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sentenza della Corte d'Appello di Milano - Lider-Lab

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presidente Valente e del consigliere Paolini sulla esposizione del relatore corrotto,alla quale i componenti del collegio, chi in un modo e chi nell’altro, anche tenutoconto del loro ruolo e dei reciproci rapporti, si rimisero (“…tutto considerato, ilcollegio si convinse…).Avendo presente la già citata Cass. Pen. n. 35525 del 16.5.2007, si deve, peraltro,ulteriormente riconoscere che le rese <strong>di</strong>chiarazioni rilevano anche alla stregua deipiù severi criteri posti da un noto precedente <strong>della</strong> Cassazione penale, per riteneresussistente in concreto il vizio dell’iter formativo <strong>della</strong> volontà collegiale. Infatti, leSezioni Unite Penali <strong>della</strong> <strong>Corte</strong> <strong>di</strong> Cassazione hanno affermato nella <strong>sentenza</strong> n. 22327del 30.10.2002, ric. Carnevale, che: "…mentre nei giu<strong>di</strong>zi monocratici ènecessariamente inevitabile riferire la deliberazione esclusivamente al giu<strong>di</strong>ziodell’unico magistrato deliberante, in quelli collegiali, invece, la decisione è un attounitario, alla formazione del quale concorrono i singoli componenti del collegio, inbase allo stesso titolo e agli stessi doveri: sia essa <strong>sentenza</strong>, or<strong>di</strong>nanza o decreto, nonrappresenta la somma <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinte volontà e convincimenti, ma la loro sintesi –operata secondo la regola maggioritaria - la quale rende la decisione impersonale eperciò imputabile al collegio nel suo insieme. Tanto comporta che allorché, inpunto <strong>di</strong> contestazione accusatoria, si sostenga che una determinata decisionecollegiale, anziché il prodotto <strong>di</strong> una autonoma scelta collettiva, imputabileall'organo collegiale nel suo complesso, rappresenti invece il risultato, raggiuntoattraverso l'alterazione del regolare proce<strong>di</strong>mento formativo <strong>della</strong> volontà collegiale,addebitabile ad un singolo soggetto, occorre fornire prova rigorosa <strong>di</strong> una condotta,da parte <strong>di</strong> quest'ultimo, se non <strong>di</strong> vera e propria coartazione e prevaricazione,almeno <strong>di</strong> concreto con<strong>di</strong>zionamento esercitato sulla volontà dei componenti delcollegio o <strong>di</strong> qualcuno <strong>di</strong> essi, che si siano perciò orientati ad operare proprio infunzione <strong>di</strong> quell’illecito intervento..." .Riba<strong>di</strong>sce allora questa <strong>Corte</strong> che nel caso <strong>di</strong> specie le modalità ed i limiti <strong>della</strong><strong>di</strong>scussione interna al collegio inducono a ritenere integrata anche la prova cosìcome richiesta dalla appena citata <strong>sentenza</strong> <strong>della</strong> Cassazione penale a Sezioni158

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