica,mutando la chimica del cervello dei soggetti, resi contenti d<strong>al</strong>la lorocondizione servile. Ai tranquillanti ricorrerebbe per c<strong>al</strong>mare gliagitati, agli stimolanti per destare entusiasmo fra gli indifferenti,agli <strong>al</strong>lucinogeni per distrarre l'attenzione dei poveri d<strong>al</strong>le miserie.Ma come potrebbe, chiederà qu<strong>al</strong>cuno, il dittatore costringere isoggetti a prendere la pillola che li farà pensare, sentire e agirenel modo che egli desidera? E' assai probabile che basterebbe metterele pillole a disposizione di tutti. Oggi a disposizione di tuttitroviamo il tabacco e l'<strong>al</strong>cool, e la gente spende molto più per questieuforici, assai poco efficaci, per questi pseudostimolanti e sedativi,che non per l'educazione dei figli. Consideriamo i barbiturici e itranquillanti. Negli Stati Uniti queste droghe si vendono solo dietroricetta medica. Ma il pubblico americano chiede con t<strong>al</strong>e intensitàqu<strong>al</strong>cosa che renda più sopportabile l'esistenza in un ambiente urbanoindustri<strong>al</strong>e,che i medici firmano ricette per tranquillanti <strong>al</strong> ritmodi quarantotto milioni l'anno. E una sola ricetta serve di solito perpiù d'un acquisto. Cento dosi di felicità non bastano: chiedine un<strong>al</strong>tro flacone <strong>al</strong> farmacista, poi quand'è finito, ancora un <strong>al</strong>tro...Non c'è dubbio che se i tranquillanti si vendessero <strong>al</strong> prezzodell'aspirina, e con la stessa facilità, non a miliardi di dosisarebbero consumati, ma a decine, a centinaia di miliardi. La stessafortuna toccherebbe a uno stimolante efficace e a buon mercato.Sotto la dittatura i farmacisti avrebbero ordine di cambiar musica colmutare della situazione. Nei momenti di crisi, provvederebbero aspingere la vendita degli stimolanti. Passata la crisi, un'eccessivavigilanza ed energia potrebbe dar fastidio <strong>al</strong> tiranno: <strong>al</strong>lora sisolleciterebbero le masse a comprare droghe che tranquillino eprovochino visioni. E sotto l'influenza di questa ambrosia molcente,di sicuro non darebbero <strong>al</strong>cun fastidio <strong>al</strong> padrone.Allo stato attu<strong>al</strong>e delle cose, i tranquillanti possono impedire aqu<strong>al</strong>cuno di dar fastidio, non solo ai governanti, ma anche a semedesimo. L'eccessiva tensione è una m<strong>al</strong>attia; ma è m<strong>al</strong>attia anche latensione troppo scarsa. In t<strong>al</strong>une occasioni "bisogna" esser tesi; int<strong>al</strong>une occasioni un eccesso di tranquillità (speci<strong>al</strong>mente ditranquillità imposta d<strong>al</strong>l'esterno, d<strong>al</strong>la chimica) è assolutamentefuori di luogo.Io ho partecipato di recente a un convegno di studi sul meprobamato;un insigne biochimico avanzò una proposta scherzosa: che il governodegli Stati Uniti reg<strong>al</strong>asse <strong>al</strong> popolo sovietico cinquanta miliardi didosi del più noto tranquillante. Come in tutti gli scherzi, c'eraanche lì qu<strong>al</strong>cosa di serio. Quando si scontrino due popolazioni, dicui una stimolata continuamente da minacce e promesse, direttacontinuamente da una propaganda univoca, mentre l'<strong>al</strong>tra viene, con186


pari costanza, distratta d<strong>al</strong>la televisione e tranquillata d<strong>al</strong> Miltown,qu<strong>al</strong>e delle due l'avrebbe vinta?Oltre a tranquillare, <strong>al</strong>lucinare e stimolare, il "soma" della miafavola aveva anche il potere di accrescere la suggestionabilità, equindi poteva usarsi per ribadire gli effetti della propagandagovernativa. Con minore efficacia, e con maggior danno fisiologico, lafarmacopea ha già <strong>al</strong>cune droghe che possono usarsi a quello scopo. Peresempio la scopolamina: è il principio attivo del giusquiamo, in fortidosi veleno potentissimo; ci sono il pentot<strong>al</strong> e l'amit<strong>al</strong> sodico.Soprannominato, per qu<strong>al</strong>che strano motivo 'siero della verità', <strong>al</strong>pentot<strong>al</strong> ha fatto ricorso la polizia di vari paesi per estorcere(forse suggerire) la confessione ai crimin<strong>al</strong>i reticenti. <strong>Il</strong> pentot<strong>al</strong> el'amit<strong>al</strong> sodico abbassano la barriera fra conscio e subconscio, egiovano benissimo a curare lo 'stress da battaglia', grazie a unprocedimento che in Inghilterra si chiama 'terapia abreattiva' e inAmerica 'narcosintesi'. Pare che a queste droghe abbiano fatto ricorsoi comunisti, per preparare <strong>al</strong>la comparsa in tribun<strong>al</strong>e i prigionieri dimaggior riguardo.Intanto prosegue la marcia della farmacologia, della biochimica edella neurologia: possiamo essere certi che nei prossimi anni siscopriranno nuovi e migliori metodi chimici per aumentare lasuggestionabilità e sminuire la resistenza psicologica. Come tutte lescoperte, le potremo usare per il bene e per il m<strong>al</strong>e. In mano <strong>al</strong>lopsichiatra possono diventare un'arma contro le m<strong>al</strong>attie ment<strong>al</strong>i; inmano <strong>al</strong> dittatore vincere la battaglia contro la libertà. Piùprobabilmente, giacché la scienza è imparzi<strong>al</strong>e e olimpica, quelledroghe serviranno a fare schiavi e liberi, a sanare e a distruggere.LA PERSUASIONE SUBCONSCIA.In una ulteriore edizione (1919) della sua opera sull'"Interpretazionedei sogni" Sigmund Freud dedicava una nota a pie' di pagina <strong>al</strong> lavorodi un neurologo austriaco, Poetzl, che in quegli anni aveva pubblicatoun articolo per descrivere gli esperimenti da lui condotti coltachistoscopio. (<strong>Il</strong> tachistoscopio è uno strumento che può assumeredue forme: una scatola entro la qu<strong>al</strong>e il paziente guarda un'immagineesposta per una brevissima frazione di secondo; una lanterna magicacon otturatore rapidissimo, capace di proiettare un'immagine su unoschermo per tempo assai breve.) Ed ecco gli esperimenti: «Poetzlchiedeva <strong>al</strong> soggetto di disegnare quel che coscientemente aveva notatodell'immagine esposta ai suoi occhi nel tachistoscopio... Poiesaminava i sogni che la notte dopo comparivano <strong>al</strong> soggetto, e glichiedeva di disegnare <strong>al</strong>cune delle immagini apparse durante il sogno.Senza tema di errore fu chiaro che i particolari dell'immagine espostache il soggetto non aveva notati fornivano materia <strong>al</strong>la costruzionedel sogno.»Con varie modifiche e perfezionamenti, le esperienze del Poetzl sonstate varie volte ripetute, ultimamente d<strong>al</strong> dottor Charles Fisher, ilqu<strong>al</strong>e ha pubblicato tre eccellenti articoli sul sogno e sulla187


'percezione preconscia' nel «Journ<strong>al</strong> of the American Psychoan<strong>al</strong>yticAssociation». Ma intanto gli psicologi accademici non se ne sonorimasti con le mani in mano. A conferma delle scoperte di Poetzl, iloro studi hanno dimostrato che in effetti l'uomo vede e sente moltopiù di quanto consapevolmente egli creda di aver visto e sentito; eche quanto egli vede e sente senza saperlo, rimane nella mentesubconscia e può anche agire sui suoi pensieri, sentimenti, azioniconsapevoli.La scienza pura non resta mai pura <strong>al</strong>l'infinito. Prima o poi si mutain scienza applicata, e quindi in tecnologia. La teoria dà luogo <strong>al</strong>lapratica industri<strong>al</strong>e, il sapere si muta in potere, formule edesperimenti di laboratorio subiscono una metamorfosi e ne esce fuorila bomba H. Nel nostro caso, quel bel frammento di scienza pura,assieme a tutti gli <strong>al</strong>tri bei frammenti di scienza pura nel campodella percezione preconscia, serbò la sua originaria purezza per unperiodo di tempo straordinariamente lungo. Poi, <strong>al</strong> principiodell'autunno 1957, quarant'anni esatti dopo la pubblicazionedell'articolo del Poetzl, il <strong>mondo</strong> seppe che t<strong>al</strong>e purezza era ormaicosa passata; la scoperta aveva trovato la sua applicazione, eraentrata nel regno della tecnologia. La notizia provocò notevoleagitazione, se ne parlò e se ne scrisse in tutto il <strong>mondo</strong> civile. Nonc'è da meravigliarsene; perché la nuova tecnica della 'proiezionesublimin<strong>al</strong>e' - la chiamarono così - si legava intimamente <strong>al</strong>divertimento di massa, e nella vita dell'uomo civile il divertimentodi massa ha un ruolo paragonabile a quello che nel Medio Evo ebbe lareligione. La nostra epoca ha avuto vari soprannomi: Era dell'Ansia,Era Atomica, Era Spazi<strong>al</strong>e. Ma potremmo anche chiamarla,legittimamente, Era del Vizio Televisivo, Era della Canzonetta, e cosìvia. In un'epoca come la nostra, la notizia che la scienza pura diPoetzl aveva trovato la sua applicazione, sotto forma di tecnica dellaproiezione sublimin<strong>al</strong>e, non poteva non destare acuto interesse fra imilioni che a questo <strong>mondo</strong> si vogliono divertire. Infatti la nuovatecnica era puntata direttamente su di loro, e intendeva mutar loro ilcervello, senza che essi se ne accorgessero. Mediante tachistocopi dispeci<strong>al</strong>e modello, immagini o parole dovevano essere proiettate, per unmillesimo di secondo e anche meno, sugli schermi dei televisori e deicinema, "durante" (non prima né dopo) il programma. Così 'Bevete Coca-Cola' o 'Fumate una Camel' si sarebbe sovraimpresso <strong>al</strong>l'abbracciodegli amanti, <strong>al</strong>le lacrime della madre d<strong>al</strong> cuore spezzato, e i nerviottici degli spettatori avrebbero registrato questi segreti messaggi,il loro subconscio avrebbe reagito, e a tempo debito ciascuno di essiavrebbe sentito il desiderio della bibita frizzante e del tabacco. E<strong>al</strong> tempo stesso una voce bassissima, o acutissima, avrebbe lanciatoulteriori messaggi, inaccessibili <strong>al</strong>la mente conscia. La coscienzadello spettatore avrebbe ascoltato, per esempio, 'Tesoro, ti amo', masublimin<strong>al</strong>mente, sotto la soglia della consapevolezza, le sue orecchiestraordinariamente sensibili e la sua mente subconscia avrebberoassorbito le ultime buone novità in fatto di deodoranti e dilassativi.Una propaganda commerci<strong>al</strong>e di questo tipo funziona davvero? Le proveaddotte da un'azienda commerci<strong>al</strong>e, che per prima dispiegò questatecnica della proiezione sublimin<strong>al</strong>e, furono assai vaghe e, da un188


