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I salmi dell'ascensione - Decanato

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Alzo gli occhi verso i monti Salmi delle Ascensioni<br />

Il vero pellegrinaggio ha inizio qui, in questo primo versetto; o meglio, potremmo dire che in queste<br />

brevi espressioni è già custodito il significato del cammino da percorrere, che tende già verso la<br />

sua meta: è il Signore, il Dio della verità e della pace, il Dio che ascolta il nostro grido e se ne prende<br />

cura, secondo l’immagine con cui inizia il libro dell’Esodo. Qui troviamo anche il senso della<br />

preghiera.<br />

Narra la conclusione del capitolo 2 dell’Esodo:<br />

«Gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido dalla<br />

schiavitù salì a Dio. Allora Dio ascoltò il loro lamento, si ricordò della sua alleanza con Abramo<br />

e Giacobbe. Dio guardò alla condizione degli Israeliti e se ne prese pensiero» (vv.<br />

23b-25).<br />

La preghiera dell’uomo è anzitutto come un grido che sale a Dio. Sale a lui anche quando l’uomo<br />

non sa ancora, o ha dimenticato come invocarlo. Il testo dell’Esodo è infatti molto attento a non<br />

specificare che gli israeliti levarono grida a Dio.<br />

Il loro grido rimane senza un interlocutore diretto e consapevolmente cercato, perché il popolo in<br />

questo momento ha dimenticato il nome di Dio, si è per lui offuscato il senso della sua presenza.<br />

Grida e geme senza sapere a chi rivolgere la propria invocazione.<br />

In questo gemito il credente si incontra con il non credente; un medesimo gemito li accomuna.<br />

Non importa se non si sa ancora invocare espressamente il nome di Dio, perché comunque, come<br />

sempre ricordano le ultime battute del v. 23, il grido dell’uomo sale a Dio; Dio lo ascolta, lo accoglie,<br />

lo interpreta, scende a liberare l’uomo anche quando questi non sa più o non sa ancora invocare<br />

il suo nome. È anzitutto questo ascolto di Dio che trasforma il gemito dell’uomo in preghiera.<br />

All’origine dell’esperienza di preghiera c’è un ascolto, ma non è prima di tutto il nostro ascolto della<br />

parola di Dio al quale rispondiamo nella preghiera; in modo più originario c’è l’ascolto stesso di<br />

Dio che accoglie persino il nostro gemito inespresso e rivelandosi lo trasforma, conducendolo verso<br />

le forme di una preghiera consapevole che giunge infine a invocare il nome di Dio come Padre.<br />

Questa è l’esperienza dell’Esodo; nel nostro Salmo invece colui che prega è consapevole che il suo<br />

grido può dirigersi solo a Dio. Questo è anche il senso del cammino che egli vuole intraprendere:<br />

non semplicemente da una situazione di angoscia a una condizione di pace o di serenità; più profondamente<br />

il cammino è dall’angoscia a Dio. Dio è il vero traguardo verso cui camminare e verso<br />

cui tendere con tutte le proprie forze e con tutta la propria vita.<br />

3.1 La memoria<br />

Una seconda osservazione su queste battute iniziali del salmo: «al Signore nella mia angoscia ho<br />

gridato ed egli mi ha risposto». I verbi sono al passato; in questo momento il <strong>salmi</strong>stra ricorda<br />

un’esperienza già conosciuta. In preda all’angoscia, rivive un evento analogo del passato e ricorda<br />

come in quella situazione Dio ha già accolto il suo grido e vi ha risposto. Se ha risposto allora, risponderà<br />

anche adesso. Queste sono la fede e la speranza che nutrono la sua preghiera.<br />

Comprendiamo così che all’inizio della preghiera c’è un altro elemento: la memoria. Non una memoria<br />

nostalgica, che rimane chiusa nel passato, ma una memoria profetica, capace di illuminare il<br />

presente, per quanto tenebroso o doloroso possa essere, per aprirlo verso un futuro di speranza<br />

verso cui incamminarsi. In ebraico la stessa radice – zakar – designa tanto il verbo ricordare quan-<br />

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