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sentenza della Corte d'Appello di Milano - Lider-Lab

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La tesi, che qualsiasi <strong>Corte</strong> avrebbe percepito a prima vista come “audace”, richiamavaanzitutto a sostegno le massime <strong>di</strong> Cass. 14.7.83, n. 4832 e Cass. 5.2.83, n. 963.E però, la prima <strong>di</strong> queste due massime affermava solo che "la <strong>Corte</strong> <strong>di</strong> Cassazione neigiu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> impugnazione per nullità delle sentenze arbitrali è giu<strong>di</strong>ce del fatto in or<strong>di</strong>ne allequestioni <strong>di</strong> competenza ed alle relative valutazioni concernenti l'esistenza e l'interpretazione<strong>della</strong> clausola compromissoria": il riferimento non appariva pertinente al caso.Anche la seconda <strong>sentenza</strong> si riferiva all'impugnazione <strong>di</strong> un lodo per nullità derivante daincompetenza degli arbitri ed evocava i più ampi poteri riconosciuti alla Cassazione quandosi trattasse <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>care <strong>di</strong> vizi in procedendo; questa stessa <strong>sentenza</strong> (Cass. 963/83)ricordava peraltro l'irrilevanza degli “errores in iu<strong>di</strong>cando” nell'impugnazione dei lo<strong>di</strong> <strong>di</strong>equità.Sempre in conclusionale i Formenton sostenevano che il lodo avrebbe eluso l'applicazionedelle norme <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne pubblico per il mancato apprezzamento <strong>di</strong> queste; questa sarebbestata, in astratto, una censura ammissibile, ma non era esatta nello specifico, perché anzi illodo, come si è visto, aveva "apprezzato" le norme fondamentali rilevanti intendendoleappieno e con rigorosa severità.Inoltre, sempre in conclusionale, i Formenton lamentavano un'errata interpretazione delcontratto in or<strong>di</strong>ne alla portata dei singoli patti: questi errori, se <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto, pur ammettendo inastratto che fossero rilevanti in quanto confliggenti con norme <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne pubblico, comunquenon sussistevano perché, come visto, non veniva evocata nessuna norma <strong>di</strong> interpretazionedel contratto in tesi violata (quelle degli artt. 1362 ss.); se, invece, trattavasi <strong>di</strong> errori <strong>di</strong> fatto,<strong>di</strong> "opinioni <strong>di</strong> merito", certamente non sarebbero state censurabili trattandosi <strong>di</strong> un lodo <strong>di</strong>equità.Alle pagg. 50-52 <strong>della</strong> conclusionale i Formenton insistevano ancora, assumendo che "...èvulnerato l'art 806 CPC" (affermazione in sé poco comprensibile, atteso l’oggetto <strong>di</strong>questa norma) "non solo quando gli arbitri escludano che una <strong>di</strong>sposizione attenga a principi<strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne pubblico, ma anche quando gli arbitri, stravolgendo il contenuto e il significato delcontratto, affermano non venire in considerazione le suddette norme <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne pubblico,laddove era invece proprio <strong>di</strong> queste che si doveva fare applicazione per risolvere la176

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