punto di vista scientifico, quanto mai insoddisfacenti. Ripetuto ainterv<strong>al</strong>li regolari durante la proiezione di un film in un cinema,l'ordine di comprare <strong>al</strong>tro popcorn pare che abbia provocato un aumentodelle vendite, negli interv<strong>al</strong>li, del 50 per cento. Ma un esperimentosolo dimostra assai poco. Anche perché quell'esperimento, inparticolare, fu organizzato molto m<strong>al</strong>e. Non c'era controllo e non sitenne <strong>al</strong>cun conto delle variabili, che senza dubbio influiscono sulconsumo di popcorn da parte di un pubblico del cinema. E in ogni modo,era quella la migliore applicazione delle cognizioni acquisite in annie anni di ricerca dagli studiosi della percezione subconscia? E'possibile, in sé, che solo proiettando il nome di un prodotto el'ordine di acquistarlo, si possa vincere la resistenza <strong>al</strong>la vendita ereclutare <strong>al</strong>tri clienti? La risposta <strong>al</strong>le due domande è quasi ovvia:no. Ma ciò non significa che a tempo debito le scoperte dei neurologie degli psicologi non avranno qu<strong>al</strong>che importanza pratica. Accortamenteapplicato, il bel frammento della scienza pura di Poetzl può bendiventare strumento efficace per la manipolazione dei cervelli ignari.E ora lasciamo perdere i venditori di popcorn e torniamo a quelli che,con meno chiasso, ma più immaginazione e metodi migliori, han fattoesperimenti nello stesso settore. Ne daremo qu<strong>al</strong>che accennosuggestivo. In Gran Bretagna, dove questo processo di manipolazionement<strong>al</strong>e sotto il livello della coscienza si chiama 'proiezionestrobonica', gli studiosi hanno insistito sull'importanza praticadelle condizioni psicologiche, per la persuasione subconscia. Unsuggerimento che arriva <strong>al</strong> di sopra della soglia della coscienza avràprobabilmente più effetto se chi lo riceve è in lieve stato ipnotico,sotto l'influenza di certe droghe, o della fame, o di una qu<strong>al</strong>siasitensione fisica od emotiva. Ma quel che v<strong>al</strong>e per i suggerimenti <strong>al</strong>disopra della soglia della coscienza v<strong>al</strong>e anche per gli <strong>al</strong>tri, perquelli <strong>al</strong> disotto. In <strong>al</strong>tre parole, quanto più basso è il livello diresistenza psicologica di una persona, tanto maggiore sarà l'efficaciadei suggerimenti indotti strobonicamente. <strong>Il</strong> dittatore scientifico delfuturo piazzerà le sue macchine mormoratrici e i suoi proiettorisublimin<strong>al</strong>i nelle scuole e negli osped<strong>al</strong>i, perché bambini e m<strong>al</strong>atisono suggestionabilissimi, e in tutti i luoghi pubblici dove siapossibile assoggettare la folla a un processo preliminare dirammollimento, mediante oratoria o mediante qu<strong>al</strong>che ritu<strong>al</strong>e.E ora, viste le condizioni nelle qu<strong>al</strong>i è prevedibile l'efficacia dellasuggestione sublimin<strong>al</strong>e, passiamo ai suggerimenti in sé. In qu<strong>al</strong>itermini il propagandista si deve rivolgere <strong>al</strong> subconscio delle suevittime? Un ordine diretto ('Comprate popcorn', 'Votate per Caio') oun'affermazione immotivata ('<strong>Il</strong> soci<strong>al</strong>ismo fa schifo', '<strong>Il</strong> dentifricioX guarisce l'<strong>al</strong>itosi') avranno probabilmente effetto sulle menti chegià parteggiano per Caio o per il popcorn, o sono già deste aipericoli dei cattivi odori e della proprietà pubblica dei mezzi diproduzione. Ma non basta rafforzare una fede che già esiste: ilpropagandista degno di questo nome deve creare una fede nuova, devesaper spostare d<strong>al</strong>la parte sua l'indifferente e l'incerto, deve saperammorbidire, magari convertire, l'avversario. All'affermazione e <strong>al</strong>comando sublimin<strong>al</strong>e va aggiunta la persuasione sublimin<strong>al</strong>e.Sopra la soglia della consapevolezza, uno dei metodi più efficaci dipersuasione non razion<strong>al</strong>e consiste in ciò che potremmo chiamare189


persuasione per associazione. <strong>Il</strong> propagandista associa arbitrariamenteil prodotto, il candidato, la causa prescelta con una certa idea, conun'immagine di persona o di cosa che la maggioranza, in unadeterminata cultura, consideri indiscutibilmente come un bene. Così,in una campagna di vendite, la bellezza femminile può associarsiarbitrariamente con qu<strong>al</strong>unque cosa, da un bulldozer a un diuretico; inuna campagna politica il patriottismo può associarsi con qu<strong>al</strong>siasicausa, d<strong>al</strong>l'apartheid <strong>al</strong>l'integrazione, e con qu<strong>al</strong>unque tipo dipersona, d<strong>al</strong> Mahatma Gandhi <strong>al</strong> senatore McCarthy. Anni or sono,nell'America centr<strong>al</strong>e, io osservai un esempio di persuasione di questotipo, un esempio che mi colmò di stupita ammirazione per quelli chel'avevano inventato. Sulle montagne del Guatem<strong>al</strong>a le uniche opered'arte importate sono i c<strong>al</strong>endari a colori che le aziende straniere icui prodotti sono venduti agli indiani distribuiscono gratuitamente.Sui c<strong>al</strong>endari americani si vedevano cani, paesaggi, giovani donne instato di parzi<strong>al</strong>e nudità. Ma per un indiano il cane è soltanto unoggetto utilitario, paesaggi ne vede fin troppi ogni giorno, e unabionda seminuda non gli interessa, anzi per lui è un poco repellente.Perciò i c<strong>al</strong>endari americani avevano assai minor successo deic<strong>al</strong>endari tedeschi; perché i pubblicitari tedeschi s'erano dati lapena di capire cosa veramente abbia interesse e v<strong>al</strong>ore per un indiano.In particolare ricordo un capolavoro di propaganda commerci<strong>al</strong>e: unc<strong>al</strong>endario lanciato da un produttore di aspirina. In c<strong>al</strong>ce<strong>al</strong>l'immagine si scorgeva la notissima marca di fabbrica sullabottiglietta di pastiglie bianche. Sopra non si vedevano né boschid'autunno né montagne sotto la neve, e nemmeno un cocker spaniel, néuna b<strong>al</strong>lerinetta popputa. No, questi astuti tedeschi avevano associatoil loro an<strong>al</strong>gesico a un quadro coloratissimo e vivacissimo dellaSantissima Trinità, seduta su un banco di nubi, con attorno SanGiuseppe, la Vergine Maria, santi assortiti e gran numero di angeli.Così, nella mente semplice e religiosissima degli indiani, le virtùdell'acido acetils<strong>al</strong>icilico erano garantite da Dio Padre in persona eda tutta la sua schiera celeste.A questo tipo di persuasione per associazione si prestano benissimo letecniche della proiezione sublimin<strong>al</strong>e. Durante una serie diesperimenti, condotti <strong>al</strong>l'Università di New York sotto gli auspicidell'Istituto Nazion<strong>al</strong>e della Sanità, si scoprì questo: i sentimentidi un individuo circa un'immagine veduta consapevolmente si possonomodificare associandola, a livello subconscio, con un'<strong>al</strong>tra immagineo, meglio ancora, con parole che esprimano un v<strong>al</strong>ore. Così, associataa livello subconscio con la parola 'felice', un viso neutro einespressivo sembra, a chi lo guardi, sorridente, amichevole,bonaccione, estroverso. Lo stesso viso, associato sempre a livellosubconscio con la parola 'arrabbiato', prende un'espressione ostile esgradevole agli occhi dell'osservatore. (A un gruppo di donne parveaddirittura virile; mentre, associato con la parola 'felice', il voltosembrò appartenere a una creatura del loro sesso. Padri e mariti neprendano nota.) Queste scoperte evidentemente hanno grande importanzaper il propagandista commerci<strong>al</strong>e e politico. Se egli riesce a spingerele sue vittime in uno stato di suggestionabilità abnorm<strong>al</strong>menteelevate, e se, mentre le vittime rimangono in questo stato, egliriesce a mostrar loro la cosa, la persona o, mediante simbolo, la190


causa che deve vendere, e se, a livello subconscio, egli riesce adassociare cosa, persona e simbolo con un'immagine o con una parola cheesprima un v<strong>al</strong>ore, può darsi che gli riesca di modificare i lorosentimenti e le loro opinioni senza che essi abbiano la minima idea diquel che sta succedendo. Secondo il parere di un intraprendente gruppocommerci<strong>al</strong>e di New Orleans, dovrebbe esser possibile con questatecnica accrescere il v<strong>al</strong>ore ricreativo di un film o di uno spettacolotelevisivo. Agli uomini piace provare emozioni forti, e quindi amanole tragedie, i film del brivido, i gi<strong>al</strong>li e le storie passion<strong>al</strong>i. Larappresentazione drammatica di una rissa o di un amplesso produceforti emozioni nello spettatore. Più forti sarebbero associandosi, <strong>al</strong>ivello subconscio, con parole o simboli appropriati. Per esempionella versione cinematografica di "Addio <strong>al</strong>le armi", la morte di partodell'eroina diventerebbe anche più straziante di quel che già è, sesullo schermo si proiettassero sublimin<strong>al</strong>mente, di continuo, parolesinistre, come 'dolore', 'sangue' e 'morte'. Nessuno vedrebbeconsciamente quelle parole; ma grande ne sarebbe l'effetto sulla mentesubconscia, e in questo modo si potrebbero ribadire fortemente leemozioni suscitate, a livello conscio, d<strong>al</strong>l'azione e d<strong>al</strong> di<strong>al</strong>ogo. Se,come pare quasi certo, la proiezione sublimin<strong>al</strong>e può intensificareconsiderevolmente le emozioni che provano i frequentatori di cinema,l'industria cinematografica si s<strong>al</strong>verà d<strong>al</strong> f<strong>al</strong>limento; a meno che,natur<strong>al</strong>mente, non ci pensi prima l'industria televisiva.Alla luce di quel che s'è detto sulla persuasione di questo tipo esulla possibilità di acuire i sentimenti per mezzo della suggestionesublimin<strong>al</strong>e, cerchiamo di immaginare come sarà un comizio politico delfuturo. <strong>Il</strong> candidato (se ancora ci saranno candidati) o comunquel'uomo che l'oligarchia <strong>al</strong> potere ha scelto a suo rappresentante, faràil discorso, che tutti ascolteranno. Intanto i tachistoscopi, lemacchine mormoratrici e urlatrici, i proiettori di immagini cosìsottili che solo la mente subconscia può reagire ad esse, ribadirannoquel che il candidato afferma, associando sistematicamente l'uomo e lacausa a parole di carica positiva e a immagini santificate; einiettando strobonicamente parole di carica negativa e simboli nefastiogni volta che il candidato menziona i nemici dello Stato o delPartito. Negli Stati Uniti si proietteranno sulla tribuna rapideimmagini di Abramo Lincoln e le parole 'governo del popolo'. InRussia, natur<strong>al</strong>mente, l'oratore sarà associato con l'immagine diLenin, con le parole 'democrazia popolare', e con la barba profeticadi Marx. Siccome son tutte cose del futuro, possiamo anche sorriderne.Fra dieci o venti anni però ci parranno assai meno divertenti.Infatti, ciò che oggi è solo fantascienza diventerà vita politicad'ogni giorno.Poetzl è uno di quei fenomeni che io, scrivendo "<strong>Il</strong> <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong>", hotrascurato. Nella mia favola non c'è accenno <strong>al</strong>cuno <strong>al</strong>la proiezionesublimin<strong>al</strong>e. E' un'omissione che, se oggi dovessi riscrivere il miolibro, certamente correggerei.IPNOPEDIA.191


