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La borsa e la vita Dall'usuraio al banchiere

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crist<strong>al</strong>lizzazione del concetto di economia è stata una questione di tempo e di storia.<br />

Ma né il tempo né <strong>la</strong> storia ci hanno fornito gli strumenti concettu<strong>al</strong>i necessari per<br />

addentrarci nel <strong>la</strong>birinto dei rapporti soci<strong>al</strong>i in cui l’economia è incastrata. Questo è il<br />

compito di quel<strong>la</strong> che chiameremo an<strong>al</strong>isi istituzion<strong>al</strong>e» 8 . Vi aggiungerei volentieri<br />

l’an<strong>al</strong>isi cultur<strong>al</strong>e e psicologica. L’ambizione di questo saggio è proprio quel<strong>la</strong> di<br />

mostrare degli uomini, gli usurai, nell’insieme di rapporti soci<strong>al</strong>i, di pratiche e di<br />

v<strong>al</strong>ori in cui è incastrato il fenomeno economico dell’usura. In <strong>al</strong>tre parole, oggetto<br />

del<strong>la</strong> nostra an<strong>al</strong>isi è l’usura nel<strong>la</strong> sua tot<strong>al</strong>ità, vista attraverso il comportamento e<br />

l’immagine di coloro che <strong>la</strong> praticano, gli usurai.<br />

Gli uomini del Medioevo, messi di fronte a un fenomeno, ne cercavano il modello<br />

nel<strong>la</strong> Bibbia. L’autorità biblica forniva ad un tempo l’origine, <strong>la</strong> spiegazione e il<br />

modo d’uso del caso in questione. Ciò che ha permesso <strong>al</strong><strong>la</strong> Chiesa e <strong>al</strong><strong>la</strong> società<br />

mediev<strong>al</strong>i di non essere par<strong>al</strong>izzate d<strong>al</strong>l’autorità biblica e costrette <strong>al</strong>l’immobilità<br />

storica è il fatto che <strong>la</strong> Bibbia spesso si contraddice (sic et non, sì e no), e che, come<br />

diceva A<strong>la</strong>no di Lil<strong>la</strong> <strong>al</strong><strong>la</strong> fine del dodicesimo secolo, «le autorità hanno il naso di<br />

cera» – m<strong>al</strong>leabile a piacere da esegeti e utilizzatori.<br />

Ma, in materia di usura, non sembrava proprio che ci fosse contraddizione o<br />

incertezza nel condannar<strong>la</strong>. Il dossier scrittur<strong>al</strong>e sull’usura comprende<br />

essenzi<strong>al</strong>mente cinque testi, quattro dei qu<strong>al</strong>i appartengono <strong>al</strong>l’Antico Testamento.<br />

1. «Se tu presti denaro a qu<strong>al</strong>cuno del mio popolo, <strong>al</strong>l’indigente che è presso di te,<br />

non ti comporterai con lui da usuraio, non gli imporrai <strong>al</strong>cun interesse» (Es 22, 24).<br />

Questa proibizione, che si affermerà presso <strong>la</strong> comunità ebraica, è rispettata anche<br />

dai cristiani, consapevoli nel Medioevo di formare una comunità in cui speci<strong>al</strong>mente<br />

il povero gode di partico<strong>la</strong>ri diritti. <strong>La</strong> rinascita del v<strong>al</strong>ore del<strong>la</strong> povertà nel<br />

tredicesimo secolo renderà ancora più vivo il sentimento di indegnità dell’usuraio<br />

cristiano.<br />

2. «Se tuo fratello che vive con te cade in miseria e manca nei suoi rapporti con te,<br />

lo aiuterai come un forestiero o un ospite, ed egli vivrà presso di te. Non gli presterai<br />

il denaro per trarne un profitto, né gli darai il vitto per ricavarne degli interessi» (Lv<br />

25, 35-37).<br />

Questo testo è partico<strong>la</strong>rmente importante nel<strong>la</strong> versione <strong>la</strong>tina di san Giro<strong>la</strong>mo,<br />

che è stata un’autorità nel Medioevo e che, <strong>al</strong>l’ultima frase, recita: «Pecuniam tuam<br />

non dabis ei ad usuram et frugum superabundantiam non exiges», cioè,<br />

letter<strong>al</strong>mente: «Non gli darai il tuo denaro ad usura e non richiederai una<br />

sovrabbondanza di viveri». Due termini sono stati ricordati d<strong>al</strong> cristiano e hanno<br />

mantenuto nel Medioevo tutta <strong>la</strong> loro efficacia: ad usuram, “a usura” – è senz’<strong>al</strong>tro<br />

l’usura che qui viene proibita – e superabundantia, <strong>la</strong> sovrabbondanza, il<br />

“sovrappiù”; è l’eccesso ad essere condannato.<br />

3. «Non farai <strong>al</strong> tuo fratello prestiti a interesse, né di denaro, né di viveri, né di<br />

qu<strong>al</strong>unque cosa che si presta a interesse. Allo straniero potrai prestare a interesse, ma<br />

presterai senza interesse <strong>al</strong> tuo fratello» (Dt 23, 20).<br />

8 Ivi, pagina 237 dell’ed. fr. (N.d.A.)<br />

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