padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap. - Le Famiglie della ...

padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap. - Le Famiglie della ... padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap. - Le Famiglie della ...

famigliedellavisitazione.it
from famigliedellavisitazione.it More from this publisher
10.07.2015 Views

senza posa con il suo soffio divino. Heidegger ha detto che “la parola è la casa dell’Essere”, noipossiamo dire che la Parola (con la lettera maiuscola) è la casa dello Spirito.La costituzione conciliare “Dei Verbum” raccoglie anch'essa questo filone della tradizione quandodice che “le sacre Scritture ispirate da Dio (ispirazione passiva!) e redatte una volta per sempre,comunicano immutabilmente la parola di Dio stesso e fanno risuonare nelle parole dei profeti edegli apostoli la voce dello Spirito Santo” (ispirazione attiva!) 4.2. Docetismo ed ebionismo biblicoMa ora dobbiamo toccare il problema più delicato: come accostare le Scritture in modo che esse“liberino” davvero per noi lo Spirito che contengono? Ho detto che la Scrittura è una realtàteandrica, cioè divino-umana. Ora la legge di ogni realtà teandrica (come sono, per esempio, Cristoe la Chiesa) è che non si può scoprire in essa il divino, se non passando attraverso l'umano. Non sipuò scoprire in Cristo la divinità, se non attraverso la sua concreta umanità.Quelli che, nell'antichità, pretesero fare diversamente caddero nel docetismo. Disprezzando, diCristo, il corpo e i contrassegni umani come semplici “apparenze” (dokein), smarrirono anche la suarealtà profonda e, al posto di un Dio vivente fatto uomo, si ritrovarono in mano una loro distortaidea di Dio. Allo stesso modo, non si può, nella Scrittura, scoprire lo Spirito, se non passandoattraverso la lettera, cioè attraverso il concreto rivestimento umano che la parola di Dio ha assuntonei diversi libri e autori ispirati. Non si può scoprire in esse il significato divino, se non partendo dalsignificato umano, quello inteso dall'autore umano, Isaia, Geremia, Luca, Paolo ecc. In ciò trova lasua piena giustificazione l'immenso sforzo di studio e di ricerca che circonda il libro della Scrittura.Ma questo non è il solo pericolo che corre l’esegesi biblica. Di fronte alla persona di Gesù non c'erasolo il pericolo del docetismo, cioè di trascurare l'umano; c'era anche il pericolo di fermarsi ad esso,di non vedere in lui che l'umano e di non scoprire la dimensione divina di Figlio di Dio. C'era,insomma, il pericolo dell'ebionismo. Per gli ebioniti (che erano dei giudeo-cristiani), Gesù era, sì,un grande profeta, il più grande profeta, se si vuole, ma non di più. I Padri li chiamarono“ebioniti” (da ebionim, i poveri) per dire che erano poveri di fede.Così avviene anche per la Scrittura. Esiste un ebionismo biblico, cioè la tendenza a fermarsi allalettera, considerando la Bibbia un libro eccellente, il più eccellente dei libri umani, se si vuole, maun libro solo umano. Purtroppo, noi viviamo il rischio di ridurre la Scrittura a una sola dimensione.La rottura dell'equilibrio, oggi, non è verso il docetismo, ma è verso 1'ebionismo.La Bibbia viene spiegata da molti studiosi volutamente con il solo metodo storico-critico. Non parlodegli studiosi non credenti, per i quali ciò è normale, ma di studiosi che si professano credenti. Lasecolarizzazione del sacro in nessun caso si è rivelata tanto acuta, come nella secolarizzazione delLibro sacro. Ora, pretendere di comprendere esaurientemente la Scrittura, studiandola con il solostrumento dell'analisi storico-filologica è come pretendere di scoprire il mistero della presenza realedi Cristo nell’Eucaristia, basandosi su un'analisi chimica dell'ostia consacrata! L'analisi storicocritica,anche quando dovesse essere spinta al massimo della perfezione, non rappresenta, in realtà,che il primo gradino della conoscenza della Bibbia, quello riguardante la lettera.Gesù afferma solennemente nel Vangelo che Abramo “vide il suo giorno” (cf. Gv 8, 56), che Mosèaveva “scritto di lui” (cf. Gv 5, 46), che Isaia “vide la sua gloria e parlò di lui” (cf. Gv 12, 41), che iprofeti e i salmi e tutte le Scritture parlano di lui (cf. Lc 24, 27.44; Gv 5, 39), ma oggigiorno unacerta esegesi scientifica esita a parlare di Cristo, non lo scorge praticamente più in nessun passodell'Antico Testamento, o, almeno, ha paura di dire che ve lo scorge, per tema di squalificarsi“scientificamente”.L'inconveniente più serio di una certa esegesi esclusivamente scientifica è che essa cambiacompletamente il rapporto tra l'esegeta e la parola di Dio. La Bibbia diventa un oggetto di studio20/24

