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sentenza della Corte d'Appello di Milano - Lider-Lab

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enuclea un'ipotesi assai più generale, nascente dal riconoscimento <strong>di</strong> una certa<strong>di</strong>sponibilità delle parti nel processo, che cioè la scissione del giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong>liquidazione sia accettata da entrambe le parti. Non manca chi sostiene che questaipotesi tragga legittimità dall'art. 112 CPC, dal quale si desumerebbe che, inrelazione al rapporto obbligatorio, il cre<strong>di</strong>tore possa agire "pro parte" in momenti<strong>di</strong>versi e che il giu<strong>di</strong>cato, in tal modo, si formi solo su quella parte del rapportoche forma oggetto <strong>della</strong> domanda, sicché sarebbe arbitrario negare una talepossibilità in relazione all'azione avente ad oggetto il risarcimento del danno.L'unitarietà del <strong>di</strong>ritto al risarcimento ed il suo riflesso processuale dell'or<strong>di</strong>nariainfrazionabilità del giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> liquidazione (scaturente dal rispetto dei canoni <strong>della</strong>concentrazione e <strong>della</strong> correttezza processuale) comportano, dunque, che, quandoun soggetto agisce in giu<strong>di</strong>zio per chiedere il risarcimento dei danni a lui cagionatida un dato comportamento del convenuto, la domanda si riferisce a tutte le possibilivoci <strong>di</strong> danno originate da quella condotta.Perché tale principio non trovi applicazione è necessario che sia esclusa "a priori "lapotenzialità <strong>della</strong> domanda a coprire tutte le possibili voci <strong>di</strong> danno, la qual cosapuò accadere solo quando tale esclusione sia adeguatamente e nei mo<strong>di</strong> opportunimanifestata dall'attore, o "ab initio" o nel corso del processo. Infatti, il principiodell'infrazionabilità <strong>della</strong> richiesta <strong>di</strong> risarcimento va coor<strong>di</strong>nato con il principio<strong>di</strong>spositivo <strong>della</strong> domanda (art. 99 e 112 CPC)...".Orbene, nella fattispecie la società attrice aveva fin dall'atto <strong>di</strong> citazione richiestola condanna <strong>della</strong> convenuta al risarcimento del danno non patrimoniale in formagenerica e detta circostanza rendeva detta domanda ammissibile, sulla base deicriteri esposti nella citata pronuncia del Supremo Collegio, che erano staticonfermati anche più recentemente nella <strong>sentenza</strong> n. 17873 del 22.8.2007.Invero, a parere del Tribunale, il danno non patrimoniale era sussistente sotto dueprofili: come lesione del <strong>di</strong>ritto, costituzionalmente garantito, ad un giu<strong>di</strong>zio resoda un giu<strong>di</strong>ce imparziale; come lesione <strong>della</strong> propria integrità e <strong>della</strong> propriaonorabilità e reputazione <strong>di</strong> persona giuri<strong>di</strong>ca.83

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