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padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap. - Le Famiglie della ...

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4. Parlare come con parole di DioMi rendo conto che questo che sto dicendo può far nascere una obiezione grave. Allora lapredicazione <strong>della</strong> Chiesa dovrà ridursi a una sequenza (o una raffica) di citazioni bibliche, contanto di indicazione di capitolo e versetto, alla maniera dei Testimoni di Geova e di altri gruppifondamentalisti? No di certo. Noi siamo eredi di una diversa tradizione. Spiego cosa intendo perrimanere legati alla parola di Dio.Sempre nella Seconda lettera ai Corinti, san Paolo scrive: “Noi non siamo come quei molti chemercanteggiano (alla lettera: annacquano, falsificano!) la parola di Dio, ma con sincerità e comemossi da Dio, sotto il suo sguardo, noi parliamo in Cristo” (2 Cor 2, 17) e san Pietro, nella Primalettera esorta i cristiani dicendo: “Chi parla, lo faccia come con parole di Dio” (1 Pt 4,11). Cosavuol dire “parlare in Cristo”, o parlare “come con parole di Dio”? Non vuol dire certo ripeterematerialmente e solo le parole pronunciate da Cristo e da Dio nella Scrittura. Vuol dire chel’ispirazione di fondo, il pensiero che “informa” e sorregge tutto il resto deve venire da Dio, nondall’uomo. L’annunciatore deve essere “mosso da Dio” e parlare come in sua presenza.Ci sono due modi di preparare una predica o un qualsiasi annuncio di fede orale o scritto. Io possoprima sedermi a tavolino e scegliere io stesso la parola da annunciare e il tema da sviluppare,basandomi sulle mie conoscenze, le mie preferenze, ecc., e poi, una volta preparato il discorso,mettermi in ginocchio per chiedere frettolosamente a Dio di benedire quello che ho scritto e dareefficacia alle mie parole. E' già una cosa buona, ma non è la via profetica. Bisogna piuttosto fare ilcontrario. Prima mettersi in ginocchio e chiedere a Dio qual è la parola che vuole dire; dopo, sedersia tavolino e utilizzare le proprie conoscenze per dare corpo a quella parola. Questo cambia tuttoperché così non è Dio che deve fare sua la mia parola, ma sono io che faccio mia la sua parola.Bisogna partire dalla certezza di fede che, in ogni circostanza, il Signore risorto ha nel cuore unasua parola che desidera far giungere al suo popolo. E' quella che cambia le cose ed è quella chebisogna scoprire. Ed egli non manca di rivelarla al suo ministro, se umilmente e con insistenzagliela chiede. All'inizio si tratta di un movimento pressoché impercettibile del cuore: una piccolaluce che si accende nella mente, una parola <strong>della</strong> Bibbia che comincia ad attirare l'attenzione e cheillumina una situazione.Davvero “il più piccolo di tutti i semi”, ma in seguito ti accorgi che dentro c'era tutto; c'era un tuonoda schiantare i cedri del Libano. Dopo ti metti a tavolino, apri i tuoi libri, consulti i tuoi appunti,consulti i Padri <strong>della</strong> Chiesa, i maestri, poeti...Ma è ormai tutto un'altra cosa. Non è più la Parola diDio al servizio <strong>della</strong> tua cultura, ma la tua cultura al servizio <strong>della</strong> Parola di Dio.Origene descrive bene il processo che porta a questa scoperta. Prima di trovare nella Scrittural'alimento - diceva - occorre sopportare una certa “povertà dei sensi”; l'anima è circondata daoscurità da ogni lato, si imbatte in vie senza uscita. Finché, improvvisamente, dopo laboriosa ricercae preghiera, ecco che risuona la voce del Verbo e subito qualcosa si illumina; colui che essa cercavale va incontro “saltando sulle montagne e balzando per le colline” (cf. Ct. 2, 8), cioè dischiudendolela mente a ricevere una sua parola forte e luminosa 3. Grande è la gioia che accompagna questomomento. Essa faceva dire a Geremia: “Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai conavidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore” (Ger 15,16).Di solito la risposta di Dio arriva sotto forma di una parola <strong>della</strong> Scrittura che però in quel momentorivela la sua straordinaria pertinenza alla situazione e al problema che si deve trattare, come fossestata scritta appositamente per essa. A volte non è neppure necessario citare esplicitamente taleparola biblica o commentarla. Basta che essa sia ben presente nella mente di chi parla e informitutto il suo dire. Facendo così, egli parla, di fatto, “come con parole di Dio”. Questo metodo valesempre: per i grandi documenti del magistero, come per la lezione che il maestro tiene ai suoinovizi, per la dotta conferenza come per l’umile l’omelia domenicale.11/24

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