padre Raniero Cantalamessa, OFM Cap. - Le Famiglie della ...

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Non c'è il tempo di divertirsi...Lui non ha speso la sua vita...Per venire a contarci frottole 2.La preoccupazione di tenere distinta la parola di Dio da ogni altra parola è tale che, mandando i suoiapostoli in missione, Gesù comanda loro di non salutare nessuno per via (cf. Lc 10, 4). Io hosperimentato a mie spese che talvolta questo comando va preso alla lettera. Il fermarsi a salutare lagente e scambiare convenevoli mentre si sta per iniziare a predicare disperde inevitabilmente laconcentrazione sulla parola da annunciare, fa perdere il senso della sua alterità rispetto a ognidiscorso umano. È la stessa esigenza che si prova (o si dovrebbe provare) quando ci si sta vestendoper celebrare la Messa.L’esigenza è ancora più forte quando si tratta del contenuto stesso della predicazione. Nel vangelodi Marco, Gesù cita la parola di Isaia: “Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sonoprecetti di uomini” (Is 29, 13); poi aggiunge, rivolto ai farisei e agli scribi: “Trascurando ilcomandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini... annullando così la parola di Diocon la tradizione che avete tramandato voi” (Mc 7, 7-13).Quando non si riesce a proporre mai la semplice e nuda parola di Dio, senza farla passare attraversoil filtro di mille distinzioni e precisazioni e aggiunte e spiegazioni, in se stesse anche giuste, ma cheestenuano la parola di Dio, si fa la stessa recisa cosa che Gesù rimproverò, quel giorno, ai farisei eagli scribi: si “annulla” la parola di Dio; la si “irretisce”, facendole perdere gran parte della suaforza di penetrazione nel cuore degli uomini.La parola di Dio non può essere usata per fare discorsi di circostanza, o per ammantare di autoritàdivina discorsi già fatti e tutti umani. In tempi a noi vicini, si è visto dove porta una tale tendenza. IlVangelo è stato strumentalizzato per sostenere ogni sorta di progetti umani: dalla lotta di classe allamorte di Dio.Quando un uditorio è così predeterminato da condizionamenti psicologici, sindacali, politici opassionali, da rendere, in partenza, impossibile non dire ciò che esso si aspetta e non dare ad essocompletamente ragione su tutto; quando non c'è alcuna speranza di poter portare gli ascoltatori aquel punto in cui è possibile dire loro: “Convertitevi e credete! , allora è bene non proclamareaffatto la parola di Dio perché essa non sia strumentalizzata per fini di parte e, quindi, tradita. Èmeglio, in altre parole, rinunciare a fare un annuncio vero e proprio, limitandosi, semmai, adascoltare, a cercare di capire e prendere parte alle ansie e alle sofferenze della gente, predicandopiuttosto con la presenza e con la carità il Vangelo del regno. Gesù, nel vangelo, si mostraattentissimo a non farsi strumentalizzare per fini politici e di parte.La realtà dell'esperienza e, quindi, la parola umana non è esclusa, evidentemente, dalla predicazionedella Chiesa, ma essa deve essere sottomessa alla parola di Dio, a servizio di essa. Come,nell'Eucaristia, è il corpo di Cristo che assimila a sé chi lo mangia, e non viceversa, così,nell'annuncio, deve essere la parola di Dio, che è il principio vitale più forte, a soggiogare edassimilare a sé la parola umana, e non il contrario. Occorre, perciò, avere il coraggio di partire piùspesso, nella trattazione dei problemi dottrinali e disciplinari della Chiesa, dalla parola di Dio,specialmente da quella del Nuovo Testamento, e di rimanere poi legati ad essa, vincolati da essa,sicuri che così si raggiunge molto più sicuramente lo scopo che è quello di scoprire, in ogniquestione, qual è la volontà di Dio.Lo stesso bisogno si avverte nelle comunità religiose. C’è il pericolo che nella formazione data aigiovani e ai novizi, negli esercizi spirituali e in tutto il resto della vita della comunità, si spenda piùtempo sugli scritti del proprio fondatore (spesso assai poveri di contenuto) che non sulla parola diDio.10/24

