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I salmi dell'ascensione - Decanato

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Alzo gli occhi verso i monti Salmi delle Ascensioni<br />

6 Il Salmo 123<br />

6.1 Pietà di noi<br />

Il Salmo 123 ci fa tornare, dall’esperienza della gioia celebrata dal salmo 122, a quella della supplica<br />

a motivo di una sofferenza che si patisce. «Pietà di noi, Signore, pietà di noi, già troppo ci hanno<br />

colmato di scherni, noi siamo troppo sazi degli scherni dei gaudenti, del disprezzo dei superbi»:<br />

questa è la situazione descrittaci nei vv. 3-4. La situazione di sofferenza che il salmo contempla<br />

non sembra essere quella di una particolare grave persecuzione.<br />

Non si tratta di una situazione di particolare violenza, come la persecuzione o la schiavitù. È una<br />

situazione di derisione o di disprezzo. Ma dover sopportare a lungo l’umiliazione può essere peggio<br />

della violenza21.<br />

Non è di persecuzione a morte, né di sfruttamento; è l’umiliazione costante di chi è sottomesso o<br />

subalterno. Situazione ripetibile e ripetuta22.<br />

Da questa condizione sgorga la preghiera – pietà di noi – e più ancora un atteggiamento nei confronti<br />

del Signore, insieme di fiducia e di dipendenza: «come gli occhi dei servi alla mano dei loro<br />

padroni; come gli occhi della schiava, alla mano della sua padrona, così i nostri occhi sono rivolti al<br />

Signore nostro Dio».<br />

Come si inserisce questo salmo nel contesto del pellegrinaggio che questi canti ci fanno compiere?<br />

Evidenziamo, tra le altre possibili, le due connessioni principali con i testi fin qui letti. Nel salmo<br />

122 abbiamo visto che il pellegrino sale a Gerusalemme cercandovi il luogo del culto e della giustizia.<br />

Diviene perciò comprensibile che, appena giunge a Gerusalemme, la prima cosa che faccia sia<br />

invocare dal Signore la sua giustizia.<br />

C’è un secondo nesso importante, che ci viene offerto dall’immagine degli occhi con cui il salmo si<br />

apre: «a te levo i miei occhi, a te che abiti nei cieli». Questi occhi diventano poi uno sguardo fisso<br />

sulla mano del Signore, come quello dei servi alla mano dei loro padroni. Quattro volte in appena<br />

due versetti ritorna, con grande insistenza, il termine “occhi”. Anche il salmo 121 si apriva con<br />

l’immagine di occhi rivolti in alto: «alzo gli occhi verso i monti, da dove mi verrà l’aiuto?». Abbiamo<br />

visto come questa espressione può rimanere molto ambigua: si cerca un aiuto dall’alto, ma in modo<br />

ancora troppo generico e indefinito, perché sulle alture ci sono anche gli idoli. Ora invece, con il<br />

salmo 123, il pellegrino, proprio grazie al cammino di fede che ha compiuto, e che lo ha condotto<br />

fino a Gerusalemme, la casa dell’unico e vero Dio, può sciogliere l’ambiguità: gli occhi non si rivolgono<br />

genericamente in alto, ma a “te che abiti nei cieli”. Quindi al Signore, che viene ora invocato<br />

con il “tu” di un’autentica relazione interpersonale. In questo “a te” della preghiera dobbiamo ascoltare<br />

la confidenza e l’intimità di un dialogo ricco di prossimità. L’orante alza gli occhi in alto<br />

verso un tu che percepisce approssimarsi, chinarsi verso la sua situazione. Nello stesso tempo questa<br />

relazione personale si apre ad altri e diviene comunitaria, perché immediatamente dalla prima<br />

persona singolare si passa alla prima plurale: “a te levo i miei occhi” al v. 1; “così i nostri occhi sono<br />

rivolti al Signore nostro Dio”, al v. 2. Dai “miei” ai “nostri”: questa è una dinamica presente in ogni<br />

preghiera autentica: l’esperienza intima con il Signore non può mai chiudermi in me stesso, ma mi<br />

rende partecipe dell’esperienza del Dio di una comunità, di un intero popolo, e quando salgo verso<br />

Dio porto sempre a lui la mia vita ma anche le necessità dei miei fratelli e delle mie sorelle. Il mio<br />

Dio è davvero tale solo se rimane il Dio nostro, il Dio di tutti. Anzi, occorre dire meglio: più vivo<br />

21 B. Maggioni, Davanti a Dio, pp. 215-216.<br />

22 L. Alonso Schökel - C. Carniti, I <strong>salmi</strong>, p. 651.<br />

24

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