Alla fine dell'autunno 1957 il Woodland Road Camp, stabilimento pen<strong>al</strong>edella Contea di Tulare, in C<strong>al</strong>ifornia, fu teatro di un esperimentostrano e interessante. Sotto i cuscini di un gruppo di carcerati - sierano volontariamente offerti di far da cavie - misero certi<strong>al</strong>toparlanti in miniatura, tutti collegati a un fonografo,nell'ufficio del direttore. Ogni ora, per tutta la notte, un sussurroispirato ripeteva una breve omelia sui 'principi del vivere mor<strong>al</strong>e'.Destandosi a mezzanotte, il prigioniero sentiva la vocetta es<strong>al</strong>tare levirtù cardin<strong>al</strong>i, o mormorare, a beneficio del suo Io Migliore: «Sonopieno d'amore e di pietà per tutti, e che Dio m'aiuti».Dopo aver letto questa storia di Woodland Road Camp, aprii il "Mondo<strong>nuovo</strong>", <strong>al</strong> secondo capitolo. In quelle pagine il Direttoredell'Incubazione e Condizionamento per l'Europa Occident<strong>al</strong>e spiega aun gruppo di incubatori e condizionatori novellini come funziona,sotto il controllo dello Stato, il sistema dell'educazione etica: unsistema che, nel settimo secolo dopo Ford, si chiama Ipnopedia. Iprimissimi tentativi di insegnamento durante il sonno, spiega ildirettore, erano m<strong>al</strong> diretti, e quindi f<strong>al</strong>lirono. Gli educatoriinfatti cercavano di dare ai loro <strong>al</strong>unni dormienti un'istruzioneintellettu<strong>al</strong>e. Ma l'attività intellettu<strong>al</strong>e è incompatibile col sonno.L'ipnopedia ha avuto successo solo quando la si è usata perl'addestramento mor<strong>al</strong>e; in <strong>al</strong>tre parole, per condizionare la condottamediante suggestione verb<strong>al</strong>e in un momento di diminuita resistenzapsicologica. «<strong>Il</strong> condizionamento senza parole è cosa rozza egrossolana, non può inculcare i più complessi moduli di comportamentorichiesti d<strong>al</strong>lo Stato. Per questo occorrono parole, ma parole senzaragione»... parole d'un tipo che non richieda an<strong>al</strong>isi per essereinteso, che il cervello addormentato ingoi così come sono. Questa è lavera ipnopedia, «la maggiore forza mor<strong>al</strong>izzante e soci<strong>al</strong>izzante diogni tempo». Nel <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong> mai un cittadino di casta inferiore davafastidio. Perché? Perché, d<strong>al</strong> momento in cui era in grado di parlare edi capire quel che gli si diceva, ogni bambino di casta inferiore erasottoposto a suggerimenti ripetuti <strong>al</strong>l'infinito, notte dopo notte,nelle ore del sonno o della sonnolenza. Questi suggerimenti erano«come gocce di cer<strong>al</strong>acca liquida, gocce che aderiscono, s'incrostano,s'incorporano con la cosa su cui cadono, fino a ridurla a un unicobolo scarlatto. Alla fine la mente del fanciullo è questi suggerimentie la somma di essi è la mente del fanciullo. E non del fanciullosoltanto, ma anche dell'adulto, per tutta la vita. La mente chegiudica e desidera e decide, fatta di questi suggerimenti. Che sono i"nostri", i suggerimenti dello Stato...»Oggi, per quanto ne so io, con la suggestione ipnopedica non siamoandati oltre l'esperimento della Contea di Tulare: questa applicazioneai fuorilegge ci appare ineccepibile. Magari fosse possibile riempirechiunque, e non soltanto gli ospiti di Woodland Road Camp, di amore edi pietà del prossimo! No, non ci opponiamo <strong>al</strong> messaggio recato daquel sussurro ispirativo; ci opponiamo <strong>al</strong> principio dell'ipnopedia inmano <strong>al</strong>lo Stato. E' lecito lasciare che usino l'ipnopedia, a lorodiscrezione, i funzionari che in una società democratica per delegaesercitano l'autorità? Nel caso citato, essi l'hanno usata suvolontari, e con intenzioni nobilissime. Ma nulla garantisce che in192


<strong>al</strong>tri casi le intenzioni saranno <strong>al</strong>trettanto buone, e chel'esperimento sarà condotto su dei volontari. E' cosa cattiva ognilegge o ordinamento soci<strong>al</strong>e che permette ai funzionari di farsiindurre in tentazione. Cosa buona invece è ogni legge o ordinamentosoci<strong>al</strong>e che impedisce la tentazione di abusare del proprio potere abeneficio person<strong>al</strong>e, o a beneficio dello Stato, o di qu<strong>al</strong>cheorganizzazione politica, economica, ecclesiastica. L'ipnopedia, seefficace, diverrebbe strumento di straordinaria potenza nelle mani dichi fosse in grado di esercitare la suggestione sopra un pubblicocoatto. Una società democratica è t<strong>al</strong>e se riconosce che del poterespesso si abusa, e che quindi lo si può affidare ai funzionari solo inquantità limitata e per tempo limitato. In una società democratica l<strong>al</strong>egge dovrebbe governare l'uso dell'ipnopedia da parte dei funzionari;natur<strong>al</strong>mente se l'ipnopedia si rivela davvero strumento di forza. Ma èpoi t<strong>al</strong>e? Funzionerà proprio come io l'immaginavo nel settimo secolod. F.? Vediamo le prove.Nello «Psychologic<strong>al</strong> Bulletin» del luglio 1955, Charles W. Simon eWilliam H. Emmons an<strong>al</strong>izzano e v<strong>al</strong>utano i dieci più importanti studisull'argomento; studi sulla memoria. L'insegnamento durante il sonnoaiuta l'<strong>al</strong>lievo a mandare a mente la lezione. In che misura le nozionisussurrate <strong>al</strong>l'orecchio del dormiente saranno ricordate <strong>al</strong> risveglio?Ecco la risposta di Simon e di Emmons: «Abbiamo passato in rassegnadieci studi sulla ipnopedia. Aziende commerci<strong>al</strong>i, riviste divulgative,giorn<strong>al</strong>i, ne hanno parlato acriticamente, per dimostrare lapossibilità dell'apprendimento durante il sonno. Noi abbiamoan<strong>al</strong>izzato criticamente, di quegli studi, impianto speriment<strong>al</strong>e,statistiche, metodi e criteri. Per qu<strong>al</strong>che verso ogni studiopresentava insufficienze. In ogni caso essi non dimostranoinequivocabilmente che durante il sonno ci sia davvero apprendimento.Pare che apprendimento in qu<strong>al</strong>che misura avvenga in uno speci<strong>al</strong>e statodi veglia, per cui i soggetti in seguito non ricordano d'essere statidesti. Ciò può avere grande importanza pratica, d<strong>al</strong> punto di vistadell'economia nel tempo di studio, ma non può configurarsi qu<strong>al</strong>eapprendimento durante il sonno... A confondere il problema intervieneuna insufficiente definizione del sonno».Resta però il fatto che nell'esercito americano, durante la secondaguerra mondi<strong>al</strong>e (e persino, speriment<strong>al</strong>mente, durante la prima) <strong>al</strong>lelezioni diurne di lingue straniere e di <strong>al</strong>fabeto Morse siaccompagnavano corsi di istruzione durante il sonno; e pare con buonirisultati. Dopo la fine della seconda guerra mondi<strong>al</strong>e <strong>al</strong>cune aziendecommerci<strong>al</strong>i degli Stati Uniti e d'<strong>al</strong>tri paesi, hanno comprato<strong>al</strong>toparlanti da cuscino, fonografi a orologio e registratori, ad usodi attori di teatro che abbiano fretta di imparare la parte, dipolitici e di predicatori che vogliano sembrare estemporanei, distudenti che preparino gli esami, e - questa la maggior fonte diprofitto - di innumerevoli individui scontenti di sé, e quindidesiderosi di cambiar natura mediante la suggestione el'autosuggestione. E' facile registrare su nastro magnetico unautosuggerimento e poi ascoltarlo ripetutamente, sia di giorno che dinotte in sonno. Si può anche comprare la suggestione d<strong>al</strong>l'esterno,sotto forma di dischi che ripetono variatissimi messaggi di speranza.Sul mercato si trovano dischi che servono a ridurre la tensione, a193


indurre il rilassamento tot<strong>al</strong>e, ad accrescere la fiducia in sé (assaiusati dai venditori); dischi che aumentano il fascino person<strong>al</strong>e, chedanno una person<strong>al</strong>ità più magnetica. Assai venduti i dischi per ilconseguimento dell'armonia sessu<strong>al</strong>e, e anche quelli fatti apposta perdimagrire. («Non mi piace la cioccolata, sono insensibile <strong>al</strong>la vogliadi patate, non m'importa niente delle tartine.») Ci sono dischi chefanno bene <strong>al</strong>la s<strong>al</strong>ute, e anche dischi che aiutano a far soldi. E sinoti bene: gli attestati volontari degli acquirenti soddisfattidimostrano che parecchie persone hanno veramente guadagnato più soldidopo aver ascoltato i suggerimenti ipnopedici diretti a t<strong>al</strong> fine;parecchie signore grasse sono c<strong>al</strong>ate di peso; parecchie coppie giàsull'orlo del divorzio hanno riacquistato l'armonia sessu<strong>al</strong>e e vivonoa lungo felici.Interessante sotto t<strong>al</strong>e aspetto un articolo di Theodore X. Barber,"Sonno e ipnosi", comparso nel «Journ<strong>al</strong> of Clinic<strong>al</strong> and Experiment<strong>al</strong>Hypnosis» (ottobre 1956). Barber precisa che c'è notevole differenzafra sonno lieve e sonno profondo. Nel sonno profondol'elettroencef<strong>al</strong>ografo non registra le onde <strong>al</strong>fa, che compaiono invecenel sonno lieve. Sotto t<strong>al</strong>e aspetto il sonno leggero è più vicino <strong>al</strong>laveglia e agli stati ipnotici (le onde <strong>al</strong>fa sono presenti nell'una enegli <strong>al</strong>tri) che non il sonno profondo. Un rumore violento desta lapersona che dorma profondamente. Uno stimolo meno violento non lascuote, ma provoca la comparsa delle onde <strong>al</strong>fa: segno che per ilmomento il sonno profondo ha dato luogo <strong>al</strong> sonno leggero.La persona immersa in un sonno profondo non è suggestionabile. Maquando si dà un suggerimento a un individuo in sonno leggero, eglireagisce, <strong>al</strong>lo stesso modo in cui reagisce quando si trova in stato ditrance.Esperimenti an<strong>al</strong>oghi hanno condotto i primi studiosi dell'ipnotismo.Nella sua classica "History, Practice and Theory of Hypnotism" (laprima edizione è del 1903), Milne Bramwell dice: «Molti autorevolistudiosi affermano di aver mutato il sonno natur<strong>al</strong>e in sonno ipnotico.Secondo Wetterstrand, è spesso assai facile mettere qu<strong>al</strong>cuno inrapporto con persone dormienti, soprattutto bambini... Wetterstrandritiene che questo metodo d'induzione ipnotica abbia grande importanzapratica, e sostiene di averlo usato sovente con buon successo».Bramwell cita molti <strong>al</strong>tri ipnotisti speriment<strong>al</strong>i (fra gli <strong>al</strong>tri gliautorevolissimi Bernheim, Moll e Forel): affermano tutti la stessacosa. Oggi natur<strong>al</strong>mente lo sperimentatore non parlerebbe di «mutare ilsonno natur<strong>al</strong>e in sonno ipnotico». Dirà <strong>al</strong> massimo che il sonnoleggero (contrapposto a sonno profondo senza onde <strong>al</strong>fa) è uno stato incui molti soggetti accettano suggerimenti con la stessa facilità chese fossero sotto ipnosi. Un esempio: il soggetto è in stato di sonnoleggero e noi gli diciamo che tra poco si desterà assetato; ebbene, inparecchi casi lo vedremo destarsi con la gola secca e cercare acqua.La corteccia cerebr<strong>al</strong>e non è attiva quanto occorre per il pensierovero e proprio; ma è sveglia quanto basta per rispondere aisuggerimenti e per trasmetterli <strong>al</strong> sistema nervoso autonomo.Come già abbiamo visto, il famoso medico e ricercatore svedeseWetterstrand condusse, con ottimi risultati, esperimenti sui bambinidormienti. Ai nostri tempi numerosi <strong>al</strong>tri pediatri seguono i suoimetodi, e insegnano <strong>al</strong>le mamme l'arte di fornire utili suggerimenti ai194


