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sentenza della Corte d'Appello di Milano - Lider-Lab

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stessa, quando, invece, il lodo non presentava affatto tali vizi; 5) rilevava il predettovizio <strong>della</strong> motivazione e lo poneva a base <strong>della</strong> pronuncia <strong>di</strong> nullità del lodo, laddovenon avrebbe avuto il potere <strong>di</strong> fare ciò, posto che tale vizio non era stato dedotto fra imotivi <strong>di</strong> nullità del lodo stesso.Il Tribunale ripercorreva l’iter logico giuri<strong>di</strong>co <strong>della</strong> <strong>sentenza</strong> 259/1991 <strong>della</strong> CdA <strong>di</strong>Roma e ne rilevava l’incongruenza anche alla stregua <strong>della</strong> giurisprudenza all’epocavigente: riepilogava che il punto <strong>di</strong> partenza era il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> nullità dei patti <strong>di</strong>sindacato, che era stato affrontato dalla <strong>Corte</strong> <strong>di</strong> Appello <strong>di</strong> Roma capovolgendo ilgiu<strong>di</strong>zio degli arbitri; questa valutazione era all'epoca dei fatti “opinabile ed opinata”,sia in dottrina che in giurisprudenza; la <strong>Corte</strong> <strong>di</strong> Appello si era trovata poi ad affrontareil problema <strong>della</strong> estensione <strong>di</strong> questa nullità, e cioè quello <strong>della</strong> comunicazione <strong>di</strong>detto vizio anche alle residue pattuizioni <strong>della</strong> convenzione e segnatamente allapromessa <strong>di</strong> permuta.La <strong>Corte</strong> <strong>di</strong> Appello <strong>di</strong> Roma sul punto così aveva argomentato: allorché il giu<strong>di</strong>cedell'impugnazione si trovasse <strong>di</strong> fronte ad una nullità per violazione <strong>di</strong> normeinderogabili <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne pubblico (principi inderogabili e cogenti dell'or<strong>di</strong>namento),come, in tesi, nella fattispecie, doveva affrontare il problema <strong>della</strong> estensione e <strong>della</strong>misura del <strong>di</strong>svalore giuri<strong>di</strong>co espresso da tali norme; su questo punto,l'accertamento del giu<strong>di</strong>ce <strong>della</strong> impugnazione del lodo non poteva non aver riguardoanche ai presupposti <strong>di</strong> fatto dell'applicazione delle norme che comminavano la nullità,e ciò al fine <strong>di</strong> stabilire i limiti e la portata reale del suo giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> nullità.Questa era dunque l'interpretazione che la CdA <strong>di</strong> Roma dava del problema in esame,che poi si risolveva nell'applicare l'art. 1419 CC, il quale <strong>di</strong>spone che la nullità parziale<strong>di</strong> un contratto o la nullità <strong>di</strong> singole clausole importa la nullità dell'intero contrattose risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suocontenuto che è colpita dalla nullità.In verità, osservava il giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> prime cure, tale argomento era errato in ra<strong>di</strong>ce: ilgiu<strong>di</strong>zio sulla scin<strong>di</strong>bilità o inscin<strong>di</strong>bilità <strong>della</strong> clausola nulla dalle altre parti delnegozio era sicuramente una questione <strong>di</strong> interpretazione <strong>della</strong> volontà delle parti, la45

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