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Alzo gli occhi verso i monti Salmi delle Ascensioni<br />
alla gioia del ritorno seguì ben presto una profonda delusione. Rientrati in patria e passati i<br />
primi entusiasmi, gli israeliti si ritrovarono in mezzo alle rovine, contestati, sofferenti, perseguitati,<br />
persino derisi. La ricostruzione risultava difficile più del previsto, lenta, faticosa,<br />
come sempre. È quando si raggiunge la libertà che si scopre la difficoltà di mantenerla.34<br />
Per capire proviamo ad attualizzare il salmo: pensiamo alla gioia che devono aver provato le popolazioni<br />
oppresse dell’est alla caduta del muro di Berlino e del regime sovietico, o alcune popolazione<br />
del sudamerica alla caduta dei regimi fascisti altrettanto oppressivi. Un mutamento forse più<br />
sognato che sperato e che finalmente si avvera. «Ci sembrava di sognare», canta il salmo.<br />
L’origine di questa gioia è un sogno che si realizza: qualcosa di desiderato ma ritenuto impossibile,<br />
qualcosa di così pazzesco che sembra non possa essere vero35<br />
e che pure diventa realtà. L’uomo, per quanto possa aver faticato, lottato, atteso, sperato, non<br />
può non riconoscervi l’intervento provvidenziale di Dio: «Grandi cose ha fatto il Signore per noi».<br />
Anzi, l’avvenimento è talmente sorprendente che anche altri, i non appartenenti al popolo, coloro<br />
che non condividono la stessa fede nel Dio di Israele, vi riconoscono comunque i segni misteriosi<br />
della sua mano: «Il Signore ha fatto grandi cose per loro».<br />
Dopo la gioia c’è però la fatica di ricostruire un mondo di libertà che ora viene affidato alla nostra<br />
responsabilità; allora si chiede a Dio di condurre a compimento l’opera già iniziata. Dunque, il contesto<br />
storico in cui il salmo nasce sembra essere quello del ritorno dall’esilio. Dobbiamo tuttavia<br />
aggiungere che questo salmo non è stato pregato solo allora, in quel periodo della storia di Israele,<br />
ma anche dalle generazioni successive. Anche noi oggi lo preghiamo. Se originariamente nasce<br />
come il canto degli esuli che tornano da Babilonia a Gerusalemme, successivamente, nel momento<br />
in cui entra nel contesto dei <strong>salmi</strong> delle ascensioni, questa diventa la preghiera del pellegrino che<br />
si reca a Gerusalemme ogni anno in occasione della Pasqua o delle altre feste di pellegrinaggio, la<br />
Pentecoste e la Festa delle Capanne. Qui, allora dobbiamo cogliere ancora un tratto molto bello di<br />
questo salire verso Gerusalemme e della preghiera che lo accompagna. Il pellegrino che sale a Gerusalemme<br />
come magari fa ogni anno, ricorda però un’altra salita, quella del popolo ritornato a<br />
Gerusalemme dall’esilio di Babilonia. Riassapora quella gioia, che lui non ha vissuto personalmente,<br />
ma che hanno vissuto i suoi padri, che ha vissuto il suo popolo, e che deve comunque diventare<br />
la sua stessa gioia. Il cammino che il pellegrino sta compiendo si inserisce dentro il cammino di un<br />
popolo e dentro la sua storia. Non è un camminare solitario e neppure senza radici, si radica in un<br />
passato di salvezza di cui si fa memoria e di cui si deve custodire la gioia. Abbiamo visto con il Salmo<br />
121 l’importanza di camminare insieme ad altri; ora questo “insieme” si apre anche al passato:<br />
a tutti coloro che da esuli sono tornati a Gerusalemme per riedificarla. La gioia, per essere autentica<br />
e duratura, deve avere sempre radici profonde, deve radicarsi nella storia di un popolo.<br />
9.4 Cambiare le sorti<br />
Ma le radici fruttificano in modo sempre nuovo nelle diverse stagioni della vita e dunque anche<br />
nelle differenti situazioni storiche. La richiesta del salmo ha assunto indubbiamente significati diversi<br />
nel succedersi della storia di Israele, come ora può assumere accenti nuovi nella nostra preghiera.<br />
Di fatto, il linguaggio del salmo è molto aperto, più di quanto la nostra traduzione lasci intendere.<br />
Qui c’è un problema testuale abbastanza complesso, a cui possiamo solo accennare senza<br />
addentrarci nella discussione più specialistica. L’espressione del v. 2, che ritorna in modo uguale<br />
34 Ibidem, p. 222-223.<br />
35 P. ROTA SCALABRINI, Salmi di pellegrinaggio, p. 123.<br />
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