figli durante le ore del sonno. Grazie a questo tipo di ipnopedia, ibambini guariscono d<strong>al</strong>la cattiva abitudine di bagnare il letto, disucchiarsi il pollice, si dispongono ad affrontare senza apprensioneun intervento chirurgico, riacquistano fiducia e sicurezza ogni qu<strong>al</strong>volta la vita ha dato loro una delusione. Di persona ho constatato ibuoni risultati dell'ipnopedia terapeutica sui bambini. Lo stessoprobabilmente sarebbe possibile con gli adulti.Mi pare chiara la mor<strong>al</strong>e che ne trarrebbe un aspirante dittatore. Incondizioni opportune, l'ipnopedia funziona veramente, funziona, direi,bene quanto l'ipnosi. Quel che si può fare <strong>al</strong> soggetto in stato ditrance ipnotica, lo si può fare anche <strong>al</strong> soggetto immerso in sonnoleggero. I suggerimenti verb<strong>al</strong>i passano per la corteccia insonnolita,raggiungono il mesencef<strong>al</strong>o, il ceppo cerebr<strong>al</strong>e e quindi il sistemanervoso autonomo. Se i suggerimenti sono ben congegnati, e si ripetonodi continuo, è possibile interferire, modificare le funzioni corporeedel dormiente, introdurre nuovi moduli emotivi, modificare quellivecchi, impartire ordini postipnotici, radicare nella memoria formule,comandi, slogan.D<strong>al</strong> punto di vista dell'ipnopedia i fanciulli son migliori soggettiche non gli adulti, e di questo fatto profitterà certo l'aspirantedittatore. Durante il pisolino pomeridiano i fanciulli in età da asiloinfantile verranno sottoposti <strong>al</strong> trattamento ipnopedico. Per i bambinipiù grandi, e particolarmente per quelli che già sono nelleorganizzazioni di partito - ragazzi e ragazze che da grandidiventeranno dirigenti, funzionari, insegnanti - ci saranno scuoleconvittodove a eccellenti corsi diurni si accompagnerà l'insegnamentonotturno, durante il sonno. Per ciò che riguarda gli adulti,particolare attenzione andrà agli amm<strong>al</strong>ati. Come ha dimostrato Pavlovmolti anni or sono, un cane robusto e resistente acquista assolutasuggestionabilità dopo che ha sofferto d'una m<strong>al</strong>attia debilitante. <strong>Il</strong>nostro dittatore farà in modo che gli osped<strong>al</strong>i abbiano tutti unperfetto impianto diffusore. Un'operazione di appendicite, un parto,un attacco di polmonite o di epatite diverranno <strong>al</strong>trettante occasioniper un corso intensivo di vera fede e di le<strong>al</strong>tà, per ribadire iprincipi dell'ideologia dominante. Prigioni, campi di lavoro, caserme,navi, treni e aerei notturni, squ<strong>al</strong>lide s<strong>al</strong>e d'attesa <strong>al</strong> capolineadell'autobus o <strong>al</strong>la stazione ferroviaria: tutti offrono un potenzi<strong>al</strong>epubblico coatto. E anche se i suggerimenti ipnopedici forniti a questopubblico coatto avessero un'efficacia non superiore <strong>al</strong> 10 per cento, irisultati sarebbero tuttavia ragguardevoli e, d<strong>al</strong> punto di vista deldittatore, graditissimi.D<strong>al</strong>l'acuita suggestionabilità che si accompagna <strong>al</strong> sonno leggero e<strong>al</strong>l'ipnosi, passiamo ora <strong>al</strong>la suggestionabilità norm<strong>al</strong>e degliindividui che sono desti - o <strong>al</strong>meno che credono d'esserlo. (In re<strong>al</strong>tàcome affermano i buddisti, la maggioranza degli uomini son sempresemidesti e passano nella vita come sonnambuli, obbedienti <strong>al</strong>lesuggestioni <strong>al</strong>trui. La veglia tot<strong>al</strong>e è illuminazione. 'Buddha' infattisignifica 'ridestato'.)D<strong>al</strong> punto di vista genetico l'essere umano è unico, e sotto moltiaspetti diverso da ogni <strong>al</strong>tro essere umano. Amplissima è la gammadelle variazioni individu<strong>al</strong>i rispetto <strong>al</strong>la norma statistica. E lanorma statistica, non lo scordiamo, serve per il c<strong>al</strong>colo attuari<strong>al</strong>e,195


ma non per la vita vera. Nella vita vera non esiste l'uomo medio. Cisono solamente singoli uomini, donne e bambini, ciascuno con le sueidiosincrasie innate, nel corpo e nella mente; e tutti cercano (o sonocostretti) di comprimere le loro diversità biologiche nell'uniformitàdi una qu<strong>al</strong>che forma cultur<strong>al</strong>e.La suggestionabilità è appunto una delle caratteristiche che varianopiù considerevolmente da individuo a individuo. Certamente i fattoriambient<strong>al</strong>i contribuiscono a rendere una persona più reattivad'un'<strong>al</strong>tra <strong>al</strong>le suggestioni; ma è <strong>al</strong>trettanto certo che nellasuggestionabilità degli individui esistono differenze costituzion<strong>al</strong>i.Piuttosto rara la resistenza estrema <strong>al</strong>la suggestione. Ed è unafortuna: infatti se tutti gli uomini fossero così ostici <strong>al</strong>lasuggestione come <strong>al</strong>cuni sono, la vita soci<strong>al</strong>e diventerebbeimpossibile. Le società funzionano con bastevole efficienza proprioperché, in varia misura, la maggioranza degli uomini non resistono<strong>al</strong>la suggestione. Altrettanto rara è la suggestionabilità estrema. Eanche questa è una fortuna. Perché se la maggioranza di noi reagisse<strong>al</strong>le suggestioni esterne <strong>al</strong>lo stesso modo degli uomini e delle donneche soffrono di estrema suggestionabilità, la scelta libera erazion<strong>al</strong>e diventerebbe virtu<strong>al</strong>mente impossibile per la maggioranzadell'elettorato, e le istituzioni democratiche non potrebberosopravvivere; anzi forse nemmeno nascere.Pochi anni or sono, <strong>al</strong> Gener<strong>al</strong> Hospit<strong>al</strong> del Massachusetts, un gruppodi ricercatori compì un interessantissimo esperimento sugli effettian<strong>al</strong>gesici del 'placebo'. (In questo caso per placebo si intende tuttociò che il paziente crede essere farmaco attivo, mentre in re<strong>al</strong>tà nonfa proprio nulla.) Nel nostro caso si trattava di centosessantaduepazienti appena usciti d<strong>al</strong>la s<strong>al</strong>a chirurgica e tutti sofferenti. Ogniqu<strong>al</strong> volta il paziente chiedeva un farmaco che gli c<strong>al</strong>masse il dolore,subito gli praticavano un'iniezione che era o di morfina o d'acquadistillata. Tutti i pazienti ebbero sia iniezioni di morfina cheiniezioni di placebo. <strong>Il</strong> trenta per cento circa dei pazienti nonebbero <strong>al</strong>cun sollievo d<strong>al</strong> placebo. Un quattordici per cento invece sisentirono meglio dopo ogni iniezione di acqua distillata. Per ilresiduo cinquantacinque per cento: in qu<strong>al</strong>che caso ci fu sollievo,grazie <strong>al</strong> placebo, in <strong>al</strong>tri casi no.Sotto qu<strong>al</strong>i aspetti differiscono gli individui disponibili <strong>al</strong>lasuggestione dagli <strong>al</strong>tri, dai non suggestionabili? Gli studi e lesperimentazioni han dimostrato che sesso ed età non sono fattoriimportanti. Gli uomini reagiscono <strong>al</strong> placebo nella stessa misura delledonne, gli adulti dei giovani. Né pare importante l'intelligenza,misurata coi metodi opportuni. L'uno e l'<strong>al</strong>tro gruppo avevano lostesso quoziente d'intelligenza medio. La differenza sostanzi<strong>al</strong>e simostrò semmai nel temperamento, nel modo in cui ciascuno sentiva sé egli <strong>al</strong>tri. I soggetti reattivi erano più degli <strong>al</strong>tri disposti <strong>al</strong>lacooperazione, meno critici, meno sospettosi. Non davano fastidio <strong>al</strong>leinfermiere e ritenevano 'ottime' le cure ricevute in osped<strong>al</strong>e. Maseppur meno ostili verso il prossimo, i soggetti reattivi erano ingenere assai più disposti interiormente agli stati d'ansia. Un'ansiache, sopraggiungendo motivo di tensione, tendeva a mutarsi in varisintomi psicosomatici: disturbi di stomaco, diarrea, m<strong>al</strong> di testa.Nonostante l'ansia, o forse a causa di essa, quasi tutti i soggetti196


eattivi erano meno inibiti degli <strong>al</strong>tri, nel far mostra dei proprisentimenti, e più volubili. Erano anche assai più religiosi, piùattivi nella frequenza in chiesa, più preoccupati, a livellosubconscio, dei loro organi addomin<strong>al</strong>i e pelvici.Interessante confrontare questi dati sulla reazione <strong>al</strong> placebo con leindicazioni che, nel loro campo specifico, ci danno gli studiosidell'ipnosi. Circa un quinto della popolazione, così affermano, èfacilmente ipnotizzabile. Un <strong>al</strong>tro quinto non si lascia ipnotizzare,oppure cade in ipnosi solo dopo che una droga o la stanchezza abbianoridotto la resistenza psicologica. Gli <strong>al</strong>tri tre quinti si lascianoipnotizzare più difficilmente del primo gruppo, ma assai piùfacilmente del secondo. Un fabbricante di dischi ipnopedici mi hadetto che quasi il venti per cento dei suoi clienti sonosoddisfattissimi e annunciano risultati sorprendenti dopo brevissimotempo. All'<strong>al</strong>tro capo dello spettro della suggestionabilità c'è unaminoranza, otto per cento, che regolarmente vuole i suoi quattriniindietro. Fra i due estremi troviamo clienti che non hanno risultatiimmediati, ma che a lungo andare subiscono la suggestione. Sepersevereranno nell'ascoltare le istruzioni ipnopediche opportune,<strong>al</strong>la fine otterranno quel che vogliono: fiducia in sé o armoniasessu<strong>al</strong>e, c<strong>al</strong>o di peso o quattrini.Dinanzi <strong>al</strong>l'ide<strong>al</strong>e della democrazia e della libertà si leva lasostanza bruta della suggestionabilità umana. Un quintodell'elettorato si lascia ipnotizzare quasi in un batter d'occhio; unsettimo non avverte più dolore dopo un'iniezione d'acqua pura; unquarto reagisce in modo rapido ed entusiastico <strong>al</strong>l'ipnopedia. E atutte queste minoranze fin troppo disposte <strong>al</strong>la cooperazione dobbiamoaggiungere le maggioranze più lente a muoversi, con unasuggestionabilità meno spiccata, ma pur sempre sfruttabile da chisappia il suo mestiere, e sia pronto a spendere il tempo e il lavoronecessario.La libertà individu<strong>al</strong>e è compatibile con un <strong>al</strong>to grado disuggestionabilità? Gli istituti democratici possono resistere <strong>al</strong>lasovversione interna di abili manipolatori, che sappiano la scienza el'arte di sfruttare la suggestionabilità degli individui e dellefolle? In che misura l'educazione può neutr<strong>al</strong>izzare l'innata tendenza<strong>al</strong>l'eccessiva suggestionabilità, per il bene dell'individuo e dellasocietà democratica? Fino a che punto la legge può controllare uominidi affari ed ecclesiastici e politici (<strong>al</strong> potere e non) quando essiintendano sfruttare la suggestionabilità del prossimo? Alle prime duedomande, in forma esplicita o implicita, abbiamo già risposto neicapitoli precedenti. In quelli che seguono affronteremo il problemadella prevenzione e della cura.EDUCAZIONE ALLA LIBERTA'.L'educazione <strong>al</strong>la libertà deve cominciare d<strong>al</strong>la constatazione deifatti e d<strong>al</strong>la enunciazione dei v<strong>al</strong>ori: deve quindi elaborare letecniche che giovano <strong>al</strong>la re<strong>al</strong>izzazione dei v<strong>al</strong>ori, e <strong>al</strong>la lotta197


contro chi, per qu<strong>al</strong>siasi motivo, voglia ignorare i fatti o negare iv<strong>al</strong>ori.In un precedente capitolo abbiamo parlato dell'Etica Soci<strong>al</strong>e, la qu<strong>al</strong>egiustifica e fa parere cosa buona i m<strong>al</strong>i derivanti d<strong>al</strong>lasuperorganizzazione e d<strong>al</strong>la sovrappopolazione. Questo sistema div<strong>al</strong>ori è consono con quel che noi sappiamo essere il fisico e iltemperamento umano? L'Etica Soci<strong>al</strong>e parte da questi presupposti:l'educazione determina in modo assoluto il comportamento umano, mentrela natura, cioè la struttura psicofisica con cui l'uomo viene <strong>al</strong><strong>mondo</strong>, è fattore trascurabile. Ma è vero? E' vero che gli uomini <strong>al</strong>tronon sono se non il prodotto del loro ambiente soci<strong>al</strong>e? E se non èvero, come si giustifica <strong>al</strong>lora l'affermazione che l'individuo è menoimportante del gruppo a cui appartiene?Tutte le prove a nostra disposizione invitano a concludere che, nellavita degli individui e delle società, i v<strong>al</strong>ori ereditari hanno lastessa importanza di quelli cultur<strong>al</strong>i. Ogni individuo è biologicamenteunico e diverso da tutti gli <strong>al</strong>tri. Perciò la libertà è un grandebene, la tolleranza una grande virtù, l'irreggimentazione una verac<strong>al</strong>amità. Per motivi pratici o teorici i dittatori, gli organizzatorie <strong>al</strong>cuni scienziati muoiono d<strong>al</strong>la voglia di ridurre questa forsennatadiversità della natura umana a una qu<strong>al</strong>che maneggiabile uniformità.Nel primo impulso del fervore behavioristico J. B. Watson affermavaesplicitamente di non trovare <strong>al</strong>cuna prova «a favore dei moduliereditari di comportamento, o delle attitudini speci<strong>al</strong>i (music<strong>al</strong>e,artistica eccetera) che <strong>al</strong>cuni ritengono ereditabili». E persino oggiun illustre psicologo, il professor B. F. Skinner, di Harvard,continua a dire: «Completandosi il quadro della spiegazionescientifica, il contributo che può attribuirsi <strong>al</strong>l'individuo pare chetenda <strong>al</strong>lo zero. <strong>Il</strong> cosiddetto potere creativo dell'uomo, i suoiconseguimenti nell'arte, nella scienza, nella mor<strong>al</strong>e, la sua capacitàdi scegliere e il nostro diritto di tenerlo responsabile delleconseguenze della sua scelta, nessuna di queste cose compare piùnell'autoritratto che ci dà la scienza». Insomma le opere diShakespeare non furono scritte da Shakespeare, e nemmeno da Bacone, néd<strong>al</strong> Conte di Oxford; furono scritte d<strong>al</strong>l'Inghilterra elisabettiana.Sono passati sessant'anni da quando William James scrisse un saggiosui 'Grandi uomini e il loro ambiente': in quello scritto eglidifendeva gli individui più eminenti dagli ass<strong>al</strong>ti di Herbert Spencer.Spencer aveva affermato che la 'Scienza' (personificazione quanto maiutile delle idee, che in un momento determinato, hanno i professoriTizio, Caio e Sempronio) aveva del tutto abolito il Grand'Uomo. «<strong>Il</strong>grand'uomo» diceva Spencer «deve classificarsi in mezzo a tutti gli<strong>al</strong>tri fenomeni della società che gli ha dato i nat<strong>al</strong>i, qu<strong>al</strong>e prodottodei suoi antecedenti.» <strong>Il</strong> grand'uomo può essere (o parere) «colui cheavvia il mutamento... Ma se vogliamo spiegare davvero questomutamento, dobbiamo cercare in quel coacervo di condizioni da cui sonoemersi e il grand'uomo e il mutamento». Ecco una di quelle vuoteprofondità <strong>al</strong>le qu<strong>al</strong>i è impossibile dare un senso funzion<strong>al</strong>e. <strong>Il</strong>nostro filosofo dice: dobbiamo sapere tutto, per poter comprendereappieno qu<strong>al</strong>cosa. Indubbiamente. Ma in re<strong>al</strong>tà non potremo maiconoscere tutto. Perciò dobbiamo contentarci di una conoscenzaparzi<strong>al</strong>e, di cause prossime, tra le qu<strong>al</strong>i sta appunto l'influenza dei198


