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sentenza della Corte d'Appello di Milano - Lider-Lab

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Infatti la giurisprudenza <strong>della</strong> Cassazione, con orientamento poi rimasto semprestabile, già così affermava: "la nullità del lodo arbitrale per carenza <strong>di</strong> motivazione,ai sensi dell'art. 829 n. 5) CPC, in relazione al precedente art. 823 n. 3 CPC, èravvisabile solo in presenza <strong>di</strong> una ra<strong>di</strong>cale mancanza delle ragioni <strong>della</strong> decisione,che non consenta <strong>di</strong> ricostruire e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> controllare il pensiero degli arbitri" (Cass.Sezioni Unite civili n. 2815 del 21.3.1987).Evidenziava il giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> prime cure che, consapevole <strong>di</strong> detto limite, la <strong>Corte</strong> <strong>di</strong>Appello <strong>di</strong> Roma si impegnava al fine <strong>di</strong> rinvenire nel lodo impugnato un vizio <strong>della</strong>motivazione così grave da non consentire al lettore <strong>di</strong> intendere la “ratio” <strong>della</strong>decisione arbitrale e da imporre, non solo un drastico quanto infondato giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong>non senso dal punto <strong>di</strong> vista logico - giuri<strong>di</strong>co, ma anche un giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> nonriconoscibilità nel lodo stesso <strong>di</strong> un “iter” argomentativo che rispettasse la logica, intesacome conformità alle regole dell'intelletto, il che era “veramente troppo e palesavaun’evidente forzatura del giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> impugnazione”. La motivazione del lodo sul puntoera invece chiarissima e pienamente rintracciabile ed era del tutto congrua ecomprensibile. Ad ogni modo, essa non poteva assolutamente essere qualificatacome motivazione talmente carente e contrad<strong>di</strong>ttoria da non consentire la in<strong>di</strong>viduazione<strong>della</strong> “ratio deciden<strong>di</strong>”, cosa che la <strong>Corte</strong> <strong>di</strong> Appello <strong>di</strong> Roma aveva invece ritenuto.A tali considerazioni il Tribunale aggiungeva anche l’ipotesi che il predetto giu<strong>di</strong>zio<strong>di</strong> nullità del lodo per <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> motivazione su una questione <strong>di</strong> merito consentissealla <strong>Corte</strong> <strong>di</strong> Appello <strong>di</strong> Roma, in prospettiva, <strong>di</strong> tenere la sua decisionepresumibilmente al riparo dalla possibilità <strong>di</strong> cassazione da parte del SupremoCollegio, dato che essa, a sua volta, avrebbe potuto essere annullata in Cassazionesolo in punto <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>ttorietà ed insufficienza <strong>della</strong> motivazione sulla già vista“quaestio facti” ( art. 360 - 1° comma n. 5) CPC.Il giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> prime cure, ritenuta la grave ingiustizia <strong>della</strong> <strong>sentenza</strong> Metta, in<strong>di</strong>zio<strong>della</strong> corruzione del giu<strong>di</strong>ce, prendeva, poi, in considerazione il problema <strong>della</strong>collegialità <strong>della</strong> decisione.48

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