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Alzo gli occhi verso i monti Salmi delle Ascensioni<br />
che davvero produce frutti abbondanti e conduce nella pienezza della gioia, è la semina che facciamo<br />
della nostra vita, la semina che facciamo di noi stessi.<br />
C’è un testo molto bello di Dietrich Bonhoeffer, nella sua lettera per l’Avvento del 1942 (quindi in<br />
anni già difficili e pericolosi, segnati da molte lacrime e da tante vite seminate nell’offerta di sé)<br />
che commenta bene e illumina il senso della gioia di cui parla questo salmo:<br />
«Esiste una gioia che ignora del tutto il dolore, l’angoscia e la paura del cuore umano; essa non<br />
ha nessuna consistenza, può solo anestetizzare per pochi attimi. La gioia di Dio, invece, è passata<br />
attraverso la povertà della mangiatoia e l’angoscia della croce; per questo è invincibile, irresistibile.<br />
Non nega la miseria là dove c’è la miseria; ma proprio lì, al cuore di essa, trova Dio. Non contesta<br />
la gravità del peccato; ma è proprio così che trova il perdono. Essa guarda la morte in faccia; ma<br />
proprio lì trova la vita»37.<br />
10 Il Salmo 127<br />
10.1 Nell’ordinarietà della vita<br />
Con il Salmo 127 entriamo in un clima diverso, anche se sempre coerente con la prospettiva globale<br />
di questi quindici canti delle ascensioni. Se infatti il Salmo 126 ci ha ricordato e fatto celebrare la<br />
gioia per i grandi interventi di Dio nella storia del popolo, che hanno cambiato in modo insperato,<br />
quasi un sogno, la sua sorte, il Salmo 127 ci conduce nella realtà più ordinaria della vita dell’uomo:<br />
la casa, la città, il lavoro. Ricollegandoci ai <strong>salmi</strong> già letti in questo terzo incontro, potremmo anche<br />
dire che il Salmo 125 ricorda con forza la necessità di confidare in Dio per trovare stabilità e sicurezza;<br />
gli altri due <strong>salmi</strong> mostrano come questa confidenza debba innervare sia la storia di un popolo<br />
(il salmo 126) sia la vita quotidiana e familiare, in una città, nella casa, lavorando, nel rapporto<br />
con i propri figli (il salmo 127, anche se questa riflessione si prolunga poi e si approfondisce nel<br />
salmo seguente, il 128).<br />
La profondità del Salmo è che la dipendenza da Dio è considerata nella vita quotidiana: la<br />
casa, la città, il lavoro, tre ambiti della vita normale. È qui che l’uomo deve ricordare di dipendere<br />
da Dio. Non soltanto in alcuni momenti eccezionali, di grande dolore o di grande<br />
gioia [come potevano essere quelli ricordati dal salmo precedente]; neppure soltanto nella<br />
preghiera, nelle opere buone, ma semplicemente nella vita quotidiana, nelle attività profane,<br />
ordinarie38.<br />
Una riflessione importante, questa, non solo perché ci conduce ad assaporare la dipendenza da<br />
Dio in realtà che sono vicine alla nostra vita di ogni giorno, ma perché ci ricorda che la dipendenza<br />
da Dio deve contrassegnare la nostra esistenza anche in quegli ambiti in cui ci sembrerebbe di poter<br />
più facilmente bastare a noi stessi, o di poter rivendicare la nostra autonomia. La sapienza di<br />
questo salmo sta nel ricordarci<br />
il primato dell’azione di Dio anche e proprio nell’esperienza del lavoro e della fatica, dove<br />
tutto sembra dipendere solo dall’uomo. […] [Il salmo in questo modo ci consegna] una provocazione<br />
a scoprire la presenza e a confessare il primato di Dio non ai margini e ai limiti<br />
della vita, in qualche situazione singolare ed eccezionale, bensì proprio al centro della vita<br />
quotidiana39.<br />
37 D. Bonhoeffer, Memoria e fedeltà, Qiaqajon, Bose 1995, p. 128.<br />
38 B. Maggioni, Davanti a Dio, p. 225.<br />
39 P. Rota Scalabrini, Salmi di pellegrinaggio, pp. 127-128.<br />
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