grandi uomini. «Se c'è una cosa umanamente certa» risponde WilliamJames «è che la società del grand'uomo, propriamente detta, non fa ilgrand'uomo prima che egli rifaccia la società. A farlo sono le forzepsicologiche, sulle qu<strong>al</strong>i le condizioni soci<strong>al</strong>i, politiche,geografiche, e in larga misura anche antropologiche, influiscono népiù né meno, quanto il cratere del Vesuvio influisce sulla luce delgas che illumina la mia scrittura. Sostiene forse il signor Spencerche la convergenza delle pressioni sociologiche si sia concentrata suStratford-upon-Avon, verso il ventisei aprile 1564, sì da farcinascere un t<strong>al</strong>e W. Shakespeare, con tutte le sue caratteristicheintellettu<strong>al</strong>i?... E sosterrà inoltre che se il suddetto W. Shakespearefosse morto bambino, di colera, un'<strong>al</strong>tra mamma, a Stratford-upon-Avon,avrebbe necessariamente messo <strong>al</strong> <strong>mondo</strong> la copia conforme di lui, perristabilire l'equilibrio sociologico?»<strong>Il</strong> professor Skinner è uno psicologo speriment<strong>al</strong>e, e il suo trattatosu "Scienza e comportamento umano" si basa s<strong>al</strong>damente sui fatti.Purtroppo i fatti si riducono a una classe così ristretta che quando<strong>al</strong>la fine egli tenta di gener<strong>al</strong>izzare, le sue conclusioni sono vaghe elontane d<strong>al</strong>la re<strong>al</strong>tà quanto quelle del teorico vittoriano. E'inevitabile; perché il professor Skinner è indifferente quasi quantoHerbert Spencer <strong>al</strong>le 'forze fisiologiche', come le chiama WilliamJames. Dei fattori genetici che determinano il comportamento umano,egli si sbriga in meno d'una pagina. Nel suo libro non c'è accenno<strong>al</strong>le scoperte della medicina costituzion<strong>al</strong>e, né della psicologiacostituzion<strong>al</strong>e, in base <strong>al</strong>le qu<strong>al</strong>i (e ad esse soltanto, per quanto neso io) sarebbe possibile scrivere una biografia completa e re<strong>al</strong>isticadi un individuo in rapporto agli eventi maggiori della sua esistenza:corpo, temperamento, doti intellettu<strong>al</strong>i, ambiente immediato momentoper momento, tempo, luogo, cultura. Una scienza del comportamentoumano è come una scienza del moto in astratto: necessaria, ma per suanatura del tutto inadeguata ai fatti. Prendete un aquilone, un razzo,un frangente. Tutti e tre illustrano le medesime leggi fondament<strong>al</strong>idel movimento, ma le illustrano in modi diversi, e le differenzecontano <strong>al</strong>meno quanto le identità. Lo studio del movimento, in sé, nonpuò dirci quasi nulla sull'oggetto che, in qu<strong>al</strong>siasi determinato caso,si muove. Allo stesso modo lo studio del comportamento, in sé, non puòdirci quasi nulla sul corpo e sulla mente di un individuo che, in unqu<strong>al</strong>siasi momento particolare, stia mostrando il suo comportamento.Però la conoscenza del corpo e della mente, per noi che di mente e dicorpo siamo fatti, ha importanza somma. Non solo: osservazione edesperienza ci insegnano che le differenze fra i singoli individui sonoenormi e che <strong>al</strong>cuni di essi possono influenzare profondamente, e difatto lo influenzano, il loro ambiente soci<strong>al</strong>e. Su quest'ultimo puntoBertrand Russel è d'accordo con William James, e con tutti,aggiungerei, tranne che coi rappresentanti dello scientismo <strong>al</strong>lamaniera di Spencer o dei behavioristi. Secondo Russell le cause delmutamento storico son di tre tipi: mutamenti economici, teoriepolitiche, individui importanti. «Io non credo» dice il Russell «che<strong>al</strong>cuna di queste cause possa ignorarsi, o ridursi ad effetto d'unacausa d'<strong>al</strong>tro tipo.» Così, se Bismarck e Lenin fossero morti bambini,il nostro <strong>mondo</strong> sarebbe assai diverso da quel che è, grazie anche aBismarck e a Lenin. «La storia non è ancora scienza; si può farla199


sembrare scientifica ricorrendo <strong>al</strong> f<strong>al</strong>so e <strong>al</strong>l'omissione.» Nella vitare<strong>al</strong>e, nella vita vissuta di tutti i giorni, non si può escluderel'individuo. Solo in teoria il suo contributo pare ridursi a zero; inpratica l'individuo è importantissimo. In questo <strong>mondo</strong>, quando unlavoro è compiuto, chi in re<strong>al</strong>tà l'ha compiuto? Di chi sono gli occhie le orecchie che percepiscono, di chi la corteccia cerebr<strong>al</strong>e chepensa, chi ha i sentimenti che motivano, la volontà che supera gliostacoli? Di certo non l'ambiente soci<strong>al</strong>e, perché un gruppo non è unorganismo, ma solo una cieca organizzazione inconscia. Tutto quel chesi fa entro la società è opera degli individui. Natur<strong>al</strong>mente, suquesti individui si esercita l'influenza profonda della cultura, deitabù, della mor<strong>al</strong>e vigente, delle nozioni, buone e cattive, tramandated<strong>al</strong> passato e conservate in un "corpus" di tradizioni or<strong>al</strong>i o diletteratura scritta; ma tutto quel che l'individuo prende d<strong>al</strong>lasocietà (o meglio, se vogliamo essere più precisi, tutto quello cheprende da <strong>al</strong>tri individui associati in gruppi, o d<strong>al</strong>l'assieme deisimboli registrati da <strong>al</strong>tri individui, vivi o morti) sarà da lui usatoin un suo modo unico: suoi i sensi, sua la struttura biochimica, suoil fisico e il temperamento, suo e di nessun <strong>al</strong>tro. La scienza, perquanto cerchi di spiegare tutto, non potrà mai escludere questi fattiassiomatici. E ricordiamoci che il ritratto scientifico tracciato d<strong>al</strong>professor Skinner, dell'uomo come prodotto dell'ambiente soci<strong>al</strong>e, nonè l'unico possibile ritratto scientifico. Altri ve ne sono, di piùre<strong>al</strong>istica verosimiglianza. Consideriamo, per esempio, il ritratto chece ne dà il professor Roger Williams. Egli non ci ritrae ilcomportamento in astratto, ma un corpo-mente nell'atto di comportarsi,corpo-mente che in parte è prodotto di un ambiente condiviso con <strong>al</strong>triindividui, in parte della sua singola eredità. In "The Human Frontier"e in "Free but Unequ<strong>al</strong>", il professor Williams ha preso in esame, conricchezza di prove particolareggiate, le differenze innate fra gliindividui, per le qu<strong>al</strong>i il dottor Watson non trovava <strong>al</strong>cuna pezzad'appoggio, l'importanza delle qu<strong>al</strong>i, secondo il professor Skinner, siridurrebbe a zero. La variabilità biologica anim<strong>al</strong>e entro unadeterminata specie diventa sempre più p<strong>al</strong>ese man mano che si avanzasulla sc<strong>al</strong>a dell'evoluzione. Questa variabilità biologica è <strong>al</strong>tissimanell'uomo, e gli esseri umani mostrano più dei membri d'ogni <strong>al</strong>traspecie diversità biologica, struttur<strong>al</strong>e, e di temperamento. Questo èun fatto facilmente constatabile. Ma quella che io ho definito Volontàd'Ordine, il desiderio di imporre uniformità comprensibile <strong>al</strong>lastupefacente molteplicità delle cose e degli eventi, ha indotto moltepersone a ignorare questo semplice fatto. Così si è minimizzat<strong>al</strong>'unicità biologica, dedicando invece tutta l'attenzione ai fattoriambient<strong>al</strong>i implicati nel comportamento umano, fattori più semplici e,<strong>al</strong>lo stato attu<strong>al</strong>e delle conoscenze, meglio comprensibili. «In seguitoa questo modo di pensiero e di ricerca centrato sull'ambiente» scriveil professor Williams «si è largamente diffusa la dottrina dellasostanzi<strong>al</strong>e uniformità umana, e la sostengono numerosi studiosi dipsicologia soci<strong>al</strong>e, di sociologia, di antropologia soci<strong>al</strong>e e <strong>al</strong>triancora, storici, economisti, pedagogisti, giuristi e uomini concariche pubbliche. T<strong>al</strong>e dottrina è entrata ormai nell'abito ment<strong>al</strong>e dimolti che hanno partecipato <strong>al</strong>la elaborazione della politicagovernativa, anche nel campo della istruzione, sì che l'accettano200


