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sentenza della Corte d'Appello di Milano - Lider-Lab

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La CdA <strong>di</strong> Roma riteneva, per contestare il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> scin<strong>di</strong>bilità espresso dagliarbitri, che la motivazione sul punto (nda: e cioè sulla “quaestio facti” rappresentatadalla interpretazione <strong>della</strong> volontà delle parti) era talmente contrad<strong>di</strong>ttoria e deficitariada non consentire <strong>di</strong> superare il vaglio <strong>di</strong> logicità da parte del giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> appello e daimporre a questi un giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> "non senso". Secondo la <strong>Corte</strong> <strong>di</strong> Appello <strong>di</strong> Roma,dunque, il Collegio arbitrale composto da tre insigni giuristi avrebbe steso unamotivazione <strong>della</strong> propria decisione talmente mancante e contrad<strong>di</strong>ttoria, da farritenere al consigliere Metta che essa non reggesse al confronto con la logica, alpunto <strong>di</strong> non potersi ravvisare la “ratio” <strong>della</strong> decisione.In particolare, il vizio <strong>di</strong> motivazione, che doveva ritenersi sostanzialmenteassente, ad avviso dalla <strong>Corte</strong> <strong>di</strong> Appello <strong>di</strong> Roma stava nel fatto che gli arbitri“avevano dapprima indebitamente scisso le pattuizioni relative al periodo anteriorealla permuta, considerando queste ultime provvisorie e non essenziali, ma avevanogli arbitri successivamente ritenuto la scin<strong>di</strong>bilità anche del patto <strong>di</strong> sindacatorelativo al quinquennio successivo alla permuta sulla base <strong>della</strong> non eccessivaimportanza <strong>di</strong> dette ultime pattuizioni rispetto al complesso dell'attività sociale”.In tal modo, osservava la <strong>Corte</strong>, se prima si era proposta da parte degli arbitri unascin<strong>di</strong>bilità temporale, si proponeva poi una scin<strong>di</strong>bilità tematica, e ciò era unapalese contrad<strong>di</strong>zione.In sostanza la <strong>Corte</strong> <strong>di</strong> Appello <strong>di</strong> Roma aveva espresso, in termini del tuttodrastici, un giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> motivazione da parte degli arbitri.Ordunque, puntualizzato che il controllo sulla motivazione del lodo da parte <strong>della</strong> <strong>Corte</strong><strong>di</strong> Appello <strong>di</strong> Roma non era un controllo pieno, nel senso che la giurisprudenza <strong>di</strong>legittimità aveva affermato che la motivazione del lodo era censurabile solo ove essafosse talmente carente o contrad<strong>di</strong>ttoria da impe<strong>di</strong>re <strong>di</strong> coglierne la “ratio deciden<strong>di</strong>”,rilevava il giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> prime cure che gli argomenti usati dalla CdA <strong>di</strong> Roma nontrovavano riscontro alcuno nel ragionamento contenuto nel lodo, che era semplice elineare: in sintesi, gli arbitri avevano affermato che i patti <strong>di</strong> sindacato non eranonulli perché erano delimitati nel tempo, definiti nell'oggetto, relativi a deliberazioni43

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