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La borsa e la vita Dall'usuraio al banchiere

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proprie preghiere, le proprie offerte, <strong>la</strong> propria intercessione, accresciuta solidarietà<br />

tra i vivi e i morti.<br />

I morti beneficiavano anche, nel purgatorio, di un supplemento di biografia, come<br />

hanno giustamente scritto Philippe Ariès e Pietre Chaunu. Soprattutto, erano certi del<br />

fatto che, uscendo d<strong>al</strong>le prove purificatrici, sarebbero stati s<strong>al</strong>vati, sarebbero andati in<br />

paradiso. Il purgatorio in effetti “non ha che un’uscita”: il paradiso. L’essenzi<strong>al</strong>e si<br />

gioca quando il morto viene mandato in purgatorio. Egli sa che <strong>al</strong><strong>la</strong> fine sarà s<strong>al</strong>vato,<br />

<strong>al</strong> più tardi <strong>al</strong> momento del giudizio univers<strong>al</strong>e.<br />

<strong>La</strong> conseguenza del<strong>la</strong> nascita del purgatorio è <strong>la</strong> drammatizzazione estrema<br />

dell’avvicinarsi del<strong>la</strong> morte, del momento dell’agonia. È subito dopo, nel corso del<br />

giudizio “individu<strong>al</strong>e” che ha luogo immediatamente dopo <strong>la</strong> morte, che Dio<br />

pronuncia il gran verdetto: paradiso, inferno o purgatorio. Giudizio individu<strong>al</strong>e,<br />

dunque, per un morto ben individu<strong>al</strong>izzato, responsabile. L’agonia dell’usuraio è a<br />

questo proposito partico<strong>la</strong>rmente angosciosa: in quanto membro di una professione<br />

rimasta illecita per natura e in quanto individuo, è un dannato vivente che si avvicina<br />

<strong>al</strong><strong>la</strong> bocca dell’inferno. Si s<strong>al</strong>verà <strong>al</strong>l’ultimo momento? Terribile incertezza.<br />

Il purgatorio non era stato inventato coscientemente o esplicitamente per svuotare<br />

l’inferno; ma questo, nel<strong>la</strong> pratica, era ciò che tendeva a verificarsi. Per contrastare<br />

questa tendenza <strong>al</strong> <strong>la</strong>ssismo, <strong>la</strong> Chiesa, nel tredicesimo secolo, accentuerà il carattere<br />

infern<strong>al</strong>e delle pene del purgatorio, senza per questo mutarne l’esito: il paradiso.<br />

Quanto <strong>al</strong>l’usuraio, non è forse uno “del tutto cattivo”? Ma ecco cosa troviamo<br />

nell’ultimo capitolo del Di<strong>al</strong>ogus miraculorum di Cesario di Heisterbach (1220<br />

circa), in cui il cistercense presenta in numero pressoché ugu<strong>al</strong>e exemp<strong>la</strong> che<br />

rappresentano morti <strong>al</strong>l’inferno, in purgatorio e in paradiso. In un angolo del<br />

purgatorio, improvvisamente, l’inatteso, l’incredibile: un usuraio.<br />

MONACO. Ai giorni nostri morì un usuraio di Liegi. Il vescovo lo fece escludere d<strong>al</strong><br />

cimitero. Sua moglie si recò <strong>al</strong><strong>la</strong> sede apostolica per implorare che venisse seppellito in<br />

terra consacrata. Il papa rifiutò. El<strong>la</strong> <strong>al</strong>lora parlò in difesa di suo marito: «Mi è stato<br />

detto, Signore, che l’uomo e <strong>la</strong> donna sono una cosa so<strong>la</strong> e che, secondo l’Apostolo,<br />

l’uomo infedele può essere s<strong>al</strong>vato d<strong>al</strong><strong>la</strong> donna fedele. Io, che sono parte del corpo di<br />

mio marito, farò volentieri <strong>al</strong> posto suo ciò che egli ha dimenticato di fare. Sono pronta a<br />

farmi reclusa per lui ed offrire a Dio il riscatto dei suoi peccati». Cedendo <strong>al</strong>le preghiere<br />

dei cardin<strong>al</strong>i, il papa fece portare il morto <strong>al</strong> cimitero. Sua moglie elesse domicilio presso<br />

<strong>la</strong> sua tomba, si rinchiuse come una reclusa, e si sforzò giorno e notte di p<strong>la</strong>care Dio per<br />

<strong>la</strong> s<strong>al</strong>vezza dell’anima di lui con elemosine, digiuni, preghiere e veglie. Passati sette anni,<br />

le apparve il marito vestito di nero, che <strong>la</strong> ringraziò: «Dio te ne renda merito, poiché<br />

grazie <strong>al</strong>le tue prove sono stato tratto d<strong>al</strong>le profondità dell’inferno e dai più terribili<br />

tormenti. Se mi renderai ancora questi servigi per sette anni, sarò completamente libero».<br />

El<strong>la</strong> lo fece, e il marito le apparve nuovamente dopo <strong>al</strong>tri sette anni, questa volta vestito<br />

di bianco e con l’aria felice. «Rendo grazie a Dio e a te perché sono stato liberato oggi».<br />

NOVIZIO. Come può egli dirsi liberato oggi d<strong>al</strong>l’inferno, luogo d<strong>al</strong> qu<strong>al</strong>e non esiste<br />

riscatto possibile?<br />

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