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Alzo gli occhi verso i monti Salmi delle Ascensioni<br />
to l’elemento maschile che feconda l’elemento femminile per generare una nuova vita. Probabilmente<br />
non c’è rapporto etimologico tra queste due radici; casualmente radici uguali indicano queste<br />
due realtà; c’è comunque un forte nesso simbolico, perché la memoria autentica ha proprio<br />
questa potenza generatrice: custodisce il passato per fecondare il presente e aprirlo alla novità di<br />
un domani diverso.<br />
Dom Helder Camara affermava: «ricordare significa rifare la strada». Significa credere che è sempre<br />
possibile rifare una strada, perché anche quando sembra non esserci più nulla da fare, Dio comunque<br />
può aprirti davanti una via, anche nel deserto della tua vita, anche quando ti trovi davanti<br />
il mare e dietro l’esercito egiziano che ti insegue, anche allora Dio può aprirti un percorso di vita e<br />
di liberazione persino attraverso il mare.<br />
La memoria è un altro ingrediente essenziale della preghiera così come del pellegrinaggio: ci si può<br />
incamminare perché si ricorda come Dio ci ha già sostenuto nel passato. Ciò che Dio ha già fatto<br />
diventa promessa e garanzia che tornerà ancora a compierlo nella tua vita. Allora si può camminare<br />
con fiducia verso un futuro ignoto, perché ci si fonda sulla memoria di una salvezza già sperimentata<br />
che continuiamo a custodire. Una memoria che diventa promessa.<br />
3.2 Dal grido alla parola<br />
All’inizio c’è un grido; ora il grido si fa domanda più definita. All’inizio del nostro incontro con il Signore<br />
deve esserci sempre un grido. Prima ancora che una preghiera ben formulata, o di parole<br />
pensate e soppesate.<br />
Perché il grido è l’uomo nel suo bisogno essenziale. O come scrive san Paolo nella lettera ai Romani,<br />
in noi c’è un gemito inesprimibile (cfr. Rom 8,23.26). Anzi, ciascuno di noi, e lo Spirito Santo in<br />
lui, è prima di tutto un gemito inesprimibile davanti al Signore, un gemito che non ha ancora trovato<br />
le parole giuste per esprimersi, ma si pone comunque davanti al Signore con tutto il suo bisogno,<br />
la sua povertà, la sua attesa.<br />
Un grido senza parole è ancora uno spazio vergine, un vuoto che attende di essere colmato, e che<br />
si dispone a ricevere dal Signore quella parola o quel gesto che ancora non conosce, né pretende<br />
di predeterminare, perché comunque si affida, poveramente e verginalmente, a ciò che il Signore<br />
dirà e farà.<br />
Uno spazio che lasciamo sia il Signore a riempire, per questo lo lasciamo vuoto, senza pretendere<br />
di riempirlo prima con le nostre parole o le nostre richieste. Anche questo è un tratto di fede<br />
dell’uomo che grida. Il Salmo 130 (129) – che la tradizione latina chiama dalle sue prime parole il<br />
De profundis – esprime bene il senso della preghiera facendoci dire: «Dal profondo a te grido Signore».<br />
Anche questo grido è preghiera.<br />
Questo grido deve poi farsi anche parola, invocazione, preghiera, perché rimanendo davanti al Signore<br />
impariamo a conoscere il nostro vero bene e a invocarlo dalla sua misericordia, abbandonando<br />
ogni pretesa si poterlo costruire e conquistare con l’efficienza delle nostre mani o la creatività<br />
della nostra intelligenza. Nel salmo il grido diviene invocazione a essere liberati da labbra di<br />
menzogna e da lingua ingannatrice. Dietro queste espressioni possiamo immaginare l’esperienza<br />
di un uomo provato duramente da parole false, menzognere, che non hanno fondamento, piene di<br />
inganno come sono. Siamo di fronte, con ogni probabilità, a una calunnia o a qualcosa di simile.<br />
Gesù con forza nell’evangelo di Matteo ricorda che si può uccidere il fratello non solo con una violenza<br />
fisica, ma anche verbale.<br />
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