senza discuterla quelli che non hanno sufficiente capacità di pensierocritico.»Un sistema etico basato su una v<strong>al</strong>utazione abbastanza re<strong>al</strong>istica deidati della esperienza farà probabilmente più bene che m<strong>al</strong>e. Ma moltisistemi etici si basano su di una v<strong>al</strong>utazione dell'esperienza, suun'idea della natura delle cose disperatamente irre<strong>al</strong>istica. Eun'etica siffatta farà probabilmente più m<strong>al</strong>e che bene. Per esempio,fino ad anni non lontani da noi tutti credevano che il m<strong>al</strong>tempo, lem<strong>al</strong>attie del bestiame e l'impotenza sessu<strong>al</strong>e potevano essere, e inmolti casi anzi erano, causati d<strong>al</strong>l'opera m<strong>al</strong>evola degli stregoni.Perciò era un dovere prendere e uccidere gli stregoni; un dovere,oltretutto, ordinato da Dio nel secondo libro di Mosè: «Non lasceraiche viva una strega». I sistemi eretici e giuridici che si basarono suquesta erronea idea della natura delle cose provocarono (nei secoli incui uomini autorevoli li accettarono molto seriamente) iniquitàtremende. Quell'idea erronea sulla magia diede motivazione razion<strong>al</strong>eed esecutiva a una vera e propria orgia di spionaggio, linciaggio,omicidio giudiziario, di cui l'egu<strong>al</strong>e si è poi rivisto solo ai nostrigiorni, quando l'etica comunista, basata su un'idea erroneadell'economia, e l'etica nazista, basata su un'idea erronea dellarazza, hanno ispirato e giustificato crudeltà anche peggiori.Risultati poco meno sgraditi seguiranno <strong>al</strong>l'adozione di un'EticaSoci<strong>al</strong>e, fondata sull'idea erronea che la nostra è una specieinteramente soci<strong>al</strong>e, che i piccoli dell'uomo nascono uniformi, e chegli individui sono il prodotto d'un condizionamento dell'ambientecollettivo, ed entro di esso. Se t<strong>al</strong>i idee fossero corrette, se gliesseri umani fossero in re<strong>al</strong>tà membri di una specie davvero soci<strong>al</strong>e,se le loro differenze individu<strong>al</strong>i fossero trascurabili, riducibili deltutto mediante opportuno condizionamento, <strong>al</strong>lora è chiaro che non cisarebbe più bisogno di libertà, e lo Stato avrebbe ragione diperseguitare gli eretici, <strong>al</strong>l'occorrenza. La soggezione <strong>al</strong> termitaio èlibertà perfetta per la singola termite. Ma gli esseri umani non sonocompletamente soci<strong>al</strong>i; sono soltanto, e in misura moderata, anim<strong>al</strong>i dibranco. Le loro società non sono organismi, come l'<strong>al</strong>veare e ilformicaio; sono organizzazioni, cioè macchine strument<strong>al</strong>i del viverecollettivo. Non solo: così grandi sono le differenze fra gliindividui, a dispetto del più intenso livellamento cultur<strong>al</strong>e, che unendomorfo estremo (adopero qui la terminologia di W. H. Sheldon)serberà le sue caratteristiche soci<strong>al</strong>i viscerotoniche, un mesomorfoestremo resterà in ogni caso spiccatamente somatotonico, e unectomorfo estremo sarà sempre cerebrotonico, introvertito eipersensitivo. Nel "Mondo <strong>nuovo</strong>" ci si garantiva l'ottimocomportamento soci<strong>al</strong>e ricorrendo a un duplice processo, dimanipolazione genetica e di condizionamento postnat<strong>al</strong>e. I fetivenivano coltivati in bottiglia e ci si garantiva massima uniformitàumana usando ovuli estratti da un numero limitato di madri, etrattando ciascuno di essi in modo da farlo scindere più volte,riproducendo gemelli identici a gruppi di cento e più. E lastandardizzazione degli uomini addetti <strong>al</strong>le macchine si perfezionava,dopo la nascita, grazie <strong>al</strong> condizionamento infantile, <strong>al</strong>l'ipnopedia e<strong>al</strong>l'euforia indotta chimicamente, surrogato della soddisfazione che dàil sentirsi liberi e creativi. Nel <strong>mondo</strong> in cui viviamo, come si è201


detto nei capitoli precedenti, grandi forze imperson<strong>al</strong>i inducono <strong>al</strong>lacentr<strong>al</strong>izzazione del potere e <strong>al</strong>l'irreggimentazione della società. Lastandardizzazione genetica degli individui è ancora impossibile; ma ilGran Governo e la Grande Impresa già possiedono o possiederanno assaipresto, tutte le tecniche manipolatorie descritte nel "Mondo <strong>nuovo</strong>" e<strong>al</strong>tre ancora che io non ebbi la fantasia di sognare. Siccome non sannoimporre agli embrioni uniformità genetica, i governanti di domani, inun <strong>mondo</strong> sovrappopolato e superorganizzato, cercheranno di imporreagli adulti e ai bambini l'uniformità soci<strong>al</strong>e e cultur<strong>al</strong>e. A t<strong>al</strong> fineessi (se nessuno glielo impedirà) ricorreranno a tutte le tecnichemanipolatorie di cui dispongono, e non esiteranno a ribadire questimetodi di persuasione irrazion<strong>al</strong>e con la coercizione economica e leminacce di violenza fisica. Se vogliamo evitare una tirannia di questotipo, dobbiamo senza indugio cominciare a educare noi stessi e inostri figli <strong>al</strong>la libertà e <strong>al</strong>l'autogoverno.T<strong>al</strong>e educazione <strong>al</strong>la libertà dev'essere, come già ho accennato,educazione anzitutto sui fatti e sui v<strong>al</strong>ori: sui fatti della diversitàindividu<strong>al</strong>e e dell'unicità genetica, della tolleranza e dellareciproca carità che da quelli derivano qu<strong>al</strong>i corollari etici.Purtroppo non bastano giusta conoscenza e sani principi. Una f<strong>al</strong>sitàeccitante può eclissare una verità piatta. Uno sc<strong>al</strong>tro appello <strong>al</strong>lepassioni spesso ha più forza della migliore risoluzione. Gli effettidella propaganda f<strong>al</strong>sa e perniciosa si neutr<strong>al</strong>izzano solo con uncompleto addestramento <strong>al</strong>l'arte di an<strong>al</strong>izzarne le tecniche esmascherarne i sofismi. <strong>Il</strong> linguaggio ha consentito il passaggiodell'uomo d<strong>al</strong>la anim<strong>al</strong>ità <strong>al</strong>la civiltà. Ma il linguaggio ha ispiratoanche quella pervicace follia, quella sistematica, davvero diabolicam<strong>al</strong>vagità che sono anch'esse caratteristiche del comportamento umano,<strong>al</strong>lo stesso modo delle virtù, che pure il linguaggio ispira, dellaprevidenza sistematica e della ostinata benevolenza angelica. <strong>Il</strong>linguaggio consente a chi lo usa di badare <strong>al</strong>le cose, <strong>al</strong>le persone,agli eventi, anche quando cose e persone non ci sono, anche quando glieventi non avvengono. <strong>Il</strong> linguaggio definisce i nostri ricordi e,traducendo le esperienze in simboli, trasforma l'immediatezza deldesiderio e dell'orrore, dell'odio e dell'amore, in s<strong>al</strong>di principi disentimento e di condotta. In una guisa di cui noi siamo completamenteinconsapevoli, il sistema reticolare del cervello sceglie fraun'interminabile serie di stimoli quelle poche esperienze che per noihanno importanza pratica. Fra queste esperienze scelte inconsciamente,l'uomo astrae, in maniera più o meno consapevole, un numero piùristretto di esperienze, e a ciascuna dà l'etichetta d'una parolatratta d<strong>al</strong> nostro lessico; e quindi le classifica in un sistema che èinsieme metafisico, scientifico ed etico, composto di <strong>al</strong>tre parole apiù <strong>al</strong>to livello d'astrazione. Quando scelta e astrazione sonoregolate da un sistema non troppo lungi d<strong>al</strong> vero, in quanto idea dellanatura delle cose, e quando le etichette verb<strong>al</strong>i sono state scelte conintelligenza, e se ne intende con chiarezza la natura simbolica, ilnostro comportamento potrà essere re<strong>al</strong>istico e sufficientementeonesto. Ma se invece ci lasciamo andare <strong>al</strong>l'influenza di parole m<strong>al</strong>scelte e applicate, senza comprenderne il carattere meramentesimbolico, a esperienze scelte e astratte <strong>al</strong>la luce di un sistema diidee erronee, <strong>al</strong>lora noi ci condurremo con una m<strong>al</strong>vagità, con202


un'organizzata stupidità di cui per loro fortuna gli anim<strong>al</strong>i muti(proprio perché sono muti e non parlano) non sarebbero mai capaci.Nella loro propaganda antirazion<strong>al</strong>e i nemici della libertà inquinanosistematicamente le fonti del linguaggio per forzare le loro vittime apensare, a sentire, ad agire nel modo in cui vogliono farli pensare,sentire, agire essi, i manipolatori dei cervelli. L'educazione <strong>al</strong>l<strong>al</strong>ibertà (e <strong>al</strong>l'amore e <strong>al</strong>l'intelligenza che sono <strong>al</strong> tempo stessocondizioni e conseguenze della libertà) deve essere, fra l'<strong>al</strong>tro,educazione <strong>al</strong> retto uso del linguaggio. Nelle due o tre generazioniscorse i filosofi hanno dedicato tempo e riflessione <strong>al</strong>l'an<strong>al</strong>isi deisimboli e <strong>al</strong> significato dei significati. Com'è che parole e frasi danoi pronunciate si legano a cose, persone, eventi con cui abbiamo ache fare nella nostra vita quotidiana? Un discorso troppo lungo che ciporterebbe troppo lontano. Basti dire che noi oggi disponiamo delmateri<strong>al</strong>e intellettu<strong>al</strong>e per una sana educazione <strong>al</strong> retto uso dellinguaggio, e a tutti i livelli, d<strong>al</strong>l'asilo infantile <strong>al</strong>l'università.Questa educazione nell'arte di distinguere fra uso corretto escorretto dei simboli potrebbe avviarsi subito. Anzi, avrebbe dovutocominciare da trenta, forse quarant'anni. E invece ai bambini dinessuna parte del <strong>mondo</strong> si insegna in modo sistematico a distinguerefra affermazioni vere e f<strong>al</strong>se, significanti e insignificanti. Perché?Perché gli anziani, anche nei paesi democratici, non vogliono dar loroquesto tipo di educazione. Istruttiva, <strong>al</strong> proposito, la breve tristestoria dell'Istituto per l'An<strong>al</strong>isi della Propaganda. Fu fondato nel1937, quando la propaganda nazista era quanto mai efficiente erumorosa, da Filene, il filantropo del New England. Sotto gli auspicidell'Istituto si condussero an<strong>al</strong>isi della propaganda irrazion<strong>al</strong>e e siapprontarono numerosi programmi d'istruzione per le scuole medie euniversitarie. Poi venne la guerra, guerra tot<strong>al</strong>e su tutti i fronti,su quello mor<strong>al</strong>e come su quello fisico. Siccome gli Alleati avevanointrapreso la 'guerriglia psicologica', parve privo di tattol'insistere ancora sull'an<strong>al</strong>isi della propaganda. Nel 1941 l'Istitutochiuse i battenti. Ma anche prima dello scoppio delle ostilità, moltiebbero da ridire sull'opera di quell'Istituto. Alcuni per esempiodisapprovarono l'insegnamento dell'an<strong>al</strong>isi e sostennero che in questomodo i giovani sarebbero diventati dei cinici. Né l'accolsero di buongrado le autorità militari, timorose che le reclute si mettessero adan<strong>al</strong>izzare le parole del loro sergente maggiore. <strong>Il</strong> clero fu control'an<strong>al</strong>isi della propaganda che minacciava la fede e poteva diminuireil numero dei praticanti; contrari furono quelli della pubblicità, esostennero che l'an<strong>al</strong>isi poteva minare la fiducia nella 'marca' e farcrollare le vendite.Timori e antipatie non infondate. Se troppa gente comune si mette avagliare quel che racconta il pastore o il padrone, può derivarne unaprofonda sovversione. Nella sua forma attu<strong>al</strong>e, l'ordine soci<strong>al</strong>e puòtenersi in piedi solo se gli individui accettano, senza far troppedomande imbarazzanti, la propaganda espressa dagli uomini autorevoli ela propaganda poggiata sulla tradizione. Anche in questo caso sitratta di trovare il giusto mezzo. Gli individui devono esseresuggestionabili quanto occorre perché abbiano volontà e capacità difar funzionare la loro società; ma non suggestionabili <strong>al</strong> punto dicadere disperatamente sotto l'incantesimo di coloro che per203


