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sentenza della Corte d'Appello di Milano - Lider-Lab

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arbitri erano competenti a giu<strong>di</strong>care <strong>di</strong> un contratto attinente a materia <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne pubblicoeconomico (si trattava del trasferimento <strong>di</strong> un marchio in tesi senza trasferimentodell’azienda o <strong>di</strong> un suo ramo); che spettava agli arbitri <strong>di</strong>chiarare se il contratto fosse lecitoo illecito, pronunciando su questa questione “secondo <strong>di</strong>ritto”, cioè secondo le norme <strong>di</strong>or<strong>di</strong>ne pubblico inderogabili; che, se gli arbitri avssero sbagliato sul punto, in seded’impugnazione sarebbe stato accolto il conseguente motivo <strong>di</strong> nullità del lodo perviolazione delle norme fondamentali, e non per incompetenza degli arbitri. Affermazionitutte assolutamente esatte, come si comprende; ma quel che conta è che la <strong>sentenza</strong> nonafferma affatto (come suggerisce la “motivazione Metta” con il suo rilievo circa la “analogastruttura”) che dunque il giu<strong>di</strong>zio <strong>della</strong> <strong>Corte</strong> d’Appello, nel valutare quel motivo <strong>di</strong> nullitàda violazione delle norme fondamentali, abbia campo libero, ma anzi tiene a ricordare – siveda la motivazione in fine – che quel lodo alle prese con norme <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne pubblicoeconomico era comunque <strong>di</strong> equità e, come tale, “svincolato anche (perfino) nei suoipresupposti logici dalla stretta osservanza delle norme <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto”. Si trattava, insomma, <strong>di</strong> unprecedente tutt’altro che utile per sorreggere l’impostazione <strong>della</strong> <strong>sentenza</strong> corrotta.Del terzo motivo <strong>di</strong> nullità dell’atto <strong>di</strong> impugnazione dei Formenton una <strong>Corte</strong> “normale”avrebbe detto assai brevemente. Esso riguardava la statuizione del lodo <strong>di</strong> accertamentodell'obbligo dei Formenton <strong>di</strong> trasferire le azioni, statuizione che, in tesi, non avrebbe potutoessere pronunciata avendo il lodo negato la richiesta statuizione ex art. 2932 (errore <strong>di</strong><strong>di</strong>ritto, inteso come violazione dell’art. 112 CPC), nonchè l'errato rigetto <strong>della</strong> domandariconvenzionale dei Formenton <strong>di</strong> risoluzione, a causa <strong>di</strong> un'asserita "considerazioneatomistica dell'inadempimento <strong>della</strong> CIR". Nell’atto d’impugnazione, infine (pag. 75),veniva allegata la nullità del lodo ex art. 829, n. 4, CPC per aver omesso <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>caresecondo equità.A tale proposito, una <strong>Corte</strong> non corrotta avrebbe considerato che tale motivoappariva francamente pretestuoso e lo avrebbe rigettato; infatti, l’errore <strong>di</strong> <strong>di</strong>rittoenunciato (art 112 CPC) era incensurabile trattandosi <strong>di</strong> un lodo <strong>di</strong> equità ecollocandosi fuori dall’ambito delle norme fondamentali <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne pubblico. Essoera comunque manifestamente infondato: il senso <strong>della</strong> duplice domanda sub 1) e181

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