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sentenza della Corte d'Appello di Milano - Lider-Lab

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assetto organizzativo e funzionale dell'organismo societario <strong>di</strong>verso da quellostabilito dal legislatore – nel caso <strong>di</strong> specie era nullo il patto con cui venivanopredeterminati dai soci anziché dall'assemblea sociale (artt. 2364, primo comma n. 2 e2383 CC) i criteri <strong>di</strong> nomina degli amministratori, così ledendo le prerogative sovrane<strong>di</strong> questa, riconosciutele dalla legge.In relazione alla ingerenza nelle competenze degli organi <strong>di</strong> gestione, rilevava la CdA <strong>di</strong>Roma che il consiglio <strong>di</strong> amministrazione era stato ridotto a mero esecutore materiale<strong>di</strong> decisioni assunte dalla “compagine extrasocietaria”, mentre le competenze degliorgani <strong>di</strong> gestione erano fissate da principi inderogabili sull’organizzazione dellesocietà, ciò essendo imposto dalla necessaria tutela degli interessi <strong>di</strong> terzi che,nell'or<strong>di</strong>namento giuri<strong>di</strong>co vigente, era assicurata da sanzioni <strong>di</strong> responsabilità civile epenale <strong>di</strong> varia intensità a carico degli amministratori.Per quanto riguardava l’obbligo <strong>di</strong> votazione in conformità delle proposte deiconsigli <strong>di</strong> amministrazione, precisava la CdA <strong>di</strong> Roma che l'art. 2 <strong>della</strong> convenzione<strong>di</strong>sponeva che nel caso <strong>di</strong> mancato accordo sulle materie <strong>di</strong> cui alle lettere a) e b)(e si trattava <strong>di</strong> materie certamente non irrilevanti, quali l'acquisizione e la cessione<strong>di</strong> partecipazioni, nonché gli affitti ed i contratti <strong>di</strong> gestione <strong>di</strong> aziende e/o testateovvero la nomina e la revoca degli amministratori delle società, dei <strong>di</strong>rettorigenerali e dei <strong>di</strong>rettori delle testate giornalistiche) i contraenti non sarebberorimasti liberi <strong>di</strong> votare in assemblea ciascuno secondo le proprie autonomedeterminazioni - come accadeva nel caso dei cosiddetti sindacati all'unanimità, chela giurisprudenza riteneva vali<strong>di</strong> - ma avrebbero dovuto attenersi alle in<strong>di</strong>cazioniformulate dai consigli <strong>di</strong> amministrazione. Orbene, aveva ritenuto la <strong>Corte</strong> <strong>di</strong>Appello <strong>di</strong> Roma che, pur non constando precedenti giurisprudenziali sul punto, ladottrina era unanime nel riconoscere l'illiceità <strong>di</strong> una convenzione siffatta, non fossealtro che per evitare che gli amministratori abusassero del loro potere.Riteneva poi la <strong>Corte</strong> <strong>di</strong> Appello che il quadro <strong>di</strong> più evidente, incontestabile era<strong>di</strong>cale nullità si definisse ulteriormente ed irreparabilmente con l'esame dell'art. 2,do<strong>di</strong>cesimo comma, e dell'art. 5, sesto comma, <strong>della</strong> convenzione. Era previsto, infatti,41

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