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sentenza della Corte d'Appello di Milano - Lider-Lab

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controversia intervenuta fra le parti al <strong>di</strong> fuori del proce<strong>di</strong>mento e non fatta valere al suointerno, atteso che tale efficacia parzialmente o totalmente impe<strong>di</strong>tiva è attribuita dalcitato art. 338 CPC soltanto ai provve<strong>di</strong>menti pronunciati nel proce<strong>di</strong>mento estinto”(Cass. 20.2.2003 n. 2534): in pratica, sosteneva Fininvest, solo alla emanazione <strong>di</strong>una <strong>sentenza</strong> <strong>di</strong> cessazione <strong>della</strong> materia del contendere conseguiva lacaducazione <strong>della</strong> <strong>sentenza</strong> impugnata e ciò "a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quanto avviene nelcaso <strong>di</strong> rinuncia al ricorso, che ne determina il passaggio in giu<strong>di</strong>cato" (Cass.3.3.2006 n. 4714; nello stesso senso Cass. 3.3.2003 n. 3122; Cass. 10 luglio 2001,n. 9332 ecc.).Riteneva, quin<strong>di</strong>, Fininvest che il giu<strong>di</strong>cato inibisse l'azione <strong>di</strong> CIR, perchépreclusivo del riesame delle questioni già decise "anche nell’ipotesi in cui il successivogiu<strong>di</strong>zio abbia finalità <strong>di</strong>verse da quelle costituenti lo scopo ed il petitum del precedente"(Cass. 5.6.1996 n. 5222; Cass. 23.2.1980 n. 1298; conf. Cass. 3.3.2004 n. 4352) eperchè "il giu<strong>di</strong>cato formatosi con la <strong>sentenza</strong> intervenuta tra le parti, copre non soloil dedotto ma anche il deducibile in relazione al medesimo oggetto, e cioè non soltanto leragioni giuri<strong>di</strong>che e <strong>di</strong> fatto fatte valere in giu<strong>di</strong>zio (cioè il giu<strong>di</strong>cato esplicito), ma anchetutte quelle che, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logicinecessari <strong>della</strong> pronuncia (giu<strong>di</strong>cato implicito)” (Cass.11.4.2008, n. 9544).In comparsa conclusionale Fininvest riba<strong>di</strong>va poi il concetto, facendo riferimento,fra le altre, anche a Cass. 3.10. 2007 n. 20723 e Cass. SU 18.5..2000 n. 368 edevidenziava che CIR non aveva neppure ritenuto <strong>di</strong> avvalersi del rime<strong>di</strong>o tipico<strong>della</strong> revocazione per dolo del giu<strong>di</strong>ce ai sensi dell’articolo 395 CPC, restandocosì intonso il giu<strong>di</strong>cato formatosi ex art 2909 CC. L’appellante precisava dunqueche, “in presenza <strong>di</strong> un rime<strong>di</strong>o processuale tipico – nel cui ambito, a seguito <strong>di</strong>apposita fase rescindente, vanno fatte valere ex lege le pretese risarcitorie erestitutorie –,… fare ricorso all’azione generale risarcitoria ex art 2043 CC apparesemplicemente arbitrario” (cfr. comparsa conclusionale pag. 80).Questa <strong>Corte</strong> preliminarmente ricorda che la “medesima causa” è caratterizzatadall’identità <strong>di</strong> parti (in questo caso nessun problema si pone per Fininvest poiché107

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