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Alzo gli occhi verso i monti Salmi delle Ascensioni<br />
Possiamo riconoscere in esso un vero e proprio dialogo liturgico. È pertanto facile per noi collocare<br />
questa preghiera all’interno della celebrazione del Tempio, in cui il pellegrino, una volta giunto a<br />
Gerusalemme, entra per ringraziare e lodare il Signore. Il dialogo liturgico si sviluppa tra le due<br />
strofe nelle quali possiamo suddividere il testo. Nella prima strofa, più lunga (vv. 1-2), c’è l’invito a<br />
benedire il Signore rivolto ai suoi servi, che rimangono nel tempio anche durante le notti. Vedremo<br />
tra breve chi siano questi servi del Signore. Nella seconda strofa, brevissima, c’è in risposta la<br />
benedizione del Signore che in suo nome viene impartita sui pellegrini da uno dei sacerdoti del<br />
tempio: «Da Sion ti benedica il Signore, che ha fatto cielo e terra». Incontriamo così l’essenza del<br />
dialogo tra Dio e il suo popolo, in particolare di quel dialogo che si instaura ogni volta che celebriamo<br />
una liturgia: noi benediciamo il Signore e il Signore ci benedice. O meglio, la parola e la benedizione<br />
di Dio vengono prima e sempre ci precedono: noi rispondiamo al Signore ringraziando e<br />
benedicendo perché riconosciamo i suoi doni nella nostra vita, e Dio in risposta ci benedice di<br />
nuovo. Sua è dunque la prima e l’ultima parola del dialogo65, e la nostra voce è tutta ricompresa e<br />
custodita da questa sua parola che ci precede, ci accompagna, ci segue.<br />
16.1 Il dialogo liturgico<br />
Osserviamo ora più da vicino la dinamica di questo dialogo. Nella prima strofa abbiamo questo invito<br />
a benedire il Signore. È possibile una duplice interpretazione. La prima mette in bocca questo<br />
invito ai pellegrini, che, sopraggiunta la notte, stanno per lasciare il tempio e si rivolgono quindi ai<br />
leviti e ai sacerdoti, che sono in procinto di iniziare il loro turno di preghiera nel tempio, perché<br />
continuino a benedire il Signore anche di notte, a loro nome. Questo è infatti il servizio tipico dei<br />
leviti secondo quando espresso nel Deuteronomio: « Il Signore prescelse la tribù di Levi […] per<br />
stare davanti al Signore al suo servizio e per benedire il nome di lui» (Dt 10,8).<br />
È possibile un’altra interpretazione: in altri <strong>salmi</strong>, come il salmo 135 che segue immediatamente<br />
dopo, o il salmo 113, le espressioni«servi del Signore» e «voi che state nella casa del Signore»<br />
sembrano riferirsi non tanto ai leviti o ai sacerdoti, quanto a tutta la comunità radunata nel tempio<br />
per il culto del Signore, durante una celebrazione liturgica, come ad esempio quella che si celebrava<br />
di notte in occasione della Festa delle Capanne. Allora l’invito a benedire il Signore sarebbe<br />
da mettere in bocca a un sacerdote del tempio che invita tutti i pellegrini presenti a ringraziare e a<br />
lodare il Dio altissimo che abita nel tempio.<br />
Qualunque sia l’interpretazione da accogliere, due aspetti rimangono veri e vanno sottolineati. Il<br />
primo: si tratta di una preghiera nella notte. Si può e si deve pregare nella notte non perché ci sia<br />
bisogno di svegliare Dio, ma perché si è consapevoli che «il custode di Israele non si addormenta»,<br />
come ci ha ricordato il Salmo 121: egli ci ascolta sempre, perciò possiamo sempre pregarlo. Non<br />
dobbiamo pregare per svegliare Dio, ma poiché egli è sempre il vigilante, possiamo pregarlo a qualunque<br />
ora nella certezza di venire sempre ascoltati. Non è tanto l’insistenza della nostra preghiera<br />
a costringere Dio all’ascolto; piuttosto il contrario: la consapevolezza che Dio sempre ci ascolta<br />
può sostenere la perseveranza della nostra preghiera. Questo è anche il senso biblico della preghiera<br />
di veglia, nella notte, come viene espresso dal libro dell’Esodo a proposito della veglia pasquale,<br />
che è la madre di tutte le veglie. «Notte di veglia fu questa per il Signore per farli uscire<br />
dal paese d’Egitto. Questa sarà una notte di veglia in onore del Signore per tutti gli israeliti, di<br />
generazione in generazione» (Es 12,42). Si veglia nella notte per ricordare che il Signore ha vegliato<br />
su di noi e continua a vegliare su di noi per la nostra liberazione.<br />
È chiaro che qui si parla di una notte temporale, ma possiamo anche ampliare il suo senso ed estenderlo<br />
a una notte simbolica: la notte del dolore, della sofferenza, dello smarrimento,<br />
65 L. Alonso Schökel - C. Carniti, I <strong>salmi</strong>, cit., p. 728.<br />
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