4. Parlare come con parole di DioMi rendo conto che questo che sto dicendo può far nascere una obiezione grave. Allora lapredicazione della Chiesa dovrà ridursi a una sequenza (o una raffica) di citazioni bibliche, contanto di indicazione di capitolo e versetto, alla maniera dei Testimoni di Geova e di altri gruppifondamentalisti? No di certo. Noi siamo eredi di una diversa tradizione. Spiego cosa intendo perrimanere legati alla parola di Dio.Sempre nella Seconda lettera ai Corinti, san Paolo scrive: “Noi non siamo come quei molti chemercanteggiano (alla lettera: annacquano, falsificano!) la parola di Dio, ma con sincerità e comemossi da Dio, sotto il suo sguardo, noi parliamo in Cristo” (2 Cor 2, 17) e san Pietro, nella Primalettera esorta i cristiani dicendo: “Chi parla, lo faccia come con parole di Dio” (1 Pt 4,11). Cosavuol dire “parlare in Cristo”, o parlare “come con parole di Dio”? Non vuol dire certo ripeterematerialmente e solo le parole pronunciate da Cristo e da Dio nella Scrittura. Vuol dire chel’ispirazione di fondo, il pensiero che “informa” e sorregge tutto il resto deve venire da Dio, nondall’uomo. L’annunciatore deve essere “mosso da Dio” e parlare come in sua presenza.Ci sono due modi di preparare una predica o un qualsiasi annuncio di fede orale o scritto. Io possoprima sedermi a tavolino e scegliere io stesso la parola da annunciare e il tema da sviluppare,basandomi sulle mie conoscenze, le mie preferenze, ecc., e poi, una volta preparato il discorso,mettermi in ginocchio per chiedere frettolosamente a Dio di benedire quello che ho scritto e dareefficacia alle mie parole. E' già una cosa buona, ma non è la via profetica. Bisogna piuttosto fare ilcontrario. Prima mettersi in ginocchio e chiedere a Dio qual è la parola che vuole dire; dopo, sedersia tavolino e utilizzare le proprie conoscenze per dare corpo a quella parola. Questo cambia tuttoperché così non è Dio che deve fare sua la mia parola, ma sono io che faccio mia la sua parola.Bisogna partire dalla certezza di fede che, in ogni circostanza, il Signore risorto ha nel cuore unasua parola che desidera far giungere al suo popolo. E' quella che cambia le cose ed è quella chebisogna scoprire. Ed egli non manca di rivelarla al suo ministro, se umilmente e con insistenzagliela chiede. All'inizio si tratta di un movimento pressoché impercettibile del cuore: una piccolaluce che si accende nella mente, una parola della Bibbia che comincia ad attirare l'attenzione e cheillumina una situazione.Davvero “il più piccolo di tutti i semi”, ma in seguito ti accorgi che dentro c'era tutto; c'era un tuonoda schiantare i cedri del Libano. Dopo ti metti a tavolino, apri i tuoi libri, consulti i tuoi appunti,consulti i Padri della Chiesa, i maestri, poeti...Ma è ormai tutto un'altra cosa. Non è più la Parola diDio al servizio della tua cultura, ma la tua cultura al servizio della Parola di Dio.Origene descrive bene il processo che porta a questa scoperta. Prima di trovare nella Scrittural'alimento - diceva - occorre sopportare una certa “povertà dei sensi”; l'anima è circondata daoscurità da ogni lato, si imbatte in vie senza uscita. Finché, improvvisamente, dopo laboriosa ricercae preghiera, ecco che risuona la voce del Verbo e subito qualcosa si illumina; colui che essa cercavale va incontro “saltando sulle montagne e balzando per le colline” (cf. Ct. 2, 8), cioè dischiudendolela mente a ricevere una sua parola forte e luminosa 3. Grande è la gioia che accompagna questomomento. Essa faceva dire a Geremia: “Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai conavidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore” (Ger 15,16).Di solito la risposta di Dio arriva sotto forma di una parola della Scrittura che però in quel momentorivela la sua straordinaria pertinenza alla situazione e al problema che si deve trattare, come fossestata scritta appositamente per essa. A volte non è neppure necessario citare esplicitamente taleparola biblica o commentarla. Basta che essa sia ben presente nella mente di chi parla e informitutto il suo dire. Facendo così, egli parla, di fatto, “come con parole di Dio”. Questo metodo valesempre: per i grandi documenti del magistero, come per la lezione che il maestro tiene ai suoinovizi, per la dotta conferenza come per l’umile l’omelia domenicale.11/24

