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sentenza della Corte d'Appello di Milano - Lider-Lab

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contestazioni sullo specifico parametro - un costo dell'offerta pubblica (percompensi alle banche che la sostennero) del 2%, risulta un’ulteriore per<strong>di</strong>taliquidabile in 3,9 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> lire. In totale, lo svantaggio <strong>di</strong> CIR per l’acquistodelle azioni Espresso “eccedenti” ammonta a 5,4 miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> lire.Aggiunto questo importo al capitale già stimato <strong>di</strong> lire 304.946.833.807, siperviene alla somma <strong>di</strong> lire 310.346.833.807, pari ad € 160.280.763,43, qualeentità, nella valuta dell’epoca, dell’ulteriore danno sofferto da CIR precisamentedeterminato nel suo ammontare (salvo quello da “inutile sopportazione <strong>di</strong> speselegali”, del quale deve ancora <strong>di</strong>rsi).Ritiene questa <strong>Corte</strong> che, invece, il terzo elemento che il giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> prime cure haposto a fondamento <strong>della</strong> sua “integrazione equitativa del danno” (“…il contestoin cui maturò la Proposta Fininvest 19.6.1990, formulata appena primadell'emissione del lodo, fu un contesto per così <strong>di</strong>re "neutro", dato che ancora nonsi conosceva la decisione degli arbitri, i quali invece accolsero le ragioni <strong>di</strong>CIR…”), non abbia una valenza <strong>di</strong> tipo tecnico economico; in proposito, non sipuò fare a meno <strong>di</strong> considerare il fatto che a giugno 1990 CIR non aveva ancorabeneficiato degli effetti favorevoli del lodo Pratis, che ne avrebbero poco doporafforzato la posizione negoziale, e che in questa situazione più favorevole perCIR si sarebbe dovuta concludere anche la trattativa finale. Questa constatazionefornisce la prova dell’”an debeatur” in quanto la proposta Fininvest, collocandosiancora invece nello scenario “neutro”, risulta, per così <strong>di</strong>re, un termine <strong>di</strong>confronto inesatto “per <strong>di</strong>fetto”.In questo contesto, il ricorso alla valutazione equitativa del danno è corretto enecessitato. Infatti, l’equità sopperisce all'impossibilità <strong>di</strong> provare l'ammontarepreciso del danno, ma presuppone la prova dell’evento lesivo da parte deldanneggiato (che non è esonerato dal fornire gli elementi probatori e <strong>di</strong>comunicare i dati <strong>di</strong> fatto in suo possesso, al fine <strong>della</strong> determinazione, il piùpossibile precisa, del danno: Cass. 03/2874, Cass. 02/3327, Cass. 00/8795, Cass.95/1799, Cass. 86/1212; v. anche Cass. 06/6067, secondo cui la valutazione250

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