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sentenza della Corte d'Appello di Milano - Lider-Lab

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equitativa del danno è consentita soltanto qualora, sulla base del materialeprobatorio acquisito al processo, sia possibile pervenire ad una quantificazione chenon si <strong>di</strong>scosti in misura notevole dalla sua reale entità, fermo l'obbligo delgiu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care, almeno sommariamente, i criteri seguiti nella propriadeterminazione; cfr. anche Cass. 03/5375, che ha affermato la necessità <strong>della</strong>certezza dell'esistenza ontologica del danno).La <strong>Corte</strong> <strong>di</strong>spone a questo punto <strong>di</strong> tutti gli elementi necessari per una compiuta rivalutazione<strong>della</strong> congruità <strong>della</strong> misura <strong>della</strong> integrazione equitativa del danno,che il primo giu<strong>di</strong>ce ha operato per l’importo capitale <strong>di</strong> lire 91.953.166.193,aumentando da lire 458.046.833.807 fino a lire 550 miliar<strong>di</strong> la liquidazione deldanno (v. alle pagg. 136-137 <strong>della</strong> <strong>sentenza</strong> impugnata).Si è visto che dei tre fattori considerati dal Tribunale per determinare l’entità <strong>della</strong>integrazione equitativa uno solo, in realtà, rileva a tale fine. Si tratta, tuttavia, delfattore che in una realistica considerazione dei fatti <strong>di</strong> causa e del percorso logicoseguito dal primo giu<strong>di</strong>ce riveste un’importanza <strong>di</strong> gran lunga preponderanterispetto agli altri.L’illecita (perché realizzata con la corruzione del giu<strong>di</strong>ce Metta) alterazionedell’equilibrio negoziale fra le parti <strong>della</strong> trattativa avente ad oggetto le sorti <strong>della</strong>Mondadori rappresenta, infatti, il “cuore” <strong>della</strong> complessa vicenda dedotta incausa e ne costituisce il tratto <strong>di</strong>stintivo in una “lettura” dei fatti del processo che,pur nella <strong>di</strong>versità <strong>di</strong> impostazioni e <strong>di</strong> conclusioni, è comune ad ambedue le parti.La Proposta Fininvest del giugno 1990, precedente al lodo Pratis, teneva conto <strong>di</strong>una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> equilibrio sostanziale fra le parti <strong>della</strong> trattativa, entrambeconsapevoli che la posizione dell’una o dell’altra avrebbe potuto esserenotevolmente rafforzata o, correlativamente, indebolita a seconda dell’esito delgiu<strong>di</strong>zio arbitrale. Con la pronuncia del lodo, CIR si era invece venuta a trovare inuna posizione relativa <strong>di</strong> importante vantaggio rispetto a Fininvest, situazione <strong>di</strong>fatto non più mo<strong>di</strong>ficabile con mezzo leciti, come si è spiegato. E’, pertanto,ragionevole ritenere che nel prosieguo <strong>della</strong> trattativa con Fininvest, CIR avrebbe251

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