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Alzo gli occhi verso i monti Salmi delle Ascensioni<br />
parola è Colui che con la sua parola «ha fatto il cielo e la terra». Qualsiasi benedizione<br />
di Dio ha qualcosa di genesiaco: è un dire attivo, creatore66.<br />
Con questa parola efficace di benedizione, capace non solo di dire il bene, ma di porlo in essere,<br />
trasformando anche il luogo del male e di peccato nel luogo di un bene rinnovato, si conclude il<br />
Salmo 134 e con esso l’intera collezione dei <strong>salmi</strong> di pellegrinaggio. Questo salmo è il punto finale<br />
del cammino e il suo suggello: il vero traguardo cui il pellegrino tende nel suo cammino. Come abbiamo<br />
visto, il punto di partenza era costituito dal Salmo 120, con il lamento dell’esule che sperimenta<br />
su di sé la violenza di parole cattive, che dicono il male. «Signore, libera la mia vita dalle<br />
labbra di menzogna, dalla lingua ingannatrice», questa era stata la supplica iniziale. Alla fine del<br />
pellegrinaggio questa invocazione si è trasformata nella lode e nel ringraziamento di chi sperimenta<br />
su di sé la parola di Dio che invece dice sempre il bene, il mio bene, e dicendolo lo crea. Possiamo<br />
anche aggiungere una seconda considerazione: non solo noi subiamo la violenza della lingua<br />
ingannatrice; ma talora noi stessi ce ne rendiamo protagonisti, quando le nostre stesse labbra possono<br />
pronunciare parole di menzogna o di calunnia. Alla fine del viaggio il pellegrino sperimenta<br />
che la sua stessa lingua è stata purificata, trasformata dall’incontro con il Signore. Ora anch’egli<br />
non ha sulle labbra che parole di benedizione, di lode, di ringraziamento. E benedicendo il suo Dio<br />
nella liturgia del tempio imparerà un po’ alla volta anche a benedire il suo prossimo nella liturgia<br />
della vita. Perché, come ricorda san Giacomo nella sua lettera (in un testo che ho già citato nel nostro<br />
primo incontro commentando il Salmo 120)<br />
Con la lingua benediciamo il Signore e Padre e con essa malediciamo gli uomini fatti a somiglianza<br />
di Dio. È dalla stessa bocca che esce benedizione e maledizione. Non dev’essere così,<br />
fratelli miei» (cfr Gc 3,1-12).<br />
Alla fine del cammino la lingua è stata purificata per diventare capace di dire parole di bene,<br />
l’orecchio è stato aperto per ascoltare il bene che Dio dice su di noi. La preghiera è sempre contemporaneamente<br />
un’esperienza di purificazione della lingua e di apertura degli orecchi.<br />
L’orecchio aperto all’ascolto della parola di Dio purifica le nostre labbra e anche il nostro agire,<br />
perché le braccia che si tendono verso Dio nella preghiera di benedizione saranno capaci poi di<br />
tendersi anche verso gli altri nell’amore. Così questa esperienza di benedizione ci conduce nella<br />
più autentica pace che questi <strong>salmi</strong> ci insegnano a desiderare per noi e per tutti; quella pace che il<br />
pellegrino cerca, invoca e per la quale si impegna a lottare salendo verso Gerusalemme, la città<br />
della pace, o la visione di pace, come si può anche intendere il suo nome. Visione di pace perché<br />
contemplando in Gerusalemme la presenza di Dio dobbiamo imparare a vedere ogni altra realtà<br />
nella pace voluta dal Dio creatore del cielo e della terra.<br />
16.4 L’orizzonte globale del cammino: la pace<br />
Noi abbiamo letto questi <strong>salmi</strong> senza fare troppa attenzione alla loro scansione interna. Ma ora<br />
che anche il nostro viaggio è finito possiamo volgerci indietro per riconsiderare il cammino percorso.<br />
Possiamo allora accorgerci che questi quindici <strong>salmi</strong> conoscono una sorta di ritmo ternario, che<br />
li raggruppa a tre a tre. E normalmente nel terzo salmo risuona un’invocazione per la pace. La troviamo<br />
infatti nel terzo salmo della serie, il 122: «Domandate pace per Gerusalemme… Per i miei<br />
fratelli e i miei amici io dirò: “Su di te sia pace!”. Poi i Salmi 125 e 128 (il sesto e il nono della serie)<br />
si concludono ancora con la stessa invocazione «Pace su Israele». Il dodicesimo salmo non<br />
contiene questa preghiera esplicita per la pace, ma è la descrizione di colui che ha raggiunto questa<br />
pace confidente nel Signore, tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre.<br />
Infine l’ultimo salmo suggella questo cammino di pace con la benedizione sacerdotale dal tempio.<br />
66 Ivi,.p. 728.<br />
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