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sentenza della Corte d'Appello di Milano - Lider-Lab

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essa era rappresentata dall'avere il Collegio ritenuto censurabile un vizio <strong>di</strong>motivazione del lodo, che invece non era rilevante in sede <strong>di</strong> impugnazione del lodostesso.Che tale vizio, che rendeva anomala la <strong>sentenza</strong> Metta, fosse stato fruttodell'impostazione data dal relatore alla <strong>di</strong>scussione in camera consiglio, era assaiprobabile; in questo senso poteva senz’altro <strong>di</strong>rsi che vi era stato un concretocon<strong>di</strong>zionamento del relatore sul collegio: realisticamente, questi aveva potuto, <strong>di</strong>fatto, orientare la <strong>di</strong>scussione e focalizzare l'attenzione dei colleghi sui temi da luiritenuti più importanti.Del resto, il giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> prime cure sottolineava il regime probatorio menogarantistico del giu<strong>di</strong>zio civile rispetto al processo penale: se nel giu<strong>di</strong>zio penale ifatti che costituiscono il fondamento dell’affermazione <strong>di</strong> responsabilità devonoessere provati "al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni ragionevole dubbio", la regola che stabilisce la sogliaprobatoria necessaria per un giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> responsabilità civile è quella "del piùprobabile che non": secondo il criterio <strong>di</strong> valutazione <strong>della</strong> prova proprio delgiu<strong>di</strong>zio civile poteva <strong>di</strong>rsi che era assai probabile che Metta, il quale eramagistrato molto preparato in <strong>di</strong>ritto, avesse concretamente con<strong>di</strong>zionato ilcollegio, orientando la <strong>di</strong>scussione nel senso da lui ritenuto più utile.Tanto bastava, a giu<strong>di</strong>zio del Tribunale, per ritenere provato ai fini risarcitori non soloche la <strong>sentenza</strong> n. 259/1991 era ingiusta, ma che detta ingiustizia era stata frutto <strong>della</strong>corruzione del giu<strong>di</strong>ce Metta.Riteneva peraltro il Tribunale <strong>di</strong> dovere mettere in luce la patologia <strong>della</strong> <strong>sentenza</strong>n. 259/1991 <strong>della</strong> <strong>Corte</strong> <strong>di</strong> Appello <strong>di</strong> Roma sotto un altro profilo, che era statosignificativamente posto in evidenza dalla Cassazione penale (sent. n. 35525 del16.05.2007): "la presenza <strong>di</strong> un componente dell'organo giuris<strong>di</strong>zionale privo delrequisito <strong>di</strong> imparzialità perché partecipe <strong>di</strong> un accordo corruttivo che lo delegittima, inra<strong>di</strong>ce, dalla funzione, infirma la vali<strong>di</strong>tà dell'intero iter decisionale, per sua natura<strong>di</strong>alettico e sinergico. In sostanza in quel collegio non sedeva un giu<strong>di</strong>ce, quanto piuttostouna parte, in violazione, non <strong>di</strong> un generico precetto <strong>di</strong> legge, ma <strong>della</strong> stessa Grundnorm51

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