professione manipolano il cervello del prossimo. Allo stesso modo, noidobbiamo insegnar loro l'an<strong>al</strong>isi della propaganda quanto occorreperché non credano acriticamente nelle sciocchezze, ma non dobbiamonemmeno esagerare, non dobbiamo indurli a respingere senz'<strong>al</strong>tro tuttele affermazioni, non sempre razion<strong>al</strong>i, di coloro che in buona fedestanno a guardia della tradizione. Probabilmente non riusciremo mai ascoprire il giusto mezzo fra la credulità tot<strong>al</strong>e e lo scetticismotot<strong>al</strong>e; forse quel giusto mezzo non riusciremo a ottenerlo conl'an<strong>al</strong>isi soltanto. E' un modo piuttosto negativo di affrontare ilproblema e perciò bisognerà intervenire con qu<strong>al</strong>cosa di più positivo;con l'enunciazione di una serie di v<strong>al</strong>ori gener<strong>al</strong>mente accettabili,basati s<strong>al</strong>damente sui fatti. <strong>Il</strong> v<strong>al</strong>ore, anzitutto, della libertàindividu<strong>al</strong>e, basato sul fatto della diversità umana e della unicitàgenetica; il v<strong>al</strong>ore della carità e della compassione, basato su di unfatto notissimo, che la psichiatria moderna ha riscoperto di recente:il fatto che, per quanto diversi in senso ment<strong>al</strong>e e fisico, agliuomini occorre l'amore, come il cibo e un <strong>al</strong>loggio; e infine il v<strong>al</strong>oredell'intelligenza, senza la qu<strong>al</strong>e l'amore è impotente e la libertàirraggiungibile. Questa serie di v<strong>al</strong>ori ci fornisce un criterio concui giudicare la propaganda. La propaganda che risulti assurda eimmor<strong>al</strong>e andrà senz'<strong>al</strong>tro respinta. Quella che sia solo irrazion<strong>al</strong>e,ma compatibile con l'amore e con la libertà, e non opposta in linea diprincipio <strong>al</strong>l'esercizio dell'intelligenza, quella noi l'accetteremoprovvisoriamente, per quel che v<strong>al</strong>e.CHE FARE?Noi possiamo educarci <strong>al</strong>la libertà, educarci molto meglio di quel chenon accada oggi. Ma la libertà, come s'è cercato di dimostrare, èesposta a numerose minacce, di vario genere: demografica, soci<strong>al</strong>e,politica, psicologica. La nostra m<strong>al</strong>attia ha molte cause cooperanti, epuò curarsi solo con molti rimedi cooperanti. Per far fronte a unasituazione umana complessa, noi dobbiamo tener conto di tutti ifattori importanti, e non di uno soltanto. La libertà è minacciata, eperciò c'è bisogno urgente di educazione <strong>al</strong>la libertà. Ma c'è bisognoanche di <strong>al</strong>tre cose: organizzazione soci<strong>al</strong>e per la libertà, controllodelle nascite per la libertà, legislazione per la libertà. Cominciamoda quest'ultimo punto.Dai tempi della Magna Carta, e anche da prima, gli autori del dirittoinglese hanno inteso proteggere la libertà fisica dell'individuo. Lapersona trattenuta in carcere per motivi di cui sia dubbia l<strong>al</strong>eg<strong>al</strong>ità, ha il diritto, in base <strong>al</strong>la Common Law, chiarita poi d<strong>al</strong>loStatuto del 1679, di appellarsi a un tribun<strong>al</strong>e superiore per unmandato di "habeas corpus". <strong>Il</strong> giudice del tribun<strong>al</strong>e superiore inviail mandato <strong>al</strong>lo sceriffo o <strong>al</strong> carceriere e gli ordina, entro unprescritto periodo di tempo, di portare la persona trattenuta incustodia <strong>al</strong> tribun<strong>al</strong>e, perché si esamini il suo caso. Si badi bene:portare non il reclamo scritto della persona, non i suoirappresentanti leg<strong>al</strong>i, ma il suo "corpus", il suo corpo, la carne vera204


e propria costretta a dormire su un tavolaccio, a respirare l'ariafetida del carcere, a mangiare il cibo repellente della prigione.Questo impegno verso la condizione basilare della libertà - l'assenzadi costrizione fisica - è indubbiamente necessario, ma non è tutto.Può darsi benissimo che un uomo sia fuori del carcere, eppure nonlibero; che non subisca <strong>al</strong>cuna costrizione fisica, eppure siapsicologicamente prigioniero, costretto a pensare, sentire, agire comevogliono farlo pensare, sentire, agire i rappresentanti dello Statonazion<strong>al</strong>e, o di un qu<strong>al</strong>che interesse privato entro la nazione. Nonesisterà mai qu<strong>al</strong>cosa che possa definirsi "habeas mentem"; infatti nonc'è sceriffo o carceriere che possa portare in tribun<strong>al</strong>e una mentecarcerata illeg<strong>al</strong>mente; e la persona il cui cervello sia stato fattoprigioniero coi metodi indicati nei precedenti capitoli, non puòessere in condizione di reclamare contro la propria prigionia. T<strong>al</strong>e èla natura della costrizione psicologica che chi la subisce serb<strong>al</strong>'impressione di agire di propria iniziativa. La vittima dellamanipolazione ment<strong>al</strong>e non sa d'essere vittima. Invisibili sono le muradella sua prigione, ed egli si crede libero. Solo gli <strong>al</strong>tri vedono cheegli non è libero. La sua è una servitù rigidamente obbiettiva.No, ripeto, non può esserci qu<strong>al</strong>cosa che somigli a un mandato di"habeas mentem". Ma può esservi una legislazione preventiva: una leggeche vieti la tratta psicologica degli schiavi, uno statuto cheprotegga la mente umana contro quelli che senza scrupoli conducono lapropaganda tossica, modellato sugli statuti che proteggono il corpoumano da coloro che senza scrupoli spacciano cibi adulterati e droghepericolose. Per esempio può e a mio avviso dovrebbe esistere un<strong>al</strong>egislazione che limiti il diritto dei funzionari pubblici, militari ecivili, di sottoporre il pubblico coatto da loro comandato o custodito<strong>al</strong>l'insegnamento durante il sonno. Può e a mio avviso dovrebbe esserciuna legislazione che proibisca l'uso della proiezione sublimin<strong>al</strong>e inluoghi pubblici o sugli schermi televisivi. Può e a mio avvisodovrebbe esserci una legislazione che impedisca ai candidati politicidi spendere oltre una determinata somma per le campagne elettor<strong>al</strong>i eproibisca il ricorso <strong>al</strong>la propaganda di tipo antirazion<strong>al</strong>e,vanificando l'intero processo democratico.Una siffatta legislazione preventiva può far del bene; ma se cresconodi vigore le grandi forze imperson<strong>al</strong>i che oggi minacciano la libertà,quella legislazione non può giovare a lungo. La migliore fra lecostituzioni, le migliori leggi preventive non gioveranno contro ilsempre maggior incremento della sovrappopolazione e dellasuperorganizzazione imposta d<strong>al</strong> crescere del numero e d<strong>al</strong> progressodella tecnologia. Le costituzioni non si abrogheranno e le buone leggiresteranno nel codice; ma t<strong>al</strong>i forme liber<strong>al</strong>i serviranno solo amascherare e ad abbellire una sostanza profondamente illiber<strong>al</strong>e.Crescendo senza controllo popolazione e organizzazione, è probabileche nei paesi democratici noi assisteremo <strong>al</strong> rovescio del processo chefece dell'Inghilterra una democrazia, serbando intatte le formeesteriori della monarchia. Sotto la spinta continua dellasovrappopolazione e della superorganizzazione, crescendo l'efficaciadei mezzi per la manipolazione dei cervelli, le democrazie muterannonatura; le antiche, ormai strane, forme rimarranno: elezioni,parlamenti, Corti Supreme eccetera. Ma la sostanza, dietro di esse,205


sarà un <strong>nuovo</strong> tipo di tot<strong>al</strong>itarismo non violento. Tutti i nomitradizion<strong>al</strong>i, tutti i vecchi slogan resteranno, esattamente com'eranoai bei tempi andati. Radio e giorn<strong>al</strong>i continueranno a parlare didemocrazia e di libertà, ma quelle due parole non avranno più senso.Intanto l'oligarchia <strong>al</strong> potere, con la sua addestratissima élite disoldati, poliziotti, fabbricanti del pensiero e manipolatori delcervello, manderà avanti lo spettacolo a suo piacere.Come è possibile controllare le grandi forze imperson<strong>al</strong>i che oggiminacciano le nostre libertà, conquistate a caro prezzo? Facilissimorispondere <strong>al</strong>la domanda a livello verb<strong>al</strong>e, in termini gener<strong>al</strong>i.Vediamo il problema della sovrappopolazione. <strong>Il</strong> numero degli esseriumani, in rapido aumento, preme sempre di più sulle risorse natur<strong>al</strong>i.Che fare? E' ovvio che noi dobbiamo, con la massima prontezza, ridurreil tasso di nat<strong>al</strong>ità a un punto t<strong>al</strong>e che non superi il tasso dimort<strong>al</strong>ità. E insieme noi dobbiamo, con la massima prontezza,accrescere la produzione di generi <strong>al</strong>imentari, avviare e portareavanti una politica mondi<strong>al</strong>e per la conservazione del suolo e delleforeste; creare surrogati opportuni ai nostri carburanti, se possibilemeno pericolosi e meno esauribili dell'uranio; amministrareoculatamente i miner<strong>al</strong>i disponibili, e intanto escogitare metodi nuovie non troppo costosi per l'estrazione di questi miner<strong>al</strong>i da fontisempre meno pregiate, fino <strong>al</strong>l'acqua di mare, che è la meno pregiatadi tutte. Infinitamente più facile dirlo che farlo. Occorre ridurrel'incremento annuo della popolazione. Ma in che modo? Abbiamo dascegliere fra la carestia, la pestilenza e la guerra da una parte, ilcontrollo delle nascite d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>tra. Quasi tutti noi sceglieremmo ilcontrollo delle nascite, ma subito ci troviamo di fronte a un problemadifficilissimo, insieme fisiologico, farmacologico, sociologico,psicologico e persino teologico. 'La pillola' non è stata ancorainventata. Quando e se la inventeremo, come si potrà distribuirla <strong>al</strong>lecentinaia di milioni di madri in potenza (o di padri in potenza, se lapillola funzionerà sui maschi) le qu<strong>al</strong>i dovranno ingerirla se vogliamoridurre il tasso di nat<strong>al</strong>ità della nostra specie? E considerati icostumi soci<strong>al</strong>i esistenti, considerate le forze d'inerzia cultur<strong>al</strong>e epsicologica, come potremo convincere a mutar parere gli individui chedovrebbero, ma non vogliono, ingerire la pillola? E che dire delleobbiezioni da parte della Chiesa cattolica a qu<strong>al</strong>siasi forma dicontrollo delle nascite che non sia il metodo basato sui giornisterili (un metodo, tra parentesi, che si è rivelato quasi del tuttoinefficace nel ridurre il tasso di nat<strong>al</strong>ità proprio nei paesiindustri<strong>al</strong>mente arretrati, dove più urgente sarebbe t<strong>al</strong>e riduzione)?Gli stessi problemi della futura, ipotetica 'pillola', si presentanocon <strong>al</strong>trettanto scarsa prospettiva di soluzione soddisfacente, nelcaso dei metodi chimici e meccanici di cui già disponiamo per ilcontrollo.Se passiamo d<strong>al</strong> problema del controllo delle nascite agli <strong>al</strong>tri(aumentare le riserve disponibili di <strong>al</strong>imenti e conservare le nostrerisorse natur<strong>al</strong>i) ci troviamo di fronte difficoltà non così grandi, mapur sempre enormi. Innanzi tutto, c'è il problema dell'educazione.Quanto tempo occorrerà per insegnare a contadini e coltivatori (sonoloro che producono la massima parte delle riserve natur<strong>al</strong>idisponibili) metodi migliori? E una volta che essi l'abbiano imparati,206


