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I salmi dell'ascensione - Decanato

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Alzo gli occhi verso i monti Salmi delle Ascensioni<br />

ta, altro non dobbiamo sperare e attendere che l’incontro e la comunione con lui, come un bimbo<br />

che trova la sua gioia nell’essere sulle spalle della mamma o del papà. Anche se, come il salmo ci<br />

ricorda nella sua battuta conclusiva, questa non può essere solo la mia speranza, ma la speranza di<br />

tutti e la speranza per tutti. Si consegna la propria vita nelle mani di Dio con il desiderio che questa<br />

comunione sperimentata personalmente possa davvero diventare la speranza di tutti. «Speri Israele<br />

nel Signore», attenda Israele il Signore, e con Israele tutta la storia, ora e sempre!<br />

15 Il Salmo 133<br />

Questo incontro con la più ampia comunità è particolarmente espresso e celebrato nel Salmo 133.<br />

Anche questo salmo si inserisce nei <strong>salmi</strong> ascensionali. Questo significa che la fraternità stessa, celebrata<br />

in questa preghiera, si inserisce in un dinamismo ascensionale, progressivo, in salita. Non è<br />

dunque il pacifico, stabile possesso o godimento di una realtà acquisita una volta per sempre; al<br />

contrario, è la meta di un cammino per di più in salita. Verso la fraternità ci si protende, si giunge<br />

anche a goderla e a cantarla, ma pur sempre dentro un orizzonte che è segnato dalla fatica, dalla<br />

distanza, dall’assenza, e dunque anche dalla ricerca. Se alla fine dei <strong>salmi</strong> graduali si giunge a celebrare<br />

la bellezza dell’abitare insieme come fratelli, all’inizio del cammino c’è l’esperienza opposta,<br />

quella del convivere con gente che odia la pace, come ci ha ricordato il primo salmo che abbiamo<br />

meditato in questo itinerario, il Salmo 120, che come abbiamo visto costituisce un po’ il punto di<br />

partenza del pellegrinaggio verso Gerusalemme, città della pace. Ora il Salmo 133 ci ricorda che<br />

Gerusalemme deve essere cercata anche come terra della fraternità riconciliata: «com’è bello che<br />

i fratelli vivano insieme!». La fraternità stessa viene desiderata come terra di pace. Questo è<br />

cammino che questi <strong>salmi</strong> ci fanno compiere: dalla terra dell’ostilità alla terra della fraternità: «Ecco<br />

quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!».<br />

15.1 Salire per incontrare ciò che discende.<br />

Più fedelmente potremmo tradurre questo v 1: «Che bello per i fratelli abitare in unità!» (habitare<br />

in unum, traduce la Vulgata). Non è semplice coabitazione, ma l’esperienza della comunione,<br />

dell’appartenersi reciprocamente. L’esclamazione di gioia — «Che bello!» — giunge al termine della<br />

salita, alla fine del cammino, proprio là dove si scopre che la bellezza della fraternità è caratterizzata<br />

da un movimento opposto al salire, quello del discendere. Infatti, le due immagini che il<br />

salmo usa per indicare la bellezza della fraternità, l’unguento profumato e la rugiada, pur nella loro<br />

diversità sono accomunate da questo medesimo tratto: sia l’olio sia la rugiada discendono. Il<br />

verbo ebraico iarad risuona tre volte, con pienezza, in questi versetti 2 e 3. L’olio scende sulla barba,<br />

scende sull’orlo della veste; la rugiada scende dall’Hermon sui monti di Sion. Nel salmo è molto<br />

accentuata questa linea verticale: il pellegrino sale, certo, verso Gerusalemme, ma per incontrare<br />

ciò che discende, vale a dire la benedizione di Dio, con la cui menzione al v. 3 il salmo si chiude:<br />

«Là il Signore dona la benedizione e la vita per sempre». Le immagini dell’olio e della rugiada, che<br />

sono poste al centro del salmo, rinviano tanto alla fraternità, con cui il salmo si apre, quanto alla<br />

benedizione di JHWH, con cui il salmo si chiude, e fra l’apertura e la chiusura è riconoscibile<br />

un’inclusione: infatti il salmo inizia con una particella ebraica che traduciamo con l’esclamazione<br />

ecco e alla fine del salmo troviamo in corrispondenza un’altra particella che noi traduciamo là, con<br />

significato locale, mentre il termine ebraico conosce una polivalenza semantica maggiore: può significare<br />

ecco o avere una sfumatura causale, per questo. Alonso traduce tentando di rendere insieme<br />

questi due significati, locale e causale: «poiché lì il Signore impartisce la benedizione»64.<br />

Comunque sia, questo là non rinvia semplicemente a un luogo, Gerusalemme, o al tempio, ma alla<br />

stessa esperienza della fraternità: è là, nella fraternità, che il Signore dona la sua benedizione.<br />

64 L. Alonso Schökel - C. Carniti, I <strong>salmi</strong>, cit., p. 720.<br />

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