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sentenza della Corte d'Appello di Milano - Lider-Lab

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non giusta la <strong>sentenza</strong> <strong>della</strong> <strong>Corte</strong> d’Appello <strong>di</strong> Roma, il nesso <strong>di</strong> causalità si era comunqueinterrotto per fatto <strong>di</strong> CIR e cioè per comportamenti aventi una valenza causale assorbente(nda: rinuncia al ricorso per cassazione ed intervenuta transazione).Tanto premesso, l’appellante esor<strong>di</strong>va sostenendo che la <strong>sentenza</strong> <strong>della</strong> <strong>Corte</strong> d’Appello <strong>di</strong>Roma era conforme al <strong>di</strong>ritto: tra l’altro, faceva rilevare “ad colorandum” (argomento poiripreso in comparsa conclusionale a pagina 18) che delle cinque sentenze penali emesse sullodo Mondatori, solo quella del Tribunale <strong>di</strong> <strong>Milano</strong> del 29.4.2003 aveva sostenuto che la<strong>sentenza</strong> <strong>della</strong> <strong>Corte</strong> d’Appello <strong>di</strong> Roma n. 259/91 era stata frutto “per il suo contenuto”<strong>della</strong> corruzione.Secondo l’appellante (il concetto veniva riba<strong>di</strong>to in comparsa conclusionale, a pagg. 13 e14, con segnalazione delle posizioni dottrinarie all’epoca asseritamente dominanti), dettapronuncia era giusta anche solo se si considerava che “la nullità <strong>di</strong> uno dei capi del lodo<strong>di</strong>chiarata nella fase rescindente si estendeva anche agli altri, invalidando l’intero giu<strong>di</strong>zio etutta la <strong>sentenza</strong> arbitrale”, come emergeva dal principio <strong>di</strong> in<strong>di</strong>visibilità del lodo contenutoin Cass. 13.10.1986 n. 5983 e in Cass. 9.5.1985 n. 2876.Fininvest, poi, lamentava che nessuna parola il giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> prime cure aveva speso inrelazione al fatto che nel processo avanti la <strong>Corte</strong> d’Appello <strong>di</strong> Roma erano intervenuti glialtri soci del patto AMEF (Fininvest, famiglia Mondadori, Find, Moratti) per far <strong>di</strong>chiararel’inefficacia del lodo Pratis: non soltanto, dunque, la <strong>sentenza</strong> romana aveva giustamenteannullato la pronuncia arbitrale in accoglimento dell’impugnazione dei Formenton ma,anche se avesse respinto quell’impugnazione, il lodo non sarebbe “sopravvissuto” allecensure degli intervenuti.Entrando nello specifico, per quanto atteneva alla questione <strong>della</strong> vali<strong>di</strong>tà o nullità dei pattiparasociali contenuti nella convenzione 21.12.1988, Fininvest assumeva che, in riferimentoalle clausole 2 e 5 (delle quali si è ampiamente riferito nella parte iniziale), lo stesso lodoPratis, che aveva ritenuto il patto sindacale “nel suo complesso valido ed efficace”, avevaespresso perplessità sulla “vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> qualche clausola”. Il Tribunale, che aveva recepitounicamente le ragioni <strong>di</strong> CIR, aveva sorvolato (pag. 77 sent. impugnata), secondo le paroledell’appellante, “sulla (in)vali<strong>di</strong>tà dei patti <strong>della</strong> convenzione, benché l’annullamento <strong>di</strong> tale147

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