dove troveranno i capit<strong>al</strong>i per comprarsi le macchine, il carburante,il lubrificante, l'energia elettrica, i fertilizzanti, le piante<strong>al</strong>imentari e gli anim<strong>al</strong>i domestici selezionati, senza i qu<strong>al</strong>i nonserve a nulla la migliore istruzione agricola? Allo stesso modo, chiinsegnerà <strong>al</strong> genere umano i principi e la pratica della conservazione?In che modo impediremo di 'stremare la terra' ai contadini affamatidei paesi in cui cresce rapidamente la popolazione e la necessità di<strong>al</strong>imenti? E, seppur questo è possibile chi li manterrà per il temponecessario a ridare s<strong>al</strong>ute e fertilità (ma anche questo, è possibile?)<strong>al</strong>la terra ferita e stremata? Consideriamo adesso le società arretrateche oggi cercano di industri<strong>al</strong>izzarsi. Se ci riescono, chi impediràloro, nel disperato sforzo di mettersi <strong>al</strong>la pari e di restarci, disprecare le risorse insostituibili del nostro pianeta, con la stessastupida vanità che hanno mostrato, e tuttora mostrano, quelli che lihanno preceduti nella corsa? E quando verrà il giorno della resa deiconti, dove, nei paesi poveri, troveremo gli scienziati e i grossicapit<strong>al</strong>i che occorreranno per estrarre i miner<strong>al</strong>i indispensabili d<strong>al</strong>lefonti di troppo bassa concentrazione, troppo bassa, nelle circostanzeesistenti, perché l'estrazione sia tecnicamente possibile edeconomicamente giustificabile? Può darsi che col tempo si trovi lasoluzione pratica di questi problemi. Ma quanto tempo? Nella corsa frarisorse natur<strong>al</strong>i e numero della popolazione il tempo è contro di noi.Alla fine del nostro secolo, se lavoriamo sodo, può darsi che suimercati del <strong>mondo</strong> ci sia il doppio degli <strong>al</strong>imenti d'oggi. Ma saràraddoppiato anche il numero delle creature umane, qu<strong>al</strong>che miliardodelle qu<strong>al</strong>i vivranno in paesi parzi<strong>al</strong>mente industri<strong>al</strong>izzati econsumeranno, rispetto ad oggi, una quantità dieci volte superiore dienergia, di acqua, di legname, di miner<strong>al</strong>i insostituibili. Insomma lasituazione <strong>al</strong>imentare sarà grave quanto oggi e considerevolmentepeggiore sarà la situazione delle materie prime. Risolvere il problemadella superorganizzazione è difficile quasi quanto risolvere ilproblema delle risorse natur<strong>al</strong>i e dell'incremento demografico. Alivello verb<strong>al</strong>e e gener<strong>al</strong>e la risposta è semplicissima. Come èsemplicissimo l'assioma politico, che il potere segue <strong>al</strong>la proprietà.Ma oggi la re<strong>al</strong>tà storica dimostra che i mezzi di produzione stannorapidamente diventando proprietà monopolistica della Grande Impresa edel Gran Governo. Perciò chi crede nella democrazia faccia in modo didistribuire la proprietà il più ampiamente possibile.E vediamo il diritto <strong>al</strong> voto. In linea di principio è un grandeprivilegio. Ma in pratica, la storia dei nostri giorni ce lo hadimostrato più volte, il diritto <strong>al</strong> voto in sé non garantisce l<strong>al</strong>ibertà. Perciò chi vuole evitare la dittatura per referendum, spezzii collettivi della società moderna, di carattere solo funzion<strong>al</strong>e, intanti gruppi che si autogovernino e cooperino volontariamente, eriescano a funzionare <strong>al</strong> di fuori del sistema burocratico della GrandeImpresa e del Gran Governo.Sovrappopolazione e superorganizzazione hanno prodotto la metropolimoderna, nella qu<strong>al</strong>e è diventata pressoché impossibile una vita umanapiena, fatta di rapporti person<strong>al</strong>i molteplici. Perciò, chi non vuolel'immiserimento spiritu<strong>al</strong>e degli individui e delle società, lasci lametropoli e dia nuova vita <strong>al</strong>la piccola comunità provinci<strong>al</strong>e; ovveroumanizzi la metropoli creando l'equiv<strong>al</strong>ente urbano delle piccole207


comunità provinci<strong>al</strong>i, dove gli individui si incontrino e cooperino inquanto uomini completi e non in quanto mere incarnazioni di unafunzione speci<strong>al</strong>izzata.Oggi tutto questo appare chiaro: anzi appariva chiaro giàcinquant'anni or sono. Da Hilaire Belloc a Mortimer Adler, dai primiapostoli delle società cooperative di credito ai riformatori agraridell'It<strong>al</strong>ia moderna e del Giappone, gli uomini di buona volontà hannosempre sostenuto il decentramento del potere centr<strong>al</strong>e e la vastadistribuzione della proprietà. E numerosi e saggi sono i progettiavanzati perché si disperda la produzione e si ritorni <strong>al</strong>la 'industriadi villaggio' su sc<strong>al</strong>a limitata. E poi ecco i complessi progetti delDubreuil per dare una certa misura di autonomia ai vari settori diun'unica grande organizzazione industri<strong>al</strong>e. E i sindac<strong>al</strong>isti, col loropiano di società senza Stato, organizzata in federazione di gruppiproduttivi, sotto auspici sindac<strong>al</strong>i. In America Arthur Morgan e BakerBrownwell hanno tracciato la teoria e an<strong>al</strong>izzato la pratica di unacomunità di tipo <strong>nuovo</strong>, che viva a livello del villaggio e dellacittadina.In "W<strong>al</strong>den Two", romanzo utopistico ambientato in una comunitàautonoma e autosufficiente, il professor Skinner, di Harvard, haaffrontato il problema d<strong>al</strong> punto di vista psicologico: la comunità èorganizzata scientificamente, sì che nessuno viene mai indotto intentazione antisoci<strong>al</strong>e, e, senza ricorso <strong>al</strong>la coercizione e <strong>al</strong>lapropaganda negativa, ciascuno fa il suo dovere, e tutti son felici eattivi. In Francia, durante e dopo la seconda guerra mondi<strong>al</strong>e, MarcelBarbu e i suoi seguaci hanno fondato una serie di comunità produttiveche si autogovernano senza gerarchia, e sono insieme comunità di mutuosoccorso e di vita piena. Intanto, a Londra, l'esperimento Peckham hadimostrato che, coordinando i servizi sanitari con i più ampiinteressi del gruppo, si può creare una comunità vera anche in unametropoli.Chiaro dunque che si è individuato con precisione questa m<strong>al</strong>attiadella superorganizzazione, che si sono proposti vari rimedi tot<strong>al</strong>i,che qu<strong>al</strong>che volta si è tentata la cura speriment<strong>al</strong>e dei sintomi, e connotevole successo. E invece, nonostante le dottrine, nonostante ledimostrazioni pratiche, la m<strong>al</strong>attia continua a peggiorare. Noisappiamo che è pericoloso lasciare che il potere si concentri nellemani di un'oligarchia dominante; e tuttavia il potere, di fatto, siconcentra sempre più in poche mani. Noi sappiamo che, per lamaggioranza degli uomini, la vita in una grossa città moderna èanonima, atomica, tutt'<strong>al</strong>tro che pienamente umana; e tuttavia legrosse città diventano sempre più grosse e il modulo di vita urbanoindustri<strong>al</strong>eresta immutato. Noi sappiamo che in una società moltogrande e complessa la democrazia non significa nulla se non la simette in rapporto a gruppi autonomi di grandezza funzion<strong>al</strong>e; etuttavia le questioni di ogni nazione vengono dirette in misura sempremaggiore dai burocrati del Gran Governo e della Grande Impresa. E' fintroppo evidente che, in pratica, il problema della superorganizzazioneè difficile da risolvere quanto il problema della sovrappopolazione.Nell'uno e nell'<strong>al</strong>tro caso noi sappiamo quel che si dovrebbe fare; main nessuno dei due casi noi siamo stati capaci, sinora, di agire inbase <strong>al</strong>le nostre conoscenze.208


A questo punto ci troviamo dinanzi a una domanda inquietante: vogliamonoi agire veramente in base <strong>al</strong>le nostre conoscenze? La maggioranzadella popolazione ritiene davvero che v<strong>al</strong>ga la pena di prendersiqu<strong>al</strong>che fastidio <strong>al</strong>lo scopo di arrestare e se possibile rovesciare lacorsa <strong>al</strong> controllo tot<strong>al</strong>itario di tutto? Negli Stati Uniti, el'America è l'immagine profetica di quel che sarà fra pochi anni ilresto del <strong>mondo</strong> urbano-industri<strong>al</strong>e, recenti indagini sull'opinionepubblica hanno dimostrato che la maggioranza dei giovani sotto i ventianni, cioè gli elettori di domani, non hanno <strong>al</strong>cuna fiducia negliistituti democratici, non hanno nulla da obiettare <strong>al</strong>la censura delleopinioni eterodosse, non credono che sia possibile il governo delpopolo, e accetterebbero tranquillamente, purché la loro vita continuisecondo il modello a cui sono abituati, un governo d<strong>al</strong>l'<strong>al</strong>to, d'unaoligarchia di esperti di vario genere. Ci rattrista, ma non cisorprende, il fatto che tanti giovani e ben nutriti spettatori dellatelevisione, nella più potente democrazia del <strong>mondo</strong>, siano in modocosì tot<strong>al</strong>e indifferenti <strong>al</strong>l'idea dell'autogoverno e così piattamentedisinteressati <strong>al</strong>la libertà di pensiero e <strong>al</strong> diritto di opposizione.«Libero come un uccello» diciamo noi e invidiamo quelle creature <strong>al</strong>ateche si possono muovere a piacimento nelle tre dimensioni. Ahimè, cisiamo scordata la sorte del tacchino. Quando un uccello impara aingozzarsi a sufficienza senz'essere costretto a usare le <strong>al</strong>i,rinuncia <strong>al</strong> privilegio del volo e se ne resta a terra, in eterno.Qu<strong>al</strong>cosa di simile v<strong>al</strong>e anche per gli uomini. Date <strong>al</strong>l'uomo paneabbondante e regolare tre volte <strong>al</strong> giorno, e in parecchi casi eglisarà contentissimo di vivere di pane solo, o <strong>al</strong>meno di solo pane ecircensi. «Alla fine», dice il Grande Inquisitore nella parabola diDostoevskij, «<strong>al</strong>la fine essi deporranno la libertà ai nostri piedi eci diranno: 'Fateci vostri schiavi, ma dateci da mangiare'.» E quandoAljoscia Karamazov chiede a suo fratello, che racconta la storia, sec'era ironia nelle parole del Grande Inquisitore, Ivan risponde: «Pernulla! Egli segna a merito suo e della sua Chiesa l'aver vinto l<strong>al</strong>ibertà, e così l'aver fatti felici gli uomini». Sì, felici gliuomini, «perché nulla» continua l'Inquisitore «è mai stato piùinsopportabile agli uomini o <strong>al</strong>la società umana della libertà». Nulla,tranne l'assenza di libertà; perché quando le cose vanno m<strong>al</strong>e e sidimezzano le razioni, il tacchino terragno rivuole le <strong>al</strong>i; per poirinunciarvi ancora, quando i tempi si faranno migliori e il padronediventerà più blando e più generoso. I giovani che oggi hanno cosìscarsa opinione della democrazia, domani, fatti grandi, possono anchecombattere per la libertà. Al grido 'Datemi televisione e bistecca enon mi seccate con la responsabilità della libertà' può sostituirsi,in circostanze mutate, l'<strong>al</strong>tro grido: 'Libertà, o morte'. Se ci saràquesta rivoluzione, essa dipenderà in parte d<strong>al</strong>l'opera di forze sullequ<strong>al</strong>i i più possenti fra i governanti hanno scarsissimo controllo, inparte d<strong>al</strong>l'incompetenza di quei governanti, d<strong>al</strong>la loro incapacitàd'usare efficacemente i mezzi che hanno per manipolare i cervelli,mezzi che la scienza e la tecnologia hanno fornito e continueranno afornire <strong>al</strong>l'aspirante tiranno. Se consideriamo quanto scarsi fossero iloro strumenti e le loro cognizioni, i Grandi Inquisitori del passatoseppero fare assai bene. Ma i loro successori, gli informatissimidittatori scientifici di domani, sapranno certamente fare assai209


meglio. <strong>Il</strong> Grande Inquisitore rimprovera a Cristo d'aver chiamato gliuomini <strong>al</strong>la libertà e gli dice: «Noi abbiamo corretto l'opera Tua,l'abbiamo fondata sul miracolo, sul mistero e sull'autorità». Mamiracolo, mistero e autorità non bastano a garantire in eterno lasopravvivenza della dittatura. Nella mia favola del <strong>mondo</strong> <strong>nuovo</strong>, idittatori hanno aggiunto <strong>al</strong>la terna anche la scienza, e così riesconoa imporre la loro autorità manipolando i corpi degli embrioni, iriflessi degli infanti, la mente dei bambini e degli adulti. E invecedi parlare solamente di miracoli, di accennare simbolicamente aimisteri, essi riescono, con le droghe, a dare ai loro soggettil'esperienza diretta dei misteri e dei miracoli, a trasformare lasemplice fede in conoscenza estatica. Gli antichi dittatori cadderoperché non sapevano dare ai loro soggetti sufficiente pane e circensi,miracoli e misteri. E non possedevano un sistema veramente efficaceper la manipolazione dei cervelli. In passato liberi pensatori erivoluzionari furono spesso i prodotti della educazione più ortodossae più osservante. Un fatto che non ci deve sorprendere perché i metodiusati da quell'educazione erano e sono quanto mai inefficaci. Ma sottoun dittatore scientifico l'educazione funzionerà davvero e diconseguenza la maggior parte degli uomini e delle donne crescerannonell'amore della servitù e mai sogneranno la rivoluzione. Non si vedeper qu<strong>al</strong>e motivo dovrebbe mai crollare una dittatura integr<strong>al</strong>mentescientifica.Per adesso qu<strong>al</strong>che libertà resta ancora nel <strong>mondo</strong>. Molti giovani, èvero, sembrano non darle v<strong>al</strong>ore. Ma <strong>al</strong>cuni di noi credono che senz<strong>al</strong>ibertà le creature umane non saranno mai pienamente umane e chepertanto la libertà è un v<strong>al</strong>ore supremo. Può darsi che le forzeopposte <strong>al</strong>la libertà siano troppo possenti e che non si potràresistere a lungo. Ma è pur sempre nostro dovere fare il possibile perresistere.210

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