che il professore deve “padroneggiare” e davanti al quale, come si addice a ogni uomo di scienza,deve rimanere “neutrale”. Ma in questo caso unico non è permesso rimanere “neutrali” e non è datodi “dominare” la materia; bisogna piuttosto lasciarsi dominare da essa. Dire di uno studioso dellaScrittura che egli “padroneggia” la parola di Dio, a pensarci bene, è dire quasi una bestemmia.La conseguenza di tutto ciò è il chiudersi e il “ripiegarsi” della Scrittura su se stessa; essa torna adessere il libro “sigillato”, il libro “velato”, perché - dice S. Paolo - quel velo viene “eliminato inCristo”, quando c'è “la conversione al Signore”, cioè quando si riconosce, nelle pagine dellaScrittura, Cristo (cf. 2 Cor 3, 15-16). Avviene, della Bibbia, come di certe piante sensibilissime cheserrano le loro foglie, appena sono toccate da corpi estranei, o come di certe conchiglie che serranole loro valve per proteggere la perla che hanno dentro. La perla della Scrittura è Cristo.Non si spiegano altrimenti le tante crisi di fede di studiosi della Bibbia. Quando ci si chiede ilperché della povertà e aridità spirituale che regnano in alcuni seminari e luoghi di formazione, nonsi tarda a scoprire che una delle cause principali è il modo con cui è insegnata in essi la Scrittura. LaChiesa è vissuta e vive di lettura spirituale della Bibbia; troncato questo canale che alimenta la vitadi pietà, lo zelo, la fede, allora tutto inaridisce e langue. Non si capisce più la liturgia che è tuttacostruita su un uso spirituale della Scrittura, oppure la si vive come un momento staccato dalla veraformazione personale e smentito da quello che si è imparato il giorno prima in classe.3. Lo Spirito dà la vitaUn segno di grande speranza è che l’esigenza di una lettura spirituale e di fede della Scritturacomincia ormai ad essere avvertita proprio da alcuni eminenti esegeti. Uno di essi ha scritto: “Èurgente che quanti studiano e interpretano la Scrittura si interessino di nuovo all'esegesi dei Padri,per riscoprire, al di là dei loro metodi, lo spirito che li animava, l'anima profonda che ispirava laloro esegesi; alla loro scuola dobbiamo imparare a interpretare la Scrittura, non solo dal punto divista storico e critico, ma parimenti nella Chiesa e per la Chiesa” (I. de la Potterie). Il P.H. deLubac, nella sua monumentale storia dell'esegesi medievale, ha messo in luce la coerenza, lasolidità e la straordinaria fecondità dell'esegesi spirituale praticata dai Padri antichi e medievali.Ma bisogna dire che i Padri non fanno, in questo campo, che applicare (con gli strumenti imperfettiche avevano a disposizione) il puro e semplice insegnamento del Nuovo Testamento; non sono, inaltre parole, gli iniziatori, ma i continuatori di una tradizione che ha avuto tra i fondatori Giovanni,Paolo e lo stesso Gesù. Costoro, non solo hanno praticato tutto il tempo una lettura spirituale delleScritture, cioè una lettura in riferimento a Cristo, ma hanno anche dato la giustificazione di talelettura, dichiarando che tutte le Scritture parlano di Cristo (cf. Gv 5, 39), che in esse era già “loSpirito di Cristo” che era all'opera e si esprimeva attraverso i profeti (cf. 1 Pt 1, 11), che tutto,nell'Antico Testamento, è detto “per allegoria”, cioè in riferimento alla Chiesa (cf. Gal 4, 24), o “perammonimento nostro” (1 Cor 10, 11).Dire, perciò, lettura “spirituale” della Bibbia non significa dire lettura edificante, mistica,soggettiva, o, peggio ancora, fantasiosa, in opposizione alla lettura scientifica che sarebbe, invece,oggettiva. Essa, al contrario, è la lettura più oggettiva che ci sia perché si basa sullo Spirito di Dio,non sullo spirito dell'uomo. La lettura soggettiva della Scrittura (quella basata sul libero esame) hadilagato proprio quando si è abbandonato la lettura spirituale e là dove tale lettura è stata piùchiaramente abbandonata.La lettura spirituale è dunque qualcosa di ben preciso e oggettivo; è la lettura fatta sotto la guida, oalla luce, dello Spirito Santo che ha ispirato la Scrittura. Essa si basa su un evento storico e cioèsull'atto redentore di Cristo che, con la sua morte e risurrezione, compie il disegno di salvezza,realizza tutte le figure e le profezie, svela tutti i misteri nascosti e offre la vera chiave di letturadell'intera Bibbia. L’Apocalisse esprime tutto ciò con l’immagine dell’Agnello immolato che prendein mano il libro e ne rompe i sette sigilli (cf. Ap. 5, 1ss.)21/24

