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sentenza della Corte d'Appello di Milano - Lider-Lab

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consisteva nel <strong>di</strong>mostrarne l'iniquità, e cioè che i valori attribuiti agli “assets”scambiati tra le parti erano <strong>di</strong>fformi da quelli <strong>di</strong> mercato al momento <strong>della</strong>transazione. Sicché, anche a voler dare per acquisito l’”an”, il Tribunale nonpoteva determinare il “quantum” se non <strong>di</strong>sponendo la CTU - con quesiti mirati aivalori <strong>di</strong> mercato dell'aprile 1991 - che, peraltro, la stessa CIR (ma in veritàpensando ad un confronto tra le "proposte" transattive) aveva richiesto.Su questo tema, la <strong>Corte</strong> deve, ovviamente, attenersi al principio <strong>della</strong>“corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato”: CIR, nella domanda formulata<strong>di</strong> danno <strong>di</strong>retto, non lamenta <strong>di</strong> avere concluso la trattativa a valori <strong>di</strong>versi daquelli <strong>di</strong> mercato nella logica <strong>di</strong> un danno da interesse negativo, ma, in sintesi, siduole del danno da interesse positivo, essendo stata spogliata del “suo poterecontrattuale”, per aver subito una transazione iniqua e sperequata, non già inrapporto ai valori <strong>di</strong> mercato, ma rispetto alle precedenti posizioni manifestatedalle parti.Del resto, <strong>della</strong> legittimità <strong>della</strong> richiesta <strong>di</strong> CIR dà implicitamente atto Fininvestin comparsa conclusionale, laddove a pag. 104, citando autorevole dottrina,segnala che “… nel caso <strong>di</strong> annullamento del contratto (nda ipotesi non ricorrentenel caso <strong>di</strong> specie) la vittima può pretendere <strong>di</strong> essere risarcita, ma il danno risarcibile sidetermina nella misura dell'interesse negativo, quale interesse a non concludere ilcontratto. Nel caso <strong>di</strong> dolo incidente, invece, (nda: ipotesi più affine alla presente anche senon sovrapponibile per quanto detto nel capitolo che precede) il danno risarcibile deverapportarsi al pregiu<strong>di</strong>zio costituito dalla minore convenienza dell'affare: ciò si spiegatenendo presente che il contratto rimane validamente concluso e che la vittima non lamentail pregiu<strong>di</strong>zio per l'invali<strong>di</strong>tà del contratto, ma la mancanza <strong>di</strong> quel risultato economicopositivo che essa avrebbe raggiunto se la controparte avesse agito lealmente”."Risultato economico" che non può che identificarsi - laddove i riscontri probatori loconsentano - in ciò che, in concreto, l'evoluzione <strong>della</strong> specifica vicenda <strong>di</strong> fatto, prima chefosse alterata dall'illecito, permette <strong>di</strong> ricostruire come suo esito normale. Comecorrettamente annota l'appellata CIR, questa causa "non è chiamata a stabilire quale fosse il210

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