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sentenza della Corte d'Appello di Milano - Lider-Lab

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esso si fonda su una quaestio facti e non sulla violazione <strong>di</strong> regole <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto, ondecorrettamente non è stato ritenuto ammissibile dalla <strong>sentenza</strong> impugnata " (Cass. n.1288 del 15.03.1989).Il Tribunale riteneva quin<strong>di</strong> che, sul piano sostanziale, la questione <strong>della</strong> estensione<strong>della</strong> nullità all'intero negozio era questione <strong>di</strong> interpretazione <strong>della</strong> volontà negozialedelle parti. Per il principio <strong>di</strong> conservazione del negozio giuri<strong>di</strong>co, la regola, ai sensidell'art. 1419 CC, era quella <strong>della</strong> non estensione e <strong>della</strong> salvezza <strong>della</strong> restante partedel contratto. L'eccezione era quella <strong>della</strong> inscin<strong>di</strong>bilità <strong>della</strong> parte nulla dallarestante parte. La prova dei presupposti dell’eccezione, secondo le regole generali, eraonere <strong>della</strong> parte che l'allegava. Infatti, la <strong>Corte</strong> <strong>di</strong> Cassazione così pronunciava: "poichéil principio <strong>della</strong> conservazione del negozio giuri<strong>di</strong>co, nell'ipotesi <strong>di</strong> nullità parzialedel medesimo, costituisce la regola, mentre l'estensione all'intero contratto degli effetti<strong>di</strong> tale nullità parziale rappresenta l'eccezione (art. 1419, secondo comma, CC),costituisce onere <strong>della</strong> parte interessata all'estensione <strong>della</strong> nullità provarne i fatticostitutivi" (Cass. n. 11248 del 13.11.1997).In definitiva, il giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> prime cure giungeva alla seguente conclusione: la questione<strong>della</strong> estensione <strong>di</strong> una ritenuta nullità negoziale era questione <strong>di</strong> interpretazione <strong>della</strong>volontà negoziale delle parti, che costituiva una questione <strong>di</strong> fatto (questione <strong>di</strong> merito)che non solo non era censurabile in cassazione se non per <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> motivazione, ma nonera altresì censurabile davanti alla <strong>Corte</strong> <strong>di</strong> Appello in sede <strong>di</strong> impugnazione del lodoarbitrale, quanto meno nell'arbitrato <strong>di</strong> equità.Ciò nonostante, la <strong>Corte</strong> <strong>di</strong> Appello <strong>di</strong> Roma, che era ben consapevole dei limiti deipropri poteri decisori - <strong>di</strong> fronte al principio in<strong>di</strong>scusso che in sede <strong>di</strong> arbitrato <strong>di</strong>equità il giu<strong>di</strong>ce d'appello poteva censurare il lodo solo per errori <strong>di</strong> <strong>di</strong>rittoconsistenti nella <strong>di</strong>sapplicazione <strong>di</strong> norme fondamentali <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne pubblico e, per ilresto, solo per errori in procedendo - riteneva <strong>di</strong> doversi inoltrare in un giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong>fatto, al fine <strong>di</strong> vagliare l'estensione <strong>della</strong> ritenuta nullità e <strong>di</strong> potere inoltre, sempreallo stesso scopo, vagliare la motivazione in fatto del lodo, ciò che ai sensi <strong>della</strong> riferitagiurisprudenza <strong>di</strong> legittimità, corrente all’epoca, le era del tutto precluso.47

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