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sentenza della Corte d'Appello di Milano - Lider-Lab

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partorito il classico “topolino”<strong>di</strong> un riconoscimento assai ristretto e conservativo circa lavali<strong>di</strong>tà dei patti <strong>di</strong> sindacato.E sta <strong>di</strong> fatto soprattutto che anche gli impugnanti - dopo aver apo<strong>di</strong>tticamente affermatol'avvenuta violazione <strong>di</strong> norme fondamentali da parte degli arbitri ed in particolare che glistessi avevano ritenuto la vali<strong>di</strong>tà dei sindacati ad efficacia reale e lecito lo svuotamentodell'assemblea (ciò che era esattamente il contrario <strong>di</strong> quanto era testualmente scritto nellodo) - con<strong>di</strong>videvano le stesse definizioni, significati e portata <strong>di</strong> tutte le singole normefondamentali come intese dagli arbitri e non affermavano che questi ne avessero trascurataalcuna. Sulla "ricognizione" delle norme fondamentali, in altri termini, non c'era doglianza.Nell'impugnazione i Formenton sostenevano piuttosto che nell'applicare quelle normefondamentali al caso <strong>di</strong> specie gli arbitri avrebbero commesso degli errori <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto(sostanziale).Tuttavia, - anche ammettendo che tali errori fossero rilevanti in un lodo <strong>di</strong> equità quandoesso abbia ad oggetto norme fondamentali -, una <strong>Corte</strong> non corrotta avrebbe rilevato che <strong>di</strong>tali errori "giuri<strong>di</strong>ci" non c'era neppure traccia: non era vero che gli arbitri avesseroaffermato la prevalenza dell'autonomia privata rispetto alla cogenza delle normefondamentali; non era vero che gli arbitri non avessero esaminato in concreto, con il criteriodel "caso per caso", il patto <strong>di</strong> sindacato sottoposto al loro esame, perché la motivazione dellodo non era altro che lo specifico esame <strong>di</strong> quel concreto patto; non era vero che gli arbitri,nell'interpretare quel patto, non avessero tenuto conto del contesto fattuale in cui sicollocava; non era vero che non avessero preso in esame la lettera del contratto, né cheavessero fatto una considerazione "atomistica" delle singole clausole, in quanto avevanoinvece espressamente interpretato tutte e ciascuna delle clausole alla luce del loro sensocomplessivo e delle ricostruite intenzioni delle parti.La verità era che l'impugnazione non in<strong>di</strong>cava neppure chiaramente quale norma giuri<strong>di</strong>ca intema <strong>di</strong> interpretazione dei contratti (da 1362 a 1371 CC) il lodo avesse violato.Una <strong>Corte</strong> “normale” avrebbe poi recisamente negato che nell'uno o nell'altro passaggiointerpretativo del contratto il lodo mancasse <strong>di</strong> una motivazione o ve ne fosse unacontrad<strong>di</strong>ttoria: senza tralasciare <strong>di</strong> ricordare il noto principio per cui non sono (e non173

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