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sentenza della Corte d'Appello di Milano - Lider-Lab

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2) <strong>di</strong> CIR (le si veda testualmente riportate alle pagg. 7 e 8 del lodo) era univoco echiarissimo anche se analizzato “in punta <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto”; per il resto, la doglianza nonpoteva essere accolta in quanto oscillava fra l’in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> errori <strong>di</strong> fatto,l’addebito <strong>di</strong> mancato esercizio dell’equità e l’allegazione <strong>di</strong> pretesecontrad<strong>di</strong>zioni, però tutte interne alla motivazione.In particolare, il rilievo <strong>di</strong> aver omesso <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care secondo equità era poi palesementeinconferente; bastava rilevare l’incongruità del riferimento all'art. 829, n. 4, CPC, checoncerne pacificamente l'oggetto del compromesso e non i poteri dell'arbitro, <strong>di</strong> volta involta secondo <strong>di</strong>ritto o secondo equità.Ritenute dunque, come dovevano essere, infondate tutte le <strong>di</strong>verse censure <strong>di</strong> nullità, risultaevidentemente irrilevante il <strong>di</strong>battito sviluppatosi tra le parti in questa causa a proposito delprincipio giurisprudenziale, allora vigente, <strong>della</strong> cd. in<strong>di</strong>visibilità del lodo: solo percompletezza, si può notare che non è esatto che la <strong>sentenza</strong> Metta lo ignori, perché, invece,lo cita espressamente (pag. 148) ed anzi lo intende correttamente come “in<strong>di</strong>visibilità tracapi”, secondo la costante giurisprudenza dell’epoca. Di qui l’inutilizzabilità del principioall’interno <strong>della</strong> valutazione <strong>di</strong> censure attinenti un singolo capo (numerato sub 3) <strong>della</strong>decisione arbitrale.Quanto, infine, all'intervento dei terzi, una <strong>Corte</strong> "normale" ne avrebbe <strong>di</strong>chiaratol'evidente inammissibilità secondo la costante giurisprudenza dell'epoca (cfr. Cass. 6.3.1962,n. 437, Cass. 11.2.1988, n. 1465: “il terzo estraneo al compromesso e che per effettodell’accordo raggiunto con esso dalle parti abbia subito pregiu<strong>di</strong>zio non è legittimato a<strong>di</strong>ntervenire nel giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> impugnazione per nullità del lodo , ma può tutelare i suoi <strong>di</strong>ritticon un or<strong>di</strong>nario giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> accertamento svincolato dai termini <strong>di</strong> cui agli articoli 404 e 325CPC e dalle regole sulla competenza in<strong>di</strong>cate nell’articolo 828 stesso co<strong>di</strong>ce”) e stantecomunque la palese infondatezza nel merito dell'opposizione dei terzi, chiedendo costoro lacaducazione <strong>di</strong> un lodo <strong>di</strong> equità, correttamente motivato nei termini sopra in<strong>di</strong>cati,postulando in definitiva la tesi (non pertinente, stante l’oggetto dell’impugnazione), per cuiil lodo non era a loro opponibile.182

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