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sentenza della Corte d'Appello di Milano - Lider-Lab

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or<strong>di</strong>narie AMEF, sarebbe potuto derivare non solo dalla ritenuta vali<strong>di</strong>tà dei patti<strong>di</strong> sindacato e <strong>di</strong> tutta la convenzione 21.12.1988, ma anche dalla ritenutainvali<strong>di</strong>tà dei patti medesimi, o <strong>di</strong> parte <strong>di</strong> essi, qualora comunque la <strong>Corte</strong> avessedeciso, in conformità alla valutazione degli arbitri, che detti patti fossero scin<strong>di</strong>bilidal resto <strong>della</strong> convenzione o quantomeno dalla promessa <strong>di</strong> permuta.In sostanza, il Tribunale riteneva che la possibilità <strong>di</strong> accoglimento <strong>della</strong> domanda<strong>di</strong> accertamento <strong>di</strong> CIR fosse consequenziale ad una pluralità <strong>di</strong> opzioniconcretamente possibili, mentre la <strong>Corte</strong> <strong>di</strong> Appello <strong>di</strong> Roma aveva deciso per lanullità dell’intera convenzione, vale a <strong>di</strong>re per l'unica opzione sulla base <strong>della</strong> qualesi sarebbe potuto rigettare la domanda attorea <strong>di</strong> accertamento, avendo ritenutonon solo che i patti azionari fossero nulli, ma che detta nullità si estendesse all'interaconvenzione per l'affermata inscin<strong>di</strong>bilità <strong>della</strong> promessa <strong>di</strong> permuta dai patti.Aveva dunque ragione CIR quando considerava che non si potesse negare che unlodo arbitrale reso da tre insigni maestri del <strong>di</strong>ritto avesse più che concretepossibilità <strong>di</strong> essere confermato nel giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> impugnazione innanzi alla <strong>Corte</strong> <strong>di</strong>Appello: infatti, a parere del Tribunale, il lodo arbitrale era congruamente motivatonelle sue valutazioni ed equilibrato nelle sue conclusioni.Il giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> prime cure peraltro procedeva ad esaminare alcune eccezioni e <strong>di</strong>feseformulate da Fininvest in or<strong>di</strong>ne alla domanda <strong>di</strong> risarcimento del danno da per<strong>di</strong>ta<strong>di</strong> “chance” formulata in via subor<strong>di</strong>nata da CIR.La prima eccezione <strong>di</strong> parte convenuta consisteva nella riproposizione, anche inrelazione alla presente fattispecie, <strong>della</strong> tesi <strong>della</strong> improponibilità <strong>della</strong> domandaper il precedente giu<strong>di</strong>cato formatosi sulla <strong>sentenza</strong> n. 259/1991 <strong>della</strong> <strong>Corte</strong> <strong>di</strong>Appello <strong>di</strong> Roma, che, assumeva Fininvest, avrebbe precluso anche laproposizione <strong>della</strong> domanda <strong>di</strong> danno da per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> “chance”, poiché l'efficaciapreclusiva del giu<strong>di</strong>cato, come noto, si estende al dedotto ed al deducibile.Riteneva il Tribunale che l'eccezione <strong>di</strong> precedente giu<strong>di</strong>cato fosse infondata, perquanto già a suo tempo osservato sul fatto che le parti, nell'esplicazione <strong>della</strong> loro65

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