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Alzo gli occhi verso i monti Salmi delle Ascensioni<br />
sa tu vedere i figli dei tuoi figli». Il salmo, tuttavia, non associa questo tema dei figli solo<br />
all’immagine dell’ulivo, ma anche a quella della mensa. La commensalità è simbolo per eccellenza<br />
della concordia e della comunione. La fecondità di questa casa consiste anche nella comunione<br />
d’amore che vi si stabilisce.<br />
Seduti volentieri all’unica mensa insieme con il padre e con la madre, questi figli uniti e concordi,<br />
che si parlano e si aiutano, portano nella casa la benedizione di Dio. Davvero è beatitudine<br />
poter vivere in questa serenità familiare che allarga il cuore e lo riempie di pace45.<br />
Questa è la benedizione di Dio che rende beato, felice l’uomo. Una gioia intima, domestica, che ricorda<br />
come le vere e più profonde gioie della vita vadano cercate non chissà dove, ma nel respiro<br />
quotidiano della propria casa. Nello stesso tempo questa beatitudine domestica è sollecitata ad<br />
allargarsi fino a raggiungere la città di Gerusalemme, di cui si invoca la prosperità, tutto Israele per<br />
la cui pace si continua a pregare, tutto il tempo dell’uomo, «per tutti i giorni della tua vita», come<br />
dice l’ultima parte del v. 5.<br />
Colui che sperimenta la benedizione di Dio nelle proprie relazioni personali deve sentirsi impegnato<br />
ad allargarla e a donarla alla città e al popolo intero.<br />
La prosperità di Gerusalemme è dunque la prosperità della società in cui il <strong>salmi</strong>sta appartiene.<br />
La dimensione sociale è parte integrante della vita di una persona e non è possibile<br />
sperimentare la beatitudine promessa da Dio in modo esclusivamente privato. […]<br />
Dalla città al popolo per il quale si invoca la pace. Ma tanto la prosperità di Gerusalemme quanto<br />
la pace per tutto il popolo, ci ricorda con forza il salmo, sono insieme frutto della benedizione di<br />
Dio e dell’impegno umano. Non l’uomo senza Dio, ma neppure Dio senza l’uomo, perché il suo dono<br />
raggiunge la storia solo attraverso l’impegno di coloro che credono in lui, lo temono e camminano<br />
per le sue vie.<br />
12 Salmo 129<br />
Con il Salmo 129 entriamo in un clima diverso, addirittura contrapposto. Se infatti il Salmo 128 ci<br />
ha parlato della gioia di chi gode dei frutti del suo lavoro, il salmo 129 ci parla invece di una situazione<br />
di persecuzione, che più precisamente, a motivo delle immagini usate, sembra delinearsi<br />
come condizione di schiavitù. Infatti la persecuzione di cui parlano i primi due versetti, al v. 3 viene<br />
descritta con un’immagine molto forte e dura:<br />
Sul mio dorso hanno arato gli aratori,<br />
hanno fatto lunghi solchi.<br />
La schiena del <strong>salmi</strong>sta è come un campo arato, battuto come è stato dai colpi delle frustate, che<br />
vi hanno aperto lunghi solchi, come un aratro solca e segna il terreno da seminare. Nel DeuteroIsaia<br />
troviamo così descritta la persecuzione subita da Gerusalemme e dal suo popolo: «I carnefici<br />
dicevano al tuo collo: “Piégati, che ti passiamo sopra”; e presentasti il dorso come suolo, come<br />
strada per i passanti» (Is 51,23). Un’immagine molto simile ritorna sempre in Isaia poco prima, al<br />
capitolo 51, nel terzo canto del servo sofferente del Signore, in cui il Nuovo Testamento riconoscerà<br />
una prefigurazione della passione stessa di Gesù:<br />
45 P. Tremolada, ?<br />
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