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sentenza della Corte d'Appello di Milano - Lider-Lab

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La sesta doglianza afferiva alla circostanza <strong>di</strong> avere ritenuto Fininvest responsabile delpreteso fatto illecito, affermandone la responsabilità in riferimento ai comporatamentiritenuti in capo a Silvio Berlusconi e Cesare Previti.Il settimo motivo era relativo all’errore nella determinazione del danno risarcibile, 1) siaquanto al preteso danno da indebolimento <strong>della</strong> posizione negoziale, 2) sia per quantoatteneva alle spese legali, 3) sia in relazione alla lesione dell’immagine impren<strong>di</strong>toriale.Contestualmente Fininvest lamentava anche l’erronea qualificazione del danno.L’ottava doglianza consisteva nell’avere riconosciuto sull’ammontare complessivo <strong>di</strong> euro312.917.463,26 la rivalutazione “ad<strong>di</strong>zionata <strong>di</strong> interessi compensativi me<strong>di</strong>”.Infine, Fininvest lamentava, come nono motivo <strong>di</strong> appello, il fatto che il primo giu<strong>di</strong>ceavesse ingiustamente accolto la domanda <strong>di</strong> condanna generica per danno non patrimoniale.Si costituiva CIR, che replicava alle doglianze <strong>di</strong> controparte e svolgeva appello incidentalerelativo a quattro punti <strong>della</strong> <strong>sentenza</strong>.In primo luogo, lamentava la ridotta quantificazione del danno patrimoniale da lesionedell’immagine impren<strong>di</strong>toriale, avendo il giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> prime cure fatto ricorso alla valutazioneequitativa in modo riduttivo, poiché aveva fatto riferimento unicamente alla “vanificazionedel progetto Grande Mondadori” con conseguente caduta dei titoli in borsa: il Tribunale nonaveva considerato la conseguente ridotta capacità <strong>di</strong> CIR <strong>di</strong> reperire risorse proprio nelmomento in cui era stata chiamata a compiere l’enorme sforzo finanziario per il pagamentodel conguaglio impostole dalla spartizione corrotta; inoltre, il giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> prime cure nonaveva valorizzato il marchio <strong>di</strong> “perdente” <strong>di</strong> CIR davanti all’opinione pubblica.In secondo luogo, CIR si doleva <strong>della</strong> reiezione <strong>della</strong> propria domanda principale relativa alriconoscimento <strong>di</strong> un nesso imme<strong>di</strong>ato e <strong>di</strong>retto fra la corruzione <strong>di</strong> Metta e l’annullamentodel lodo; il Tribunale aveva errato nella applicazione delle norme sul nesso <strong>di</strong> causalità: lacorretta applicazione del canone “più probabile che non” rendeva ampiamente provatal’esistenza <strong>di</strong> un nesso <strong>di</strong> causalità imme<strong>di</strong>ato, <strong>di</strong>retto e non interrotto, fra la corruzione <strong>di</strong>Metta e l’annullamento del lodo; infatti, il termine <strong>di</strong> riferimento <strong>della</strong> valutazioneprobabilistica non doveva rapportarsi ad una astratta figura <strong>di</strong> “giu<strong>di</strong>ce incorrotto”, come86

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