Non c'è il tempo di divertirsi...Lui non ha speso la sua vita...Per venire a contarci frottole 2.La preoccupazione di tenere distinta la parola di Dio da ogni altra parola è tale che, mandando i suoiapostoli in missione, Gesù comanda loro di non salutare nessuno per via (cf. Lc 10, 4). Io hosperimentato a mie spese che talvolta questo comando va preso alla lettera. Il fermarsi a salutare lagente e scambiare convenevoli mentre si sta per iniziare a predicare disperde inevitabilmente laconcentrazione sulla parola da annunciare, fa perdere il senso <strong>della</strong> sua alterità rispetto a ognidiscorso umano. È la stessa esigenza che si prova (o si dovrebbe provare) quando ci si sta vestendoper celebrare la Messa.L’esigenza è ancora più forte quando si tratta del contenuto stesso <strong>della</strong> predicazione. Nel vangelodi Marco, Gesù cita la parola di Isaia: “Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sonoprecetti di uomini” (Is 29, 13); poi aggiunge, rivolto ai farisei e agli scribi: “Trascurando ilcomandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini... annullando così la parola di Diocon la tradizione che avete tramandato voi” (Mc 7, 7-13).Quando non si riesce a proporre mai la semplice e nuda parola di Dio, senza farla passare attraversoil filtro di mille distinzioni e precisazioni e aggiunte e spiegazioni, in se stesse anche giuste, ma cheestenuano la parola di Dio, si fa la stessa recisa cosa che Gesù rimproverò, quel giorno, ai farisei eagli scribi: si “annulla” la parola di Dio; la si “irretisce”, facendole perdere gran parte <strong>della</strong> suaforza di penetrazione nel cuore degli uomini.La parola di Dio non può essere usata per fare discorsi di circostanza, o per ammantare di autoritàdivina discorsi già fatti e tutti umani. In tempi a noi vicini, si è visto dove porta una tale tendenza. IlVangelo è stato strumentalizzato per sostenere ogni sorta di progetti umani: dalla lotta di classe allamorte di Dio.Quando un uditorio è così predeterminato da condizionamenti psicologici, sindacali, politici opassionali, da rendere, in partenza, impossibile non dire ciò che esso si aspetta e non dare ad essocompletamente ragione su tutto; quando non c'è alcuna speranza di poter portare gli ascoltatori aquel punto in cui è possibile dire loro: “Convertitevi e credete! , allora è bene non proclamareaffatto la parola di Dio perché essa non sia strumentalizzata per fini di parte e, quindi, tradita. Èmeglio, in altre parole, rinunciare a fare un annuncio vero e proprio, limitandosi, semmai, adascoltare, a cercare di capire e prendere parte alle ansie e alle sofferenze <strong>della</strong> gente, predicandopiuttosto con la presenza e con la carità il Vangelo del regno. Gesù, nel vangelo, si mostraattentissimo a non farsi strumentalizzare per fini politici e di parte.La realtà dell'esperienza e, quindi, la parola umana non è esclusa, evidentemente, dalla predicazione<strong>della</strong> Chiesa, ma essa deve essere sottomessa alla parola di Dio, a servizio di essa. Come,nell'Eucaristia, è il corpo di Cristo che assimila a sé chi lo mangia, e non viceversa, così,nell'annuncio, deve essere la parola di Dio, che è il principio vitale più forte, a soggiogare edassimilare a sé la parola umana, e non il contrario. Occorre, perciò, avere il coraggio di partire piùspesso, nella trattazione dei problemi dottrinali e disciplinari <strong>della</strong> Chiesa, dalla parola di Dio,specialmente da quella del Nuovo Testamento, e di rimanere poi legati ad essa, vincolati da essa,sicuri che così si raggiunge molto più sicuramente lo scopo che è quello di scoprire, in ogniquestione, qual è la volontà di Dio.Lo stesso bisogno si avverte nelle comunità religiose. C’è il pericolo che nella formazione data aigiovani e ai novizi, negli esercizi spirituali e in tutto il resto <strong>della</strong> vita <strong>della</strong> comunità, si spenda piùtempo sugli scritti del proprio fondatore (spesso assai poveri di contenuto) che non sulla parola diDio.10/24

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