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I salmi dell'ascensione - Decanato

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Alzo gli occhi verso i monti Salmi delle Ascensioni<br />

dell’attesa…Persino questa notte può rimanere tempo di benedizione del Signore, perché la sua<br />

misericordia abita anche le nostre tenebre e le rischiara. «Nemmeno le tenebre per te sono oscure,<br />

e la notte è chiara come il giorno; per te le tenebre sono come luce», prega con immagini stupende<br />

il Salmo 139 (138). Il Salmo 130, il De profundis, ci ha già ricordato il senso di questa vegliare:<br />

occorre essere come sentinelle nella notte, certi della nuova aurora che sta per spuntare.<br />

16.2 A mani tese<br />

Questa aurora di Dio verso la quale il pellegrino è invitato a tendere le mani, in segno non solo di<br />

benedizione, ma di attesa e di offerta. Il tendere le braccia verso l’alto, verso Dio, è un gesto che<br />

esprime l’atteggiamento interiore di colui che presenta un’offerta, con la consapevolezza che<br />

l’amore con cui Dio in modo preveniente benedice la mia vita è degno mi sollecita a presentare a<br />

lui in offerta tutto ciò che sono. Queste braccia tese offrono me stesso a Dio. Inoltre il gesto delle<br />

mani ricorda che tutto il mio corpo prega, ed è luogo di benedizione: la mia benedizione che sale a<br />

Dio e la benedizione di Dio che scende su di me. In ogni mio gesto, in ogni mia scelta, in ogni mia<br />

azione, sono chiamato a diventare benedizione di Dio. Nella simbologia biblica, inoltre, le braccia<br />

sono il simbolo corporeo dell’agire umano. Queste braccia alzate e tese nella benedizione di Dio<br />

ricordano allora che ciò che vivo e celebro nel culto e nella liturgia del tempio, deve diventare,<br />

senza alcuna separazione, ciò che sono chiamato a celebrare nella liturgia della vita. Negli incontri<br />

precedenti ho citato una pagina molto dura di Amos; possiamo ora ricordare un’altra pagina altrettanto<br />

incisiva del profeta Isaia:<br />

Smettete di presentare offerte inutili, l'incenso è un abominio per me; noviluni, sabati,<br />

assemblee sacre, non posso sopportare delitto e solennità. I vostri noviluni e le vostre<br />

feste io detesto, sono per me un peso; sono stanco di sopportarli. Quando stendete<br />

le mani, io allontano gli occhi da voi. Anche se moltiplicate le preghiere, io non<br />

ascolto. Le vostre mani grondano sangue (Is 1,13-15).<br />

Le mani che si tendono verso il Signore nella benedizione non possono che impegnarsi nello stesso<br />

tempo a operare gesti di bene, a dire il bene con le loro azioni.<br />

16.3 Dire il bene<br />

A questa benedizione dell’uomo nella seconda strofa del salmo risponde la benedizione di Dio. Notiamo<br />

innanzitutto anche qui il gioco tra plurale e singolare che abbiamo incontrato quasi sempre<br />

negli altri <strong>salmi</strong>. Ora però la dinamica risulta capovolta. Infatti, nei <strong>salmi</strong> precedenti di solito il salmo<br />

iniziava con la prospettiva molto intima dell’incontro personale con il Signore per allargarsi in<br />

conclusione al popolo intero. Nel Salmo 134 accade il contrario: inizia con un plurale che evoca la<br />

preghiera corale dell’intero popolo: «benedite il Signore, voi tutti, servi del Signore». L’invito alla<br />

benedizione è per tutti. Alla fine, quando è il Signore a benedire, si passa invece alla seconda persona<br />

singolare: «Da Sion ti benedica il Signore». Proprio te. Questo singolare ricorda che la benedizione<br />

del Signore è personale, conosce il bisogno e il bene di ciascuno e raggiunge ciascuno nella<br />

sua peculiare necessità. L’amore di Dio è universale, per tutti, ma non massificante e impersonale:<br />

a ciascuno si manifesta secondo il suo personale bisogno.<br />

È inoltre importante l’ultima battuta con cui il salmo si chiude: «il Signore, che ha fatto cielo e terra».<br />

Abbiamo visto come il salmo celebri il dialogo tra l’uomo e Dio; occorre però non dimenticare<br />

che questo dialogo non è alla pari, tra due interlocutori sullo stesso piano.<br />

Le voci sono disuguali, come lo sono gli interlocutori. L’uomo benedice Dio, esprimendo<br />

in parole la sua gratitudine; non può andare al di là di alcune parole che esprimono<br />

la sua profonda intimità. Invece, quando Dio benedice, a pronunciare una<br />

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