senza posa con il suo soffio divino. Heidegger ha detto che “la parola è la casa dell’Essere”, noipossiamo dire che la Parola (con la lettera maiuscola) è la casa dello Spirito.La costituzione conciliare “Dei Verbum” raccoglie anch'essa questo filone <strong>della</strong> tradizione quandodice che “le sacre Scritture ispirate da Dio (ispirazione passiva!) e redatte una volta per sempre,comunicano immutabilmente la parola di Dio stesso e fanno risuonare nelle parole dei profeti edegli apostoli la voce dello Spirito Santo” (ispirazione attiva!) 4.2. Docetismo ed ebionismo biblicoMa ora dobbiamo toccare il problema più delicato: come accostare le Scritture in modo che esse“liberino” davvero per noi lo Spirito che contengono? Ho detto che la Scrittura è una realtàteandrica, cioè divino-umana. Ora la legge di ogni realtà teandrica (come sono, per esempio, Cristoe la Chiesa) è che non si può scoprire in essa il divino, se non passando attraverso l'umano. Non sipuò scoprire in Cristo la divinità, se non attraverso la sua concreta umanità.Quelli che, nell'antichità, pretesero fare diversamente caddero nel docetismo. Disprezzando, diCristo, il corpo e i contrassegni umani come semplici “apparenze” (dokein), smarrirono anche la suarealtà profonda e, al posto di un Dio vivente fatto uomo, si ritrovarono in mano una loro distortaidea di Dio. Allo stesso modo, non si può, nella Scrittura, scoprire lo Spirito, se non passandoattraverso la lettera, cioè attraverso il concreto rivestimento umano che la parola di Dio ha assuntonei diversi libri e autori ispirati. Non si può scoprire in esse il significato divino, se non partendo dalsignificato umano, quello inteso dall'autore umano, Isaia, Geremia, Luca, Paolo ecc. In ciò trova lasua piena giustificazione l'immenso sforzo di studio e di ricerca che circonda il libro <strong>della</strong> Scrittura.Ma questo non è il solo pericolo che corre l’esegesi biblica. Di fronte alla persona di Gesù non c'erasolo il pericolo del docetismo, cioè di trascurare l'umano; c'era anche il pericolo di fermarsi ad esso,di non vedere in lui che l'umano e di non scoprire la dimensione divina di Figlio di Dio. C'era,insomma, il pericolo dell'ebionismo. Per gli ebioniti (che erano dei giudeo-cristiani), Gesù era, sì,un grande profeta, il più grande profeta, se si vuole, ma non di più. I Padri li chiamarono“ebioniti” (da ebionim, i poveri) per dire che erano poveri di fede.Così avviene anche per la Scrittura. Esiste un ebionismo biblico, cioè la tendenza a fermarsi allalettera, considerando la Bibbia un libro eccellente, il più eccellente dei libri umani, se si vuole, maun libro solo umano. Purtroppo, noi viviamo il rischio di ridurre la Scrittura a una sola dimensione.La rottura dell'equilibrio, oggi, non è verso il docetismo, ma è verso 1'ebionismo.La Bibbia viene spiegata da molti studiosi volutamente con il solo metodo storico-critico. Non parlodegli studiosi non credenti, per i quali ciò è normale, ma di studiosi che si professano credenti. Lasecolarizzazione del sacro in nessun caso si è rivelata tanto acuta, come nella secolarizzazione delLibro sacro. Ora, pretendere di comprendere esaurientemente la Scrittura, studiandola con il solostrumento dell'analisi storico-filologica è come pretendere di scoprire il mistero <strong>della</strong> presenza realedi Cristo nell’Eucaristia, basandosi su un'analisi chimica dell'ostia consacrata! L'analisi storicocritica,anche quando dovesse essere spinta al massimo <strong>della</strong> perfezione, non rappresenta, in realtà,che il primo gradino <strong>della</strong> conoscenza <strong>della</strong> Bibbia, quello riguardante la lettera.Gesù afferma solennemente nel Vangelo che Abramo “vide il suo giorno” (cf. Gv 8, 56), che Mosèaveva “scritto di lui” (cf. Gv 5, 46), che Isaia “vide la sua gloria e parlò di lui” (cf. Gv 12, 41), che iprofeti e i salmi e tutte le Scritture parlano di lui (cf. Lc 24, 27.44; Gv 5, 39), ma oggigiorno unacerta esegesi scientifica esita a parlare di Cristo, non lo scorge praticamente più in nessun passodell'Antico Testamento, o, almeno, ha paura di dire che ve lo scorge, per tema di squalificarsi“scientificamente”.L'inconveniente più serio di una certa esegesi esclusivamente scientifica è che essa cambiacompletamente il rapporto tra l'esegeta e la parola di Dio. La Bibbia diventa un oggetto di studio20/24

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!